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I GAGINI
E LA SCULTURA IN SICILIA
NEI SECOLI XV E XVI
Volume Primo — Testo
I GAGINI
E LA SCULTURA IN SICILIA
NEI SECOLI XV E XVI
MEMORIE STORICHE E DOCUMENTI
PER L ABBATE
GIOACCHINO DI MARZO
Volume Primo
PALERMO
TIPOGRAFIA DEL GIORNALE DI SICILIA
MDCCCLXXX.
Proprietà letteraria
A
LUCIO TASCA
CONTE DI AL MERITA
DI LETTERE E D'ARTI SPLENDIDO ED INSIGNE CULTORE
CHE CON ESEMPIO RARO a' DÌ NOSTRI
EROGÒ TUTTA DEL SUO LA SPESA NON TENUE
DE' DISEGNI AD INTAGLIO
DI CHE CORREDATA È QUEST ' OPERA
CON GRATO E RIVERENTE ANIMO
SICCOME A PRECIPUO SUO MECENATE
DEVOTAMENTE OFFRE
L' AUTORE
r: * - K >
54
PREFAZIONE
LLA SICILIA, che a niun'altra terra italiana andò seconda
per altera di merito artistico e sorprendente fervore di attività
nel glorioso periodo del risorgimento delle arti del bello visibile
dal declinare del quattrocento fin oltre alla fine del seguente se-
colo, non furon mai degnamente fin ora rivolte accurate inda-
gini per adeguatamente illustrarla, secondo che richiedono il
numero ed il valore degli artisti in essa fioriti e la multiplicità
ed il pregio delle loro ammirabili opere. Sia per l'assoluto difetto di accurati illustratori
del paese, contemporanei o di poco posteriori a quei felici tempi, o per l'estrema topo-
grafica giacitura dell'isola quale ultimo lembo d'Italia, e per la costante ed imperdona-
bile trascuratela di quanti generalmente delle arti italiane trattarono senz'avere mai
esteso al di là del Faro le loro ricerche, non mai questa terra fu tolta all'uopo ad
oggetto di gravi investigazioni, uè chiamata a partecipare a quell'altissima gloria e
rinomanza, onde numerosi e spesso insigni scrittori le vicende delle arti stesse illu-
strarono nelle fioritissime e celebrate scuole di terraferma. Eppure in Sicilia si tro-
vano di quel tempo, comunque trascurati o mal noti sovente, artistici tesori in gran
Vili PREFAZIONE
copia, i quali non di rado per preziosità e per bellezza son degni di slare a paro con
tanti, che in Roma, in Firenze, in Venezia ed altrove si additano siccome prodigi
del genio italiano; e ciò perchè non solo in quella di continuo affluirono artisti in
gran numero dalla penisola, che spesso grande operosità vi spiegarono, ma ancora
perchè valentissimi Siciliani raggiunsero nelle diverse arti cotanta eccellenza di merito
da non temere riscontro co' piii famosi maestri di ovunque. Laonde per fermo è
da tenere, che una notabil lacuna non sarà mai colmata nella storia delle belle arti
in Italia finché lo sviluppo artistico della Sicilia nei vari secoli dell' età moderna ,
non nuiì che quello di Lombardia e di Venezia , di Toscana e dell'Umbria e di
altrove , non sia con pari studio ed amore illustrato.
Addettomi io pertanto sin dalla mia giovinezza a rilevar nella nativa mia
isola le vicende delle arti in quei tempi, e datone saggio in una giovanile o-
pera , che nulla di più rivela che il mio buon volere in simili studi, stimo adesso
in età piti matura , che a far cosa meno imperfetta , anziché insieme trattare delle
diverse arti ne' vari secoli, fa d' uopo limitarsi a più ristretto campo e trattare
specialmente di mi' arte in un dato tempo, facendo poi, che da varie speciali fatiche,
con la maggior cura e la maggior diligenza condotte, risulti un totale e complessivo
lavoro, che possa in alcun modo apprestare il più particolareggiato ragguaglio del
gran movimento e sviluppo delle arti in Sicilia dal medio evo a' dì nostri.
j\ii accingo quindi a cotale intrapresa, facendo oggetto di un primo studio
I Gagini e la scultura in Sicilia nei secoli XV e XVI, laddove appunto da
siffatto argomento nel più ammirabil modo risulta il grande innalzamento dell'arte
nell' isola in quel tempo, allorché tanta eccellenza di genio e così alta perfezione di
artistico magistero vi risplendettero da attingerne essa a ragione non minor gloria
e grandezza di quella delle migliori e più famose scuole d' Italia. Quivi pertanto
dalla metà del quattrocento insino al sorgere del secolo appresso si trasferirono in
copia scultori dalla penisola, lombardi, veneti, toscani e di altre contrade, fra' quali
ve n'ebbero di tanto valore da poter gareggiare co' loro più insigni contemporanei,
che acquistarono in patria gran nome. Stabilitisi quindi essi per lungo tempo in Si-
cilia, vi fondarono una fioritissima scuola, la quale, comunque originata da valo-
rosi artisti di altrove, non raggiunse di poi la sua maggiore eccellenza se non dal
genio siciliano, allorché ^Antonello Gagini, nato in 'Palermo dal lombardo suo padre
'Domenico di 'Bissone, assunse unico e sommo la sovranità dell'arte nell'isola mercè
l'altezza del suo mirabile ingegno, la squisitezza del sentire e del gusto, la fecon-
dità prodigiosa de' concepimenti e l'incomparabile perfezione dell'arte in sua mano,
PRIVAZIONE IX
essendo sorto a capo di una nuova ed detta scuoia di artefici, di cui soprattutto i
valorosi suoi figli e nepoti serbarou la glorici ed il vanto fino a ben tardi.
cNLulla però fu noto ili tutto ciò a quanti trattaron la storia delle arti ita-
liane, talché neanco nell'opera pregiatissima del Cicognara si fa motto di alcun dei
Gag ini. Perl oche non è dubbio, che, rimasta affatto ignorata la ini mensa operosità
della scultura in Sicilia in quei secoli , nulla si seppe de' molti artisti della peni-
sola, che a lungo vi soggiornarono e talvolta pel lor valore vi si resero meritevoli
di gran fama; e niun lavoro d'illustrazione fu qui degnamente fu fatto a rilevare
il merito insigne di quel gran caposcuola della siciliana scultura , che fu il detto
Antonello, il quale per altera di genio ed invidiabile maestria di scalpello emulò
nell'arte i più sommi e lasciò un' eredità gloriosa. Qualche utile speciale fatica, è
pur vero, fu da un ventennio iniziata per far qualche po' di luce in siffatta ma-
teria , che pur bisognava di estesa e compiuta illustrazione : onci' è , che , oltre ai
noti Preliminari di Melchior Galeotti, venivan fuori nel quarto volume della mia
opera Delle belle arti in Sicilia alquante memorie e documenti da me rinvenuti,
con che almen cominciarono a dissiparsi gli enormi errori, che imperiti scrittori da
prima eran venuti accodando. Ma fu ciò in vero ben poco rispetto a quanto oggi
si richiede ad un lavoro soddisfacente in tal genere ; ed era quindi a ripetere più
ampia ed assidua fatica di studi, di osservazioni e d'indagini per rispondere in de-
gno modo al soggetto.
±A ciò mi sembra adesso poter provvedere abbastanza col nuovo lavoro , che
imprendo a mandare in luce, siccome fruito di venti anni di continue investigazioni
fatte in diversi archivi dell' isola , donde potei raccogliere all' uopo gran copia di
nuovi ed inediti documenti , che pongono nella maggiore evidenza possibile la ma-
teria , spargendo su tante ignote memorie dell' arte e degli artisti di quel tempo il
maggior lume di storica certezza- Né pure generalmente fui pago agli altrui rap-
porti, trattandosi d' illustrare tante artistiche opere sparse dovunque per V isola in
città e terre diverse ; e quindi a scorrerla da un capo all' altro non perdonai a
spese e a disagi perché fossero parto di attente osservazioni i miei propri giudizi e
non patisse equivoci il vero. Propizia fortuna mi arrise intanto in avere io rinve-
nuto nel!' illustre Lucio Tasca, conte di rimerita, la maggior liberalità in prò
del presente lavoro , venendo esso a tutte spese di lui fornito de' numerosi intagli
ad illustrazione delle principali sculture , di che vi è discorso: del che perenne gli
serberò gratitudine , ancora in nome dell' arte e della patria. ISLc mi mancarono
incoraggiamenti, lumi e conforti da insigni e colte persone ed affettuosi amici, il cui
2
X
PREFAZIONE
concorso mi fu sommamente giovevole spesso all'ardua intrapresa (l). Laonde spero
aver fatto costi, che torni utile a rilevar degnamente cotanta eccellenza dell'arte, che
fu sì grande in Sicilia nel suo rinascimento , colmando quanto vi ha di manchevole
per questa parte nella storiti dell'italiana scultura; e quindi non dubito, che i cultori
di tali studi vorran se non altro perdonarmi l'ardire, almanco per la novità e la
importanza del soggetto.
( ' ) Mi è caro fra molti almen ricordare qui i nomi del commendatore Felice Bamberg, console di Ger-
mania in Messina; di Giulio Benso, duca della Verdura, senatore del regno; di monsignor Giovanni Girino,
vescovo di Derbi; di Maria Antonietta Grimaldi, vedova baronessa di Geracello; del professore cav. Antonino
Salinas , direttore del museo nazionale di Palermo ; del barone Raffaele Starrabba ; del professore sacerdote-
Bartolomeo La Gumina; del signor Giuseppe Gosentino ; del cavaliere Ignazio De Michele da Termini; dei
professori cav. Giuseppe Polizzi , Michele Stinco e canonico Fortunato Mondello da Trapani, e del mio ca-
rissimo come fratello cavalier Pietro Maria Rocca di Alcamo, che, da me avviato a frugare nell'archivio no-
tariale alcamese, vi attende con sommo amore e con grandissimo frutto.
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6*1
CAPITOLO I.
RICERCHE GENERALI SUGLI ARTISTI IN SICILIA DAI NORMANNI
ALLA I-INE DEL SECOLO XV.
N fatto, che molto importa alla storia delle arti in Sicilia
e che in tutta evidenza risulta da' documenti del tempo e
da' più attenti studi ed indagini , é appunto, che nella se-
conda metà del quattrocento, specialmente nella scultura, la maggiore arti-
stica attività è sostenuta nell'isola non già da artisti di essa nativi, ma
bensì da non pochi da terraferma venuti , che vi stabiliron soggiorno e
molto operosamente vi lavorarono , fondatavi una scuola , che poi dall'alto
ingegno de' lor figliuoli e nepoti, generati e nati in Sicilia, fu alla maggiore
altezza condotta nell'epoca più bella e felice del risorgimento. Un tal fimo,
che si tentò finor contraddire o attenuare in massima parte per dar risalto
al prestigio dell'originalità di un'arte tutt'affatto siciliana, nata e sviluppata
in Sicilia, non può più in vero rivocarsi in dubbio al presente, quand'esso
incontrastabilmente risulta dall'autorità de' molti documenti contemporanei
novellamente rinvenuti; e gioverà in vece indagarne le ragioni e rannodarlo
ad altri anteriori fatti, che possano in alcun modo riuscire a spiegarlo. Che
I GAGIN'I E LA SCULTURA IN SICILIA
se alla Sicilia da ciò vien meno la gloria di un'arte tutta originale e sua
propria sin dalle origini, non minor vanto per fermo le proviene dall'aver
essa apprestato, mercè le sue ricchezze ed il grande suo amore, il miglior
campo agli artisti, che vi fermarono stanza, ad esercitarvi l'ingegno al
maggior grado di operosità e di sviluppo. Oltreché indi apparisce special-
mente nella scultura, ch'essa nell'età avventurosa del suo più grande innalza-
mento non sali che pel genio siciliano a quella insigne eccellenza, che con
artisti di fuori venuti non avea mai dinanzi raggiunta.
Facendo capo per ora da quel gran movimento artistico destatosi nel-
l'isola per opera de' conquistatori normanni nell'undccimo e nel duodecimo
secolo , non può in vero negarsi, che l'elemento musulmano prevalga ad
ogni altro nell'architettura di quel tempo, la quale, siccome osserva l'Amari,
pare sia stata allora esercitata quasi esclusivamente da' Siciliani, sia di schiatta
arabica o berbera, sia di schiatte indigene, fatti Musulmani e alcun di loro
già riconvertito al Cristianesimo, da senno o per gabbo ('). Comunque mo-
dificato dall'influenza bizantina come ogni stile architettonico del medio
evo , ed acconciato alle esigenze del rito cristiano ed a' nuovi bisogni e
costumi giusta i dettami de' prelati e de' principi fondatori , predomina il
carattere dell'arte arabica cosi in San Giovanni degli Eremiti , in S. Maria
dell'Ammiraglio, nella Cappella Palatina di Palermo, nel duomo di Cefalù
ed in quello di Monreale , come nelle ville o palagi di Favàra e Menàni,
della Zisa e della Cuba, e in tutti più o meno gli edifici religiosi e civili,
che la normanna magnificenza produsse ; ed ivi dovunque nelle principali
fattezze è uno stile, che veramente non sembra che mera specie dell'arabico
dell'Oriente, diverso affatto dal bizantino predominante nell'Italia meridionale,
benché pur essa soggetta a' Normanni, e non d'altrove massimamente pro-
venuto se non dal gran numero de' siciliani architetti ed artisti di ogni
maniera , che la civiltà musulmana avea prodotto in Sicilia e che agevol-
mente piegaronsi a servire i nuovi padroni.
Pur tutto ai Musulmani dell' isola non è certamente da attribuire in
quegli edifici, dove, specialmente nella parte decorativa, concorre evidente
ancor l'opera delle genti cristiane, che con la corte normanna cominciarono
a dar nuovo indirizzo, siccome quelle, ch'eran certo più attevoli alle esi-
( ' ) Amari, Storia tifi Musulmani di Sicilia. Firenze, Le Mounier, 1K72, voi. Ili, p. II, lib. VI, cip. XIII,
S56.
NEI SECOLI XV E XVI. GAP. 1.
genze della fede e del culto. Ammette anco l'illustre Amari, che i tipi im-
mutabili della chiesa bizantina copiati fedelmente , il disegno , i colori , le
epigrafi in greco de' bei musaici siciliani del duodecimo secolo rivelali la
mano di artisti di quella schiatta, sia che fossero venuti ap-posta da Levante,
sia degl'indigeni di Sicilia e della Bassa Italia: né pur egli ripugna al sup-
posto, che uomini nati di schiatte italiche nell'una o nell'altra regione ab-
biali preso parte al lavoro e lasciatovi per segno le epigrafi latine ('). Havvi
però chi ricisamente oggi nega , che i Bizantini avessero avuto alcuna
principal parte nel Mezzogiorno d'Italia in ogni genere di arte, cosi nell'ar-
chitettura che ne' musaici, per sostener che nel medio evo tutto ivi si fosse
fatto per opera d'indigeni artefici, e che senz' alcuna estrana influenza si
fosse ivi l'arte originalmente prodotta. Ma a ciò contende l'aversi indubbia
certezza, che Desiderio abbate di Monte Cassino (poi papa Vittore Ili) chiamò
nelFundecimo secolo musaicisti da Costantinopoli, non men che peritissimi
artisti amalfitani e lombardi, all'edificio e decorazione della sua nuova ba-
silica: e non men vi contendono un notevol numero di trittici, dittici e
tavolette dipinte di ogni maniera, sparsi dovunque in Sicilia, di tipo affatto
bizantino, eppur di gran pregio di arte, dello stile e dello sviluppo mede-
simo de' musaici, con tipici soggetti e figure e con greche epigrafi e ancor
talvolta co' nomi de' greci artisti, che le dipinsero (2). Riprenderà taluno, che
quei dipinti, ed insiem quell' immensa profusione di musaici figurati de' tempi
normanni, non sono in precipua parte che opera d'indigeni di greco rito,
i quali pretendesi ancor si fossero sviluppati ed esercitati nell'arte sotto il mu-
(>) Amari, op. cit., voi. Ili, p. II, lib. VI, cap. XIII, pag. 860.
(2) Un picciol trittico, esistente in Palermo nel 1756 con epigrafi greche e col nome di un Cirillo psen-
domonaco, così voluto appellarsi per ascetismo, e che non è chiaro se ne sia stato il dipintore o chi lo fece
dipingere, venne descritto in una lettera di Jacopo Gambacorta, pubblicata nelle Memorie per servire alla storia
letteraria di Sicilia (Palermo, 1756, tom. II, pag. 271 e seg.). Di un pregevol quadretto, figurante il Battista
con le ali alle spalle e con dappiè una greca iscrizione, che chiaramente il denota dipinto di mano di Pietro
Lampardo, si ha cenno inoltre ed un disegno in una lettera di Domenico Schiavo, inserita nelle iSCeinorie an-
zidette (tom. I, p. Ili, pag. 17 e seg.); e ne fa pur menzione il professor Giuseppe Meli nella sua relazione
Dell' origine e del progresso della pinacoteca del museo di 'Palermo (pag. 48), dove or quello si serba insieme
ad altre tavole pure dipinte sullo stile de' musaici nel secolo XII. Dell'arte stessa altresì un prezioso trittichetto,
che rappresenta in mezzo il Cristo in croce sul Calvario e negli sportelli Mosè e Geremia e vari misteri del
Nuovo Testamento , esiste nella pinacoteca della maggior chiesa di Castrogiovanni , dipinto di mano di un
Emmanuele, come vi si legge in una epigrafe greca non ancor pubblicata. E in altre dipinture di simil ge-
nere e dell'epoca stessa è dato imbattersi ovunque in Sicilia, le quali ben meritano venir tolte ad oggetto di
speciale illustrazione.
I GAGINI E LA SCULTURA IN SICILIA
sulmano dominio, e che poi dopo la normanna conquista si fossero messi
a capo di quelle vaste artistiche imprese , siccome i più valorosi , che far
dovevano l\a maestri a' minori artefici, che appena si concede aver potuto
accorrere come semplici aiuti dalla Grecia e dalla terraferma d' Italia. Ma
io non so affatto intendere come sotto i Musulmani e nelle condizioni da
essi imposte agi' indigeni loro soggetti 1' arte cristiana abbia potuto avere
incremento in Sicilia, quando in vece la più general trasformazione politica
e religiosa si era operata da' vincitori, quando, scemata di molto la gente
greca ed italica, e le città indipendenti fatte tributarie dopo la guerra di
Ibrahim-ibn-Ahmed, e infranto ogni legame col bizantino imperio, non potè
a meno Costantino Porfìrogenito nella descrizione delle provincie, che con-
fessar perduta l'isola di Sicilia, le cui città, dic'egli, parte sono abbandonate,
parte si tengono dagli atei Saraceni ('). Vuoisi ancor forse che l'architettura
e la pittura cristiana si sien tenute in operoso esercizio e che non abbiano
avuto penuria di artisti, allorquando Ibn-Haukal osservò, che Palermo, ri-
serbate le debite proporzioni , aveva più moschee di ogni altra città mu-
sulmana alla metà del decimo secolo , e che la stessa primaria chiesa dei
Cristiani non era che divenuta la gran moschea del venerdi de' dominatori (2)?
E si potrà poi pretendere , che il conte Ruggero abbia trovato in Sicilia
fra' Cristiani architetti, pittori, musaicisti, scultori e d'ogni maniera artefici
di alto merito , che abbiano assunto primaria parte nelle ingenti artistiche
opere da lui e da' re suoi successori promosse, mentre in vece è certezza
dal Malaterra , eh' egli rinvenne il greco arcivescovo di Palermo scacciato
dalla sua chiesa e ridotto a mantenere a stento e timidamente in una mi-
sera chiesa di campagna ancor qualche avanzo di culto (3)? Laonde indub-
biamente sostengo, che in tutto ciò , dove non ebbero parte i musulmani
artefici di Sicilia di qualunque schiatta si fossero, bisognò avesser concorso,
specialmente nella parte decorativa e in tanta copia di musaici figurati nei
sontuosi edifici de' tempi normanni, artisti cristiani di Grecia ovvero del
Mezzogiorno d' Italia , uscito da poco di mano de' Bizantini e che ancora
(') Constantini Porphyrogeniti, De thcmalilms, lib. II, them. X, Sicilia, nella raccolta del Banduro,
Imperium orientali' etc. Venetiis, 1729, toni. I, p. I, pag. 22.
( 1 ) Vedi nella Biblioteca arabo-sicn/a raccolta da Michele Amari; versione italiana. Torino, 1880, voi. I,
pag. 11 e 17.
O) Gaufredi Monachi, lib. II, presso Caruso, 'Bibliolb. hist. Panormi, 1723, toni. I, pag. 201.
NEI SECOLI XV E XVI. GAP. 1.
seguiva la civiltà loro. Può ben darsi, che valorosi artisti ci avessero fra gli
Agostiniani di Bagnara , a' quali la chiesa ed il chiostro di Cefalù affidò
re Ruggero, e non meri poscia ira' Benedettini di Cava, che, richiesti
da re Guglielmo, vennero in numero di cento in Monreale allorché co-
struivasi il tempio , e che gli uni e gli altri , ed insieme i Basiliani , o-
vunque introdotti neh' isola, si fossero maestrevolmente adoprati a decorar
con l'arte allevata alla fede i nuovi sacri edifìci eretti dalla munificenza dei
principi, quando nel clero e nel monachismo risiedeva la maggiore cultura
artistica del Cristianesimo. Può ancor darsi, ed anzi è a tener per termo,
che indigeni cristiani insiem non mancarono di dedicarsi all' arte in tanta
multiplicità ed in tanto fervor di lavori, come non può dubitarsi, che i Mu-
sulmani avessero altresi avuto gran parte a' musaici ornamentali delle chiese
e degli altri edifìci del tempo, siccome quelli, che anco eran molto versati in
siffatto genere di arte. Ma ciò, che fa mestieri bene osservare si è, che, come
il conte Ruggero sin da principio adunò da ogni parte cementar ii, al dir del
Malaterra, ad ergere in Troina il primo tempio cristiano (!), cosi nell'ope-
rosità somma sviluppatasi poscia e tanto a lungo durata ad ergere e deco-
rare un sì gran numero di sontuosi edifici, a' quali per tutto il duodecimo
secolo fu dato opera, dovette la Sicilia divenir centro di attività e di lavoro
a' molti artefici in essa venuti non men da tutta Italia che dall'Oriente, ai
quali soprattutto è dovuta, si ne' musaici, che nelle sculture, ogni opera e
rappresentazione figurata di cristiani soggetti, dove l'arte de' Musulmani,
comunque convertiti, non potè certo avere avuto gran parte.
Per la qual cosa, venendo alla scultura, non so in tutto esser d' ac-
cordo col chiarissimo Amari, che non sia alcuna ragione di negare ai Mu-
sulmani di Sicilia il lavorio degli ornati in alto e basso rilievo ed in parti-
colare de' capitelli elegantemente scolpiti , che ammiriamo in vari monu-
menti dell'epoca normanna, massime nel chiostro di Monreale (2). Consento,
( ') Gaufredi Monachi, hb. Ili, presso Caruso, tom. I, pag, 213. Ed eccone il testo:
Ccementarios conducens, undecumque aggregai.
Templi jacit fondamenta in urbe Trainica,
Ad quod perstans avo brevi superai.
Laquearia tectorum ligantur ecclesia.
Parietes depinguntur diverso bitumine.
Consecratur in honore Virginis Puerpera, etc.
(2) Storia dei Musulmani di Sicilia, voi. Ili, p. II, lib. VI, cap. XIII, pag. 826.
I GAGIXI li LA SCULTURA IN' SICILIA
che nelle nuove condizioni, in che quelli trovaronsi, mal si allegherebbe in
contrario il supposto orrore d' ogni fedel Musulmano contro le imagini
d'uomini e d'animali ; e stimo anzi, che nelle sculture decorative, anche con
imagini di fantasia , a decorazione degli edifici da loro eretti siansi essi
talvolta adoprati. Ala ne' capitelli del cennato chiostro ed altrove, dov'è tanto
sfoggio di rappresentazioni bibliche e di simboli cristiani con latine epigrafi,
anziché l'arte musulmana, sembra a me veder l'opera di artisti nati di schiatte
italiche, che, subendo anche in Sicilia inevitabili influenze da quella, con-
giunse principalmente alla rozza espressione dell'arte figurativa religiosa un
tal sistema di barbara imitazione dell' antico , ossia de' ruderi ornamentali
degli antichi romani edifici, che vuole il Selvatico avesse cominciamento in
Lombardia non più tardi della metà del nono secolo, e continuasse pei tre
susseguenti nel Piemonte, a Genova, a Parma e Piacenza, a Modena ed anche
in molte altre contrade della Romagna, e che, misto alle influenze orientali, si
distendesse poi da una parte nel mezzodì della Francia, dall'altra, trascorrendo
la Svizzera, si fermasse in Normandia, e si allargasse sul Reno e penetrasse
in Inghilterra con le influenze normanne, ed egualmente colle stesse influenze
si portasse a modificare l'arabo e bizantino stile della Sicilia (J). A tal si-
stema di arte pertanto , per opera soprattutto d' italiani artisti venuti dalla
terraferma neh" isola , sembra appartengano i capitelli del duomo di Cefalù
con le fantastiche loro figure in relazione al simbolismo de' Bestiarii, cosi
in voga in quel tempo. Né pare altrimenti sia del candelabro marmoreo del
duodecimo secolo nella Cappella Palatina di Palermo , avendo nella base
quattro leoni con varia preda (rappresentazione simbolica la più comune-
mente adoprata dinanzi le porte delle chiese nel medio evo , specialmente
nell'alta Italia), ed ove fra foglie di acanto e vario intreccio di volatili e
quadrupedi e figure umane imitate dall'antico sta in mezzo espresso in forme
ancor molto imperfette il re Ruggero a' piedi del Cristo , il qual siede in
trono fra un nimbo sorretto dagli angeli. Né differente stile rivelali gli or-
nati co' simboli degli Evangelisti ncW ambone della real Cappella medesima,
e non men le sculture di egual tempo nel chiostro di Cefalù, dove ancor
leoncini accovacciati si vedon posti a base di alcune delle colonne, men-
tre poi al maggiore sviluppo dello studio delle antiche sculture ornamentali
(') Selvatico, Sui simboli e sulle allegorie delle parli ornamentali nelle chiese cristiane del medio evo dal-
l'VUI al XFIl secolo; nel volume di Scrìtti d'arie del medesimo (Firenze, 1859, pag. 100).
NEI SECOLI XV E XVI. CAI'. 1. J
si unisce alcun miglioramento di forme e di espressione altresì ne' sog-
getti biblici e simbolici, di che tanto innesto é nei marmi del chiostro
monrealese , essendo ivi più che altrove congiunte all' imitazione delle an-
tiche forme degli ornati pagani le rappresentazioni religiose del Cristiane-
simo con un sistema di fantastico ibridismo , naturalissimo in artisti , che
non esercitavano l'arte secondo regole fisse e secondo tipi prestabiliti.
Nell'assoluto difetto di notizie del gran numero di scultori, che fu me-
stieri lavorassero allora in Sicilia , qualche lume dà oggi un' epigrafe testé
primamente pubblicata dal professore Antonino Salinas, egregio direttore del
museo nazionale palermitano, la qual così vedesi incisa nella nona colonna
del lato, che guarda mezzogiorno, nel chiostro di Monreale : EGO. ROMA-
NVS. FILIVS. CONSTANTINVS. MARMVRARIVS. Costui, siccome osserva
quel dotto archeologo, non sembra pertanto sia da ritenere scultore di quel
solo capitello, perchè in tal caso ci attenderemmo di trovare altri nomi di ar-
tisti negli altri, specie poi in quelli di fattura più gentile e difficile; e quindi
deve essere stato l'artista, che avrà fatto eseguire nella sua officina tutti quei
capitelli, o un buon numero de' medesimi, partecipando con lo scalpello o
con la matita, non sappiamo in quanta misura, al lavoro de' suoi commessi (').
Pare, che, poco forte in grammatica, egli abbia posto al caso retto il nome,
che dovrebbe esser paterno, di Costantino, con un errore non infrequente
nei monumenti medievali, quando la declinazione latina per l'uso del vol-
gare perdeva presso il popolo la sua efficacia. Vi ha poi chi sospetta , che
quel Romaiuis possa più che ad altro accennare alla patria dell'artefice, forse
appartenente alla scuola fiorcntissima de' Cosmati romani. Ma le opere di
costoro, riprende il Salinas , non sono per lo più che del seguente secolo
XIII (2), laddove in vece il nome di Romciniis fu comunissimo nel duodecimo
e più tardi qual nome di famiglia, ed inoltre la forma màrmurarius per mar-
morarius neh1' epigrafe monrealese sembra per sé stessa escludere la proba-
bilità dell' origine romana dello scultore. Comunque però ciò sia (giacché
da quella sola non credo aversi elementi bastevoli a precisar qualche cosa
in proposito), stimo soltanto evidente, che nulla per fermo in esso si trovi
( ' ) Salixas, Due iscrizioni ce/aiutane del secolo XIII. Estratte dall' '^Archivio storico siciliano; nuova serie,
.u1.. IV, Palermo, 1880.
(2) Vedi la Storia della pittura in Italia dal secolo II al secolo XVI per G. B. Cavalcaselle e ]. A.
CaowE. Firenze, 1875, vo!. I, cap. Ili, pag. 150 e seg.
3
I GAGINT E LA SCULTURA IN SICILIA
di musulmano, e che in vece nel nome di lui e nel paterno vi sia tanto da
farlo sospettare fondatamente oriundo da italica schiatta.
Poi ci pervien sicura ricordanza di due italiani fonditori di bronzo, che
fecero le due porte del duomo di Monreale, contemporanee e pur di molto
diverso stile, nell'una delle quali si legge il nome di Bonanno da Pisa con
l'anno 1186, nell'altra quel di Barisano da Trani. Non è qui luogo a discu-
tere la ragione della cennata differenza di stile e di artistico sviluppo di esse,
la qual si dovrebbe ricercare anzi tutto nelle diverse condizioni , in che i
due artefici si trovarono; né giova entrare in minuziose disamine fin dove
l' influenza dell' arte ornamentale musulmana sia da avvertir nella porta di
Bonanno, siccome in vece quella dell'arte figurativa bizantina nella porta di
Barisano. Notevole però più che ogni altro nel caso nostro è la certezza del
finto, che quei due artisti, di cui ci pervennero i nomi fra' molti altri ignoti,
che lavorarono in Sicilia nel duodecimo secolo, indubbiamente appartengono
l'uno all'alta e l'altro alla bassa Italia, porgendo ciò maggior fondamento ad
osservare, che artisti italiani della terraferma ebbero fin d'allora a venir da
ogni parte nell'isola a parteciparvi a quell'operosità singolare ed ammirabile,
che la monarchia de' Normanni vi sviluppò nelle arti. Del che in conferma
giova pure soggiungere la certezza di vive relazioni durate fra la Sicilia ed i
fonditori pisani nel corso del seguente secolo XIII, avendosi ricordo di una
campana di già esistente in Ccfalù, fusa da prima da un Lotoringo da Pisa
nel 1263, siccome appariva da un'epigrafe in essa (J).
Fa poi molto peso quanto osserva il Selvatico dell'ibrido cennato sistema
di sculture, strano accozzamento d'imitate classiche forme ornamentali e di
( ' ) Cotale epigrafe, pubblicata dal prof. Salinas, ricavatala da alcuni appunti intorno a Cefalù raccolti in
una miscellanea manoscritta dell' Auria, conservata nella Comunale di Palermo a' segni Q.q D 166, è la seguente:
Dcmonis et venti vitti pelle, cantoque landes,
Corpora viva voco, mortila voce fico.
Christus vincit, Chrìstus regnai,
Christus imperai.
Francisca vocor.
Lotoriugbus de Pisis vie feci t anno Dui. 126}.
Matteus Arcua me refeci t anno iji>.
« Parole della campana, ch'è nella chiesa di S. Antonino de' padri di S. Francesco della Scarpa in Ce-
falù; la quale campana, perchè si ruppe, si fonde di nuovo, ch'è la terza volta, a 20 di febbraio 1649, e fu
battezzata da monsignor D. Marco Antonio Gussio da Nicosia , vescovo di Cefalù, e le fu posto nome di
Francesca Antonina. »
NEI SECOLI XV E XVI. CAP. I.
simboli e rappresentazioni cristiane, quale non può negarsi avere altresi non
lieve riscontro in que' secoli ne' sacri edifici del Settentrione d'Italia ed in
quelli della Sicilia, dove più prevalga all' elemento musulmano l' elemento
religioso e latino. Che se cotal sistema già notasi prevalere in Lombardia
insino dal nono secolo e poi a grado a grado estesamente diffondersi , non
sarà strano il sospetto, che, sparse per ogni dove industriose colonie di Lu-
ganesi e di Comaschi, che, discendendo direttamente da' maestri comacini dei
tempi dei re longobardi, vivevano del mestiere di muratori e di scarpellini fino
da' primi secoli, ancor non pochi di costoro si fossero trasferiti in Sicilia
ad applicarvisi specialmente in lavori di ornamentale scultura, quando l'opera
loro dovea tanto più essere ricercata ed accetta in ragion della somma at-
tività allor bisognevole in qualsiasi genere di arte, e quando più frequenti
e numerose immigrazioni avean luogo dall'Italia di sopra in Sicilia, e spe-
cialmente di genti lombarde.
Colà (siccome a ragione osserva l'Amari), contrariamente che nella bassa
Italia soggetta ai Normanni, la feudalità si disfaceva appunto in quel tempo,
senza che fossero per anco assettati i Comuni : donde i membri infermi del-
l'uno e dell'altro ordine sociale, agitati da mille rivolgimenti d' indole iden-
tica e di apparenze diverse, volentieri tentavano la fortuna in paesi nuovi,
e senza ostacolo vi si trasferivano (I). E noto in fatti siccome fin da prin-
cipio i cinquecento Normanni acconciatisi agli stipendii di Salerno e di Monte
Cassino, avanzo de' tremila passati in Italia, non crebbero che insiem per
gente di lor sangue, che cercava oltralpe fortuna, e per uomini facinorosi
arruolati nella Lombardia propria e nell'Italia inferiore, i quali ne prendevano
i costumi e la lingua. Non v'ha poi chi ignori le grosse colonie lombarde,
le cui spicciolate ma numerose emigrazioni si assegnano fra gli ultimi ven-
ticinque anni dell' undecimo secolo e i primi venticinque del duodecimo :
colonie di genti affatto diverse da quelle dell'Italia meridionale, che Longo-
bardi si appellarono, dacché i Bizantini, ripresa ivi parte de' Ducati, ne avean
fatto un tema, detto Longobardia. Per la qual cosa Pietro Diacono evidente-
mente distingue Lombardi e Longobardi; e non men chiaramente il Falcando
denota gli uni abitatori della Sicilia, gli altri di provincie continentali d' Ita-
lia, dissipando il supposto di molti eruditi, fra' quali anche il Gregorio,
(') Amari, Storia dei Musulmani di Sicilia, voi. Ili, p. I, lib. V, cap. Vili, pag. 222.
5© I GAGIXI E LA SCULTURA IN SICILIA
che i Lombardi, non men che dalle sponde del Po, fosser venuti in Sicilia
dal Mezzogiorno della penisola. Rileva intanto l'Amari le strette relazioni
avutesi allora fra la Marca aleramica e la Sicilia per cagion di Adelaide, ultima
moglie del conte e madre del re Ruggero, laddove anche un Arrigo, fratel
di lei, ricordato nei diplomi siciliani, al par che nei piemontesi, ebbe poscia
alto stato nell'isola, e molta nobil gente vi dovè quinci esser venuta. La-
onde, benché non ancor si sia giunti a determinare esattamente i tempi ed
i luoghi dell'emigrazione, di cui qui è discorso (il che molto è a sperare
dal maggiore sviluppo degli studi comparativi della linguistica a rilevar le
strette attinenze esistenti fra il dialetto monferrino e il lombardo con la
parlata ancor viva de' comuni di lombarda origine in Sicilia , e non meno
da' nomi propri e topografici e dalla illustrazione di maggior copia di an-
tichi documenti), si può ben fin da ora fermamente posare il fatto, che
nei tempi normanni numerose colonie mossero a mano a mano dall'Italia
superiore e qua e là vennero a stanziar soprattutto nelle interne regioni
della metà orientale dell' isola, dove tuttavia Piazza, Aidone, Nicosia e San-
fratello ne serbano nel parlare le più evidenti vestigia.
Di artisti di tal gente, venuti allora con essa, mancano però affatto fin
ora documenti e memorie del tempo , siccome generalmente mancano di
ogni maniera di artefici , che sì operosamente attesero in Sicilia a tanto
immensa quantità di lavori. Ma che ne fosser venuti è ben agevole sospet-
tarlo in riguardo a' paesi, da cui mossero quelle colonie, dove, siccome
cennammo, fu antico nido di muratori e scarpellini, che poi sempre in gran
numero e per varie generazioni in vari tempi per tutta l'Europa si diffusero,
avendosi più tardi certezza del lor predominio sull'arte in quest'isola dal
mezzo allo scorcio del quintodecimo secolo. Certo è però, che ancor nei
famosi edifici eretti da' re normanni o nel loro tempo, in mezzo all'im-
mensa profusione di ornati di gusto e lavoro musulmano, è d'uopo altresì
talora notare, specialmente nelle opere di ornamentale scultura, quel diverso
elemento di sentire e di gusto, il qual, non avendo riscontro con l'arte a-
rabica, sembra che non derivi se non dall' influenza dell' arte settentrionale,
la qual di leggieri le molte genti venute dall'alta Italia poterono ben allora
avere quaggiù introdotto.
Xon mancò poi per fermo cotale influenza di vivamente seguire e svilup-
parsi nell'arte sotto gli Svevi, allorché tanto più crebbero i rapporti col Setten-
NEI SECOLI XV E XVI. GAP. I. I I
trionc, e la corte di Federico in Sicilia fu aperta al fiore della civiltà di Europa,
onde ancor di quei tempi fu detto, che « la gente, eh' avea bontade, veniva
« a lui da tutte le parti, perchè l'uomo donava molto volentieri e mostrava
« belli sembianti; e chi aveva alcuna speciale bontà a lui venivano : trova-
dori, sonatori e belli parlatori, uomini d'arti , giostratori, schermitori, di
« ogni maniera genti (*). » Laonde di artisti di fuori venuti non ebbe anche
allora ad esser penuria nell'isola. Ben è vero, che al dileguarsi delle popo-
lazioni musulmane l' architettura generalmente rimaneva in mano a Sici-
liani, che forse da quelle discendevano o erano stati in intimi rapporti con
esse; e però 1' eminente carica di preposito degli edifici non vediamo affidata
dall'imperator Federico che ad un Riccardo da Lentini, che diede opera al-
lora a gran numero di costruzioni militari, come i castelli di Agosta , Si-
racusa, Caltagirone, Milazzo e Catania (2). Vero è altresì, che nel carattere
dell'architettura di Sicilia insino al cadere del decimoquarto secolo rimane
ancor molto de' tempi anteriori, giacché le tracce dell'arte musulmana non
poteron di un tratto venire colà cancellate, dov' essa, fondendosi a tutt'altri
elementi e sopra tutti ognor prevalendo , avea tenuto si lungo ed esteso
dominio. Ma nella parte decorativa, e specialmente negl'intagli e nelle scul-
ture architettoniche ornamentali, non mai vien meno quella maniera diversa
di arte, la quale, anziché discendere dall'orientale profusione degli arabeschi,
dimostra ben altre origini ed assoluta differenza di carattere e d'indole, non
avendo riscontro se non col sistema d'ibrido simbolismo e di barbara imi-
tazione del classico, che si prevalse in Lombardia nell'epoca stessa, e che,
sempre più innestatosi alle forme teutoniche e settentrionali, si propagò e
diffuse dovunque. A cotale arte appartiene, attribuita da alcuni ad opera di
Federico di Svevia, la sontuosa decorazione marmorea dell'arco, che servi
di maggiore ingresso al duomo insino al 1734, indi al palazzo comunale,
ed or dal 1750 adorna la porta della chiesa del Santo Carcere in Catania.
Quell'arco é singolare esempio del sesto a pieno centro in un tempo, in
che da per tutto in Sicilia ancor dominava l'acuto, e mostra in tal caso il
prevalere di un'arte ornamentale diversa sopra il sistema architettonico ge-
( 1 ) Nella ventesima delle Cento Vovelle lAntiche.
(2) Vedi Huillard-Bréholles, Historia diplomatica Friderici scarnili (Parisiis , 1857, toni. V, p. I, an.
1239, pag. 509) e Di Marzo, T)elle belle arti in Sicilia dai Normanni alla fine del secolo XIV (Palermo, 1858,
voi. I, lib. IV, pag. 309 e seg.).
12 I GAGIXI E LA SCULTURA IN SICILIA
neralmentc invalso nell' isola : oltreché quel congegno concentrico e pro-
spettico di quattro ordini di stipiti a scena con colonnine faccettate a qua-
dretti, ovvero striate a ^4r-^r, su cui nel modo stesso svolgesi l'arco al di
sopra fra varie simboliche figure per lo più di animali dall'un lato e dal-
l'altro ricorrenti sull'architrave, rivela uno stile in gran parte conforme a
quello di non poche analoghe decorazioni di edifici di quel tempo nel Set-
tentrione d'Italia.
Indi al total dileguarsi di ogni elemento musulmano e bizantino nei
sacri e civili edifici dell' isola ne' tempi posteriori acquistan sempre più
campo le forme decorative settentrionali. Il fregio ad angoli salienti e rien-
tranti, usato in Francia ed in Inghilterra col nome di chcvron o \ig-zag e già
comparso in Sicilia insili da' tempi normanni, primeggia in essa al trecento
negli archi delle porte dei templi e delle finestre dei baronali palagi con
altre parti accessorie , che apertamente dimostran le nuove influenze. Le
occidentali facciate delle chiese presentano di frequente fra la porta ed il
frontispizio le magnifiche rose caratteristiche dello stile lombardo , di che
specialmente la chiesa di S. Agostino in Palermo appresta bellissimo esem-
pio. Rivelasi ad un tempo nella sua maggior profusione di ornati, con molte
figure e bibliche e simboliche, lo stile acuto o composto nella porta mag-
giore del duomo di Messina, opera sontuosa di epoca aragonese, conti-
nuata più tardi e fornita sul teutonico stile di quella del duomo di Napoli
con tanto sfoggio di decorazioni marmoree da' lati e con quella stupenda
piramide sull'arco, dov'è pure evidente il lavoro d'italiani scalpelli. Gli orna-
menti però a trafori, a frastagli, a viticci di gusto settentrionale non mancano
di aver luogo nell' alto de' vani delle porte e delle finestre , binate queste
sovente ed anche talor divise in tre vani da lunghe e sottili colonnine in-
termedie, mentre poi l'arco acuto a grado a grado finisce per cedere affatto
il campo all' arco scemo , e non meno agli archetti a modanature e fuse-
ruoli molteplici nelle decorazioni esterne degli edifici. Ne danno fra gli
altri esempio gli avanzi del magnifico campanile della maggior chiesa di
Piazza Armerina , antica colonia de' Lombardi nell' isola , e parimente nel
duomo di Palermo il sontuoso portico, eretto nella seconda metà del quin-
todecimo secolo dall' arcivescovo Simone Bologna , dove nell' ampia su-
perficie del frontispizio centrale è grande sfoggio di ornati a finti trafori
in basso rilievo, che han molto riscontro di stile co' reali trafori della gran
NEI SECOLI XV E XVI. GAP. I. 13
finestra archiacuta a vani geminati dell' epoca stessa , unico più notevole
avanzo del contiguo palazzo arcivescovale. Ed è poi ammirabile esempio del
passaggio dalle scadenti forme archiacute al nuovo stile italiano del risorgi-
mento la chiesa di S. Maria la Catena in Palermo col suo bellissimo por-
tico rettangolare ad archi di sesto scemo, che ancor prevalgono nella nave
al di dentro , essendovi 1' acuto soltanto serbato alle tre absidi , laddove
nelle diverse grandi arcate del santuario è una gradazione notevole del pro-
gressivo ampliarsi del sesto. Ivi , nelle eleganti decorazioni ad intaglio del
portico, de' muri laterali e degli ornatissimi emicicli della parte posteriore
all'esterno, comunque si deturpata dal vandalico addossamento di altre fab-
briche, appare già. il gusto dell'arte italiana, che sempre più tende a scio-
gliersi e svilupparsi dalle forme medievali , e, benché molto ancora parte-
cipe del teutonico stile negli ornamenti, riesce nel tutt' insieme degli edi-
fici ad una originalità singolare di effetto. Lo stesso dicasi de' sontuosi
palazzi Abatelli ed Aiutamicristo in Palermo e di tanti altri edifici del quat-
trocento in Sicilia, dove in confronto a quelli dell'età precedente, come son
gli altri due grandi palagi eretti altresì in Palermo al trecento dalla feudale
potenza de' Chiaramonte e dello Sclafani, si vede un essenzial mutamento
nello sviluppo di nuove forme, che scemano e poi tolgono affatto il pre-
dominio allo stile acuto, fin dianzi tenuto in onore, e mostrano un saisto
ed un'indole di arte , la quale , partecipando delle forme lombarde e delle
tedesche, non men che delle tradizioni architettoniche speciali della Sicilia,
non è un' architettura in tutto propria di essa , ma sembra aver sovente
sentito vive influenze dalle superiori contrade d'Italia. Sostengo quindi so-
prattutto non esser lungi dal vero il pensare , che la Lombardia , da cui
tante colonie immigraron nell' isola insin da' tempi della normanna con-
quista, e da cui (siccome sarà chiaro) architetti, intagliatori e scultori in
gran numero è certo aver fatto passaggio in essa nel quattrocento, non sia
mai cessata di aver più o meno influito in Sicilia sull'arte, siccome quella,
che fu, com'è noto, la culla delle associazioni de' liberi-muratori, l'opera
dei quali per ogni parte si estese dove la chiesa latina esercitò la sua morale
potenza, dalle sponde del Baltico a quelle del Mediterraneo.
Non dico io già, che dal tredecimo a tutto il quintodecimo secolo
fosser mancati in Sicilia architetti e scultori indigeni, de' quali, non ostante
la scarsità ed incertezza di artistiche memorie di que' tempi, ci è traman-
14 I GAGIXI E LA SCULTURA IN SICILIA
dato ancor qualche nome. Laonde, dopo il Riccardo da Lentini dianzi ac-
cennato, preposito degli edifici del regno al tempo di Federico di Svevia, dà
il Fazello notizia di un Perribono Calandrino da Corleone, architetto abi-
lissimo , vissuto verso la metà del trecento e che dalle fondamenta eresse
la fortezza detta de' Patitari (') : oltreché parimente da antiche croniche
sappiam di un Alberto milite, che nel 1328 fu incaricato della costru-
zione di baluardi e di muraglie in Palermo, e poi di un Andrea Altilia ,
cui simigliarne incarico fu poco appresso attribuito nel 1335 (2). Pur
non si ha certezza alcuna, che questi due ultimi sieno stati nativi dell' i-
sola. Parimente non rimane indizio della patria di un Antonio Gambara,
che nel 1426 scolpì ad Ubertino de Marinis, arcivescovo di Palermo, con
gran profusione di ornati e sullo stile del tempo, la gran decorazione mar-
morea della porta meridionale del duomo, lasciandovi encomiato il proprio
nome in una iscrizione ancora esistente (3); né pur ci è nota l'origine di
un Francesco Miranda, il quale sci anni appresso, nel 1432, intagliò con
assai pregevol lavoro le imposte in legno di quella porta medesima , sic-
come due distici latini vi accennano (-+). È però innegabile, che alla Sicilia
appartenga un architetto Anastasio siciliano , del quale con lor decreto del
26 ottobre del 1470 il governatore e gli anziani di Genova concedevano
a' padri del comune facoltà di valersi pei lavori di quel molo, mercè una
(') T)e rebus siculis. Panormi, 1560, dee. II, lib. IX, cap. V, pag. 546.
(2) Ne è ricordo in un manoscritto miscellaneo di I^Loti^ie varie di Talermo, di mano del Mongitore,
nella Biblioteca Comunale palermitana a' segni Q.q C 3, nel quale a pag. 26 si legge: Nel i}2S ^Alberto mi-
lite statuto per la fabrica delle mura e bastioni (Chron. ms. cavata da' libri del Senato). Nel i}j; Andrea Al-
tilia deputato per ristorare le mura della città del quartiere di Siralcadi (Ex ms. cit.).
( 5 ) Tale iscrizione, compresa in otto esametri latini, è notissima, e non giova qui riportarla. Credo utile
in vece aggiungere uno strumento da me trovato negli atti di notar Giacomo Randisi nell'archivio notariale
palermitano (an. 1459-63, ind. VIII-XI, num. 1552), dov'è memoria di un muratore maestro Giovanni Gam-
bara, che molto probabilmente appartenne alla famiglia stessa di Antonio. Ed ecco pertanto : Die xxvj ejus-
mensis lectehbrii (Vili ind. 1459). Magister Johannes de Ganbara, civis Tanormi, fabrìcator, presati co-
rani nobis, sponte promisit et se sollemnìter obligavit venerabili domino Chicco de la Torta, canonico panormitano,
presenti et stipulanti ab eo prò parte et nomine reverendissimi domini archiepiscopi panormitani, prò quo de rato
promisit etc, Jacere et fabricare quamdam feuestram bene et magistraliter ad modum et formavi proni facit quam-
dam aliarti feuestram magnifici Joannis librerà prò unciis qualuor et tarerai xv p. g. etc.
( 4 ) Jam quadringenti ter deni mille duobm
cNJata!em cedunt post, pie Christe, tuum,
[Miranda pruderli, Franciscus nomine, Castris
xAd mare cum cultas edidil arte fores.
NEI SECOLI XV E XVI. CAP. I. Ij
annua retribuzione di lire 200 in 250, oltreché indi a' 31 del mese istesso
destinavan quattro soggetti, che insieme a' detti padri prendessero ad esa-
minare i disegni già presentati a tal uopo (!). Né guari innanzi coltivò
in patria 1' architettura il dotto frate Salvo Cassetta de' Predicatori , paler-
mitano, il qual, peritissimo nello studio delle matematiche, architettò l'antica
chiesa di S. Domenico, di cui nel 1458 fu gittata la prima pietra dall'arcive-
scovo Simone Bologna, essendo provinciale dell'ordine Pietro Ranzano, sic-
come attestava in quella un' iscrizione, serbataci dal Cannizzaro e dal Pirri,
dov'è memoria del frate architetto (2). Ma non pare, che indi egli abbia più
avuto occasione di esercitare quell'arte, giacché, trasferitosi in Roma, dove
le più alte incumbenze gli affidò il pontefice Sisto IV, vi mori nel 1483,
quando già stava per conseguire la porpora (3). Né più rimane vestigio
della chiesa da lui costruita in Palermo, giacché posteriormente venne rifatta
di pianta. Certo però allora primeggiò molto in Sicilia fra gli architetti costrut-
tori e decoratori un Matteo di Carnevale , di cui primo il barone Raffaele
Starrabba pubblicò un documento in data di Palermo il 2 giugno del 1490,
onde Giovanni Casada, Niccolò di Galizia, altrimenti di Palazzolo, ed An-
tioco di Cara , maestri fabbricatori , si obbligarono al magnifico Guglielmo
Aiutamicristo , barone delle terre di Calatafimi e di Misilmeri , di eseguire
e far eseguire ogni opera d'intaglio in pietra, che lor verrebbe da lui stesso
affidata, ovvero dall'onorevole Matteo de Carnilivari, capo maestro dell'e-
dificio in costruzione della gran casa di quello nella via di porta di Ter-
mini, dovendo essi specialmente tutta intagliarne la facciata principale e le
altre facciate , e non meno le porte, le finestre, gli archi ed ogni opera, a
volontà e richiesta del detto magnifico e del cennato suo capo maestro (•*).
È chiaro pertanto essere stato costui l'architetto del sontuoso palazzo Aiu-
tamicristo, laddove ognun sa, che col semplice nome di capi maestri insino
a tempi non lontani si addimandavano gli architetti in Sicilia; ed inoltre da
(') Ne è contezza da un Elenco dei documenti artistici raccolti per cura del prof. Santo Varni. Geno-
va, 1861, pag. 19 e 20.
(*) Anno Tini. MCCCCLVIII, XVII kalendas januarii, pont. max. Pio II, rege divo Joanne, prorege Lupo
Ximenio, magistro ordinis Praed. f. Michaele ^iuribcllo, provinciale f. Petro Iraniano, Simon 'Bononius, panhor-
mitanus antistes, jecit primum huius aedificii lapidem; architectus f. Salvili Ca\epta.
( 3 ) Mongitore, Bibliotheca siculo. Panormi, 1 708, tom. I, pag. 207 e seg.
(4) Vedi il cennato documento, riguardante II palalo Aiutamicristo, né!' Archivio storico siciliano (Pa-
lermo, 1874, an. II, pag. 89-94).
l6 I GAGIXI E LA SCULTURA IN SICILIA
altri documenti or da me rinvenuti risulta , ch'egli era Siciliano, nativo di
Noto, e che parimente eresse in Palermo i' altro non mcn sontuoso palazzo
Abbatelli (poi convertito nell'odierno monastero di S. Maria della Pietà) (*),
rimanendo fra gli altri un atto in data del 6 febbraio del 1488, per cui Ga-
briele di Battista ed Andrea Mangino , marmorai lombardi , vendettero al
detto Matteo non men che cinquantaquattro colonne di marmo con lor
capitelli e basi ed ornamenti opportuni , da servire alla fabbrica della gran
casa del magnifico Francesco degli Abbatelli, maestro portolano del regno (2).
E dopo il detto Carnevale dovetter seguire a mantenersi in onore nella
città stessa di Noto, che fu sua patria, le gloriose tradizioni dell'arte, com-
mendando altamente il Littàra un Giovanni Manuella , architetto netino,
venuto in gran rinomanza nel declinar del XV e nel sorger del secolo ap-
presso, allorché i molti edifici, alla cui erezione fu egli preposto, destarono
universale ammirazione in Sicilia, e che diede opera in patria a decorazioni
elegantissime di cappelle, e specialmente di una del Crocifisso, non meno
che alla fabbrica di una gran torre di campanile, fornita nel 15 14, la qual
da un lato vedevasi poggiar su di un ponte con modo di struttura vera-
mente arduo e mirabile (>). Ma indarno a' dì nostri si cercherebbero si
notevoli opere, giacché dell'antica Noto, dopo i tremuoti del 1693, non
rimasero che miserande ruine, ed ora in altro sito sorge l'odierna città di tal
nome : né altrove alcun edificio vien oggi indicato come sicura opera di
quel valente artefice fra' tanti, che pure è certo aver egli architettato in più
luoghi.
Nondimeno , per quanto vivamente avesser concorso gli artisti del
(!) Nel registro di num. 1160 bis, contenente gli atti di notar Giacomo Randisi degli anni 1490 e 91,
indiz. VIII-IX, nell'archivio de' notari defunti in Palermo, è uno strumento del di 14 giugno Vili indiz.
(1490), per cui Honorabilis magistér SMatheus de Carnilivari de terra 'Notisi vendette ad un giudeo Giuseppe
Bonet , cittadino palermitano, una mula di pelo morello pel prezzo di onze cinque, di cui la metà il detto
Giuseppe dovea pagargli a semplice richiesta, e l'altra metà si obbligava scontare ad portcìndum arenavi bonam
ad electionem dirli magistri Malhei cimi illius bestiis ad fabricam doiiius magistri portolani, prope grancliiam Sancte
Marie de Jesu , etc. E parimente nello stesso registro è un altro atto del io febbraio Vili indiz., onde un
maestro Antioco di Cara, fabbricatore, cittadino palermitano , si obbligò al detto maestro Matteo de Carnili-
vari, de terra Nothi, ad fabricandum, intaglandum et muranàum sub eo et ami ipso, tamquam capiti magistrorum
infrascripte fabrice, in domo magna, quam de novo construit et edificat magnificus dominus Giiiìlelinus de Ayu-
tamichristo , et in alia quavis fabrica, anno uno continuo et completo, etc.
(2) Trovasi tale atto nel citato registro di num. 11 60 bis di notar Giacomo Randisi, ed ha luogo pure
in appresso fra gli atti, che riguardano i detti due marmorai o scultori, fra' "Documenti di quest'opera.
(!) Littarae (Vincentii), T>c rebus netinis liber. Panormi, MDXCIII, pag. 149.
NEI SECOLI XV E XVI. GAP. I. 17
paese all'operosità ed all'incremento delle arti in quei secoli, non è da porre
in dubbio, che la Sicilia, siccome centro e capo di relazioni politiche e com-
merciali con tutti gli altri stati d'Italia e di Europa nell'alta sua condizione
di regno e di stato autonomo , fu aperta ad artisti in gran numero , che
non sol da ogni parte della penisola, ma ancor da più lontano venivano
a farvi soggiorno, spinti dalla copia di lavori, che vi trovavano, e da mi-
gliori fortune che altrove. Né poteva essere altrimenti in terra siffatta, dove
i più vivi sentimenti di fede religiosa e di amore ed orgoglio di patria,
energicamente sostenuti dall'autorità somma del clero e dalla potenza del-
l'aristocrazia feudale, tenevan sempre alle arti dischiuso un campo ben op-
portuno ad esercitarsi e progredire co' più splendidi mezzi e la più alta
estimazione , non men che dinanzi era stato sin da' Normanni. Sciagura-
tamente però per tutto il tempo della dominazione degli Svevi , e poi
anche di quella dell'Angioino, non altrimenti che per l'età anteriore, è da
lamentare un quasi assoluto difetto di documenti contemporanei intorno
alle arti ed agli artefici, sien essi indigeni o stranieri, che più si distinser
nell' isola, giacche, tranne del mentovato architetto Riccardo da Lentini e
di un Pagano Balduino messinese , maestro della zecca di Brindisi sotto
l'imperator Federico nel 1221, ed anche di un Giovanni Panittera, il cui nome
con l'anno 1240 è stato testé scoperto nella facciata del duomo di Cefalù (J),
non trovasi di altri ricordo. Par tuttavia evidente, che un Leone Cumier, di
straniero cognome, non so se francese, o provenzale, o mon ferrino, o veneto,
o lombardo, abbia nel tredecimo secolo costruito a dodici arcate in Randazzo
la sontuosa chiesa di S. Maria, siccome appare da una coeva iscrizione in e-
sametri latini ivi apposta, che, letta e illustrata dal Buscemi, lascia discutibile
e incerta la data dell' anno, ch'egli a ragione inclina a credere il 1222, laddove
un' altra iscrizione pur ivi esistente , benché non da lui riportata , afferma
poi compiuta quell'opera nel 1239 (2). Ma del cennato Leone, che par sia
(') Chi sale sul portico, che sta innanzi alla detta facciata, trova scolpita nell' ordine inferiore di archi
della medesima, e propriamente nella seconda arcata a destra del finestrone centrale, l' iscrizione seguente, la
quale assai probabilmente si riferisce a notevoli restauri allora colà compiuti: anno dominice incamacionis MCCXL
mense augusti XIII indictionis, per manus Jobaunis Panicterae. Ed è stata essa teste primamente pubblicata dal
professore Antonino Salinas nella nuova serie dell' Archivio storico siciliano (Palermo, 1880, an. IV, pag.
333 e seg-)-
(2) Cosi legge il Buscemi la prima iscrizione in un suo scritto Sopra una lapide della maggior chiesa di
l8 I GAGINI E LA SCULTURA IN SICILIA
stato l'architetto di quella chiesa ed uno probabilmente de' vari stranieri ve-
nuti dal di fuori ad esercitar l'arte in Sicilia, non rimane più oltre notizia.
Difettano all'uopo non meno documenti e memorie dell'epoca aragonese,
o, per dir meglio, verun accurato e paziente lavoro d' indagini fu praticato
fin ora negli archivi, che forse, interrogati, risponderebber con frutto. Pe-
rocché non può dubitarsi , che vivi rapporti col di fuori in fatto di arti e
di artisti abbia avuto anche allor la Sicilia, e specialmente regnando quel Fe-
derico secondo Aragonese, il qual fu tenuto in Italia siccome capo e principale
sostegno de' Ghibellini , talché i Pisani offerirongli la signoria della città
loro , ed in altro tempo quelli di Genova , avendo egli avuto pressoché
sempre a sé uniti i Ghibellini di Lombardia, di Toscana e degli altri stati.
Notevole nondimanco é di quei tempi il fatto , che mentre tutt'altri nomi
di scultori allora fioriti in Sicilia andarono in preda all'obblio, il solo, che
rimane, segnato nella marmorea tomba dell'arcivescovo Guidotto de Tabiatis
nel duomo di Messina, non é che quello di maestro Gregorio di Gregorio
da Siena, che la scolpi con molta ricchezza di lavoro e con buona pratica
nel 1333 (:)> e che non é dubbio sia stato il medesimo che quel Goro
di Gregorio, senese, il quale, giusta il Cicognara (2), seguendo le migliori
tracce dell'arte, dato avea compimento dieci anni innanzi all'urna di S. Cer-
bone nella cattedrale di Massa in Maremma, e par che poscia si sia trasferito
nell'isola, giacché d'allora non si conoscono altre sue opere in terraferma.
Similmente é da sospettare venuto dall'alta Italia , stando al cognome del
casato, un inagiskr Tctnis Tignoso, di cui in tal guisa era intagliato il nome
Randarrp, nel volume secondo della biblioteca sacra, ossia Giornale letterario-scientifico-eccìesiaslico per la Si-
cilia (Palermo, 1834, pag. 273 a 276):
Mille DUCENTA DECE;» Q.uinQjie SEPTENA fluebant
TEMPORA Fost GENITUM SAncta DE VIRGINE VERBUM
CCvRUIT UT TECTI LAPIDUM SUBNIXA COLUMNIS
VIRGINIS haec AULA BIS SENIS ARTE POLITIS
ARCUBUS ILLUSTRAT LEO CUMIER ART*.- miranda
Hoc Opus EGregium Christi VENERABILE TEMPLUM.
De' vari modi di lettura, cui può dar luogo la forma qQ. della quarta parola del primo verso, egli pertanto
preferisce deccm, quinque, septena, cioè ventidue. E par ne dia conferma l'altra iscrizione, che pur ivi si vede e
forse vi fu aggiunta al total compimento dell'edificio: ANNO DNI. M CC XXXIX ACTVM EST HOC OPVS.
(') Vedi la mia opera Delle belle arti in Sicilia dai Normanni alla fine del secolo XIV (Palermo, 1859,
voi II, pag. 299 e seg.).
(2) Storia della scultura . . . in Italia. Prato, 1823, voi. Ili, cap. V, pag. 297.
NEI SECOLI XV E XVI. CAP. I. 19
in pietra arenaria nell'antico magnifico campanile della cennata chiesa di
S. Maria in Randazzo, da lui probabilmente cretto nel decimoquarto secolo,
ma poi modernamente rifatto in gran parte. Aggiungi, che il nome stesso
trovasi poi con curiosa coincidenza segnato, siccome quello del possessore,
in un prezioso quadretto di una Nostra Donna con molti santi ed angeli,
oggi esistente nella pinacoteca del museo nazionale di Palermo, unica forse
dipintura, che ora rimanga in Italia col nome di Turino di Vanni pisano,
valente pittor di quel tempo, ed ove al di dietro di antica mano si legge :
TAVLETA DI PIERO DEL TIGNOSO FATA ADI PRIMO DI MAGIO (:). Laonde non
è improbabile, che l'architetto medesimo del campanile di Randazzo sia stato
il possessore di sì pregevol dipinto, e ch'egli stesso l'abbia fatto eseguire al
giottesco pennello di Turino, di cui anzi facilmente nasce il sospetto, che
fosse anch'egli venuto in Sicilia.
Imperocché del resto nella pittura, non men che nelle arti sorelle, si
han chiari argomenti di una viva influenza esercitata neh' isola da artisti di
diverse contrade d'Italia, de' quali ancor segnate de' nomi vi rimangono
molteplici opere. Tal vedesi ora in fatti nella cennata pinacoteca palermitana
una Nostra Donna col bambino , che Bartolomeo da Camogli dipinse nel
1346 ai Genovesi residenti in Palermo (2). Non altrimenti un pregevole trit-
tico di una S. Anna con la Vergine ed il bambino ed altri Santi , pur ivi
esistente nella chiesa dell'arciconfraternita dell'Annunziata , reca il nome del
dipintore Iacopo di Migcle o di Michele, detto Gera di Pisa, noto al Da Mor-
rona , al Ciampi e ad altri illustratori di memorie degli antichi artisti toscani.
Da incerto pittore veneto, di cui il tempo e l'incuria sciaguratamente invo-
larono il nome, lasciandone sol la certezza della patria, fu decorata inoltre
di pregevoli dipinture nel 1388 la tabella della serie de' confrati defunti,
( ' ) In un listello di tavola , trovatosi inchiodato dietro al quadretto a guisa di sbarra e che assai pro-
babilmente da prima ne formava 1' estremità inferiore, tuttavia si vede scritto in antichi caratteri dorati: . . .
RIXUS VANNIS DE PISIS PINSIT A E non dubito punto sia da legger TURINUS, di cui altre
tavole con quasi identiche iscrizioni accenna il Da Morrona, esistenti in Pisa al suo tempo (Tisa illustrata.
Livorno, 1812, tom. II, pag. 428 e seg.).
(2) Ne è pubblicato un disegno nella mia opera "Delle belle arti iti Sicilia (Palermo, 1859, voi. II,
lib. V, pag. 172 e seg.), dove io già stimai, che il magister Hartolomeus de Camulio piutor, segnato in essa
tavola, fosse un artista siciliano. Ma vien egli ora in vece chiarito nativo di Camogli per uno strumento con-
temporaneo trovato in Genova e pubblicato dal chiarissimo professor Santo Varni in un accurato suo opu-
scolo di Appunti storici sopra Levatilo, con note e documenti (Genova , 1870, nota 37, pag. 46 e seg.).
20 I GAGIKI E LA SCULTURA IN SICILIA
qual rimane anco in Palermo nella sacrestia dell'arciconfratcrnita di S. Niccolò
di S. Francesco, generalmente ora intesa di S. Niccolò lo Reale; e non guari
dopo, nel 1402, un Nicola di Magio da Siena dipingea pure un trittico per
l'antica chiesa di S. Cristina la Vctcrc, il qual, segnato del suo nome e del-
l'anno, serbasi guasto nella pinacoteca anzidetta ('). Né si può dar luogo
a dubbio che un tal senese dipintore non abbia lavorato in Sicilia, avendosi
un pubblico atto in data di Palermo a 18 febbraio del 1405, ond'egli si
obbligò eseguire una icona o trittico di una Nostra Donna con S. Caterina
e S. Niccolò, simile negli ornati ad un'altra, che il medesimo avea già di-
pinto per la chiesa di S. Domenico in Trapani (2). Laonde certamente fu
ancor egli un de' molti, che dal continente italiano emigraron nell'isola, e
che da altri più tardi furono in pari emigrazione seguiti, fra' quali ebbe a
primeggiare non poco nel quattrocento un Guglielmo de Tisaro, probabil-
mente pesarese , di cui vari contratti s' incontrano in Palermo per diversi
lavori di dipinture, del pari che più tardi nel sorger del secolo appresso il
napolitano Mario de Laurito e fors' anco il celebre Vincenzo detto il Ro-
mano, e poscia in Messina Polidoro da Caravaggio ed ovunque molti altri.
Ma de' dipintori venuti in diversi tempi e in gran numero da tutta Italia
avrem per altro lavoro non poca materia di studio.
( ' ) Vedine l'intera iscrizione, adesso mutila alquanto, nella mia opera "Delle Ielle arti in Sicilia. Paler-
mo, 1862, voi. II, lib. VII, pag. 57.
(2) Stimo far cosa grata recando qui un tal documento da me rinvenuto nell'archivio de' notari defunti
in Palermo in un registro di atti di notar Gabriele Vulpi, segnato di num. 1134, e propriamente in un quin-
terno inseritovi degli atti di notar Niccolò de T^ainaldo dell'anno della XIII indizione 1404-5. Ed ecco per-
tanto: xviij". frebuarii xiij.' ina. (1404) (1405). OtCagister Nicolaus de Scnis, pictor, e. p., presens corani nobis,
sponle vendidit et assiemare prontisti ad onines suas expensas Antonio de Machono, Friderico de Ruberto et Johanni
de Chusa, preseutibus et in solidum ab co ementibus, yconam imam magnani cum scandio, longitudinis palmorum
sex, cum altitudine correspondenti longitudini predicte ac cum figuris iufrascnptis, videlicet: in medio conc figura
gloriose Virginis diarie ; in dextra parte cotte figura Saucte Katarine ; in sinistra vero figura Sancti Nicolai; et
in aìiis tribus partibus superioribus in medio figura Salvatoris et in aliis duobus 'hLunciata cum angelo; et ex
pacto cum illis intaglis, floribus et laboribus prout est quedam ycona, guani fecit d'ictus magisier Nicolaus ad opus
ecclesie Sancii 'Dominici de Trapani, facta per cuindem magistrum. Et hoc prò predo et integro pagamento un-
ciarum auri quinque et tarenorum quindecim , de quo predo prcscncialiter recepit unciam imam et tarenos xviij.
Et reslaus predi diete ycone promiserunt dicti emptores eidem magistro venditori et quilibet eorum in solidum dare,
solvere et assignare, completa dieta ycona incontinenti. Quam quidem yconam finitimi et completarli, bonitatis et la-
boris ut supra et illitis cone de Trapani, d'ictus magistcr promisit et convenit eisdem emptoribus dare et assignare
bine per totum mensem junii anni presentis proxime venturum, sine aliqua exceptione. Que omnia, etc. — TtStes :
frater Aloysitu de Regali, frater Petrus de Palma ordinis Eremitarum et Pascalis de Simone.
NEI SECOLI XV E XVI. CAP. I. 21
Importa qui osservar soprattutto, che, non appena si è tentato indagare
alquanto di proposito negli archivi palermitani intorno a memorie artistiche
del decimoquinto secolo in Sicilia , ne son venuti e ne vengon fuori co-
piosi documenti a provare il fatto di una prevalenza notevole, che allor vi
acquistarono artisti venuti in gran numero dalla penisola , e più che d' al-
trove dalle parti di Lombardia, ad esercitarvi specialmente architettura e scul-
tura ne' gradi più o meno elevati di pratica di dette arti, conforme all'in-
gegno ed al valore di ognuno. Laonde, oltre una vaga notizia de' maestri
fabbricatori Giovanni Lombardo e Donato di Como, ricordati in Palermo in un
atto del 3 dicembre II indiz. 1468 (1469) ('), abbiam del 13 marzo VI indiz.
1472 (1473) una protesta spinta contro il vescovo di Cefalù Giovanni de' Gatti
da un Antonio di Como, figlio ed erede universale di un maestro Ambrogio
di Como, ch'erasi un anno prima obbligato pel prezzo di once novantacinque
a murare ed intagliare il portuale o portico di quella maggior chiesa nel sito
della porta principale di essa, con dover farvi un arco nel modo stabilito in
precedente contratto col procuratore e rappresentante il capitolo della chiesa
medesima, ch'era allor priva di vescovo. Imperocché, morto indi Ambrogio in
corso dell'opera, e venuto novello vescovo il De' Gatti, non ostante che già
costui si fosse in prima accordato col figlio Antonio per la continuazione e
compimento di quella , intendea poscia affidarla ad altro maestro , provo-
cando perciò la protesta anzidetta, di cui non é altronde ulteriore contezza
del risultato (2). Di altri fabbricatori della famiglia stessa, o almen della stessa
patria, dimoranti anco allora in Palermo, non mancano intanto memorie, a-
vendosene a 14 giugno del 1476 di un Giovanni di Como e di un Mar-
tino di Minorca per la fabbrica di una stalla in casa del magnifico Luca di
Bellacera (3), e meglio ancor di un Cristoforo di Como, il qual per pub-
blico atto in data del 9 dicembre del seguente anno fé' dono di una sua casa
( ' ) Dichiarano aver ricevuto la somma di once quattro e tari ventiquattro ad istanza di Antonio di Ferro,
canonico palermitano, per pubblico atto in un volume di frammenti di notar Gabriele Vulpi degli anni 1455-
70, indiz. V-III, segnato di num. 1135, nell'archivio de1 notari defunti in Palermo.
( 2 ) Vedi fra' TDocumenti di quest'opera, num. I.
( 5 ) Eodem die xiiij junii viiij ini. eiusdem (1476). Magister Joannes de Conio et magister Martinus de 3(i-
norca, fàbricatores, habitatores Talloniti, preseutes corani nobis, sponte et sollemniter in solidum promisentnt et se
sottemniter obligaverunt magistro Johanni de Spagna, civi Tallonili, .... fabricare et de novo facere in domo ha-
bitacionis magnifici Luce de 'Bellachera .... unum stabulimi etc. Dal registro di num. 11 56 degli atti di notar
Giacomo Randisi (an. 1474-76, ind. VIII-IX) nell'archivio suddetto.
22 I GAGINI E LA SCULTURA IN SICILIA
a pian terreno , esistente in contrada Divisi , a Gabriele di Battista , fratel
suo carissimo in arte, siccome scultor di marmi, cui egli era tenuto di molti
servigi e onoranze, che aveane sempre avuto con vivo affetto (J). Per la qual
cosa, venendo egli stesso più tardi a morte nel 1492, lasciò per testamento
suo erede universale Giovan Geronimo suo figliuolo, nato da lui e da Tad-
dea sua consorte , ed ancor generale procuratore dell' eredità de' suoi beni
e crediti in Palermo il suo diletto fratel Gabriele, mostrando, che nel lungo
esercizio dell'arte avea ben egli dovuto cumulare qualche fortuna (2). Né pur
questi soltanto sono i comaschi fabbricatori, de' quali di quel tempo è certezza
essersi trasferiti in Sicilia, mentre ancora in un atto del 16 agosto del 1475
vien ricordato un maestro Tomaso de Vultimo della città di Como, fabbri-
catore, che allogò l'opera propria ed i servigi di sua persona al nobil Pe-
rico Baili, palermitano (3); e poi non mancan notizie di altri Lombardi del-
l'arte stessa, che lavoravano allora in Palermo. Vengon fuori fra gli altri un
Giovan Pietro Lombardo, abitatore della città medesima, il quale insieme ad un
Peri Ferreri palermitano, per pubblico strumento del 26 marzo del 1473, pro-
mise al magnifico Antonio di Ventimiglia costruirgli una casa a pian terreno
nell'edificio di sua dimora nel quartiere dell'Albergarla (4); un maestro Lo-
renzo da Milano, che pare ricordato in qualità di capo maestro in un atto
del 22 di settembre del 1474 (s); un Bernardo di Castellazzo, fabbricatore
( ' ) Vedi fra' 'Documenti di quest'opera, num. II.
(2) Ne è contezza da un monco inventario de' beni del detto Cristoforo da Como, in data del 14 no-
vembre XI ind. 1492, da fog. 236 retro a 237 del registro di num. 1173 degli atti di notar Pietro Tagliante
nel sopraddetto archivio notariale in Palermo. E nello stesso registro poco di poi si legge a fog. 245: Die
xvij.° mensis novembris xj.' ind. 14^2. Presenti scripto publico notum facimus et tcstamur qualiìcr magister Gdbrid
de Abbattista, civis Panormi , tanquam frater et guberiiator et procurator gcncraìis quondam magistri Xpoferi de
Como, sui fratris , virtute testamenti ultimi et nuncupativi celebrati manti mei notarii infrascripti, omni meliori
modo, via, pire et forma, qìiibus potuit et potest et juxta forviavi juris, constituit, fecit et ordinavit suum verum,
legitimum et indubitatum procuratorem , quo supra nomine, ^Antonimi de Battista, eius filiitm, prescntem et oints
presentii procuracionis in se voluntarie suscipientem, etc.
(3) Dal registro di num. 11 56 di notar Giacomo Randisi, an. 1474-76, ind. VIILIX, fog/691, nell'ar-
chivio de' notai defunti in Palermo.
(4) Dal registro di num. 1 1 5 5 dinotar Giacomo Randisi, an. 1472-74, ind.VI-VII, nell'archivio medesimo.
(s) Da un atto nel registro di num. 11 56 di detto notar Randisi, an. 1474-76, ind. VIII-IX, dove si
legge a fog. 40: Eodem (22 settembre VIII ind. 1474). fMagister Donatus de la Cava, fabricator , presens co-
ram nobis, presente et petente ab eo magistro Matheo Leonessa, fabricator e , spante est confessus se ab eodem ma-
gìstro Matheo Imbuisse et recepisse tarenos vj p. g., quos tarenos vj idem magister Mathcus soluit cidim magistro
"Donato prò parte magistri Laurencii de DvCediolano prò certis dietis factis in maragmate Nicolai Calabrensis, etc.
NEI SECOLI XV E XVI. CAP. I.
23
lombardo ed abitator di Palermo, che a 26 luglio del 1475 si obbligò ad
un maestro Narcisio di Finara fabbricargli di pianta una casa a solaio nella
sua vigna (*), e parimente più tardi un Cristoforo da Bergamo, già cittadino
palermitano, che a 22 di novembre del i486 prometteva e solennemente
obbligavasi al nobil iMazullo di Savetta far tutta quell'opera di muratura, che
egli nelle sue case volesse richiedere (2): oltreché pure in un atto del di 8
luglio del 1472 è menzione di un Tedesco, un maestro Giovanni Grasso, teu-
tonico, abitante in Palermo, obbligatosi a Gargano di Silvestro per la fab-
brica di un arco ed altre simili opere in sua casa esistente in ruga verde (3).
Di un muratore ferrarese Alessandro di Robino, anche allora in Palermo di
soggiorno, troviam che fu pure adoprato dal magnifico Guglielmo Aiutami-
cristo per lavori di fabbriche, sì nella sua baronia e castello di Misilmeri ,
come anco in città, e specialmente nella sua gran casa o palagio, di già in
costruzione, a porta di Termini : al qual uopo si obbligò quel maestro per
due anni in servigio di lui per pubblico atto del 14 febbraio del 1490 (-*).
Imperocché il siciliano Matteo di Carnevale, architetto di quel palazzo ed in-
sieme dell'altro non men sontuoso dell' Abbatelli e non sappiam di quanti
altri grandiosi edifici del tempo, dovè naturalmente essersi avvalso non solo
dell' opera di artisti indigeni , ma ancor di quella degli stranieri di ogni
paese, spesso abili e destri nell'arte, di già venuti in gran copia nell'isola.
Oltre in fatti del Ferrarese cennato, ch'ebbe a lavorar sotto di lui nel primo
de' detti palagi, si ha che furon opera di scarpellini lombardi, siccome di
sopra è cenno , le numerose colonne di quello del portolano, mentre anco
a lui obbligavasi per lavori di fabbriche in esso un muratore palermitano
Bernardo Vivilacqua per atto del 14 giugno del 1490 (5), e similmente gli
si eran obbligati pel palazzo Aiutamicristo addi io febbraio dell'anno stesso
i fabbricatori Niccolò Janduito di Noto, Domenico di Giuliano di Messina
ed Antioco di Cara pur di Palermo, nominato indi ancora quest'ultimo in
posterior documento con altri (6). La fabbrica intanto della confraternita
dell'Annunziata in Palermo nella parte più rilevante della facciata esteriore
(') Dall'anzidetto registro di notar Giacomo Randisi di num. li 56.
(2) Dal registro di num. 1161 di detto notar Randisi, che comprende frammenti di atti dal i486 al 1499.
( 3) Dal registro di num. 11 55 dello stesso notar Randisi, an. 1472-74, ind. VI-VII, nell'archivio suddetto.
(4) Dal registro di num. 11 60 bis di detto notar Giacomo Randisi, an. 1490-91, ind. VIII-IX.
(5) Dal citato registro di num. 1160 bis di notar Randisi.
(6) Dal registro medesimo di num. 11 60 bis di notar Randisi. e
24 I GAGIXI E LA SCULTURA IN SICILIA
e delle interne arcate delle ali troviamo allogata ad un maestro Gabriele di
Roma, fabbricatore, cittadino palermitano, il qual convenne a ciò co' rettori
Antonio Imperatore, Luciano Valdaura e Giovanni Enrico Diana per pubblico
atto in data del 4 marzo I indiz. 1497 (1498). Ne certo può mettersi in
dubbio la romana origine del medesimo, espressa insieme al suo nome, co-
munque pel suo soggiorno o per altro godesse già egli cittadinanza in
Palermo (').
Aggiungevansi artisti nativi di vari luoghi della bassa Italia, fra cui e
la Sicilia, in cui avevan fatto passaggio, eran più vivi i rapporti di vici-
nanza ed ove dominava non poco in architettura lo stile lombardo, siccome
un tempo vi dominò il bizantino. Ve n'eran soprattutto di Cava nel Na-
politano, che fin dal medio evo fu sede di arti e di lettere per quella fa-
mosa badia della Trinità, i cui monaci, fra' quali probabilmente non pochi
erano artefici , furon chiamati ed ottenuti in gran copia da Guglielmo il
Buono per la sua chiesa di Monreale. Trovasi quindi, che a 27 di maggio
del 1468 furono stabiliti solennemente in Palermo ampli capitoli, patti e
convenzioni della fabbrica di una torre , che l' eccellente e magnifico messer
Pietro Speciale, regio milite , signor delle terre di Alcamo e Calatafimi ed
un de' maestri razionali del regno di Sicilia , intendea fare nel suo trap-
peto di cannamele in contrada Ficarazzi , e che dovea fabbricargli un Pe-
rosino di Giordano della città della Cava nel regno di Napoli pel prezzo
in tutto di once seicentoventi di siciliana moneta, da pagarsi a rate men-
suali (2). La detta torre assai facilmente è la stessa, che tuttavia esiste
( ' ) Vedi fra' "Documenti di quest'opera, num. III.
(2) Dal registro di num. il 54 bis di notar Giacomo Randisi, an. 1466 a 69, ind. XV-II, nell'archivio
de' notari defunti in Palermo, dove si legge: Die xxvij." may prime ind. (1468). Magnifica* et strenuus vir
dominus Petrus de Speciali, regius miles, dominus terrarum vAlcami et Calatafimi, regnique Sicilie aìius ex ma-
eistris racionalibus, civis felicìs urbis Pai/ormi, et discretus Peronnus de Jordano de civitate Cave regni Nea-
bólis, presentes corani nobis, sponte, sollempnibus stipolacionibus bine inde inlerveuìeutibus, finnaverunt et statue-
ruut iufrascripta capitala, leda et publicata per me notariiuu infrascriptum, vidélicet: — -Li capitali, patti et con-
vencioni di la fdbrica de la tane, la quale lo excelienti et magnifico signuri misser 'Peli a de Speciali intende fare
nel uo trappeto nelle Phccara^e, sopra la rechetta, appresso lo ditto Irappelo; la quali divi frabicari hi hon. Te-
rmino de Jordano de la gitati di la Cava del lu regnu di Napoli, Slitto le patti et condìcioni fra Ioni fermati de
accordio, juxla la forma et modo iufrascripto, ec. — Seguono ben trentanove capitoli per la fabbrica di detta
torre, di cui si stabilisce il prezzo in once seicentoventi di moneta del regno di Sicilia, pagabili di mese in
mese insino alla fine. E termina poi l'atto coi testimoni seguenti : Testcs: reverendissima in Xpo. pater et do-
minus Jo. de Burgio, archiepiscopus panormilanus, presbiter Jo. de Caldarone, 11. Jo. de Campo, m/ 'Doiuiuicus
de Gassinis, scultor, et clericus Jacobus la Caldureia.
NEI SECOLI XV E XVI. CAI'. I. 2j
nella cernuta contrada, dove poi sorse 1' odierno villaggio di quel nome, ad
Oriente dell'agro palermitano: ma di quell' architetto appaltatore non è più
ricordanza di altre opere, cui dovè certamente dar luogo. Si ha però inoltre, che
a 9 gennaio VI indiz. 1472 (1473) Francesco di Aurilia fabbricatore, cavese
anch'egli ed abitante in Palermo, obbligossi a Gargano di Silvestro, nominato
pur dianzi, per la costruzione di un arco d'ingresso alla sua casa ('), e che
non guari dopo un Donato della Cava, dell'arte medesima, a 22 di settem-
bre del 1474, fece anco in Palermo ricevuta di tari sei ad un altro muratore
Matteo da Leonessa, pagatigli da costui per parte di un maestro Lorenzo da
Milano per certe giornate di lavoro nella fabbrica di un Niccolò Calabrese (2).
Aggiungi un Luigi Servi a Dio, fabbricatore di Maida nelle parti di Calabria,
il quale per pubblico strumento del di 8 luglio del 1476 allogò le fatiche e
i servigi di sua persona a Niccolò d' Isolda, cittadino palermitano (3), ed
indi più tardi un Marco di Gala nel regno di Napoli, obbligatosi a 30 di-
cembre del 1496 ad un maestro Niccolò Cito per la fabbrica di una certa torre
nella sua vigna in contrada di Bagheria (4). Né manca pur talvolta d'im-
battersi in nomi di muratori delle parti di Spagna, come quelli dinanzi cen-
nati di Martino di Minorca e di Niccolò di Gallizia, trovati parimente a la-
vorare in Palermo in quel secolo , quand' era sì facile e naturale il venirne
da' vari stati di quell' amplissima monarchia, di cui suo malgrado la Sicilia
era divenuta ancor dipendenza. Ma certamente, fra tanto affluire in essa di
artisti di ogni paese ed in tanta operosità di lavori, quelli di Lombardia e
delle vicine contrade dell'alta Italia furono i più fra tutti i nuovi venuti, ed
ancor meglio che nell' architettura esercitaron essi nelP arte dello scalpello
un'azione efficace e vivissima, da cui ebbe sua prima origine in Sicilia quel-
l'ammirabile scuola, che sali poi al maggior grado di perfezione e di altezza
mercé la potenza di un genio da lei partorito.
(') Dal registro di num. 1155 di notar Giacomo Randisi, an. 1472 a 74 , ind. VI-VII , fog. 339, nel
detto archivio.
(*) Dal registro di num. 11 56 di detto notar Randisi, an. 1474 a 76, ind. VIII-IX. E vedi anco di sopra
in quest'opera a pag. 22, nota 5.
(?) Dal citato registro di num. 11 56 di detto notar Giacomo Randisi, dove si legge: Eodem vii/" julii
none ind. (1476). Magister ^Hoysius Servi a T)cu, fabricator de Mayda de partibus Calabrie, presens corani no-
bis, spante ìocavit opcras et servitici persone sue hon. Nicolao de Ysolda, civi Tallonili, ec.
(4) Dal registro di num. 11 62, che contiene frammenti di atti di detto notar Giacomo Randisi dal 1496
al 1 500, ind. XV-III, nel cennato archivio.
l6 I GAGIN'I E LA SCULTURA IN SICILIA
Fra l'architettura e la scultura fu allora, siccome sempre, molta prossi-
mità di condizioni e di origine , siccome fra due arti sorelle , che V una e
l'altra scambievolmente si prestarono e si soccorsero, e spesso insieme tro-
varonsi ad aver campo a decorazione degli edifici. Era ben naturale adunque,
che ove architetti e muratori vennero in copia di Lombardia e d'altri luoghi
del Settentrione d' Italia, fosser venuti altresì scultori e scarpellini in buon
numero; né fu altrimenti. Provasi in fatti da contemporanee scritture , che
pressoché tutti quanti, che in Sicilia maneggiarono lo scalpello e sostennero
il decoro dell' arte dalla metà al declinare del quintodecimo secolo , non
furon che gente venuta dalla penisola e più che ogni altro Lombardi, che,
trovato lavoro e fortuna nel nuovo soggiorno, di leggieri per tutta la vita
vi si fermarono, ottenutavi ancor facilmente cittadinanza, sia per aver tolto
moglie nel paese, o per non interrotta dimora in esso e per lungo esercizio
dell'arte medesima. Quindi è, che sovente gli stessi artisti, che in pubblici
atti di data anteriore e più prossima al tempo del loro arrivo son denotati
espressamente da' luoghi di loro nascita , ossia dalla vera lor patria , e sol
come abitanti in Palermo , son poi ne' posteriori e più tardi atti general-
mente appellati cittadini palermitani. Lombardo ei fu pertanto Domenico
Gagini, di cui è già certezza della dimora in Palermo insin dal 1463, prima
di ogni altro di quella numerosa colonia di scultori, eh' egli sorpassò tutti
per merito e fama d' ingegno e di magistero, essendo stato in Sicilia sti-
pite e fondator della scuola, che poi si nomò dal gran genio di Antonello
suo figlio, e che indi co' figli e nepoti di lui per tutto il cinquecento e sino
al sorgere del seguente secolo serbò le tradizioni del suo mirabil primato.
Non meno dalle alte regioni della penisola vennero circa quel tempo Pietro
di Bontate e il veneto Francesco di Laurana, scultori e statuari, che già nel
1468 si trovano in Palermo parimente adoprati in lavori, e non guari dopo i
lombardi Gabriele di Battista ed Andrea Mangino di sopra cennati, ch'entrambi
pur essi vi formarono scuola e famiglia, e un Giorgio da Milano, che lavorò
con Domenico Gagini e gli sopravvisse, ed altri fin ora d'incerta patria ed ori-
gine. Carrarese poi sembra fosse un Antonio di Vanella, de' primi venuti in
quel tempo dalle parti di Carrara e di Massa, onde co' marmi di quelle famose
cave ognor vennero appresso scultori e scarpellini: ond'é, che nella scuola del
sommo Antonello Gagini ebber più tardi lavoro, appartenenti a carraresi fa-
miglie, Giuliano Mancino e più d' uno de' Berrettaro e non pochi altri di
NEI SECOLI XV E XVI. CAI'. [. 2 7
quelle stesse contrade, mentre assai bella fama raccolsero inoltre in Messina
nella prima metà del cinquecento l'architetto Domenico da Carrara e lo scul-
tore pur carrarese Giambattista di Masolo o Mazolo, ai quali colà poi succe-
dettero della medesima patria ad esercitar la scultura, l'architettura ed anche
talor la pittura le famiglie de' Calamec e de' MafTei. E ancor sin dallo scorcio
del secolo decimoquinto , insieme a vari fabbricatori del regno di Napoli ,
troviamo in fine fra' marmorai di Palermo un Giacomo di Sirignano, vil-
laggio a pie della montagna di Montevergine, a non molta distanza da A-
vcllino : dal che sempre più chiaro si vede, che pure artisti di quello stato in
diversi tempi facevan continuo passaggio in Sicilia, e che non a caso e non
senza precedenti vi si trasferirono in seguito i fratelli Francesco ed Aurelio
di Basilicata , de' quali l'uno poi giunse ad esser console dell' arte de' fab-
bricatori in Palermo, e l'altro, fin dopo la morte del gran caposcuola, coi
figli di lui ebbe nome nella scultura.
Un fatto però più notevole per le arti, di cui qui è discorso, avveniva
nella metropoli dell' isola verso la fine del quattrocento , e propriamente
nel 1487. Molto sviluppo ed ordinamento avevan già in essa preso , come
in tanti altri paesi d'Europa, quelle corporazioni di arti e mestieri, che o-
vunque furono necessaria conseguenza del feudalismo, e che nacquero, vis-
sero ed indi pcriron con esso ; quelle ben ordinate aggregazioni delle di-
verse classi del popolo, che sotto il nome di maestranze, rette con propri
capitoli e da propri consoli e dipendenti dal governo del Comune, formaron
come una feudalità popolare in faccia all' aristocratica, di cui in modo in-
diretto temperavano la soverchiarne potenza. Sembra però, che fra tante ancor
fin allora mancasse in Palermo una maestranza di marmorai e fabbricatori ;
ed era tempo di fondarla e ordinarla, giacché sì notabil numero di artefici
ed operai di dette arti, benché per lo più venuti dal di fuori da più o meno
tempo, godevano pel lungo soggiorno il pieno privilegio di cittadini e ben
potevan far corpo co' nativi del paese, che in minor numero coltivavan le
arti medesime. Laonde si uniron essi tutti a tal uopo, presentando al pre-
tore e ai giurati della città i capitoli della lor corporazione per averli ap-
provati. Furono i marmorai o scultori i maestri Domenico di Gagini, Pietro
di Bontate, Gabriele di Battista, Antonio Pruni, Giorgio da Milano, Andrea
di Corso , Jacopo di Sirignano , Antonio di Verri , Stefano di Cascino ed
Antonio di Vanella. Furono i fabbricatori, con a capo il lor capo maestro
28 1 GAGIN1 E LA SCULTURA IN SICILIA
Niccolò di Grisafi e con il loro console Niccolò Longobardo, i maestri An-
tonio Sasso, Giovanni il Tedesco, Tomaso Guastapani, Giovanni Ferrante,
Cristoforo di Bergamo, Alessandro del Bono, Benedetto di Salerno, Pietro
Maiorchino , Cristoforo di Como , Paolo di Avantaio , Michele di Ragusi ,
Luca 1' Inzuccarato , Giaimo il Francese, Pietro Birraia , Pietro di Paolo,
Pino Tornabene, Pietro di Granata, Giovanni di Aiello, Guglielmo Lom-
bardo , Giannello del Reame , Giovanni il Gaetano e Giorgio Gallo. Vi si
aggiungevano iperriatori, ossien picconieri, Filippo Galluzzo, Niccolò di
Mazara , Michele di Naso, Menico di Milito, Lorenzo Tominaro , Vin-
cenzo Guerra , Giovanni Labeso , Amico di Micalo albanese ed altri. Non
è da trascurar di osservare siccome in tutti questi nomi prevalgan sempre
quelli di artisti affatto stranieri di origine, apparendone ancor d'un Tede-
sco, d' un Francese, d' un Maiorchino e d' un di Granata tra' fabbricatori :
segno non dubbio della continua e diversa influenza straniera sull' arte in
quel tempo. E non pertanto, essendo già tutti resi cittadini e rappresentando
in Palermo la vita ed il decoro delle arti, ch'esercitavano, prima d'ogni altro
proposero in quei capitoli, che per imporre buon ordine e costume, in ogni
anno , il di della festa de' Quattro Santi Coronati , loro patroni , dovesse
per loro tutti insieme procedersi alla creazione di un console e due con-
siglieri de' marmorai ed altrettanti de' muratori, con che non potessero in
ciò dar suffragio se non i cittadini di Palermo, e non mai i forestieri, e non
compreso l' uffizio ad vitain del capo maestro de' muratori anzidetti, spettan-
done soltanto 1' elezione a' giurati. Seguivano proponendo , che niun dei
maestri o de' garzoni potesse lavorare nel giorno festivo de' detti Santi a 8
di novembre, pena a ciascun de' contravventori una multa di tari tre, di cui
metà dovesse applicarsi alla maramma o alla fabbrica della maggior chiesa,
e P altra in beneficio della cappella ossia altare , che doveva ancor farsi in
laude ed onore de' Quattro Santi medesimi. Aggiungevano, che niun qual-
sifossc, o marmoraio o muratore, di fuori venuto, potesse tener bottega o
murare nella città, se non venisse pria esaminato, se marmoraio, dal con-
sole e da' consiglieri de' marmorai, ovvero, se muratore, dal capo maestro
e da' consiglieri de' muratori , e ciò sotto pena di multa di onza una da
spartirsi nel modo anzidetto , e nella quale altresi incorrerebbero il capo
maestro , il console ed i consiglieri, che avessero ad alcun di tali maestri
accordato licenza di bottega o lavoro pria eh' egli si fosse sottomesso al ri-
NlìI SI-COLI XV E XVI. GAP. I. 2y
chiesto esame. In altri seguenti articoli proponevano inoltre le norme per
la misurazione o l'apprezzamento de' lavori, quando ne fosse il bisogno,
da farsi da' detti lor capi d' arte ed insiem da alcun' altra persona , che la
corte aggiunger volesse; regolavano i servigi e gli obblighi de' garzoni verso
i maestri a scanso di screzi e disturbi ; attribuivan anco al lor console ed
ai consiglieri l'incarico di visitare e soccorrer gl'infermi, potendo pur essi
all'uopo far praticare collette, oltre a quella annuale, che dovea farsi, giusta
il costume , per l'offerta del cerco nella festa di mezz'agosto. Tali capitoli,
in cui venner anco in fine compresi i calcarai ossien fornaciai, furon per-
tanto solennemente approvati e confermati, in data del 13 settembre del 1487,
da Simone di Settimo, pretore, e da Jacopo di Bologna, Pietro Squarcia-
lupo, Luca di Pollastra, Raimondo di Diana, Perico di Bailio ed Antonio la
Capromi, giurati (:). Cosi nel cadere del quintodecimo secolo in tanta ope-
rosità sviluppatasi nelle arti, la quale indi nel più mirabil modo si accrebbe
ne' tempi appresso , costituivasi in Palermo con espressi legami e norme
un vero corpo sociale de' marmorai e muratori di qualsiasi origine e patria,
purché già forniti della naturalità del paese , e le cui differenze di origine,
non men che di merito, fondevansi nel privilegio a tutti comune della cit-
tadinanza palermitana. Né sembra, che di simili corporazioni più o meno
tardi abbiati potuto mancare in altre delle principali città dell' isola , come
in Messina, dove più attivamente si esercitavan le arti ed ove ancor dal di
fuori giungevan sempre novelli artefici a coltivarle.
Queste cose non è superfluo di certo aver qui premesso prima di en-
trare a discorrere più di proposito della scultura in Sicilia nella seconda
metà del quattrocento, e ad indagar quanto più si può di memorie de' detti
artefici, rimasti fin ora oscuri ed ignoti in gran parte, fra cui su tutti pri-
meggia il lombardo Domenico Gagini, siccome primo stipite di quella scuola
gloriosa, che rappresentò nel modo più degno l'onor dell'arte per lo spazio
di circa due secoli. Tale scuola, trapiantata con lui da Lombardia mercè il
suo passaggio ed il suo lungo soggiorno nell'isola insieme ai molti altri
artisti ancor di quel tempo venuti da quelle parti , non lo fu certamente
per semplice caso o fortuna , ma ebbe ragione ne' tanti anteriori rapporti,
che sin da' primordi della conquista normanna tenner con la Sicilia le genti
delle superiori contrade d'Italia, e specialmente i Lombardi , de' quali cosi
( ' ) Vedi fra' Documenti di quest'opera, num. IV
10 I G AGI NT E LA SCULTURA IN SICILIA
vive ancora rimangon le tracce. Perocché l'isola stessa, posta fra tre mari
e quasi centro ai commerci dell'Oriente e dell'Occidente, sorta a grande
potenza e ricchezza ne' floridi tempi della sua monarchia, quando per le sue
svariate relazioni con tanti diversi stati accolse artefici di ogni rito e di
ogn' indole , che tanta varietà e ricchezza di artistiche opere vi profusero,
non mancò quindi in appresso , benché decaduta dall' antica grandezza , a
continuare ad accoglierne altri in gran numero, che seguirono a stabilirvisi
da ogni parte d'Italia e di fuori, attrattivi dall'operosità ognor notevole, in
che le arti vi eran tenute. Da quella mano pertanto di lombardi scultori e
scarpellini, passati nel quattrocento ad esercitar l'arte in Sicilia, e che molto
probabilmente da altri di quelle contrade erano stati in simil passaggio nei
precedenti secoli preceduti, la scuola famosa de' Gagini s'inaugura con Do-
menico, ch'é il primo ad esser noto di tale famiglia , e da cui l'arte senti
primamente nelP isola vivo impulso al suo maggiore sviluppo ed innalza-
mento. Laonde di lui, che sorse allora in Palermo a capo della scultura e
non si tenne dietro a' migliori della penisola , giova seguire esponendo
quanto è dato raccoglierne di memorie, data in prima alcuna contezza dello
stato della Sicilia in quel tempo , e ben pure degli altri scultori , che con
lui vennero, e ch'egli superò tutti in merito d'arte e d' ingegno.
ì
3*
CAPITOLO IL
LA SICILIA ED I SUOI SCULTORI NEL DECLINARE DEL QUATTROCENTO.
DOMENICO GAGINI.
en a ragione fu detto, che un singoiar contrapposto di civiltà
e di barbarie, di luce e di tenebre, di fatti in apparenza etero-
genei e discordi formava l' impronta principale della Sicilia in
quel tempo ('). Gli effetti delle guerre angioine durate per sessantanni dallo
scorcio del XIII alla metà del seguente secolo, non men che de' torbidi e delle
guerre intestine indi sopravvenute e che si protrasser per altri sessantanni al-
l'incirca, avean lasciato tracce profonde in uno stato di squallore e di deca-
denza visibile, che non si poteva a men di notare nel paese per tutto il quat-
trocento. Aggiungevasi, che da quando il ramo cadetto della stirpe de' re di
Castiglia era riuscito con astuzia e raggiri a farsi anche accettare nell' isola, avea
questa perduto l'antica sua prerogativa di stato indipendente ed autonomo, en-
trando a far parte de' domini della spagnuola corona. Tenevasi nel suo pieno
( ' ) La Lumia, La Sicilia sotto Carlo V imperatore, nel volume secondo di Studi di storia siciliana. Pa-
lermo, 1870, pag. 81.
6
32 I GAGIXI E LA SCULTURA IN SICILIA
vigore la feudale potenza ; e la proprietà di vastissime estensioni di feudi in
mano de' privilegiati baroni ed ancor della classe più elevata del clero, che-
tanta dovizia godeva di vescovadi , commende , abbazie con giurisdizioni e
vassallaggi, facea tanto più nello stato sociale spiccar notevole ineguaglianza
e contrasto , per cui era nell'alto ogni splendore e opulenza , e nel basso
miseria e abbandono. Pure, mercè un governo per delegazione de' monarchi
spagnuoli esercitato nell'isola da' lor viceré, mantenendo nel pieno suo di-
ritto l'antica macchina costituzionale e rappresentativa, ch'era rimasta politi-
camente al paese, duravano ancora in esso con le sue preziose guarentigie
locali i segni tutti di propria nazionale esistenza; dal che la potente aristo-
crazia aveva ognor campo a sfoggiare di autorità e di grandezza nella corte,
ne' parlamenti , negli alti uffizi , passando i baroni nelle città del demanio,
ed a preferenza nella capitale del regno, il tempo, che non davano all'abituale
soggiorno de' feudi. Perloché, mentre nella più parte e specialmente nel-
l' interno dell' isola languivan le moltitudini , già si stremate di numero ,
in preda alla desolazione ed alla miseria , in Palermo ed in altre città pri-
marie splendevan quelli tra affini, alleati, aderenti, servidori, satelliti, e sulle-
classi inferiori, sceme di commerci, di capitali, d'industrie, costrette a se-
condare e piaggiare chi pascevale meglio, prevalevano colle dovizie, col cre-
dito, colle infinite clientele ('). Il clero intanto, assai notevole in numero,
toccava a' due opposti estremi della più doviziosa aristocrazia e del popolo
più minuto e più misero; e quindi baroni e prelati, per molta lor comu-
nanza d' interessi e di mire , formavano spesso ne' parlamenti una pluralità
incontestata nell'accordo de' loro due bracci, che bastava a prevalere sul
terzo, ossia quel de' Comuni. In questi , siccome opportunamente da altri
fu rilevato (2), gli ordini di municipal reggimento duravano larghissimi in
pratica; si accrescevano anzi di nuove preminenze , attribuzioni , esenzioni,
concesse a questa od a quell'altra città; tenevano desto ed alimentavano in
pratica un ardore di attività , di vita , di orgoglio locale. Ma più che ogni
altro importava al governo, ai nobili, al clero mantener sempre vivo lo spi-
rito della fede religiosa nel popolo, e vi riuscivan con quanto nell'esercizio
del culto vi ha di più splendido e di più commovente, di più tenero e di più
terribile a colpire l'immaginazione e l'affetto, mentre il monachismo e le
( ' j La Lumia, op. cit., pag. 64 e seg.
(2) La Lumia, op. cit., pag. 65.
Nlil SECOLI XV E XVI. GAP. II.
òò
fraterie acquistavano sempre più campo, e gli Ebrei venivano espulsi, e l'In-
quisizione spagnuola sotto Ferdinando il Cattolico riusciva a introdursi in Si-
cilia col suo assoluto e tremendo potere.
In tale stato di cose mal sarebbe a supporre un troppo ampio sviluppo
d'intellettuale cultura nel paese , o molto fervore di studi e di lettere. Pur,
sebbene a traverso condizioni non prospere, la naturai potenza de' siciliani
ingegni facevasi strada, ed anche fra' disastri della feudale anarchia, che avea
messo a soqquadro la Sicilia tra lo scorcio del XIV ed i primordi del XV
secolo, parecchi uomini insigni eran sorti, che per lor somma erudizione e
dottrina , non men che per grande amore al sapere , vennero in fama do-
vunque nella penisola, dove avean fatto passaggio siccome in campo per
lor più opportuno. Perlochè fra tutti in quel secolo, che si nomò dagli eru-
diti in Italia, primeggiarono i nomi di Giovanni Aurispa e di Antonio Cas-
sarino, di Andrea di Bartolomeo, detto il Barbazza, e di Antonio Beccadelli
Bologna, il celebre Panormita, che fé' tanto decoro in Napoli alla corte di
Alfonso. Quest'ultimo, siccome è noto, venne in altissima rinomanza ed acqui-
stò soprannome di Magnanimo qual gran mecenate degli studi, che intorno
a sé accolse e colmò di carezze e di onori gl'ingegni più chiari del tempo:
ma le sue rare e momentanee comparse in Sicilia non diedero che un im-
pulso ben passeggiero e fuggevole , per cui l' università degli studi, da lui
creata nel 1444 in Catania, decadde fra breve in guisa, che nel 15 14 il par-
lamento esponeva a Ferdinando il Cattolico, che i professori, a cagion degli
scarsi stipendi , non vi adempivano al loro uffizio , e che uomini inetti e
dappoco vi eran chiamati all'insegnamento, e quindi i Siciliani eran costretti
con molta spesa e disagio a recarsi alle università di oltremare. Cosi mentre
generalmente eran tenebre ed ignoranza in ragione del molto abbandono
del paese, e le lettere eran volte si in basso, che, smesso affatto l' illustre
e gentile idioma, che suonò già nella corte di Federico e di Manfredi, non
più scrivevasi che in latino e nel dialetto natio, il culto del sapere e l'onore
della dottrina divenner quasi esclusivo pregio di uomini delle classi più
alte, cioè della nobiltà, del foro, del clero. Laonde fra' molti magnati, che
in vari tempi si distinsero per cultura nell' esercizio delle eminenti lor ca-
riche, spiccarono Adamo Asmundo, Ruggero Partita, Giovan Battista Pla-
tamone, Niccolò e Pietro Speciale; fra' giurisperiti, oltre il Barbazza, sorser
Guglielmo di Perno, Leonardo di Bartolomeo, Giovan Pietro Appulo, Gio-
34 I GAGINI E LA SCULTURA [N SICILIA
van Luca Barberi e Paolo Vipcrano ; fra' chierici , oltre il famoso Niccolò
Tedeschi, nomato lucerna del dritto, segnalaronsi allevati ne' chiostri Giovan
di Prima , Salvo Cassetta e più che altri Pietro Ranzano, oltreché promo-
tori di lettere e di arti furon indi in Palermo e in Messina gli arcive-
scovi Giovanni Paterno ed Antonio de Lignamine , mentre in seno alla
chiesa venivansi pure educando e crescevano a gravi studi Tommaso Fazello
e Francesco Maurolico. Specialmente in Messina giovò alle classiche lettere
il soggiorno di Costantino Lascari, la cui fama trasse colà alla sua scuola
molti e fra gli altri anche il Bembo , avendovi colui fatto ancor dono della
sua biblioteca preziosa , che dopo molti anni gli Spagnuoli poscia invola-
rono. Dallo studio di Napoli, dove dettava lettere, era stato altresi chiamato
in Palermo a spese del Comune il dotto corleonese Giovanni Naso , che
poi curò la prima stampa delle Consuetudini della città nel 1478; e fu sin-
golare ornamento della sua scuola quel Lucio Marineo, che dall' indigenza
dell'umil classe del popolo venne su a grande sforzo di buon volere e di
ingegno , e che, lasciata poi la Sicilia, siccome sempre toccava fare a' mi-
gliori, raccolse in Ispagna gran vanto di dottrina alla corte di Ferdinando.
Né in patria si rimase, ma é certo aver posto soggiorno in Napoli prima
del 1503 il rinomato Branca, dal Ranzano encomiato fra tutti i cerusici del
mondo prestantissimo, e che il figliuolo Antonio lasciò erede e continuatore
della sua mirabil perizia di supplire e rifare le mutile parti de' volti, avendo
entrambi precorso nell'arte o scienza salutare l'altissima fama dell'ingrassia.
Valse ancor nella medicina il mazarese Giangiacomo Adria, che, studiato
avendo in Napoli e preso laurea in Salerno, acquistò fama di valentuomo
fra gli eruditi dell'isola e diede in luce opuscoli assai lodati in ragion del
tempo, essendo egli stato de' primi a fruttuosamente illustrare la patria; e
così in progresso degli anni i buoni germi ognor meglio attecchivano e
venivan moltiplicando i lor frutti. Al che giovò la stampa, la quale, intro-
dotta in Italia, penetrò fra non molto in Sicilia, laddove nel 1476 il tede-
sco tipografo Andrea di Worms apriva officina in Palermo, e del 1478 son
le due prime sicure edizioni eseguite in Palermo e in Messina, avendo nell'una
città e nell'altra , non men che il cennato Andrea , coltivato con successo
quell'arte l'alemanno Enrico Halding, Guglielmo Schonberger di Francfort,
Andrea e Livinio di Bruges, a' quali poi sottentrarono ad esercitarla nuovi
e bravi tipografi siciliani. E intanto che stranieri portavano l'arte stessa nel-
NEI SECOLI XV E XVI. CAP. II.
35
l'isola, a Giovan Filippo de Lignamine, gentiluomo ed insigne scienziato
messinese, medico di Sisto IV pontefice, andò debitrice Roma di una com-
pleta e famosa tipografia , da lui fondatavi a proprie spese in sua casa,
donde dal 1464 al i486 uscirono stampe di perfezione ammirabile, fra cui
parecchie pregiate sue opere. Ma era sinistro destino, che le maggiori glorie
del nome siciliano dovesser fuori e non in patria risplendere , mentr' essa
nelle sue condizioni non liete apprestar non potea il miglior campo alla
loro celebrità ed al massimo loro incremento.
Alle arti del bello visibile, fra le lunghe e intestine guerre e l'anarchia
dell'età precedente, non aveva per fermo arriso miglior fortuna; e più che
ogni altro l'architettura fu vista adoprarsi in costruzioni militari di torri e di
castella, o in fabbriche di merlati palagi, cui dava opera l'aristocrazia feu-
dale. Sacri edifìci di chiese, di turriti campanili e conventi sorgevano ancor
talora ad opera de' baroni , del clero , de' frati : ma si era ben lungi dal
fervore di un'operosità continua e durevole, cui contendevano le infauste
sorti de' tempi. Di pittori e scultori siciliani, che lavorato avessero in patria
in tutto il corso del tredecimo e del quartodecimo secolo, non trovasi fin
ora alcun nome o alcuna sicura memoria ; e in vece dalle parecchie opere
di artisti contemporanei della penisola , segnate de' loro nomi e tuttavia
esistenti in Sicilia, e non meno altresì dall' autorità incontrastabile di qual-
che coeva scrittura, provasi chiaro il passaggio e il soggiorno di alquanti
di loro in essa, eh' ebber certo nelle arti a influirvi a qualche sviluppo.
Nulla però in vero vi s' incontra di segnalato e notevole nel movimento
artistico di quel tempo, ed un vero e singolare destarsi della vita e dell'at-
tività delle arti non è dato avvertire che nella metà del seguente secolo,
dalla fine del regno di Alfonso a tutto il tempo del successor Ferdinando.
Allora, avendo non pochi de' più illustri signori dell'isola usato in Napoli
alla splendida corte di quel Magnanimo, e sostenutovi eminenti uffizi, non
potè a men di avvenire, che da ciò in lor si accendesse alcun amore o gusto
delle arti, non meno che delle lettere, e che per loro si diffondesser gli
esempì di generosamente promuoverle ed onorarle. Ma ciò, che soprattutto
giovò in vantaggio di esse, fu quel fervente spirito di fede e di religiosa
pietà, che generalmente era in tutti, e che importava al governo, a' signori,
al clero mantener sempre vivo ed acceso nel popolo, mercè la maggiore
sontuosità e splendidezza del culto. Laonde al tempo stesso , che da quella
3 6 I GAGINI E LA SCULTURA IN SICILIA
opulente aristocrazia profusamente spendevasi in edifici di baronali palagi ,
non men per essa (lavasi opera a fondar chiese, cenobi, cappelle, ed a fare
a gara in ornarle d'immensa dovizie di dipinti, di sculture, di preziose sup-
pellettili, a sfoggio anche della propria potenza e grandezza , acquistandovi
spesso i dritti di protezione e di patronato, ed accogliendovi in sontuosi
sarcofagi le ossa de' padri, de' congiunti, degli avi. Spendevano similmente
a decorazione delle lor chiese, delle abbadie, degli episcopi i ricchi e gene-
rosi prelati, promovendo in un che il sacro culto l'operosità e lo sviluppo
delle arti nel loro svariato esercizio , onde ancor prima del Paterno si eran
distinti in quel secolo il Puxades e maggiormente il Bologna arcivescovi a
crescer decoro e ricchezza al duomo palermitano. Monaci e frati, cui nelle
corti era accesso, e di cui anzi alcuni eran cadetti del sangue, non fu mai
che indarno implorassero la signorile munificenza in prò de' lor chiostri,
che quindi mercè le generose largizioni, o ancor per mano de' frati stessi,
che furon talora artefici, sempre più si accrescevano di artistiche ricchezze,
concorrendovi pur generalmente la pietà de' fedeli e del popolo , che nulla
meglio che nella fede aveva conforto. Non mancò spesso alcun segnalato
impulso da' locali governi delle università o de' Comuni, e soprattutto nelle pri-
marie città, dov'eran maggiori mezzi a promuoverne con patrio orgoglio il
decoro: e quindi a notevoli costruzioni di utilità pubblica veggiam posto
mano ancor di que' tempi in Palermo, siccome a quella di un molo a Pie-
digrotta, poi sciaguratamente portato via da' marosi appena compiuto, alla
erezione di pianta del palazzo della città, a grandi risarcimenti delle mura-
glie all' intorno, alla decorazione sontuosa di varie porte e ad altre pubbliche
opere, che più che ogni altro onorarono il governo di Pietro Speciale pre-
tore ('). Non è a dir poi se ben volentieri pretori e giurati si prestassero
allorché si trattava di accrescere alle chiese nuovi ornamenti e magnificenze,
(■) Pregevoli <XJo//'^/V sull'antica casa pretoria di Talermo e sul pai ti no attuale furono date in luce chi
professor Giuseppe Meli nelF ^Archivio storico siciliano (Palermo, 1876, an. Ili, pag. 295 a 320). E fra' di-
versi documenti da lui pubblicati in proposito havvene uno del 22 dicembre I indi;:. 1467 , da cui si rileva,
che un maestro Giacomo di Bonfante era in que' dì capo maestro dell'arte dell'architettura della città di Pa-
lermo, e quindi ben può darsi, ch'egli abbia architettato quell'edificio. Ma punto non si accenna donde
fosse nativo, come neanco e motto dell' origine di un maestro Pagano de Arilchlono , che più di un secolo
prima, nel 1342, era stato preposto dall' università di Palermo all' opera della fabbrica del nuovo campanile
del duomo, secondo un documento contemporaneo pubblicato dallo stesso professor Meli nelle crLuovc Effe-
meridi siciliane (Palermo, 1875, serie III, voi. II, pag. 299-306).
NEI SECOLI XV E XVI. GAP. II. 37
giacche al sentimento della religione e della pietà univasi in ciò anche quello
dell'onore e della dignità del paese, e quindi pittori e scultori, orefici e genti
di altre arti, non meri che architetti e ingegneri, erari tenuti in conto e non
difettavano di lavori. Le varie classi del popolo, distinte in maestranze ed in
confraternite, adoperavansi anch'esse ad addobbar nel miglior modo cappelle
ed oratori, in cui avevan quasi loro esistenza e lor centro ; e più che altri
sovente assai profondevano ad erigerne ed a decorarne le varie nazioni, Ossian
le molte genti, che a cagion di commerci e d'industrie traevano in Sicilia
dagli altri stati d'Italia, o dalle Spagne, o d'altrove , fermandovi soggiorno
nelle città marittime, e soprattutto in Palermo e in Messina, ciascuna sotto
un suo console, e alcune ancora con proprie loggie e ospedali, e tutte con
chiese o cappelle proprie, a loro spese erette ed ornate. Era sempre lo spirito
della fede religiosa, spesso congiunto ad un naturale e felice sentimento di
orgoglio a sfoggio di proprio fasto, o ad onor della patria, che schiudeva alle
arti il sentiero di un'ammirabile attività, dond' elle dovean fra breve levarsi
alla maggior gloria ed altezza, che al genio umano fu conceduto raggiungere.
Si avverte però appunto allora un' assoluta prevalenza di numero di ar-
tisti ed operai dal di fuori venuti ad esercitarsi in ogni arte in Sicilia sin
dalla metà del quattrocento, qual già nel precedente capitolo si ebbe luogo
per le nobili arti a cennare; ed un tal fatto ha ragione non solo in tanta
attività di relazioni, in che più o meno continuò ad esser l'isola con tutto il
resto d'Italia e con tanti altri stati dell'Oriente e dell'Occidente ne' secoli
posteriori al felice dominio normanno , ma ancor da' cennati disastri , in
che le guerre e l'anarchia feudale la travolsero , allorché certo fra tanti scon-
volgimenti e miserie l'operosità delle arti non ebbe campo propizio. Ag-
giungi, che dalle popolazioni indigene di quel tempo, e specialmente da quelle
delle grandi città marittime, par che generalmente si rifuggisse dall'esercizio
di arti e d'industrie, piacendo forse meglio servir nelle corti, o languir nella
inerzia, anziché trar partito dal lavoro e dal traffico e mercé i propri sudori
campar la vita o avvantaggiarsi in fortuna. Laonde , non altrimenti che
nelle arti del bello, ancor nelle meccaniche ed in molta varietà di mestieri
(siccome é dato rilevare da' pubblici atti insino al declinare del cinquecento)
generalmente appariscono ben più numerosi che gli operai del paese i molti
venuti da oltremare e più che ogni altro dalle diverse parti della penisola
senza badare a maggiore o minor distanza, non men da Genova , da To-
3 8 1 GAGIXI E LA SCULTURA IN SICILIA
scana, dal Piemonte, dal Veneto e specialmente da Lombardia, che dal Na-
politano e dalla vicina Calabria. Troviam fra essi i calzolai, i sarti, i cardatori,
i carpentieri, i muratori, i coloni, ed insieme i pannieri, i bottegai d'ogni
merce, gli aromatarii, i canovai o bettolieri, questi ultimi fino a non guari
comunemente appellati Lombardi in Sicilia dal maggior numero di essi, che
in vini ed in grasce vi trafficavan dovunque. L'alto commercio tenevano
intanto in lor mano banchieri e mercanti genovesi, fiorentini, lombardi ed
ancor catalani, pe' quali la Sicilia, benché caduta si in basso, era sempre un
terreno molto opportuno per la fertilità e 1' esportazione de' suoi prodotti,
come i frumenti , i vini , i formaggi e specialmente gli zuccheri , de' quali
duraron vive la coltivazione e le fabbriche finché non andaron poi a male
per le concorrenze transatlantiche, e che molto fruttavano in iscambio dei
generi dal di fuori importati , siccome i panni di Londra , di Olanda e di
altrove, e le svariate mercanzie, di che era notevole spaccio in un paese di
tanto feudal fasto, eppur così privo di attività di lavoro.
Non dee quindi sorprendere, se , destatisi più che mai nel quattro-
cento 1' amore ed il gusto per le arti del bello in Sicilia per opera soprat-
tutto delle ricchissime classi dell'aristocrazia feudale e del clero, più che gli
scarsi artefici del paese abbian risposto al nobile appello i molti , che da
ogni parte d' Italia vi accorsero , e fin dalle più alte contrade di essa. Da
ciò per la pittura, come di sopra è ancor cenno , precedono insin dal tre-
cento i nomi e le opere di Bartolomeo da Camogli , di Turino di Vanni
pisano, di Jacopo di Michele, detto Gera da Pisa, di Niccolò di Magio da
Siena, di cui è innegabile il soggiorno nelF isola ne' primi anni del deci-
moquinto secolo; e non men notevole nella seconda metà di esso é la di-
mora in Palermo di quel Guglielmo de Pisaro, assai probabilmente da Pe-
saro, di cui si ha certezza avervi molto ed a lungo dipinto, comunque fin
ora niun' opera sen riconosca esistente. Precedetter costoro di più o meno
tempo i valentissimi dipintori siciliani, che sorsero alquanto più tardi a ben
più alto grado di merito e di sviluppo, siccome Antonio Crescenzio, Tom-
maso di Vigilia , Pietro Ruzulonc ed altri , de' quali non può ragionevol-
mente negarsi, che abbian sentito 1' influenza de' loro antecessori , mentre
dalle insigni scuole di Fiandra e di Venezia andava a coglier gran frutto
Antonello da Messina , propagator della pratica più vantaggiosa per 1' arte.
Cosi ancor da si attive e frequenti relazioni con la penisola è da ripetere
NEI SECOLI XV li XVI. CAP. II. 39
quella vera colonia di architetti e fabbricatori , scultori e scarpellini , che
dalla Lombardia, e pure alcun da Venezia, si trovano aver fatto passaggio e
fermato stanza in Sicilia e specialmente in Palermo dal mezzo allo scorcio del
quattrocento. Comunque ivi riputati architetti siciliani non mancassero (di
alcun de' quali rimangono, come cennammo, notevoli edifici), altri scn videro
al tempo stesso da quelle parti arrivarne, ed anco da Roma e dal vicino regno
di Napoli, ed essere stati adibiti in molta varietà di lavori, soprastando agli
operai o manuali dell' arte medesima, che pur di Là e da ovunque venivano
in copia. II che più segnatamente ad un tempo apparisce nella scultura, di
cui, in difetto di artefici del paese, gli scultori e marmorai della terraferma,
e più che altri i lombardi, totalmente occuparono il campo, segnalatisi al-
cuni non men per attività che per merito di scalpello, e di cui la più parte,
rimasti nell'isola e resi già siciliani per lungo soggiorno, si uniron co' fab-
bricatori a formar quella loro corporazione o maestranza, che mostra tutto
in lor mano l'esercizio dell'arte in Palermo nel 1487. Né sol dall'arte sovente
traevan essi vantaggio, ma ancor dal commercio e dal traffico : ond' è che
sin dal 1468 troviam Domenico Gagini fare incetta di zuccheri in copia
ne' magazzini di Pietro Lo Campo, e più tardi alcun altro scultore legarsi
con commercianti in società mercatantesca ad incettar grani, caci ed altri ge-
neri in Sicilia per venderli in Carrara o nella riviera di Genova, e colà in
vece comprar marmi per portarli nell'isola e trarne nuovo guadagno. Riu-
scivan essi quindi a prosperar di leggieri in fortuna , e , non mancando
di attività e di occasioni continue di lavoro , acquistavan case e poderi e
formavan famiglie, crescendo ed educando all'arte i figli e i discepoli e be-
nedicendo il suolo, che li ebbe accolti.
In Lombardia, da cui essi in gran parte provenivano , 1' architettura e
la scultura insin dal declinare del quartodecimo secolo per tutto il quattro-
cento vennero a un grado di floridezza e sviluppo ammirabile , di cui la
Certosa di Pavia ed il duomo di Milano co' lor sontuosi marmi sono frai
tanti i più celebrati esempì. Notissimi nell'arte di edificare furono intanto in
tutta Italia i Lombardi ed i Luganesi in ispecie; e basta ovunque lo scorrere
i libri di fabbrica ne' vecchi archivi per riscontrarvi ad ogni momento nomi
di capi maestri e di tagliapietre venuti da Lugano, da Como e da' circostanti
paesi, e fino dal XIV e dal XV secolo riconosciuti i più abili in quelli e-
sercizi. Erano pur fra costoro bene spesso marmorai e scarpellini, ed egli é
7
40 I GAGINI E LA SCULTURA IN SICILIA
ben chiaro (osserva il Cicognara), che molti di essi , conversando con ar-
chitetti e scultori di grido , per lo svegliato ingegno loro passassero dalla
classe di manuali e di materiali esecutori a quella di egregi scultori ('). Fa-
cile è pure, che avessero alcuni studiato co' bravi maestri, di che non era
penuria in Milano ed altrove nelle lor patrie contrade, e che indi, adulti nel-
l'arte, avessero stimato lor prò andar lontano a migliorar di fortuna, allorché
le limitate condizioni di quel natio loro ducato non potevan dar sempre di
che occuparsi e da vivere a sì gran copia di artefici, e le vicende politiche
in estinguersi il governo de' Visconti esposer quel ricco paese a' disastri ,
che provengono dalla sfrenata licenza delle armi e delle milizie prive di un
capo temuto , che le raffreni (2). Certo poi ancor duravan colà di quel
tempo fra' tanti artisti e operai le tradizioni e lo spirito di quelle associa-
zioni famose , di già originatevi co' Coincidili insin da' tempi di Rotari e
degli altri re longobardi e che propagaron dovunque co' liberi-muratori la
influenza dello stile lombardo in architettura. Sembra quindi, che, volendo
coloro mutar paese in cerca di fatica e di miglior sorte, facilmente in parecchi
al medesimo intento si unissero ed altrove emigrassero, chiamando poi altri
con l' esempio del buon successo a seguirli, stretti non solo dal vincolo di
una medesima origine, ma ancor da quello dell'arte, e fors'anco da intimi
doveri di fratellanza e di aiuto scambievole, cui eran potuti obbligarsi: dal
che fra' venuti in Sicilia occorre trovarne, che scambievolmente col nome
di fratelli ne' pubblici atti si appellarono, comunque diversi affatto di nome
e di sangue. Quivi, siccome a lungo fu discorso nel precedente capitolo, è
ben da credere , che altri scultori e scarpellini di quelle contrade si fosser
del pari trasferiti ne' secoli anteriori a cominciar dal tempo dell' immensa
operosità delle arti sotto i Normanni, allorché tanta copia di genti lombarde
é certo aver fatto continuo passaggio e stabilito colonie nell'isola; e quindi
sembra, che le tradizioni della lombarda scultura abbian potuto più o meno
esservi continuate mercè la venuta di altri artefici, comunque fin ora ignoti,
infino a' molti, che poi ne vennero nel quattrocento. Siffatte tradizioni fu
anzi agevole avessero animato costoro a cercar fortuna fin nel più estremo
lembo d'Italia, dove pur v'era e vi è gente ancora, che parlava e che parla
il loro stesso dialetto ; e certamente altronde a tal partito ad un tempo li
( ' ) Cicognara, Storia della scultura in Italia. Prato, 1833, voi. IV, lib. IV, cap. VII, pag. 374 e sug.
(2) Cicognara, op. cit., voi. IV, lib. IV, cap. I, pag. 23.
NEI SECOLI XV E XVI. GAP. II. 41
trassero e le molte e frequenti relazioni commerciali con la Sicilia, e le a-
derenze e i rapporti de' suoi ricchi signori e del clero, e quel general gusto
ed affetto, che in essa ognor più ridestavasi nelle arti, promettendone lieto
avvenire. Cosi non meno per la molta vicinanza a' Lombardi fu naturale
l'averne seguito l'esempio, passando pure nell'isola, alcun de' tanti scultori
di Venezia, dove le imprese militari e le più grandi agitazioni politiche
non contendevano alle arti sommo incremento e splendore ; e di leggieri
alquanto più tardi ne vennero da Carrara, come cennammo, a cagion delle
cave e del continuo commercio de' marmi, essendo tutti con tal favore ac-
colti nel nuovo soggiorno, che non mai quincinnanzi si furon più indotti
a lasciarlo.
Ivi però essi trovaron 1' arte in molto difetto di sviluppo , siccome
chiaro apparisce dalla precedente scarsezza ed imperfezione di opere. Di
niuna statua in marmo é notizia , che vi sia stata scolpita da artisti del
paese in tutto il trecento , né di alcun nome di essi riman vestigio. Scul-
tura della pisana scuola, allor si fiorente, sembra sia in vero la statua pre-
giatissima della Madonna di Trapani , quivi venuta su nave pisana negli
ultimi anni del secolo XIII , siccome di più probabile si rileva fra molta
incertezza e contraddizion di leggende (x). E servi essa poi di modello per
la divina bellezza ed espressione, che vi si ammira, a molte altre statue di
egual soggetto, di che ne' secoli appresso dal XV al XVIII fu la Sicilia ri-
piena per opera spesso di lodati maestri. Ma dal semplice arrivo di quel sol
simulacro, per quanto esso abbia potuto servire di esempio e d'incitamento
al progredir dello stile e del gusto, non è da credere, che 1' arte, ancor si
bambina, si fosse ad un tratto elevata ad eguale sviluppo, quando nulla di
veramente pregevole può in simil genere affermarsi allora eseguito. Frai
rari lavori di quel tempo esiste la figura giacente di Federico d'Antiochia,
morto nel 1305 , sopra il coperchio del suo sepolcro nel sotterraneo del
duomo di Palermo (2) : ma , oltreché lo sviluppo di magistero e di stile
( ' ) Vedi in proposito l'opuscolo del trapanese p. Fortunato Mondello, La Madonna di Trapani, me-
morie patrio-stor'co-artistìcbe. Palermo, 1878, cap. I, pag. 9 e seg. Il Dennis , A bandbook far travellers in
Sicily (London, 1864, pag. 158), accennando l'erronea opinione di alcuno, che la detta statua sia del Gagini,
reca pur quella di altri, che meglio l'attribuiscono alla scuola di Nicola Pisano.
( 2 ) Ne è un disegno nell'opera del canonico Alessandro Casano, "Del sotterraneo della chiesa cattedrale
di Palermo (Ivi, 1849, pag. 28 e seg., tav. C, 2), ed anche nella mia opera Delle belle arti in Sicilia dai
Normanni alla fine del secolo XIV (Palermo, 1859, voi. II, lib. VI, pag. 288 e seg.).
42 I G AGI XI E LA SCULTURA IN SICILIA
in quella dia a sospettar eh' essa sia posteriore più o meno a quell' anno ,
nulla fin qui ci assicura esser lavoro di siciliano scalpello. Del resto le
forme umane, che raro s'incontrano in qualche bassorilievo, in qualche or-
nato di architrave, od altrove, non mostrano che lo stato di mera infanzia
dell'arte, mentre ad esempio dell' imperizia e rudità somma di essa stanno
alcune informi figurine dell'Annunziata e dell'angelo, intagliate negli stipiti
della porta maggiore della chiesa di S. Francesco in Palermo, e non men quella
di una Nostra Donna fra due stemmi del regno di Sicilia e della casa real
di Aragona in una brutta scultura del 1328, avanzo dell'antico edificio della
badia cistercense del Parco, e di cui si ha ora in gesso un'impronta nel museo
nazionale palermitano. Un segnalato impulso allo sviluppo della scultura nel-
l'isola avrebbe potuto dar certamente Goro o Gregorio di Gregorio da Siena,
che nel 1333 scolpì in marmo pel duomo di Messina, dove ancora rimane,
il sepolcro di sopra cennato di Guidotto arcivescovo : ma non si nota nel
fatto, che siansi poi più rinnovati gli esempi di buono stile nella scultura
figurativa in quel tempo, né che quell'aura di buona influenza toscana abbia
prodotto notevoli effetti. Maggiore sviluppo era per fermo nell'ornamentale
scultura, non mancando in ragion del tempo esempì di gusto nelle moda-
nature e negli ornati della porta della chiesa anzidetta di S. Francesco, ovver
di quella maggiore del duomo palermitano, o in altri edifici di chiese e di
palagi in diversi luoghi: ma si era ancor lungi da quella soavità ed eleganza
di stile , in che l'arte italiana tanto mirabil si rese neh' etcì sua più felice,
mentre la decorazione sontuosa della porta meridionale del duomo stesso,
scolpita in marmo nel 1426 da Antonio Gambara, della cui origine e vita
nulla fin ora ci è noto , presenta , oltre a molta imperizia nelle figurine
degli apostoli e del Dio Padre, che ricorron dattorno e di sopra all'arco acuto
tra' fregi, un tale affastellamento di linee e di forme e tanta profusione di
minuti e confusi lavori da fare avvertire ancor molto i difetti dell'età prece-
dente. Faeea quindi mestieri , che scultori di svegliato ingegno ed allevati
a migliore stile fosser sopravvenuti come maestri di espressione e di forma,
indirizzando l'arte pel nobil cammino, ond'ella in Toscana, in Lombardia
ed in Venezia si era già levata a gran vanto. Ed un tal salutare indirizzo
diedero appunto i più abili fra' venuti dalle superiori contrade d'Italia dopo
la metà del quintodecimo secolo, e sopra tutti per merito di scalpello, non
meno che per priorità di tempo e per lungo esercizio dell'arte, il lombardo
xi:i secoli xv li xvi. gap. il. 43
Domenico Gagini, da cui fa capo in Sicilia l'altissima scuola di scultura,
che m' ingegnerò di venire illustrando. Ma pria che trattar di lui e produrre
le alquante notizie, che mi è venuto fatto raccoglierne, gioverà meglio dir
quanto è dato indagar degli altri suoi contemporanei, che, da oltremare pur
giunti, con lui più o meno concorsero allo sviluppo ed innalzamento del-
l'arte; e ciò perchè ancor riesca a più avvicinar le memorie di sì bravo
artefice a quelle ben più notevoli del sommo Antonello suo figlio , dal cui
genio fu di poi spinta la siciliana scultura al maggior segno di perfezione e
di gloria.
Non si può tener conto gran finto di un Bartolomeo Dallecima o Dan-
lecima , il cui nome , circa quattro anni innanzi alla più antica memoria di
Domenico Gagini in Palermo, appar segnato a capo del fusto marmoreo di
una pila circolare di acqua santa, eh' era prima in San Giacomo la Marina
ed ora si vede in Santa Cita , con la seguente epigrafe , che nel cognome
sopra le lettere al ha pure un segno di abbreviazione : -f bartholomevs.
dalechima. me. fecit. a. d. m.cccc.lx -f ('). Costui però in tal marmo
di comuni e semplici forme non va certo al di là dal merito di meccanico
scarpellino; né di altre sue rilevanti sculture si ha notizia. Ma insigne opera
fu quella, che contemporaneamente al Gagini, dopo cinque anni della prima
certezza del soggiorno in Palermo del medesimo , venne affidata agli scul-
tori Pietro di Bontate e Francesco di Laurana , che ivi ancor dimoravano
(habitatorcs Panonni), godendovi altresi per fermo ben degna fama nell'arte.
Del primo di essi, ignoto fin qui del tutto, ritorna adesso in luce la prima
volta il nome dopo oltre a quattro secoli di un obblio immeritato, mentre
non era dell' altro più rilevante notizia che per 1' ammirabil sua statua di
Nostra Donna nel duomo di Palermo, della qual fra non guari sarà luogo
a discorrere (2). Nonpertanto quell'opera di maggior pregio e momento,
fin ora altresi ignorata, dove unitamente più che altrove rifulse il merito
de' detti due artisti, fu la fabbrica e la decorazione marmorea di un' intera
cappella nella chiesa del convento di S. Francesco in Palermo con un al-
tare sorretto da quattro colonne ed una statua al naturale e maestrevolmente
( ' ) Legge anche così il Mongitore nel suo manoscritto sulle Parrocchie di Palermo, esistente nella Co-
munale palermitana a' segni Q.q E 4 (pag. 589). Sbaglia però il cavalier Gaspare Palermo nella sua Guida
di....Taìermo (Ivi, 1816, giorn. I, pag. 272), leggendo: cBartholomem de la Chiana tue fecit anno 'Domini 1460.
(2) Vedine il disegno nella tavola prima della presente opera.
44 ! GAGIXI E LA SCULTURA IN SICILIA
scolpita di Maria Vergine, con un sepolcro inoltre sopra colonne di marmo
e con tutto l'arco esteriore adorno di figure, giusta un disegno presentatone
da' due scultori e segnato di mano del protonotaio del regno: pel qual lavoro
entrambi essi obbligaronsi in pubblico atto in data del 2 giugno del 1468
al magnifico Antonio di Mastrantonio, regio milite e cittadino palermitano,
pel prezzo di once duecento (1. 2,550), di cui, anticipate già cinque al Lau-
rana per compra di marmi, si sarebber pagate indi in progresso le altre ([).
La cappella per buona sorte tuttavia esiste, ed è la quinta del lato sinistro
entrando in quel tempio. In essa insino al tempo del Mongitore eran pa-
recchi sepolcri della nobil famiglia già estinta de' Mastrantonio, in un dei
quali notavasi la figura giacente di un uomo in armi bianche e con un
cane a' piedi; e dinanzi 1' altare , che sorgeva nel fianco sinistro della cap-
pella , ricorrea la seguente iscrizione in memoria del fondatore : Hoc sc-
pulcrum et sacellum ipsum sua construxit impensa magnificus ^Antonius de V\€agi-
stro ^Antonio, equestris dignitatis vir et terrete Jacis dominus (2). Ma benché di
siffatta iscrizione , ed insiem dell' altare primitivo e degli antichi sepolcri ,
non sia colà più vestigio (e sembra fossero andati a male ne' molti deva-
stamenti da quella chiesa patiti a cagion del tremuoto del 1823), rimangon
però quasi intatte le più rilevanti opere de' due scultori nella decorazione
esterna dell'arco e nella statua di Nostra Donna, locata or questa di fronte
sopra un moderno altare di pietra. Fiancheggian quell'arco due ampli pilastri
assai vagamente scompartiti con preziosi alti rilievi in marmo bianco , a-
vendo nelle basi due putti diversamente atteggiati con cornucopie , ed indi
per ciascun lato due padri della Chiesa , sedenti insieme ad un leggio in
meditazione profonda, e più su i quattro Evangelisti , ciascuno in distinto
scompartimento in atto di scrivere il Vangelo, due pur da ogni banda, mentre
poi al di sopra dell'arco seguono ad innalzarsi isolatamente i pilastri, dando
luogo a due scudi con le armi de' Mastrantonio e terminando con due
mezze figure di profeti. Siili' arco stesso nella parte centrale ricorrono in-
tanto da' lati in due tondi 1' Annunziata ed il Gabriello in figurine di al-
quanto minor bellezza che le altre, e sta in mezzo nel vertice in piccola e
bella mezza figura 1' Eterno , laddove poi dal di dentro l'arco medesimo è
( ' ) Vedi fra' 'Documenti di quest'opera, num. V.
(2) Mongitori;, Le chiese e case di' regolari di Palermo, parte prima ; fra' manoscritti della Comurale
palermitana a' segni Q.q E 5 (pag. 510).
NLI SECOLI XV L XVI. GAP. I!. 45
tutto adorno di dicci leggiadri rosoni, alcuni con teste umane, fra due fasce-
di ornati di gusto italiano del risorgimento , benché non anco pervenuti a
total finitezza. La statua cennata inoltre di Nostra Donna, ch'é sull'altare,
la rappresenta in piedi, tenendo sul braccio sinistro il divin pargolo in atto
di prender da lei una mela o qualche simile frutto , eh' ella con la sua
destra amorevolmente gli porge : oltreché nella base in piccoli bassirilievi ri-
corron nel centro la Nascita di Gesù e da' due lati l'Annunziazione e l'E-
pifania. Non son certamente nella statua medesima quell' espressione pro-
fonda di religioso sentimento e quella somma eleganza di forme, quai furono
in appresso prerogative stupende dell'arte giunta al perfetto: ma vi han quel-
l'attraente vaghezza di sembianze e quella tal naturalezza soave di posa e
di atteggiamento , che rivelano in ragion dell' età un merito assai notevole
di scalpello. Il che poi soprattutto è dato osservare nelle cennate figure del-
l' arco , che per espressione d'intima fede e preziosità somma di stile son
senza fallo da enumerar tra' lavori di miglior gusto e sviluppo in quel
tempo, siccome specialmente si vede da uno de' migliori di quegli scom-
partimenti , dove siedono ad uno stesso leggio dall' una banda e dall' altra
San Girolamo e San Gregorio Magno pontefice in atto di meditazione pro-
fonda sopra i sacri volumi, mentre su loro librato sulle ali sta un angelo
di purissime forme, e nel fondo in bassorilievo è leggiadra prospettiva di
una basilica e di una parte di un tempio, con ammirabile e classico gusto
condotta (:). Da tale scultura quindi, che qui rechiamo in disegno, chiaro
apparisce, che dal loro gran merito altissima rinomanza per fermo dovè in
Sicilia provenire a' detti scultori , a' quali certo non mancarono frequenti
occasioni di opere nel fortunato loro soggiorno.
Nondimeno di Pietro di Bontate non son fin ora note altre sculture
in Palermo ed altrove nell'isola, benché sia molto probabile, che n'esistano,
senza che pur se ne sappia l'autore , mentre non poche statue , sarcofagi,
fregiature ed ogni maniera di marmi di quel tempo rimangono, spesso per
merito d'arte commendevoli , de' quali affatto s' ignora chi li scolpiva. Né
fin qui é riuscito poter chiarire di che paese colui propriamente si fosse,
risultando per altro evidente, ch'ei non sia stato nativo palermitano, giacché
abitator di Talermo viene in pubblico atto col Laurana appellato, di cui al-
tronde é sicura la veneta origine. Si ha però inoltre notizia del medesimo in
( ' ) Vedi la tavola II della presente opera.
46 I GAGINI E LA SCULTURA IN SICILIA
altro pubblico strumento in data del 21 di aprile del 1478, per cui il notaio
palermitano Giovanni di Terranova e Giacoma sua moglie (vedi fin dove
ancor qualche volta non ha scrupolo d'ingerirsi la storia) ritirarono una loro
accusa e relative querele di buona fede lanciate contro il Bontate scultore per
attentato alla vita di Caterina, sua sposa, loro nipote, non meno che per im-
putazione di stupro di una Fimia sua serva ed altri delitti : il che, comunque
in lui alquanto offuschi la fama di galantuomo, ne prova dopo altri dieci
anni ancora il soggiorno in Palermo e l'avervi egli avuto casa e famiglia (').
Ed indi ne segue memoria ancor nove anni più tardi , allorché appare il
secondo il suo nome, immediato a quel di Domenico Gagini, ne' mento-
vati capitoli della maestranza de' marmorai e de' fabbricatori, approvati a 18
settembre del 1487 (2): oltreché in fine la Caterina sua moglie, ancor vi-
vente il marito , die luogo ad un atto di procura in data del 1 5 maggio
del 1495, quand'erano almanco ventisette anni, che in continuo esercizio
dell'arte viveva egli in Sicilia, dov'è a tener per fermo abbia finito la vita (3).
Narra poscia il gesuita Giovanni Amato nell'ottavo libro della sua opera
'De principe tempio panormitano (-*), che Paolo di Gammicchia, arciprete di Erice,
ossia della terra di Monte San Giuliano, e Paolo Toscano, tesoriere, allo-
garono per la lor chiesa madre a Francesco Laurana , scultor di Venezia,
dimorante in Palermo, una statua di Nostra Donna a simiglianza dell'altra
più antica nel convento dell'Annunziata fuori le mura di Trapani, pel prezzo
di once venticinque (1. 3 18.75), Pcr pubblica convenzione fatta pure in Palermo
( ') Leggesi quindi nel registro di num. 1158 di notar Giacomo Randisi, an. 1477-81, ind. XI-XIV, a fog.
82 retro, nell'archivio de' notai defunti in Palermo: Eotlem xxj." aprilis xj.° ind. (1478). Cam proviius notarili*
Johannes de Terranova, civis Panonni, per se et prò parte et nomine Jacobe eius uxoris, criminaliter accusaveril
magistrum Tetntm de 'Bollitale, sciti torcili, et certos alios, de nece Catherine, cornili neptis, uxoris dicti magistri
Vetri , et de strupo commisso cimi Fimia eius fatatila et aìiis delictis in accusacione contcntis in curia magnifici
domini justiciarii et capitatici fclicis urbis Panarmi, ut asseritili-; bitte est quod hodie, prctituìato die, predittus 110-
tarius Johannes et Jacoba, jugales, presenta corani nobis, sponte agnoscentcs bonain fidem accusacionis predicte, liti
ecsscrunt et cediint pcnittts et expresse, rcnunciaverunt et rcnunciant , volcntes et mandali tes didatti accusacioncm
, l omnia alia acta, in dieta curia actitata et fiacta, fiore et esse cassa et nulla ac si minime fiacta fiuissent. — Testes:
notarius Pasqualis de Messami et Michael di Contestabili.
(2) Vedi fra' Documenti di quest'opera, num. TV, ed anche di sopra nel precedente capitolo a pag. 27,
dove però con errore tipografico si legge la data del 13 settembre in vece che del 18.
(3) Nel registro di num. 1161 di notar Giacomo Randisi, contenente frammenti di atti dal i486 ind. VI
al 1499 ind. II, è il citato strumento del 15 maggio XIII ind. 1495, per cui Discreta Catheriua , uxor ma-
gistri Pelri de fìonilate, e. p., istituì suo procuratore un notar Armanno di JVlunda.
(1) Panormi, 1728, lib. VIII, cap. I, pag. 167 e seg.
NE] SECOLI XV E XVI. GAP. II.
47
agli atti di notar Antonio di Messina ('). Però avvenne, che, avendo il
Laurana egregiamente fornito quell'opera, gli uffiziali preposti al municipal
reggimento della città impedirono afflitto eh' ella ne fosse uscita, e, comin-
ciatasi tosto con religioso fervore a venerarla, l'arcivescovo Paolo Visconti
la locò incontanente nel duomo col titolo di S. Maria Maggiore, o di Monte
maggiore. Perloché, non potendo più averla, gli Ericini convennero coli' ar-
tefice per un'altra simile statua agli atti del lor notaio Ruggiero di Sa-
lute a 16 agosto del 1469, obbligandolo, che di Palermo, isgrossatone il
marmo, la portasse e finisse in Erice. Del che è detto, colla testimonianza
de' documenti, in un manoscritto di storia ericina di Vito Carvini, della cui
autorità si giova l'Amato (2). Così il simulacro, rimasto in Palermo in duomo
e posto nell'abside minore del destro lato, ebbe indi decoro nel 1511 di una
elegante custodia in legno, eseguita per cura di Antonello Gagini, siccome,
di lui trattando, sarà poi luogo a vedere. Ma in fine per gli ultimi vandalici
rinnovamenti di quel tempio la statua medesima andò trasferita in una delle
cappelle della nave minore del lato istesso, dove comunemente ora è nota
col titolo, assunto da essa per un cotal breve d'indulgenze insin dal 1576,
di Madonna di Libera Inforni (>). Ed ivi è prodotto di sentimento e d'arte
preziosissimo, scorgendosi nella Vergine e nel vago bambino le ingenue ma-
niere e F espressione più pia ed affettuosa unite a molta eleganza e mor-
bidezza di forme, a molta scioltezza di pieghe e grazia di esecuzione e ad
un' aura nel tutto di soavità celestiale , che innamora. Del volto di essa a
ragione da altri fu detto, che chi avvisa ne' quattrocentisti un che di squi-
sitezza più pura e più verginale , che cominciò a venir meno pel soverchio
studio della realtà nel secolo appresso, lo preferirebbe a qualunque altro (4).
Vi eran pure da prima, al dir dell'Amato, due piccoli bassirilievi nella base,
figuranti l'Annunziazione e la morte di Nostra Donna : ma andaron perduti
affatto allorché quella base fu rinnovata (5). Ben però la cennata statua ancora
( ' ) Ma sembra che tale strumento or non più esista, giacché non mi è riuscito fin ora trovarlo tra' fram-
menti de' registri del mentovato notaio.
(2) Reca egli l'intero tenore del cennato atto, rogato in Monte San Giuliano a 16 agosto 1469, il quale
giova altresì riportare fra' Documenti di quest'opera al nura. VI.
(3) Amato, op. cit., lib. Vili, cap. I, pag. 172. Pirri, Sicilia sacra. Panormi, 1644, tom. I, pag. 183.
(4) Galeotti, Preliminari alla storia ài sintomo Gagini. Palermo, 1860, pag. 95. E qualche idea del
tutto di tale statua può aversi dal disegno, che ne diamo nella tavola prima di quest'opera.
(5) Leggesi quindi in Amato (op. cit, pag. 172): «Epigrapbe marmorei slylobatae: Santa Maria Ma jury
8
48 I GAGINI E LA SCULTURA IN SICILIA
esistente dimostra, non men che le altre sculture della suddetta cappella in
San Francesco , che artefice abilissimo fu veramente il Laurana , e degno
del numero di que' veneti illustri , che , o seguendo le orme de' grandi
maestri toscani , o per impulso di proprio genio , si segnalaron nell' arte.
Né anzi è da contendere a quel simulacro il singoiar pregio di capolavoro
di lui, giacché per merito di espressione e per finitezza di lavoro ne resta
indietro l'altra sua statua, alquanto maggior del vero, la quale é in Erice, es-
sendo però questa da stimare ancor preziosa pe' bassirilievi di purissimo stile,
che tuttavia ne decorano il piedistallo, com'eran pure da prima in quella di
Palermo. Havvi di fatti espresso nel mezzo il Transito di Nostra Donna
con la figura di lei giacente morta sul feretro , attorniata dagli apostoli e
da' discepoli , con al di sopra il Dio Padre in atto di accoglierne l'anima,
mentre dappiè ad un tempo un angelo, brandendo una spada , conquide il
demone infido. Ricorrono intanto da' lati l'Annunziata ed il Gabriello, ed indi
sei piccoli tondi , tre per ogni banda , con mezze figurine de' Santi Pietro
e Paolo, di S. Giuliano, di S. Niccolò di Bari e di un altro Santo e di una
Santa, che non é agevol discernere, e dietro due teste di serafini agli estremi.
Nelle quali sculture non si può a men di ammirare quel carattere di pu-
rissima e direi verginale espressione e quella preziosità di lavoro, che furon
pregi allora de' più valorosi maestri, comunque pel gran numero di figure
e la piccolezza delle loro dimensioni alquanto di affastellato e di confuso pur
vi si avverta. Di tale statua intanto accenna altrove il Carvini il credere di
alcuni, che il Laurana, prevenuto da morte, non arrivò a finirla, e che cani
quidam faber urbis Tanormi indigena exeoluit ('). Ma ciò non é da ammet-
tere che solo nel caso, che lo scultore per qualsiasi motivo indugiato avesse
più di due anni in quell'opera, essendo altronde certo (e ne ha pure ricordo
il Littara a pag. 6 del suo libro De rebus netinis , stampato in Palermo nel
1 593)> cne ancora un'altra statua di Nostra Donna col bambino da lui fu
scolpita in marmo nel 1471. Questa, che era in prima nella chiesa del Cro-
cifisso nell'antica città di Noto, che tutta ruinò pe' tremuoti del 1693, fu
poi trasferita nella moderna chiesa del medesimo titolo nella nuova città,
a. 1469, cadala ubi >Annunciatio ac Dormitio Mariana, teste panormitano presbytero sacrae Theologiae doctore
Onupbrio Manganante. Stylobatam apponens novum Jacobus Palafox, archiepiscopi , hoc lemma sculpsit: S. Maria
Majury anno 1469: rinovato il solo zoccolo 1684. »
( ' ) De origine, antiquitale et slatti regiac tnatricis ccclesiae civilalis excclsae ac inexpugnahilis Erycis , badie
ZMontis S. Iuliani. Panormi, 1687, cap. IV, pag. 56.
NEI SECOLI XV E XVI. CAP. II. 49
dove tuttavia esiste ed è conosciuta col nome di Madonna della Neve, re-
cando ancor segnata l'iscrizione dappiè nella base : franciscvs lavrana me
eecit mcccclxxi. Di essa fu di là scritto al Galeotti, il qual ne die primo
notizia , che sia statua inver di gran pregio , « tranne che sol non garba
« all'occhio la movenza e positura delle mani della Vergine, le quali fanno
« l'effetto di star li a disagio e senz'ombra di naturalezza (') ». Il che
si vede, non meno che in molte statue de' quattrocentisti, nelle altre ancora
di quel veneto artefice, del quale finalmente si può dar luogo al sospetto, che
fosse morto non guari dopo quell'anno, mentre indi il suo nome non ap-
parisce affatto con quelli degli altri scultori ne' capitoli dell'arte in Palermo
nel 1487, e non avrebbe potuto sicuramente mancarvi, s'egli insino a quel
tempo vi fosse durato in vita.
Di un Gabriele di Battista , marmoraio lombardo , capo in Sicilia di
una famiglia di scultori di ordine secondario, è certo poi da documenti
il soggiorno in Palermo dal 1475 al 1504, pel lungo spazio pressoché di
trent'anni. Prima notizia di lui si ha da un atto di donazione , ancor di
sopra cennato nel precedente capitolo, in data del 2 dicembre del 1475,
onde maestro Cristoforo da Como , fabbricatore , in riguardo d' innato
scambievole amore e de' molti e grati servigi, onori e rispetti, che aveagli
prestato e graziosamente seguiva a prestargli il detto Gabriele , suo fratello
carissimo, siccome scuìtor di marmi, gli donò in perpetuo una casa in contrada
Divisi : oltreché indi il lasciò procuratore di tutta l'eredità de' suoi averi per
suo testamento nel 1492, come ancor di sopra fu cenno (2). Abbiamo in-
tanto, che il marmoraio medesimo Di Battista, per pubblico atto a 20 agosto
del 1485, vendette e promise consegnare per once otto (1. 102) a Giovan
Martino Vitale, canonico ed arcidiacono palermitano, ciantro della cappella di
S. Pietro nel regio palazzo e beneficiale della chiesa di S. Lucia nella terra
di tal nome, un fonte battesimale ed un altro di acqua santa per detta chiesa,
qua' gli aveva commessi Federico Vitale, antecessore del detto Giovan Mar-
tino , e ch'eran di già scolpiti: ma non so poi che ne fosse (3). L'ori-
gine lombarda dello scultore rilevasi poscia da un altro strumento in data
del 6 febbraio del 1488, per cui i marmorai Gabriele di Battista ed Andrea
( ' ) Galeotti, Preliminari cit., pag. 99, in nota.
(2) Vedi a pag. 22, nota 2, ed anche fra' Documenti, num. II.
( 3 ) Vedi fra' Documenti di quest'opera, num. VII.
50 I GAGINT E LA SCULTURA IN SICILIA
Mangino, detti entrambi lombardi e cittadini palermitani, vendettero a mae-
stro Matteo di Carnevale per parte del magnifico Francesco degli Abbatelli,
maestro portolano del regno , quattordici colonne di marmo della qualità
stessa di una recentemente allor posta nel nuovo chiostro del convento di
San Francesco, costruito a spese de' Genovesi, e di più altre quaranta mi-
nori colonne, da servir tutte per 1' edificio della casa o palazzo, che allor
costruivasi, del mentovato signore (:). Né dubito, che gli artisti medesimi
abbiano avuto ancor parte in simigliami lavori nell'altro palazzo, che pure in
quel tempo si fabbricava in Palermo dal magnifico Guglielmo Aiutamicristo;
e, benché non ne sia contezza da alcun espresso documento, ciò induce a
credere un atto del 22 giugno dello stess'anno 1488, per cui quelli insiem
dichiararono ricevere in prestito once quindici (1. 191.25) dall' anzidetto
Guglielmo (2).
Di Gabriele poscia e di un altro fin ora ignoto scultore Giovan Do-
menico Pellegrino scguon tali notizie da non potere ad essi entrambi con-
tendere aver goduto neh" arte buon nome. Imperocché ne' registri ,di
notar Matteo Fallerà in Palermo, in data del 30 agosto del 1497, é tra-
scritto il solo principio di un atto, onde i due detti scultori si obbligarono
in solido ad un reverendo Giovanni Muzzicato, vicario ed arciprete di Ni-
cosia , per una notevole opera di scultura , che di lì non appare quale sia
stata perché 1' atto rimane in tronco , ma che da un altro atto posteriore ,
aggiuntovi due anni dopo nel margine, rilevasi fosse una custodia di mar-
mo (3). Risulta però indi per altro pubblico strumento del 17 maggio
del 1499 , che , avendo il Di Battista di già venduto al detto arciprete di
Nicosia cotal custodia per la chiesa maggiore di S. Niccolò in quel paese, il
( < ) Vedi fra' Documenti, num. Vili.
(2) Die xxij l'unii viif. imi. (1488). Magister Gabriel de Battista ci magister ^Andreas ^Cangino, marmorarii et
cives panormitani , corani nobis eque principaliter et in ìolidum dixerimt et confessi sunt se habuissc et recepisse a ma-
gnifico domino Guillelmo Jlyutamichristo , domino et barone terre Calatafimi, Musilmerii etc, presenti et stipulanti ,
uncias quindecim ponderis generalis per bancum nobilis Battiste Lombardi, gratis prestitas et amore, renuuciantes excep-
tioni etc. Quas uncias xv ditti m\ Gabriel et m'. ^Andreas in solidum promiserunt solvere, restituere et assignare dicto
domino Guillelmo stipulanti Ine 'Panarmi in pecunia numerata ad omnem simplicem requisicionem dicti domini Guillel-
mi, sub pactis infrascriptis... (Mancano i patti). - ■ Tesles: Tomaus de Milia , Joanues Baptist a %pso!minis. — Dal
registro di notar Giacomo Randisi, an. 1488-91, ind. VII-IX, num. 1160 bis, nell'archivio de' notai defunti
in Palermo.
( > ) Eodem xxx". augusti xv''. ind. 1497. Magister Gabriel de cBaptista et magister Joanncs Domiuicus de Pelle-
grino, scullores, corani nobis in solidum promiserunt et sollemniter convenerunt ac se obligaveruiil et obliganl reverendo
NEI SECOLI XV E XVI. CAP. II. 51
pretore e i giurati di Palermo (non altrimenti che dinanzi avean fatto per la
statua del Laurana) ne impediron l'uscita dalla città, volendo in vece, che in
questa ne avesse decoro la cappella del Sacramento nella parrocchia di S. Nic-
colò l'Albergaria. Per la qual cosa, essendo ciò stato espressamente ingiunto
all'artefice, di nuovo ci vendette a' cappellani di essa parrocchia ed a' maram-
mieri ossien deputati della fabbrica della cappella anzidetta la custodia medesi-
ma, pel prezzo di once trenta (1. 382.50), onde in ragion de' tempi rilevasi,
che doveva esser opera di non tenue artificio ('). Al Muzzicato fu d'uopo
intanto, a 17 agosto del medesimo anno, riprendersi da' due scultori once
sedici (1. 204), ch'egli in conto del prezzo aveva già loro pagate, e scioglierli
dall'obbligo di consegnar quel lavoro. Ma nulla più oggi riman di esso in detta
parrocchia in Palermo, giacche, rinnovata questa da capo a fondo nella prima
metà del passato secolo per opera del paroco Giuseppe Tomaso Castelli ,
affatto vi disparve dalla cappella del Sacramento, insieme a' pregevoli freschi,
che nell'anno 1500 vi avea nella volta dipinti Pietro Ruzulone, insigne di-
pintore palermitano, ancor la custodia scolpita da Gabriel di Battista e da
Giovan Domenico Pellegrino; e il piccolo tabernacolo di marmo, che or vi
si vede , e che dinanzi serviva a riporvi gli olii santi , non è che debol
fattura di scuola gaginesca e cosa affatto diversa da quella.
Esiste però fino al presente nel duomo di Nìcosia una custodia in
bianco marmo, la qual certo era posta in prima nell'antica cappella del Sa-
cramento , donde al rinnovarsi di essa cappella con molta profusione di
marmi a colore ed a commesso in tempi posteriori fu trasferita in quella del
fonte battesimale, la prima a sinistra del principale ingresso , dove oggi si
vede, recando dappiè nella base la seguente iscrizione: m d iv indicionis me
domino Joanni de VvCuciicato, vicario et archipresbitero terre Nicoxie, presenti et stipulanti, construerc et facere bene
et magistraliter, ut dicitur, ad otnnes expensas dictorum obligatorum, de marmore albo .... Testes: Jacobus de AmMeri
et Troyanus de ViCaffia. — Ed in margine di tale atto , il quale rimane in sospeso, è aggiunto quest' altro: Die
vip. augusti i'f. ini. 1499. Quia dictus dominus Joannes de Muc\icato fuit cortentus sibi capere uncias xvj per eum
solutas dictis obligatis et cos liberare ab assignacione diete custodie , quia dieta custodia fuit a posse ipsorum obligato-
rum capta per spectabiles dominos officiales ad opus ecclesie parrochialis Sancii "Nicolai de ^Albergarla Tanhormi, ideo
no. Tetrus la Cava, procuratorio nomine dicti domini Joannis virtute procuraciouis celebrate manti notarli SvCichaclis
de Donguida die xlH;0. presentis mensis,... est confessus habuisse dictas uncias xvj a dictis obligatis per bancum n. Jbero-
nitni Sanches et Ambroxii Levi, renuncians exceptìoni etc; et dicti prefati fuerunt contenti desistere a dicio opere, a
quo dictus procurato)- cosdem obligatos llberavit et absolvit etc. — Dal registro di notar Matteo Fallerà, an. 1496-97,
ind. XV, num. 1757, nell'archivio de' notai defunti in Palermo.
( « ) Vedi fra' Documenti di quest'opera, num. IX.
52 I GAG1NI E LA SCULTURA IN SICILIA
fieri fecit franciscvs sfventi. In detta base e la Cena Eucaristica in pic-
cole figure di molto debole stile, e poi nel mezzo della custodia in mag-
giori dimensioni e sotto baldacchino il Cristo risorto, che accenna il calice
e l'ostia, adorato da dodici cherubini genuflessi in due schiere, mentre in
una sovrastante cornice si legge: hic est corpvs domini. Ricorrono intanto
divise da' due lati sei storie della Passione in altrettanti scompartimenti ,
terminando al di sopra con figurine di S. Pietro e S. Niccolò e dando luogo
nella parte superiore nel mezzo ad altra storia della Crocifissione, sulla quale
in un semicerchio è anco la Nascita a compimento della custodia stessa,
oltre parecchie mezze figurine di profeti nella base ed in una intermedia cor-
nice, e due angioletti dall'una e dall'altra banda di quella in atto di spie-
garvi una cortina dattorno. Ma in tutti cotai lavori in mezzano rilievo, che
riescono ad un generale effetto di ricchezza , inver non disgiunta da una
certa eleganza del tutto , indarno si cercherebbe sviluppo di espressione e
finitezza di forme , giacché appartengono essi ad artisti , che , comunque
dotati di gusto e di buona pratica negli ornati , non ebbero tempra d' in-
gegno da levarsi al maggior magistero. Quali essi poi fossero non appa-
risce ancora in piena evidenza. Sembra però certo, che né il Di Battista né
il Pellegrino ebber più parte in cotale altra opera, avendo essi restituito il
danaro, che innanzi avevano avuto in conto della prima custodia, tostoché
essa fu trattenuta in Palermo, laddove, sciolti dall'arciprete da ogni obbligo di
consegna di essa, convenner con lui di affatto desistere dal lavoro. Un mese
dopo intanto della vendita di quella, fatta dal Di Battista alla parrocchia del-
l'Albergarìa per ordine del municipio palermitano, e due mesi prima della re-
stituzione del detto danaro al Muzzicato, si ha un'apoca in Palermo del 17
giugno dello stcss' anno 1499, onde il marmoraio o scultore Andrea Man-
cino, così per sé che per parte del suo socio scultore Antonio Vanella as-
sente, dichiarò ricevute once sedici (1. 204) da due procuratori dell'arci-
prete medesimo e dell'anzidetta chiesa di S. Niccolò in Nicosia, cioè l'iden-
tica somma, che gli altri due artisti avevano avuta in prima e che poi re-
stituirono fedelmente (:). Laonde, benché in quell'apoca non ne sia espresso
(*) Eodemxvij'.junii ij'.ind. 1499. Magister Andreas Manchimi, marmorarius, corani nobis, tam nomine suo,
quam nomine et prò parte magistri Jlnionii Vanella, eius sodi absentis, prò quo de rato promisit ad istanciam
n. Mathei de Macinili de terra Xicoxie et magistri Vetri la Cava e. p., procuratorum veti, domini Joannis de
Musicato, archipresbiteri Jiredicie terre Nicoxie , virtute procuracionis celebrale manu notarli Nicolai Donguida
NEI SECOLI XV E XVI. CAP. II.
53
l'oggetto, essendo essa soltanto a metà trascritta nel registro di notar Matteo
Fallerà, che la contiene, può darsi adito fondatamente a pensare, che dopo
il fatto della prima custodia un' altra ne abbiano allogato al Mancino e al
Vanella i Nicosiani e eh' essa sia quella appunto , che venne poco dopo
recata a termine, siccome dalla riferita epigrafe vi si rileva, e che colà esiste
fin oggi.
Del Di Battista intanto é sicura memoria della morte avvenuta in Pa-
lermo a 13 marzo Vili ind. 1504 (1505). Nell'archivio in fatti della parroc-
chia di S. Niccolò la Kalsa, e propriamente in un antico quaderno, in cui
è nota di quanto fu ivi riscosso di oblazioni de' fedeli nell' amministra-
zione lor fotta de' sacramenti dal 1504 al 1507, in detta data si legge
la nota seguente : Per sepelìiri et oliar i a mastra Grabieli mar murar u, patri di
parrinu, decti caiuìiìi rotai u una. E che ivi di lui propriamente s'intenda,
benché ne sia taciuto il cognome, é chiaro soprattutto dall'esservi espresso,
ch'ei fosse padre di prete (patri di parrinu), laddove ad evidenza per altri
documenti risulta, che furon suoi figli, natigli da Giovanna sua moglie, un
prete Battista di Battista , un Antonio , che non seguì l'arte paterna , ed i
maestri Paolo e Pietro, scultori : oltreché poi esercitarono l'arte stessa più
tardi un altro Pietro e Luigi , bastardi del detto prete , del secondo dei
quali almanco é certezza dell'esistenza dal 1523 al 1552, ed un Simone di
Battista, scultore in legno, che insino al 1561 attendeva a lavori in Pa-
lermo. Ma non é luogo per ora ad intrattenerci di essi, bastando osservar
soltanto siccome da padre ed avo lombardo figli e nepoti siciliani na-
scessero e si educassero all' arte nell' isola , non altrimenti che per altri
anco avvenne.
Nulla poi é noto, non sapendosene sculture esistenti , del valore arti-
stico dell' anzidetto Giovan Domenico Pellegrino, che assunse nel 1497 con
Gabriele di Battista il lavoro della prima custodia per Nicosia, la quale indi
rimase in Palermo. Sembra però sia stato egli il medesimo che lo scultore
Domenico Pellegrino , cittadino palermitano , il quale indi a 30 dicembre
del 1508 obbligossi anco in Palermo ad un nicosiano Gaspare di Aliberto
xiiif. presentis, presentimi et stipulantium prò dicto archipresbitero et infrascripta ecclesia Sancti Nicolai diete terre,
est confessus Imbuisse a dictis procuratoribus uucias xvj per bancum magnificorum Jberonimi Sanches et <Ambroxii
Levi etc. (Manca il restante). Testes: hon. Jacobus de Mercanti et no. xAntonius %ptundus. — Dal registro di
notar Matteo Fallerà, an. 1498-99, ind. II, num. 1759, fog. 1223 retro a 1224.
54 I GAGINI E LA SCULTURA IN SICILIA
per la scultura di un deposito in marmo , da farlo conforme ad un altro ,
in cui era sepolto in San Francesco il magnifico Pietro Bologna, tranne però
il coperchio di un sol pezzo, dov'era maestrevolmente da scolpir la figura
di un Federico Catanese defunto , col capo coperto di cappello , con libro
in mano e pianelle a' piedi, dove, giusta il costume, era pure da fare un
bracco. Il resto del deposito dovea lavorarsi in quattro od al più in cinque
pezzi, da poggiare su tre figure in rilievo delle Virtù Teologali con loro sim-
boli in mano e dappiè un pìcciol gradino di base. Di tale opera quindi il
detto scultore, pel prezzo di once quindici (1. 191.25), era tenuto far con-
segna di li a tutto il 1 5 maggio dell'entrante anno, curandone a suo rischio
il trasporto sino alla marina di Tusa , più prossima a Nicosia , dov'era in
non so qual chiesa a collocarlo: oltreché aggiungeasi per patto, che per cu-
rare cotal collocazione dovesse egli di persona colà recarsi, o almen mandarvi
in sua vece alcun altro in ciò perito, senz'altro ripetere che la vettura ed il
vitto ('). Trovasi quindi, che in progresso dell'opera, oltre once tre (1. 38.25)
ricevute il di del contratto, ci ne riscosse in due rate la più parte del prezzò
a 26 aprile e io settembre del 1509; e riman poi di tre anni appresso un
documento, donde apparisce, che non guari dopo aver consegnato il detto
deposito lo scultore terminò la sua vita. Perocché in data del 26 giugno
del 15 12 fu cancellato il contratto medesimo, cosi per volere di Margherita,
vedova già dell'estinto Pellegrino e tutrice testamentaria de' figli e figliuole
di lui, giusta il suo testamento agli atti di notar Antonio Tagliarne, come
ancora per parte di Antonino di Aliberto, figliuol del suddetto Gaspare, laddove
la vedova stessa confessavasi soddisfatta interamente del prezzo, computato il
danaro di già pagatone in parte al suo defunto consorte, ed il mentovato An-
tonino attestava in vece aver lo scultore consegnato a suo padre il monu-
mento (2). Il quale oscuro artista del resto dovè per fermo esser mancato ai
vivi entro l'anno, che corse dal 6 giugno del 1511 al 26 del detto mese nel
15 12, giacché dell'una di queste due date é un'altra convenzione, ond'egli
ancor vivente si obbligò al procuratore , al rettore ed a due confrati della
confraternita di San Giovanni Battista in Monte San Giuliano pel lavoro di
una finestra in marmo con due colonne e con analogo fregio ed epigrafe,
( ' ) Vedi fra' TDocumenli di quest'opera, num. X.
(») Vedi fra gli atti aggiunti in margine e pubblicati in seguito al citato strumento del 30 dicembre
XII ind. 1508, che trovasi al num. X fra' 'Documenti di quest'opera.
NEI SECOLI XV E XVI. CAP. II.
55
giusta il disegno già innanzi stabilito; e ciò pel prezzo di once sei e tari
venti (1. 85) ('). Ma colà non più oggi riman vestigio di tale finestra, che
esser doveva in una delle antiche facciate della chiesa di quella confraternita,
e forse andò distrutta in posteriori rifazioni. Il che parimente è a dire del
sopraddetto deposito di Federico Catanese in Nicosia, giacché per quante in-
dagini se ne sian fatte non si venne fin qui neppure a capo di conoscere
in qual chiesa abbia avuto luogo. Laonde nulla è certo intorno al merito
dell'artefice, non essendo ancora notizie di sue sculture esistenti. Né anco
alcuna certezza rimane della sua origine, giacché sebbene egli sia detto cit-
tadino palermitano nel mentovato strumento del 30 dicembre del 1508, é
probabile sia ciò non per altro che per privilegio di cittadinanza da lui
acquistato in Palermo, siccome di altri é evidente , avendosi del resto argo-
mento a sospettare, ch'egli sia stato oriundo carrarese, come fu al certo un
maestro Bernardino di Pellegrino da Carrara, scultore, cosi ricordato in un
altro strumento in Palermo in data del 19 marzo I indiz. 15 12 (15 13), onde
egli si dichiarò in debito del prezzo di quattro palmi di velluto nero ad un
Antonio Magro, panniere (2). Sembra quindi , che della stessa famiglia e
forse fratelli sien veramente stati Domenico e Bernardino, e che, come tanti
altri, venuti in Sicilia, vi abbian trovato lor prò fermarvi il loro soggiorno.
Ma duole, che nulla più oltre se ne conosca.
L'altro mentovato lombardo Andrea Mangino o Mancino, che nel 1488
insieme a Gabriele di Battista attendeva al lavoro delle numerose colonne
pel nuovo edificio del palazzo Abbatelli , sembra che allor da recente fosse
venuto in Palermo, dove indi fermò dimora, giacché di lui non é motto
un anno innanzi negli allegati capitoli dell'arte de' marmorai. Fu inoltre il
medesimo, che pure nel 1488 si occupava a scolpire una statua di Nostra
Donna per la terra di Carini; e riman documento in data del 14 giugno,
ond'egli, a conto del prezzo di tale opera, che per lui lavoravasi, dichiarava
aver già ricevuto once due (1. 25.50) dal magnifico Guglielmo Aiutamicristo,
( ' ) Vedi fra' T>ocumenti, num. XI.
(2) Eodem (19 marzo I indiz. 1512) (15 13). Magister 'Bernardiuus de 'Pellegrino de Carrara, scultor ,
presetis corani nobis, sponte promisit et se sollemniter obligavit et obligat dare et solvere no. ^Antonio Magro, pan-
nerio, absenti, me notarlo stipulante prò eo, unciam imam et tarenos novem in pecunia numerata hic Panormi bine
per totum mensem aprilis proximo futuri in pace et de plano; et sunt prò predio et valuta palmorum quatuor vii-
luti nigri, per ipsum debitorem habiti et recepti, etc. — Dal registro di num. 2246 di notar Francesco Formag-
gio, an. 15 12-13, ind- I> f°g- 633 retro, nell'archivio de' notai defunti in Palermo.
9
5 6 I GAGINI E LA SCULTURA IN SICILIA
signore e barone di Calatafimi, come tutore del magnifico Giovan Vincenzo
La Grua (')• *n Carini intanto, nella cappella del baronale castello, esiste
una statua della Vergine col bambino, la quale pur lascia molto a desiderare
per correzion di disegno e di stile , e che non sarebbe dubbio a dire ap-
punto del Mangino, se l'anno 1509 non vi si leggesse di fronte inciso nel
piedistallo. Ciò in vece apre l'adito a due diverse induzioni egualmente
possibili, giacché altre statue di tal'epoca, tranne sol quella, in Carini non
trovansi affatto : o che, non avendo il detto scultore fornito la sua, un'altra
poi ne sia stata scolpita per altro scalpello in quell'anno, o che, avendola
eo-li molto dinanzi eseguita, non sia stata colà collocata se non più tardi,
nell'anno appunto , che dappiè vi si vede segnato. Sembra del resto esser
da escludere il sospetto, che la statua, in cui egli lavorava nel 1488, non
sia stata da lui consegnata che dopo più che venti anni, e non rimane al-
tronde notizia, ch'egli ancora vivesse infino al 1509. Risulta però da un
documento da altri già pubblicato, che a 30 giugno del 1495 il detto An-
drea, già divenuto cittadino palermitano, obbligavasi a notar Gerardo Pesce
ed a Stefano del Bono , rettori della confraternita di S. Maria Annunziata
in Termini, scolpire in marmo per la chiesa di essa due figure in ginocchio
di Nostra Donna e San Giuseppe, oltre ancor quella del giacente bambino,
staccate l'ima dall'altra, ma tutte insieme acconce a rappresentare il soggetto
della nascita di Gesù Cristo (2)- Ed ivi rimangon le dette figure sin oggi,
( 1 ) Eodem (die xiiij°. junii viij'. ini. 1488X tMagistcr Andreas ^Cangimi, marmorarius, corani nobis sponte
dixit et fuit confessus se habuisse et recepisse a magnifico domino Guilìehno Ayutamichristo, domino et barone Cala-
tafimi et tanquam tutore magnifici domini Joannis Vincencii de la Grua, me notarlo stipulante prò eo absenti, uu-
cias duas per bancum n. Petri Agiata, renuncians exceptioni et e. Et sunt infra solutionem cuiusdam imagiuis beate
et gloriose Virginis diarie, quam dittus magister .Andreas facit ad opus terre Careni. Unde, etc. Testes : Antoninus
de Scolaribus et m'. Joannes cDominicus de Pellegrino. — Dal registro di notar Giacomo Randisi, an. 1488-91,
ind. VII-IX, num. 11 60 bis, nell'archivio de' notai defunti in Palermo.
( 2 ) Ciò risulta dal seguente strumento rinvenuto dal cavaliere Ignazio De Michele fra gli atti di notar
Antonio De Michele nell'archivio de' notai defunti in Termini Imerese: 'Die xxx.' junii xiij.' ind. 1494. Ma-
gister ^Andreas Manchimi, civis feìicis urbis Tanormi, scultor marmorarius,... corani nobis sponte se obligavit ho-
norabili notarlo Jerardo Tixi et Stephano de 'Bono, asserlis rectoribus confraternite Sancte Marie de cK,unciata
terre 'rììermarum, presentibus et stipulantibus prò dictis confratribus , ecclesia et maragmate illius , facere et scul-
pere imaginem unam marmoream Virginis Marie et Christi infanlis, separis ab ipsa imagine , in significai ione
nativitatis Christi, ita quod sint sculptc et intaglate in marmare albo, necto et avantagiato, illustrate et impumi-
fate, ita quod dieta imago gloriose Virginis sit altitudinis et longitudinis a jenu flesso usque ad caput, incluso capite,
palmorum quatuor , ita quod ipsa imago sit et stet genuflexa ; ac scanellwn unum altitudinis palmi unius prò su-
pra ponendo diclam imaginem diete Virginis, ac simul imaginem beati sancii Joseph in marmore predicle bonita-
NEI SECOLI XV E XVI. GAP. II. 57
poste in fondo ad una cappella sotto un arco formato di stallattiti a foggia
di grotta, con la terra di Betlemme dipinta sulle pareti, siccome fu stimato
situarle nel secolo XVII: ma vuoisi, che quella del San Giuseppe non sia del
Mancino, di cui son le due altre , e che sia stata più tardi supplita dallo
scalpello di un carrarese Francesco Li Mastri , cui fu di nuovo in vero al-
logata per atto del 19 di febbraio V indiz. 15 16 (15 17) (J). Però, checché di
ciò sia, si avverte più o meno in tutte quel manco di perfezione e di ele-
ganza, non men che di vivezza e di profondità di sentimento, qua' furon
doti da' più eletti ingegni anco allor possedute e raggiunte. Ed é la stessa
inferiorità o per lo meno mezzanità d' arte , che appare nella sopraddetta
custodia del Sacramento nel duomo di Nicosia, siccome quella, che sembra
per documento sia stata pur essa opera di Andrea Mancino e del suo so-
cio Antonio Vanelli , di cui sarà luogo in seguito a dire. Né migliore svi-
luppo si avverte in altra simil custodia o ciborio in marmo, fin oggi esi-
stente nella chiesa maggiore in Cammarata, e che, primamente eretta per
cura del conte Antonio Abbatelli e d'Isabella Branciforti sua moglie nel 1490,
non é che opera di assai debole stile , come son pure altrove non poche
altre sculture, che lungo sarebbe venire tutte accennando (2).
Artista però di più alto merito ed un de' migliori Lombardi venuti nel
quattrocento ad esercitar la scultura nell'isola appare ad un tempo un Giorgio
di Milano, altrimenti di Brigno, nominato il quinto fra' marmorai o scul-
tis, stantem genius flessis, altitudini! palmo rum quatuor cum dimidio. Et bine per totum mensem deeembris proximo
futuri xiiij.' ind., elaboratas Panhormi, illas consigliare promisi! sculptas in marina Tauormi, arecatas in barca...;
et Ime prò stipendio unciarum xj ponderis generalis, etc. — Di tale strumento però, che qui riporto dall'opuscolo
del detto cavalier De Michele, Sopra alcune pitture e sculture esistenti in Tennini-Imerese (Palermo, 1865, pag. 13,
ncta 1), non mi fu dato colà vedere l'originale nel mentovato archivio, giacché si dice ora smarrito il vo-
lume, che il conteneva insieme ad un altro posteriore atto della consegna poi fatta dal Mancino di quelle
figure.
( ' ) Ne ho notizia da un volume di transunti di antichi atti notarieschi di Termini, compilato nel passato
secolo ed ora colà posseduto dal signor Vincenzo Mormino: ma nulla oso dirne di certo, giacché non mi è
riuscito vedere l'originale strumento, non più trovandosi in quell'archivio il registro dell'anno della V indiz.
15 16-17 di notar Filippo Giacomo d' Ugo, dov' era compreso. Ritornerò nondimeno a parlarne in appresso
nel seguente capitolo di quest'opera, trattando del detto carrarese scultore Francesco Li Mastri o Del Mastro,
di cui pure è chiaro altre più rilevanti sculture avere inoltre per Termini assunto.
(2) La detta custodia in Cammarata, alta m. 4,83 e larga m. 2,46, reca l'iscrizione seguente: SVB DVCE
TANDEM FRANCISCO BRANCIFORTI HVIVS TEMPLI RE^DIFICATORE HIC POSITVM 1642, ET
A DUCE HERCVLE BRANCIFORTI 1573 RENOVATUM , 0JJ0D, ANTONIO ABBATELLI ET ISA-
BELLA BRANCIFORTI COMITE AC CONIVGE, FVIT PRIMO ERECTVM M.CCCC.LXXXX. Ma, non
58 I GAGINI E LA SCULTURA IN SICILIA
tori ne' capitoli dell'arte in Palermo nel 1487. Lui dinanzi concerne un atto
od ordinamento di Gaspare de Spes, viceré allora in Sicilia, dato in Paler-
mo a 12 di maggio del 1484 ed indirizzato ad un Michele di Bruno, por-
tiere della regia gran corte, al quale davasi incarico di rintracciare ed aver
nelle mani la persona appunto di quello (:). Perocché dall'atto stesso ri-
levasi, che querele gravissime eransi mosse al detto viceré da maestro Do-
menico de' Gagini , scultore e già cittadino palermitano , contro maestro
Giorgio lombardo, scultore e cittadino pur egli della città medesima, giac-
ché, tenuto essendo costui fornire alcun' opera in marmo nella cappella di
S. Cristina nel duomo, per cui trovavasi mallevadore con altri il detto Do-
menico, avea stimato in vece partirsi, lasciando in tronco il lavoro. Per la
qual cosa il procuratore della maramma , ossia della fabbrica , si era per
iscritto rivolto al Gagini, ingiungendogli , o eh' egli avesse supplito tanti
maestri e lavoranti , quanti sen fosser richiesti a terminare infra un mese
quell'opera, o che si sarebbe proceduto pel prezzo e valore di essa a tutti
danni e interessi contro i suoi beni. Laonde si era egli deciso ricorrere al
viceré , supplicandolo di alcun opportuno provvedimento ; e quindi il De
Spes, tagliando corto, ordinò tosto a quel Bruno portiere, che, recandosi
in qualunque luogo e terra del regno, e soprattutto in Cefalù, dove inten-
deasi che fosse il detto Giorgio scultore, dovesse colà immantinente gher-
mirlo e preso portarlo in Palermo, siccome cittadino, dinanzi al magistrato
ed ufficiali della città, tranne soltanto il caso, ch'ei desse di sé guarentigia
ostante la cennata rinnovazione ed il trasferimento da un luogo all'altro della chiesa, il primitivo lavoro vi
riman quasi intatto. Vi ha uno stilobate con figurine degli apostoli e di vari santi , su cui nel mezzo è il
ciborio, sormontato da baldacchino e fiancheggiato da cherubini genuflessi. Vi ricorron da' lati quattro colon-
nine spirali , due per ogni banda , dandovi luogo a sei scompartimenti con gli evangelisti e co' padri della
Chiesa sedenti in due ad un leggio in mezzano rilievo , laddove al di fuori alle estremità laterali due angeli
per ogni lato , come in Nicosia, sostengono una cortina per ornamento. Sulle colonnine intanto poggian di
sopra quattro dadi con piccole figure di profeti, e fra gli spazi intermedi sono gli stemmi Abbatelli e Branciforti,
dando luogo nel centro all'iscrizione: oltreché indi più in alto fra due minori colonnine spirali sta un quadro
della Crocifissione in alto rilievo, ricorrendovi a' lati due nicchie con figurette de' Santi Pietro e Paolo, ed
alle estremità due candelabri sormontati dall'Annunziata e dal Gabriello. Due altri candelabri poscia finiscon
le nicchie con figurine di angeli, e sulla Crocifissione nel mezzo è un semicerchio con la Nascita, mentre in
cima del tutto sta finalmente un Dio Padre. Ma, non ostante la ricchezza delle sculture, nulla è a lodarvi per
merito di lavoro; e di migliore stile sembra in vece per fermo un altro più piccol ciborio contemporaneo,
che con cherubini e Dio Padre in rilievo si vede ora nella maggior chiesa di Castronovo, e vi si afferma
trasferitovi da Bivona, recando dappiè la seguente epigrafe: HOC OPVS FIERI FECIT IOHANES DE MOLE
AD LAVDEM DEI.
( ' ) Vedi fra' Documenti di quest'opera, num. XI.
NEI SECOLI XV E XVI. CAP. II. 59
bastante per presentarsi fra tre giorni di termine. Ma nulla del resto è noto
del seguito di tal vertenza, ne de' lavori, ch'era potuto essere andato ad
eseguire o a consegnare in Ccfalù lo scultore, né di quegli altri, a che si era
egli obbligato per la cappella di S. Cristina nel duomo palermitano, della
quale, siccome vedremo a suo luogo, altri lavori insin dal 1474 eran già stati
assunti dal solo Gagini. Non pertanto da ciò in ogni modo appare evidente
siccome fosse stato quel Giorgio un degli aiuti più utili e necessari a Do-
menico, che già teneva in Palermo il primato nella scultura, laddove accoglie-
vansi in quello, meglio che in altri, vigore d' ingegno e non comune sviluppo.
Ne è miglior prova una sua elegante statuina di Nostra Donna , che
con la destra si tiene un picciol libro dinanzi al seno e reca sul manco
braccio il divin bambino, mentre dappiè un fanciullo trepidante, aggrappan-
dosi al lembo del manto di lei, ne prende tutela e rifugio e chiaro la denota
sotto il titolo, un di tanto in voga, di S. Maria del Soccorso. Ivi ancor dura,
egli è vero, in alcune parti qualche cosa di gretto nelle forme e si desidera
alquanta più cura e delicatezza di lavoro così nel nudo che ne' panneggia-
menti delle figure: ma vi predomina nel tutto quel verginal senso d'inge-
nuità, di grazia e di espressione religiosa e piissima, che mostra siccome
siesi l'artefice vivamente compreso dell' indole del soggetto e ben sia riu-
scito a rivelarla nel marmo. La detta statua, o gruppo, che ora si vede in
una cappella della maggior chiesa di Termini Imerese, trasferitavi dopo la
generale abolizione de' frati nel 1866, era colà dinanzi in quella del con-
vento de' Domenicani intitolata in San Vincenzo, e rimane certezza, che
fu scolpita da Giorgio di Milano (r). Perocché per pubblico atto in data
del 17 di marzo V ind. i486 (1487) il mentovato scultore, già cittadino pa-
lermitano, obbligavasi in Termini al notar Pietro Ugo e ad un maestro Fi-
lippo Tarlilario, procuratori dell'anzidetta chiesa di San Vincenzo, per far pel
prezzo di once sei (1. 76. 50) cotale statua in marmo di S. Maria del Soccorso,
meglio condotta che un'altra di S. Maria di Gesù, colà pure esistente nella
chiesa a lei dedicata, e che si ha ragione a credere alcun tempo innanzi dal
medesimo Giorgio eseguita (2). Rimane in fatti un'altra precedente con-
( • ) Vedine un disegno nella tavola I di quest'opera.
(J) Il mentovato atto fu primamente dato in luce dal cav. Ignazio De Michele in una sua lettera, Di
uno scultore siciliano del secolo XV, inserita nel volume primo delle 'Hjtiove Effemeridi Siciliane (Palermo, 1870,
pag. 559 e seg.). Sbaglia però egli stimando nato in Palermo lo scultore Giorgio per la sua qualificazione
di cittadino palermitano. Ed una più accurata copia del contratto medesimo vedi poi fra' Documenti di que-
st'opera al num. XII.
60 I GAGINI lì LA SCULTURA IN SICILIA
venzione in data del 16 ottobre del 1484, ond' egli si era pure obbligato
in Termini a' fratelli Giacomo Matteo ed Antonio Bruno e ad un maestro
Pietro Ferro, aromatario, pel lavoro di un arco in marmo con figure ed
altri ornamenti in mezzano rilievo nell' interno della loro cappella colà da
costruirsi in S. Maria di Gesù , pel prezzo in tutto di once dieci e tari
quindici (1. 133. 87) (!). Per la qual cosa ben a ragione é da pensare, che
ei pure avesse lavorato la statua di Nostra Donna, che ivi dovette in prima
esser posta, e che indi, ampliata la chiesa con essersi distrutta la primitiva
cappella con tutta la decorazione dell' arco or or mentovato , fu trasferita
in altra nuova cappella di special pertinenza della stessa famiglia Bruno,
dove oggi si vede. Né in tale statua, che vien sotto il titolo di S. Maria
della Presentazione , benché in diverso e carissimo atteggiamento di quasi
offrir giacente sulle proprie sue braccia il figliuolo, appar differenza di stile
e di scalpello in confronto all'altra già mentovata di Nostra Donna del Soc-
corso, di cui è certo sia opera di Giorgio di Milano: ma in ambe in vece
rivelansi, a traverso a' difetti di una forma non ancor pervenuta alla mag-
giore eccellenza , i pregi di una espressione soave ed ingenua, talor con-
giunta a molta eleganza e morbidezza. Perloché inoltre han pure alcun
valore in tal senso i bassirilievi, che adornan la base della seconda di quelle
due statue , essendovi espressa in mezzo la nascita di Gesù e genuflessi
da' lati un angioletto ed una devota , che adorano, oltre due teste di se-
rafini e due stemmi di casa Bruno con leone rampante; ed anco in si pic-
cole dimensioni di figurine, sciupate non poco dal tempo, avvertesi l'aura
della buona scuola, donde il lombardo scultore provenne.
Pel corso di dieci anni dal i486 al 96 non riman poi certezza di altre
sue opere, comunque sia molto probabile che n'esistano, senza sapersi che
sian di sua mano. Ma in fine da un pubblico strumento agli atti di notar
Giovanni Perdicaro in Polizzi in data del 22 dicembre del 1496, il qual fedel-
mente colà dall'archivio notariale mi riusci potere trascrivere , si ha piena
contezza, che in detto giorno maestro Giorgio di Milano , ovvero altri-
menti di Brigno, marmoraio lombardo, promise ivi e si obbligò a notar Lu-
dovico di Bentivegna ed a Maso di Casale, due de' rettori della confraternita
del Corpo di Cristo, circa la costruzione e tutt'altro lavoro di una custodia
in marmo per la cappella ed altare del medesimo titolo in detta terra. Dovea
( ' ) Vedi fra' Documenti, num. XIII.
NEI SECOLI XV E XVI. CAP. II. 6l
tale custodia (siccome appare dall'atto) essere almeno di palmi ben dician-
nove di altezza ed undici larga, in forma ed ancor meglio di un' altra di già
esistente nella terra di Castelbuono in quanto a grandezza e rilievo delle
figure delle storie , di che era in tutto a venire storiata nel miglior modo,
co' soggetti da darsene da' detti rettori e confrati; il tutto pel prezzo di
trent'once (1. 382.50), oltre la spesa del marmo. Promettea in fine lo scultore
dover nella terra medesima di Polizzi costruire e lavorare quell'opera, se-
guitamente e senz'attendere ad altro , perché potesse in un anno e mezzo
fornirla, convenendosi, che, oltre al prezzo anzidetto, avrebbe egli in conto
di suo vitto pel tempo di quel soggiorno quattro salme di vino , due di
frumento e quattro forme di cacio (J). Ignoro non pertanto se la custodia sia
stata in effetto fornita da Giorgio di Milano, giusta quel contratto, lad-
dove più tardi risulta da altri documenti, che dal 1509 al 24 vari altri
scultori, siccome indi vedremo , attesero al lavoro di una custodia del Sa-
cramento per la chiesa maggiore in Polizzi. Né in tali documenti è pur
motto di precedenti lavori, che ivi da altri si fossero all' uopo eseguiti ; e
quindi rimane incerto, non ostante il contratto del 1496, che il detto Gior-
gio avesse adempito a' suoi impegni. Indarno altronde oggi colà si cer-
cherebbe quella custodia, la qual pure è certo esser sorta a decoro della
cennata cappella del Sacramento, che aveva ed ha luogo tuttavia in quella
maggior chiesa. Ma quanto ivi era di antico e di pregevole andò affatto in
preda in seguito al triste genio di vandalici rinnovamenti, onde per infar-
cire il tutto di stucchi di cattivo gusto non si ebbe perfin ritegno a scom-
porre e tor via totalmente la detta custodia di marmo, le cui sculture in
gran parte andaron distrutte. Tre soli bassirilievi di storie , fra' tanti ,
che la componevano , sen vedon oggi incastrati in una parete del portico
esterno laterale di quella chiesa, rappresentando in piccole figure la cena
eucaristica, il bacio di Giuda e la risurrezione di Cristo : ma son lavori di
debol pratica d'arte e non affatto raggiungono la preziosità e l'eleganza dei
migliori scalpelli del tempo. Però a tutt'altra opera, e non già alla custodia
in parola, apparteneva un lungo pezzo ora mutilo di marmo, pur con quegli
altri a casaccio incastrato in quel sito, recando alcune mezze figurine molto
pregevoli del Cristo in passione e della dolente sua Madre, di apostoli ed
altri Santi; e provasi in vece con certezza di documento, ch'esso non sia
(') Vedi fra' Tlocutnenti, num. XIV.
Gì I GAGIN'I E LA SCULTURA IN SICILIA
che un avanzo del sarcofago di S. Gandolfo, colà dinanzi scolpito da Do-
menico Gagini, e di cui alla sua volta sarà discorso. Ma dalla cappella anzi-
detta del Sacramento provengono inoltre alcune statuine, che nella custodia
stessa formavano un gruppo della Trasfigurazione di Cristo, e che poi, ve-
nendo essa distrutta , furono ancor trasferite e mal collocate nel portico,
donde or da non guari nuovamente si volle rimuoverle, disgiungendole e
separandole affatto , mentre , riposta in chiesa quella del Redentore da un
lato dell'altare della cappella de' Notarbartolo , furon locate su due pilastri
dall'una banda e dall'altra del cappellone le due genuflesse de' profeti Mosè
ed Elia, e le altre de' tre apostoli buttate giù in ripostiglio. Pur , tranne
alcun merito nella sola figura del Cristo , non vi è in tutto il resto gran
pregio d'arte e d'ingegno, ond' è che nel manco di vita, di espressione e
di delicato artificio delle altre figure é da veder piuttosto l'opera di minori
scalpelli dell'età appresso. Laonde non può per alcun conto ammettersi
quanto asseri in un giovanile suo scritto su cose d' arte in Sicilia l' illu-
stre Paolo Giudice , poggiatosi al sol primo contratto ed ignaro degli
altri documenti posteriori intorno alla custodia del Sacramento in Polizzi,
cioè , che le sculture ad essa appartenute fosser lavoro di Giorgio di Mi-
lano (r) : mentre ben altro pregio di espressione e di delicato magistero,
che non è in esse, ricorre nella statua di già cennata di Nostra Donna del
Soccorso nel duomo di Termini, della qual non è dubbio , che da lui sia
stata scolpita. Né del resto altre opere mi è dato con alcun fondamento
potere attribuire al medesimo, se non la custodia di Castelbuono, eseguita
dinanzi al 1496 , siccome cennata nello strumento di tale anno per l'altra
di Polizzi, e ch'è probabil sia quella , che tuttavia mi si afferma esistente
nella madricc vecchia di quella terra, di assai bel congegno e con elegante
ciborio nel mezzo, ma trascurata e debole alquanto nelle figure. Nulla però
più oltre so dirne, giacché non la vidi. Sembra probabile intanto, che sia
lavoro di lui una pregevole decorazione in marmo con l'anno 1493 nella
porta settentrionale della chiesa maggiore in Mistretta, recando nell'architrave
( ' ) Ne fa egli cenno in nota in una sua lettera Sulla vera patria di 'Domenico Gagini, padre del celebre
^Antonio, inserita nel tomo XXVII delle Effemeridi scientifiche e letterarie per la Sicilia (Palermo, 1859, pa-
gina 1 50); e, preso avendo notizia del mentovato contratto da quanto solamente sen legge in alcuni mano-
scritti di erudite memorie di Polizzi di un padre Gioacchino Di Giovanni del passato secolo, sbaglia con lui
anco nel nome dello scultore, chiamandolo Gregorio di Milano in vece che Giorgio.
NEI SECOLI XV E XVI. CAI'. II. 63
tre medaglioni con lo stemma regio e gli apostoli Pietro e Paolo, ed al di
sopra un pennacchio semicircolare con tre mezze figure al di dentro, cioè
Nostra Donna col bambino fra S. Agata e S. Lucia: oltreché pure in Mistrctta
è da attribuirgli nella chiesa di S. Caterina la statua della titolare, dappiè pa-
rimente segnata dell'anzidetto anno 1493, benché posteriormente riposta in
una marmorea custodia con altre figure e bassirilievi , qual vi fu aggiunta
nel declinar del secolo appresso. Forse altresì venne da lui scolpito un pre-
gevol San Pietro in marmo , in abiti pontificali e sedente, il qual fin ora
si vede in una chiesa di antica origine, intitolata al medesimo Santo ed ossi
in ruina, in quel di Castronovo, per cui mi sì afferma essere stato scritto
a' giurati di quel paese dal vescovo di Patti, cui si appartici! quella chiesa,
perché preso avessero cura della collocazione di tale statua a 14 di mag-
gio del 1498 (x). Può darsi ancora sia opera dello stesso lombardo scul-
tore un'altra statua di Nostra Donna con in braccio il bambino, da me
osservata e tuttora esistente nella chiesa parrocchiale di Santa Croce in Ni-
cosia, con dappiè questa iscrizione : mcccclxxxxviii hoc opvs fieri fe-
cit magister ivlianvs de garigv. Sebben molto ivi scemi di effetto al
merito della scultura l'antico roseo pigmento dato in volto alla Diva, oltre
anche il coloramento e le dorature del manto, non é dubbio sia essa a te-
nere fra le opere di buono stile, specialmente in riguardo ad un pregevole
bassorilievo in piccole figure, che vi ha scolpito nel piedistallo, rappresen-
tando il miracolo della Madonna della Catena, dinanzi a cui s' infrangono i
ceppi a' condannati all' estremo supplizio, secondo la nota leggenda cotanto
in voga in quel tempo. Sembrami anzi trovarsi alquanta corrispondenza
di stile e conformità di sviluppo e di merito fra tale statua e l'altra di
Termini, eh' è innegabil lavoro di Giorgio sopraddetto; e da ciò più pro-
babile mi si rende il pensare, che l'una e l'altra sien opera dello stesso scal-
pello , comunque non se n' abbia certezza da documento. Ma è cosa assai
mal sicura del resto il voler far da indovini intorno agli autori delle tante
sculture d' ignota mano , che di quel tempo in tutta Sicilia rimangono , e
meglio giova fidar soltanto sulle più evidenti notizie, che da contempora-
( ' ) Ne ho notizia dal signor avv. Luigi Tirrito, il quale mi afferma avere ciò attinto da un registro del-
l' antico uffizio del mastro notaro di Castronovo , dove sono annotati i beni e le rendite di ciascuna delle
chiese di quella terra. La detta statua per altro, da me veduta, e indubitatamente scultura dello scorcio del
quattrocento, e, se non è di mano di Giorgio, siccome pur sembra dallo stile , è certamente lavoro di scal-
pello contemporaneo. »0
64 I GAGINI E LA SCULTURA IN SICILIA
nee scritture ci è dato venire indagando. Non altro quindi in fine si ha di
certo intorno allo stesso Giorgio, se non che egli, essendo pur cittadino di
Termini, era ivi ancora in vita insino al 17 giugno del 1503, allorché vi
creò un suo procuratore a riscuotere alcun danaro, di eh' egli pietosamente
fé' cessione in prò dell' ospedale di Petralia Sottana, all' uopo specialmente
dell'edificio di esso ('). Dal che soprattutto rilevasi, che in Termini ben
di sovente egli ebbe da fare in sua vita, a cagion forse della pietra di quel
paese, della quale in architettura e scultura allor si faceva grand' uso.
Nulla però fin qui è riuscito raccogliere di memorie intorno all'origine,
alla vita, alle opere ed al valore nell'arte di Antonio Pruni o di Prone, Andrea
di Curso, Jacopo di Sirignano, Antonio di Verri e Stefano di Cascino, scultori
o scarpellini, che pur facean parte del corpo de' marmorai di Palermo, siccome
appare da' più volte cennati capitoli dell'arte del 1487. Si ha soltanto, che
il Prone mori nel 1490, lasciando in fasce un Baldassare suo figlio, parto-
ritogli da Berta sua moglie (2), e che poi anco il Verri era mancato a' vivi
nel 1491, quando il dì ultimo di maggio la sua figliuola Francesca veniva tolta
in isposa da un maestro Ludovico di Lazaro da Sarzana, abitator di Palermo (>).
Risulta in vece, che ivi ancor vivesse Andrea di Curso nel 1508, trovandosi
(!) Eodan (17 giugno VII indiz. 1503X Magister Geo/gius de Milano, civis Thermarum , corani nobis ,
sponte constituit et fecit eius procuratorem <Artalem Caudararu de Titralia inferiori, assertum procuratorati bo-
spitalis diete terre,... ad exigendum , petendum et recuperandum nomine ipsins constituentis a 'Paulo Lo Dino Mi-
riam imam et larenos sex... virtute asserti pubìici contractus facti marni notarli. .. Bentivegna de terra Poltrii etc...
Ouas linciavi imam et tarenos sex dicttis m.r Georgius prò beneficio et servicio anime sue... cessit et ceàit ac dedit
et donacionem de hiis fecit et facit dicto hcspitali diete terre Titralie... ad opus marammatum eiusdem hospitalis, etc.
Da' bastardelli di notar Riccardo Pesce, an. 1503-17, nell'archivio de' notai defunti in Termini Imerese.
( 2 ) Rilevasi ciò da un posteriore strumento d'inventario fra' registri di notar Matteo Fallerà nell'archivio
de' notai defunti in Palermo (an. 1491-92, ind. X, num. 1752, fog. 809 retro a. 811), dove si legge: Eodem
xxviij aprilis x.' ind. 1492. Cam in anno vìi}.' iudictionis proxime preterite magister lAntonius de Prone, mar-
morarius, sicut Domino placuit , mortiiiis et defunctus fuerit ab intestato, relieto et succedente sibi Baldassare in-
fante, eius filio legitimo et naturali, nato ex eo et Perla mme vivente eius uxore, que juxta disposiciouem appro-
batam coiisuetudiuis panhormitane ranansit tutrix dicti pupilli... et dictaru tutelala gessit dum vìduìtatem servavi!;
qua convolata ad secunda vota, desierit esse tutrix, dictante predicta panhormitana consuetudine, ob id fuit per...
regiam curiam positus, creatus et ordinatus tutor dicti pupilli ... nobilis Joanncs Tallini, aromatarius, tenore ceiuìe
recepte penes aria diete curie die etc. E segue l'inventario tutelare da costui fatto, il quale comprende due terze
parti di alcune somme e di vari crediti contro diverse persone, fra cui anche il baron di Cerami , ed altresì
un tenimento di case nel quartiere della Chalcia in Palermo, presso la porta di Polizzi, e parecchi censi.
( i ) In detta data quindi nel registro di notar Giacomo Randisi degli anni 1488-91, ind. VII-IX, num.
11 60 bis, nell'archivio de' notai defunti in Palermo, è il matrimoniale contratto Inter Francissam, pucllam rc-
lictam quondam magistri ^inionii de Verri, civetti Talloniti, Sponsam ex una patte, et magistrum Loàovicutn de
La\aro de Sat\ana, Imbitatorem Panormi, sponsum ex altera.
NEI SECOLI XV E XVI. GAP. II. 65
— *
ne' libri della parrocchia di S. Niccolò la Kalsa parecchie note di battesimi di
suoi figli dal 1500 infino a quell'anno ('). In vece poi di Stellino di Cascino,
nel cui nome fin ora non mi venne fatto altrove d'imbattermi, ho notizia di
un maestro Stefano di Martino, marmoraio, cittadino palermitano, il qual per
pubblico atto in data del 20 aprile del 1475 vendeva e promettea consegnare al
nobil Matteo Pugiades di Girgenti, viceportulano di quel caricatore , come
rilevasi da un atto precedente, una figura sedente in marmo di S. Maria
di Monserrato pel prezzo di once dieci (1. 127.50) (2). Non mi è noto
però se in quella città o in altro luogo la detta statua più esista , né altra
memoria mi è pervenuta dello scultore, se veramente abbia avuto Palermo
per patria o vi abbia ottenuto la naturalità come gli altri. Rilevasi poi,
che carrarese sia stato di origine un Antonio de V anelili , o de Vantila, o
J 'anelli, di cui ultimo apparisce il nome fra quelli de' marmorai ne' men-
tovati capitoli, e che, più volte ricordato dal 1476 al 15 14 in pubblici atti
in Palermo, vi è detto in un luogo di Carrata, e altrove confusamente
di Carracha o di Carraia, certo per error di scrittura in vece che di Car-
rara. Imperocché colà non é affatto dubbia intorno a quel tempo l'esistenza
della famiglia de' Vanelli o Vannelli, scarpellini, de' quali un Francesco dicto
Bello, già di Iacopo Vanelli da Torano , di villa Carrara, ebbe anco da fare
(') Vi leggiamo pertanto ne' diversi quaderni de' seguenti anni: Die xij." julii iiij: imi. (1500). Ter
battimari hi fighi di mastru ^Andiia ài Cuna, gr. x (fog. 45). — Die xvj." (februarii vip. ina. 1503) (1504).
Per battimari hi fighi di mastru <Andria Cinsi, gr. x (fog. 57 retro). — Die x." (juiiii vii].' ini. ijoj). Ter
sepelliri lu fighi di mastru binària tu marmuraru , sepultu in Sanctu Franchiseli, decti canditi rotulu unu seu^a
tigni', tt. ij. — Die xij." mai) xij.' ina. (1508). Ter battimari la fighi di mastru Andria di Cursu, nomine Lamia:
li compari mastru Jo. di Mina et mastru Ansehnu di Quaranta, soni rtLofria di Valenti; tt. <) (fog. 56 retro).
(2) Die xx.° eiusdem (aprile VIII ind. 1475). fMagister Stefanus de Martino , marmorarius , e. p., corani
nobis, sponte vendidit et assignarc promisit nobili Matheo Tuiades de ^Agrigento, presenti et ementi ab co , yma-
vinem imam Sane te Marie de Monserrato de mormora, bene et diligenter laboratam de Ma lapide sibi demostrata,
assectata; et sic asscctata sit allitudinis paimorum quinque absque scannello ; et si plus poterli venire de dicto la-
pide, quod plus facere teneatur; prò predo linciarmi! decem, ìaborata, expedita et posita ad puntimi de suo ma^i-
stério. De quo predo d'ictus magister Stefanus ad instanciam dicti nobilis Mathei presentis est confessus ab eo ha-
buisse et recepisse uncias quatuor per bancum nobilitivi Francisei et Tetri ^Agliata , reiimiciaiis etc. Tj'staiis sibi
dare et solvere promisit, assignata sibi dieta imagine et expedita tutius. Promisit d'ictus venditor eidem emptori
stipulanti dictam imaginem sibi vendiiam, positam ad puntimi ut supra, dare et assiguare eidem emptori in civi-
tatc Panormi per totum menseni julii proxime venturi: alias, non assignando expeditam et positam ad puntimi tu-
tius in termine predicto, sit licitum dicto nobili SCatbco ad eius voluntatem emere aliam ad dapna ci interesse dicti
magistri Stefani prò eo preccio, quod poterli invenire. Que omnia diete parles promiserunt etc. — Testes: noi. Au-
tonius de ciprea et Johannes Corviser.— Dal registro di notar Gabriele Vulpi, an. 1473-75, ind. VII-VIII, num.
1135, nell'archivio de' notai defunti in Palermo.
66 I GAGINI E LA SCULTURA IN SICILIA
fc_
col Buonarroti per esserglisi con altri più volte obbligato a cavargli marmi,
siccome da documenti carraresi apparisce dal 1 5 1 7 al 21 ('_): oltreché poi
più tardi un magister Iacobus olim Angeli Vanclli de Tornino era un de' sin-
dici e camerarii della compagnia del Sacramento in Carrara, giusta un atto
ivi dato a 26 luglio del 1547 (2). Del nostro Antonio intanto, di là ve-
nuto, è prima notizia in Palermo da uno strumento del 29 gennaio IX ind.
1475 (1476), ond' egli riconobbe un' enfiteusi della signora Giovannella di
Ventimiglia, moglie del magnifico Antonio, sopra un terreno in contrada
Ciaculli nell'agro palermitano (3). Poi ne segue memoria in un atto del
20 giugno del 1480, essendosi egli obbligato al nobile Pietro di Trapani
scolpire una certa lapide di marmo con le armi di lui, conforme ad altra già
collocata sulla tomba del defunto Niccolò Diana dentro la chiesa del con-
vento di S. Cita in Palermo (4). Ma meglio che per lavori da semplice scar-
pellino se n' ha più tardi ricordo per qualche cosa di più rilevante, come pro-
babilmente per la sopraddetta custodia in San Niccolò di Nicosia, al cui la-
voro sembra sia stato egli tenuto insieme ad Andrea Mancino, e poi per la de-
corazione in marmo da farsi alla porta della chiesa di San Giovanni di Baida.
Quest'opera gli fu allogata addi 17 di marzo X ind. 1506 (1507) dal canonico
Luca de Marinis, vicario generale dell'arcivescovo di Palermo, in nome e da
parte del prelato medesimo, allor quel Giovanni Paterno, che fu tra' più insi-
gni promotori dell'arte: e lo scultore promise scolpirla in tre mesi pel prezzo
di once trenta (1. 382.50), con dover farvi al di sopra in figure di circa tre
palmi il Crocifisso fra gli apostoli Pietro e Paolo, e sotto quello una mezza
figura di Nostra Donna col figlio in braccio, la qual soltanto non vi ebbe
( 1 ) Vedi Le lettere di Michelangelo Buonarroti, pubblicate coi ricordi ed i contratti artistici per cura
di Gaetano Milanesi. In Firenze, M.DCCC.LXXV, pag. 664, 689, 691, 694.
(2) Campori, Memorie biografiche degli scultori, architetti, pittori ce, nativi di Carrara e di altri luoghi
della provincia di Massa. Modena, 1873, pag. 274.
( 3 ) Tale strumento, per cui magister Anìonius de Vantila de Carraia (sic), scultor, e. />., riconosce la detta
■enfiteusi in un pezzo di terreno in contrata Chacullarum territorii 'Panarmi, trovasi nel registro di num. 11 56
di notar Giacomo Randisi nell'archivio de' notai defunti in Palermo.
(4) Magister Antonius de Vanellu de Carracha (o Carruba) , sculptor, e. p., se obligavit n. Petro de Tra-
pani, e. p.,... scolpire quendam lapidem marmoreum ad modum et formatti illius lapidis , qui affixus est supra fo-
veatn quondam Nicolai de Dyana iutus ecclesiam conventus Sancte Cile Panormi , et in eodem lapide sculpire et
facerc arma dicti Petri. Qui quidem lapis debeat esse bonus, pulcer et albus; prò predo extimando et declorando
per d. Cathcrinam relictam quondam dicti n. ILicolay de Diana, etc. Dagli atti di notar Giacomo Randisi nel-
1' archivio de' notai defunti in Palermo , secondo la notizia comunicatamene dall' egregio barone Raffaele
Starrabba.
NEI SECOLI XV E XVI. GAP. II. 67
indi più luogo ('). Imperocché del resto quella porta con le altre cennate
figure, co' suoi due pilastri elegantemente fregiati e con quattro stemmi del
detto arcivescovo fu nel prefisso tempo fornita e collocata, siccome appari-
sce dall' iscrizione , la quale ancor vi si legge : f ioannes paternionivs
CATINE ORIVNDVS ARCHIEPS. PANORMITA9. M.° V.° VII. INDICION. X. MENSE IVLII.
Ala benché ivi con qualche gusto ed eleganza sieno condotti gli ornati e ve-
dasi nel tutto di quella decorazione prevalere già il buono stile, non si ha
che grettezza e quasi assoluto difetto di espressione e di sentimento nelle
dette figure, ond'é che, a dover giudicare da questa sola opera, che fin ora
ne é nota , par soprattutto siasi distinto il Vanello nell' arte ornamentale e
in nient' altro. Il che pure ha conferma da un'altra memoria, che riman
del medesimo in pubblico strumento dato in Palermo a 23 di giugno del
15 14, ond'egli promise fare ad un Antonino Piccolo della terra di Ficarra un
tabernacolo di marmo bianco con suo sportello dorato per riporvi alcune reli-
quie nella chiesa colà dell'Annunziata, e confessò poi riceverne a 25 di ottobre
once quattordici (1. 178.50) a compimento del prezzo (2). Non ho veduto il
detto tabernacolo, e non so anzi se ancora ivi esista: ma è chiaro ch'esso
sia stato secondario lavoro di quel genere di scultura decorativa, in cui par siasi
quegli a preferenza versato nel lungo esercizio di pressoché quarant' anni
nell'arte, giacché dal 1476 al 15 14, in cui più volte é notizia in Palermo
del suo permanente soggiorno, non appare che alcuna statua o alcun' opera di
primario momento siagli mai stata allogata, né eh' egli n' abbia scolpita (3).
Laonde sembra ch'egli, venuto in vero da Carrara e stabilitosi in Sicilia a ca-
gion del commercio de' marmi sin dalla sua giovinezza, non si sia poscia
( ' ) Vedi fra' "Documenti di quest'opera, num. XV.
(2) xxiij.° junii i/.' ind. 1514. Magister ^Antonius Vanelli, marmo rarità et e. p., corani nobis sponte promi-
sit , se convenit et sollemniter obligavit et obligat no. Anthonino Ticbulo de terra Ficarre, presenti et stipulanti,
facere tabernaculum unum marmoreum de marmore albo et bono, sine venis, cum eius porta deorata, prò ecclesia
Sancie Marie de la ^linciata eiusdem terre, ad opus in eo ponendi certas reliquias, juxta designimi datimi dicto
n. ^Antonino (Manca il restante). Testes: n. Leonardus de 'Rjchardo et Jo. Pichulu. — Dal registro di num. 1928
di notar Giovanni Catania, an. 1 513-14., ind. II, fog. 1523 retro a 1524. Ed havvi pure in margine 1' apoca
dianzi cennata in data del 25 ottobre III ind. 15 14.
(3) Si ha inoltre in vece da un atto di notar Matteo Fallerà in Palermo in data del 16 novembre II
indiz. 1513 (reg. 1772, fog. 202 retro a 204), che ZMagister lAntonius Vanelli, scultor, nec non et Jacobus, eius
filha, etatis annorum xv in xvj, ut dixit et suo monstravit aspectu...., cives felicis urbis Tanhormi,... vendiderunt
nobili Lupo de Torres, pannerio,.... uncias duas annuales censuales , etc. Ed indi presso il notaio medesimo in
data del 20 maggio II ind. 1514 (reg. 1772, fog. 649): Magister Antonius Vanelli, marmorarius, civis pa.,
corata nobis, suo ac nomine et prò parte Jacobi eius filli absentis,.... vendidit magnifico domino ^inthonio de Ray-
68 I GAGIXI E LA SCULTURA IN' SICILIA
mai sollevato tant'oltre dal mestiere di abile scarpellino, come altresì poi ve-
dremo di molti altri Carraresi negli anni appresso, de' quali, oltre alquanti
scultori di non comun merito , si trasferirono in diversi tempi nell' isola
scarpellini in gran numero ad impiegar l'opera loro presso i maggiori mae-
stri. Trovasi anzi più tardi dello stesso cognome di lui un maestro Dome-
nico di Vanello, che come cittadino messinese faceva traffico di marmi in
Messina con gli scultori del tempo nel 1532, e che poscia in qualità di capo
maestro scarpellino in quel duomo dal 1546 al 49 è certo che vi portò
marmi da Carrara per decorar la facciata di esso, in cui per quegli anni ei
soprantese a' lavori (').
Fra tutti però gli artefici, che fermaron soggiorno in Sicilia, esercitandovi
la scultura nella seconda metà del quintodecimo secolo , niuno salì a co-
tanta rinomanza ed ebbe affidate sì rilevanti opere da aver tutto il campo a
dimostrare il suo notevol valore e direi quasi il suo primato nell'arte, sic-
come il lombardo Domenico Gagini. Era egli propriamente nativo di Bissone,
picciol comune sulla sinistra del Ceresio o lago di Lugano, nel cui distretto
or comprendesi nel Cantone Ticino, e par sia provenuto da famiglia di artefici,
laddove, oltre di lui, si ha notizia di un pittore Giovan Francesco Gagini
di Bissone, di cui fa cenno il Nagler aver lavorato ad olio ed a fresco nelle
chiese di Brescia, senza dire in qual tempo, e lasciato dipinti in talune al-
tresì del Piemonte (2). Che tale sia stata la patria di Domenico chiaro a-
desso risulta dal più antico de' pubblici strumenti testé da me rinvenuti in
Palermo sul conto di lui, dov' egli apertamente vien detto di Bissone delle
parti di Lombardia, giacché, da recente venuto, non aveva ancor conseguito la
naturalità del paese, per cui negli atti posteriori generalmente poi venne appel-
lato, com' era costume, cittadino palermitano. Il che ora rende piena ragione
a quanto nel sorger del secolo XVII venne asserito dal trapanese Leonardo
Orlandini, canonico del duomo di Palermo e vicario generale del Marullo
arcivescovo, che il celebre Antonello Gagini, figliuol di Domenico, fosse ap-
naldo militi .... utile àominium sive jus perpetui census tarenorum xxiij , etc. Oltreché poscia agli atti di notar
Gerardo La Rocca in Palermo, in data del io settembre XII indiz. 1523 (reg. 2513, fog. 12-13), ^ un att0
di cessione di dritti di censo in nome di Giangiacomo Vanello, figlio del quondam maestro Antonio, special-
mente per un fondo in contrada della Pietra del Boaro nell'agro palermitano. Ma non sembra del resto, che
il detto figliuolo abbia giammai esercitato l'arte paterna.
( > ) Rilevo ciò da alcune note di pagamenti ne' libri dell' opera del duomo di Messina , le quali in se-
guito curerò dare in luce.
(2) Nagler (G. K.), cKjcucs aJlgemeines Kùnstler-Lexicm. Munchen, 1837, voi. IV, pag. 552.
NEI SECOLI XV E XVI. GAP. II. 69
punto nato da padre lombardo in Palermo, oltreché aggiunse poi l'Auria, che
quest' ultimo « nacque in Lombardia nel lago detto Lucania, da' Latini chia-
« mato Lucanus, e poi volgarmente Lagano (correggi Lugano) ('): » asser-
zione , che a torto Paolo Giudice ed io stimammo infondata e gratuita ,
stando ad un solo documento, in cui Domenico siccome palermitano vien
denotato, e non pensando, che della origine lombarda di lui avea dovuto il
detto Orlandini avere avuto certezza da' suoi stessi nipoti e pronipoti, che
senza fallo in Palermo ci conobbe (2).
Pertanto la prima e più antica notizia, che ivi apparisce del medesimo,
si ha da un atto del 22 di novembre del 1463, ond'egli obbligossi al ma-
gnifico Pietro Speciale, regio milite, signor delle terre di Alcamo e di Ca-
latafìmi e maestro razionale del regno di Sicilia, per la scultura di un gran
monumento sepolcrale in marmo, giusta un disegno di già da lui presen-
tato, qual doveva aver luogo nella cappella gentilizia di quello nella maggior
tribuna della chiesa del convento di San Francesco (>). Il nome di un tal
signore, che fu più volte pretore di Palermo dal 1440 al 70, suona abba-
stanza noto a quanti han pratica delle cose di Sicilia, siccome di un de' più
segnalati soggetti, che sommamente onorarono quell'illustre famiglia Speciale,
ch'era in que' dì nel colmo di suo splendore e opulenza. Di lui fa gran-
dissimo encomio Pietro Ranzano , scrittore contemporaneo (4) , notando
com'egli, figliuolo di quel Niccolò, che per molti anni era stato viceré di
Sicilia nel tempo del re Alfonso e che avea dato mostra di tanto eccellente
ingegno e di tanta prudenza, onde nell'età sua non si trovarono a lui e-
( ' ) Trapani in una brieve descrittione. In Palermo, appresso Gio. Antonio de Franceschi, M.DCV, pa°-. 22.
Auria, // Cugino redivivo. Palermo, 1698, pag. 28.
(2) Vedi la lettera pur dianzi citata di Paolo Giudice Sulla vera patria di T>omenico Gagini, padre del
celebre ^Antonio, inserita nel tomo XXVII delle Effemeridi scientifiche e letterarie per la Sicilia (Palermo, 1839,
pag. 127 e seg.) , e la mia opera Delle belle arti in Sicilia dal sorgere del secolo XV alla fine del XVI (Pa-
lermo, 1864, voi. IV, pag. 35). Leonardo Orlandini intanto, nato in Trapani nel 1552, fu canonico del duomo
palermitano nel 1576, poi vicario generale, esaminatore e giudice sinodale sotto 1' arcivescovo Cesare Ma-
rullo, e fini la sua vita a 13 di settembre del 1618, avendo perciò conosciuto per fermo Giacomo e Vincenzo
Gagini, figliuoli di Antonello e nipoti di Domenico, che molto ancora in quel duomo lavorarono , e poscia
i pronipoti Nibilio e Giuseppe. Vedi Mongitore, 'Bibliotheca Sicilia. P.mormi, MDCCXIV, toni. II , pag. 14.
( 3 ) Vedi fra' 'Documenti nel volume secondo di quest'opera, num. XVI.
(4) Vedi l'opuscolo Delle orìgini e vicende di Palermo di Pietro Ransano e dell' entrata di re ^Alfonso
in 'Napoli; scritture siciliane del secolo XV, pubblicate e illustrate dall' ab. Gioacchino Di Marzo (Palermo,
1864 , pag. 82 e seg.) , ed il medesimo opuscolo del Ranzano in latino, De auctore , primordiis et pregressa
felicis urbis Panormi, nella raccolta di Opuscoli di autori siciliani (Palermo, 1767, tom. IX, pag. 54 e seg.).
I GAGINT L LA SCULTURA IX SICILIA
guali in qualsivoglia genere di virtù in tutta Europa, non fu degenere dai
grandi pregi del padre, siccome quegli, che, oltr'essere di animo forte e di
mansueta natura e gran difensore della patria, era fra' principi siciliani ric-
chissimo e libéralissimo. Sforzavasi egli sempre (segue a dire il Ranzano)
acquistarsi il favore di ognuno non meno per la mansuetudine del suo animo,
che pei grandi benefici in prò del paese e de' cittadini e di tutt'altre genti
dell' isola , onde seguiva che la sua autorità non sol valea sommamente in
Palermo, ma ovunque ancora in Sicilia. Tenendo a lungo da pretore in balìa
di sé solo l'amministrazione della cosa pubblica in patria, vi fu quindi co-
stui gran promotor delle arti , e sotto il suo governo fu iniziato il grande
edificio della corte pretoriana, ossia l'odierno palazzo della città, ed a pub-
blici magazzini, a nuove porte, vie, fonti, muraglie ed a molti e continui
lavori di fortificazione , di utile , di ornamento fu data opera : oltreché a
proprie spese egli ampliò e decorò di molto la sua signorile dimora , e
gittò un magnifico ponte sul fiume a due miglia di Solanto, e beneficò e
popolò mercé l' industria degli zuccheri il vastissimo campo de' Ficarazzi,
da quattro secoli inculto e deserto, ed anco in ispecial modo alla scul-
tura die impulso e sviluppo , ordinando molteplici opere, fra cui quel son-
tuoso sepolcro allogato al Gagini per la chiesa di San Francesco. È certo
anzi altresì dallo stesso Ranzano, che in detta chiesa lo Speciale edificò di
marmi toscani una nobil cappella , ed ebbela con isplendore di artificiosa
opera e di preziosi doni mirabilmente illustrato (') : né altro appar ch'ella
sia stata se non la maggior tribuna o il cappellone della chiesa medesima,
del quale, che da lui venne intitolato al Corpo di Cristo, costa che fu spet-
tanza della sua nobil famiglia. Ivi adunque, essendogli stato rapito da morte
un Niccolò Antonio suo figlio nel fior della giovinezza e delle speranze,
volle Pietro con magnifico monumento onorarne le ceneri e la memoria.
Non è fuor di luogo il credere, che tale opera, per cui fu stabilito nell'atto
il prezzo per que' di rilevante di onze cento in oro (1. 1275), sia stato un
de' principali motivi della venuta in Palermo di Domenico, di cui del resto
non é noto donde propriamente allora ei fosse venuto, e se in Lombardia
od altrove avesse acquistato quell'alto magistero , ond' egli indubitatamente
( ' ) Erexit et etrusco marmore in Divi Franasti tempio ctiam nobile sacellum, quod et operis multo splen-
dore et pretiosis donis mirifice illustravit. Ranzani , De auctore, primonliis et progressu felicis urbis 'Panormi ;
loc. cit., pag. 8.
NEI SECOLI XV E XVI. GAP. II. 71
poi tenne su tutti gli altri scultori il primato dell'arte neh" isola. Notevole
condizione del cennato atto si è quella, onde l'artefice per fare acquisto dei
marmi opportuni al lavoro del monumento fu tenuto egli stesso partir da-
Palermo ed andarne per mare alla volta di Pisa, donde a suo rischio dovè
caricarli e spedirli : il che induce a pensare, che abbia egli dovuto aver qualche
pratica di tai negozi in quelle parti di Toscana , e che affatto ignoto colà
non sia stato il suo nome. In quanto poi al detto monumento, che certo
indi in Palermo da lui fu scolpito e collocato, ben si rileva dal prezzo
cennato di sopra, ch'esser dovette d'una sontuosità non comune : oltreché
da' pochi particolari, che vien dato raccoglierne dall'atto di convenzione,
si ha che sul coperchio della cassa sepolcrale doveva aver luogo una figura,
ed un grand'arco tutto di marmi dovea sollevarsi al di sopra, e che lo scul-
tore , oltre le cose contenute nel disegno , era altresi tenuto scolpire due
busti, uno dello stesso Pietro Speciale e l'altro dell'estinto suo figlio Nic-
colò Antonio, qua' non era ancora deciso se fossero a collocarsi nel mo-
numento, ovvero altrove in detta cappella. Spiace del resto, che il mento-
vato atto non tenga a più precise indicazioni sul conto dell'opera, e quasi
del tutto in vece rimandi al cennato disegno, che l'artefice ne avea fatto in
pergamena e che si tenea dal magnifico commettitore. Né più alcun avanzo
o vestigio si ravvisa oggigiorno del monumento anzidetto , che venne già
infarcito di nuovi ornamenti ne' tempi appresso, giacché il Cannizzaro nella
prima metà del secolo XVII nota esistente in una parete della maggior tri-
buna in San Francesco « un marmoreo sepolcro ornato di oro , stucco e
« pittura da Mariano Smiriglio, ingegnosissimo artista palermitano, col cada-
« vere di Antonio Speciale, figlio di Pietro »; e reca con tre latini distici la
seguente iscrizione, che tuttavia ivi allor si leggeva e ch'era certo la stessa
del sepolcro eseguito colà dal Gagini , denotando che il detto Pietro curò
erigerlo per deporvi le ossa del suo figliuolo :
HIC IACET HEV RAPTVS PRIMIS ANTONIVS ANNIS
CLARVS EQVES; EQVITIS NOBILE GERMEN ERAT.
MAGNANIMI LAVDES ET GRANDIA GESTA PARENTIS
PARENTEM PARITER EXVPERASSET AVVM.
DUMO; PARAT TEDAS, DUM VINCLA IVGALIA CVRAT,
INVIDIT TANTIS LIVIDA PARCA BONIS.
II
1 GAGINT E LA SCULTURA IN SICILIA
NICOLAO ANTONIO VNICO ITLIO EQUITL...
ERVDITO ET BENE DE SE MERITO DVM S...
VISERET MORTE OPPRESSO CLARISSIMVS VIR PETR^
SPECIALIS, ORDINIS EQ.VESTRIS, MAGISTER RATIONALIS
REGNI SICILLE ET CALATAFIMI DOMINVS, HOC MO-
NVMENTVM FACIVNDVM CVRAVIT ( ' )•
Sembra però che quest' ultima iscrizione non più rimanesse al tempo del
Mongitore, il qual soltanto sull'autorità del Cannizzaro la rapporta (2), ma
separatamente da' detti tre distici, che n'erano stati disgiunti e che si vedon
tuttora in un'antica lapide sopra la porta, per cui dal coro si va nel chiostro
contiguo. Perocché quella maggior tribuna o cappellone, il cui padronato
per nozze con un'Isabella Speciale pervenne poscia al nobil Vincenzo Ros-
selli, fu tutto da costui rinnovato e ingrandito nello scorcio del sestodecimo
secolo (>); e poi concorse a manomettervi quanto ancor vi restava di antico
il trasferimento del coro, il quale, essendo prima dinanzi l'altare, ne fu col-
locato al di dietro nel 1627, talché nota altresì il Cannizzaro, che sotto il
detto coro rimaneva il sepolcro di Pietro Speciale , che par ivi era stato
sepolto (4). Laonde gioverebbe attentamente indagare, se nulla più ve ne
esista, e se più rimangano avanzi delle sculture del Gagini da quello del figlio.
( ' ) Cannizzaro, THeligionis Christianac 'Panarmi, pag. 396, fra' manoscritti della Biblioteca Comunale di
Palermo a' segni Q.q E 36.
(2) Mongitore, Le chiese e case de' regolari (di Palermo), parte prima, pag. 491, fra' manoscritti della
Biblioteca anzidetta a' segni Qq E 5.
( ; ) Ne è certezza da quest'altra iscrizione , che ora colà si vede sovrapposta alla più antica lapide coi
riferiti tre distici:
D. O. M.
DIVOQ.UE. FRANCISCO
VINCENTIVS. ROSSELLVS. HOC. PERANTIQVVM. SPECIALORVM
PRINCEPS. SACELLVM. AT. VERO. AD. SACRORVM. CVLTVM
PERANGVSTVM. PERSPECTA. LOCI. DIGNITATE. ET. TANTiE
FAMILLE. MEMORIA. IN. AMPLIOREM. COMMODIOREMQ.VE
FORMAM. RESTITVIT
IN. EOQVE. TVMVLVM. SIBI. ET. CONIVGI
D. ISABELLA. SPECIALLE. POSTERISQ.VE. SINGVLARI
PIETATE. P. ANNO. DNL M.D.LXXXXI.
( l ) Tumuliti vero ipsins 'Pclri sub eboro nuceo, quod intuì dictum sacellum jacet, est. Cannizzaro, ms. cit.,
pag. 49 1-
NEI SECOLI XV E XVI. CAP. II. 73
Ciò poi, che sembra avere relazione col detto monumento allogato a
Domenico, e che indubbiamente è pur da stimare sua opera, è un busto bel-
lissimo in marmo dello stesso magnifico Pietro, che oggi si ammira inca-
strato nella parete al sommo della scala del suo antico palazzo in Palermo,
or posseduto dall'egregio avvocato Giuseppe Mario Puglia, con questa iscri-
zione in una lapide sottostante :
HEC DNM PETRVM SPE
CIALEM SIGNAT YMAGO
ALCAMVS HVNC DNM
ET CALATAFIMIS HABENT
M.CCCC.LXVIIII.
È tale in vero l'eccellenza del lavoro in codesto marmo da non avere ri-
scontro che nelle migliori sculture de' più insigni artefici di quel tempo.
Il volto paffuto ed imberbe di quel magnate di già provetto negli anni rivela
nella sua maestosa tranquilliti la mansuetudine e la somma prudenza di
quell'animo, ond'ei fu tanto riverito ed amato, siccome a tutti benefico
e specialmente alla patria. Sembra ancor li vederlo vivo e parlante in sul-
F ingresso della sua nobil dimora ; e tanta espressione di vita non é che
effetto di una singolare perizia del magistero dell'arte, in cui tutto è ammi-
rabile per la giustezza de' piani e delle linee e per la conformazione delle ossa
e de' muscoli e la morbidità della carne. Vi accresce verità e naturalezza il
signorile berretto sul capo, mentre una ricca collana ne cinge il petto, coperto
questo di giubbone affibbiato dinanzi con bel costume caratteristico: oltreché
ancor notevole per eleganza di stile é nella base del busto un fregio ad ampie
volute con foglie e fiori, su cui quello si posa (l). Domenico Gagini in cotale
opera, ch'è la più bella e preziosa, che di lui fin qui si conosca, mostra eviden-
temente il suo merito superiore a quello di tutti gli altri scultori, che come lui
vennero allora in Sicilia dalla penisola , non esclusi anche i più valorosi
come Pietro di Bontate ed il Laurana, e dà ragione della preferenza, che a
lui fu data sempre nell'arte, e de' più rilevanti lavori affidatigli. Che se si
chieda su qual fondamento sia da stimar di sua mano quel busto, non
dubito affermare, ch'esso sia veramente da credere uno de' due, che, oltre alle
( 1 ) Vedine un disegno nella tavola III di quest'opera.
74
I GAGINI E LA SCULTURA IX SICILIA
sculture comprese nel disegno del monumento dianzi cennato, voleasi che
l'artefice dovesse a di più scolpire, giusta il tenor dell'atto, sia per aggiun-
gerli al monumento medesimo, o porli in altro luogo della cappella, dove
meglio allo Speciale sarebbe piaciuto. Laonde, terminato per avventura il bu-
sto di Pietro e veduto di quanta bellezza e perfezione e simiglianza fosse
riuscito, par che di leggieri abbia potuto stimar quel signore trattenerlo in sua
casa, anziché fuori locarlo. Del che dà conferma il non trovarsi ricordo, che
alcun busto di Pietro Speciale sia mai esistito nella detta tribuna in San
Francesco: ond'è che il Cannizzaro, che ivi afferma ancora esistenti al suo
tempo i sepolcri del padre e del figlio, non dice affatto che busti vi fossero,
ma in vece accenna quello di Pietro all'ingresso della sua casa, riportandone
l'iscrizione già riferita ('). Può darsi intanto, che il busto del figliuolo sia
stato primamente collocato sul suo sepolcro, e che nelle rinnovazioni fattevi
poscia ne sia stato indi tolto ed a lungo altrove serbato , donde capitò in
fine al pubblico museo di Palermo. Imperocché in questo appunto si am-
mira oggigiorno un bellissimo busto di nobile giovinetto in marmo, corri-
spondente per l'epoca, per le dimensioni, per la forma e pel carattere e lo stile
della scultura a quello di Pietro anzidetto, senza che pure affatto si sappia
donde provenga; e quindi, non essendo improbabile, che sia provenuto da San
Francesco e che sia quello scolpito già da Domenico, mi è parso utile produrlo
in disegno in quest'opera (tav. Ili) daccanto all'altro, che ancor per indiretti
ma indubitabili argomenti appar sicura ed evidente opera del Gagini. Non
mancano altronde in fatti fondati indizi a pensare , che in molta vicinanza
allo Speciale per la sua virtù grande nell'arte sia stato sempre il lombardo
scultore, laddove non solamente lo si vede segnato fra' testimoni in un atto
del dì 27 di maggio del 1468, o meglio in una serie di capitoli per la fabbrica
di una torre ordinata dallo Speciale nel suo trappeto a' Ficarazzi (2), ma
trovasi ancor ricordato nel testamento del medesimo in data del 21 di ot-
tobre del 1474, avendo ivi il magnifico testatore disposto, che i marmi, che
erano ancora in potere di maestro Domenico de' Gagini scultore, si pones-
ser nel ponte nuovamente cretto a sue spese e della defunta signora Berta
sua prima moglie fra il feudo del castello di Solanto ed il castello di San
( ' ) Cankizzaro, ms. cit., pag. 396.
C2) Vedi nel capitolo primo di quest'opera, pag. 2\, nota 2.
NEI SECOLI XV E XV!. CAI'. II. 75
Michele (')• Dal che maggiormente confermasi la certezza, che il busto
anzidetto di Pietro non sia che opera di quell' insigne scalpello.
Nel tempo medesimo che pel sepolcro dello Speciale assunse Domenico
un minor lavoro di un fonte da battesimo per la maggior chiesa della terra
di Salemi , siccome è chiaro da un atto dato in Palermo a di primo di-
cembre dello stess'anno 1463 , essendosi egli a tal uopo obbligato ad un
Riccardo di Lancirotto, procuratore della maramma, ossia dell'opera della fab-
brica di detta chiesa, pel total prezzo di once sette (1. 89.25) (2). Il qual fonte
battesimale colà esiste ancora fin oggi in bianco marmo, poggiando su base
quadra e adorna di una corona di foglie di quercia, su cui si erge un fusto
con vaghe scanalature, sormontato di un bel capitello composito, che sostiene
la pila di forma emisferica e scanalata assai vagamente pur essa, recando e-
ziandio in bassorilievo in un picciolo scudo l'effigie di S. Niccolò di Bari,
patrono di quel paese, ed in un altro un' aquila coronata, ch'è probabilmente
lo stemma di Palermo, dove il fonte fu fiuto, oltre quattro testine di serafini.
Né può dubitarsi ch'esso non sia appunto quello, che fu a Domjnico al-
logato , giacché nella pila medesima ricorre in giro l'anno m.cccc.lxiiii in
perfetta corrispondenza al contratto , ond' è a tenerlo in alto pregio ed a
farne oggetto di studio. Che se non vi ha gran fatto sviluppo e perfezione
di forme ne' serafini e nella figuretta del Santo , alla cui esecuzione per
fermo non pose l'artista gran cura in un lavoro cosi secondario, è pur da
ammirarvi nel tutto cotal bellezza ed eleganza di stile , che mostra come
dall'imitazione del classico gran prò risultasse all'arie nel suo rinascimento.
Di ciò poi sorprendente esempio è un bellissimo collo di pozzo in marmo
bianco, ch'era da prima in mezzo alla maggior nave ed ora è nella sacrestia
del duomo in Monte San Giuliano, classicamente fregiato di quattro bei fe-
stoni pendenti da quattro teste di serafini, dando luogo ne' centri ad anfore
elegantissime e con questa epigrafe in fronte: lavs deo m.cccc.lxxiiii. Ma
nulla affatto se ne sa dell'artista, che lo scolpiva, non altrimenti che di chi
(') Item voluit et mandavit idem ma^uificns dominili testator, quod ponantur lapida marmorei, qui sur.t iti
posse magislri "Dominici de Gaginis , scultcris, in ponte noviter hedificato per dicium dominili;/ testate-rem a; suis
pecuniis et quondam magnifice domine Herte , prime uxoris dicti magnifici domini testatoris, sito infra pbeudum
castri Solanti et castrum Santi Michaclìs. Dal mentovato testamento di Pietro Speciale nel registro di num.
n 56 di notar Giacomo Randisi, an. 1474-76, indiz. VIII-IX, fog. 118, nell' archivio de' notai defunti in
Palermo.
(2) Vedi fra' Documenti di quest'opera, num. XVII.
7^ I GAGINI E LA SCULTURA IN SICILIA
fece una pila d'acqua santa, di forma circolare e segnata dell'anno stesso,
ma di molto inferior merito, la qual , recando in fronte in bassorilievo il
Crocifisso fra la Madonna e il Battista, pure colà si vede nella chiesa par-
rocchiale di San Cataldo ('), e parimente un'altra simile pila nel duomo di
Marsala , recando pure l' anno mcccclxxiiii ed uno scudo in bassorilievo
con Nostra Donna della Grotta, sedente con in grembo il bambino dinanzi
a una chiesa sotto cotale invocazione a lei dedicata. De' quali lavori , tutti
dell'anno medesimo, non è diffìcile sia stato autore Domenico, siccome del
fonte di Salemi è sicuro, laddove soprattutto assai noto esser dovette in
quelle parti il suo nome in ragion del favore, ch'egli godea dello Speciale,
signore di Alcamo e di Calatafimi. Non se ne ha però da documenti cer-
tezza alcuna.
Ciò non ostante, dal carattere dello stile e specialmente da quello dei
preziosi bassirilievi , di eh' è storiata la base, indubitatamente stimo da lui
scolpita una pregiatissima statua in marmo di San Giuliano, di bello e gio-
vanile sembiante, tenendo con la destra un libro ed una spada e con la si-
nistra levata un falcone, e avendo dappiè un bel bracco a lui rivolto, da
me pur veduta nella chiesa maggiore in Salemi. Cinque storiette , tre di
fronte e due laterali, di che fregiato è il piedistallo con due teste di serafini
negli angoli, vi rappresentano gli strani casi del Santo, ossia l'inseguimento
del cervo , che prodigiosamente gli parla , predicendogli che avrebbe egli
ucciso di sua mano i suoi genitori , 1' uccisione da lui fatta de' medesimi
nel proprio letto, il suo colloquio con la consorte e le penitenze e i pel-
legrinaggi di entrambi , giusta la leggenda , che fu molto in voga in quel
tempo e che non manca pur oggi di esser tolta ad oggetto di attento
studio (2). Ma quel, che più importa, si è appunto, che tali storie sentono
appunto l'identico stile ed il carattere stesso di scalpello che altre scolpite,
( ' ) Havvi anco un' iscrizione, difficile a leggere perchè molto sciupata dal tempo , della quale così fé'
cenno l'abbate Niccolò Maggiore in alcuni Tricordi archeologici di un viaggio fatto a Gcrgcnlì, Selinunte, Erice
e Segesta nel tomo XLVI del Giornale di sciente, lettere e arti per la Sicilia (Palermo, 1834, pag. 55 e seg.):
« Cluesta iscrizione, che finisce per" quanto mi rammento oint. Tarisi, è in caratteri gotici in un fonte d'ac-
« qua benedetta del secolo XV nella parrocchia di San Cataldo; e il parroco della medesima, affabilissimo e
« cortesissimo uomo, ha il piacere che gli s'interpreti, da che un arcidiacono di Mazzara, sedicente orienta-
li lista, gli avea detto di esser vergata in caratteri siriaci e di contenere il seguente senso: Saffo offre qutSto
« dono a Erice, figlio di Venere //.'» lo vi ho letto evidente il detto anno M.CCCC.LXXIIII.
(2) Vedi San Giuliano V Ospitatore, cenni storici dell'avi: Raffaele Foglietti. Estratto dalla Rassegna
Nazionale, fase. Ili, an. 1879. Firenze, Cellioi, 1879, in 8."
NEI SECOLI XV E XVI. GAP. II. 77
siccome vedremo, da Domenico nel sarcofago di San Gandolfo in Polizzi,
essendovi affatto conformi l'ingenuità del comporre, la delicatezza del sen-
timento e del gusto e l'eleganza e leggiadria dell'eseguire, qua' mostrati le
une e le altre indubbie opere di mano del medesimo artefice. Laonde altresì
da ciò si trae argomento a ravvisare in quel pregevolissimo San Giuliano
1' unica statua, che fin qui possa più probabilmente asserirsi lavoro del primo
de' Gagini in Sicilia, il quale per valore di magistero, per alto sviluppo di forme
e per merito di esecuzione vi appare al suo tempo un de' più insigni maestri,
sulle cui orme soprattutto si levò poi alla somma eccellenza dell'arte l'inar-
rivabile genio di Antonello suo figlio.
Che se intanto dal carattere della scultura, mancando afflitto l'autorità
de' documenti, qualche altra notevole opera voglia sospettarsi da Domenico
in quel torno prodotta , non dubito accennarla nel bellissimo deposito di
Antonio Grignano al Carmine di Marsala. Havvi in fronte alla cassa se-
polcrale un prezioso bassorilievo, alto m. 0,30, figurante la morte di Nostra
Donna con dattorno gli apostoli, mentre dall'alto l'Eterno ne accoglie l'a-
nima in cielo; e vi ricorron da' lati due scudi con le armi di famiglia fra
molto gusto di ornati a fiorami. Sul coperchio poi sopra ricca coltre si vede
supino l'estinto al naturale , adagiato l' imberbe e bellissimo capo su due
guanciali in atto di sonno profondo, fregiato di ricco monile il collo, con
le mani coperte di guanti di ferro ed incrociate sulla vita sopra una spada,
e col fedel cane a' piedi, coperti anch' essi di ferrei calzari. Ponendo per-
tanto in riscontro con le cennate sculture di Polizzi il detto bassorilievo
del Transito di Nostra Donna , e parimente col busto di Pietro Speciale
la parte superiore ed il volto della figura giacente del Grignano, vi appare
innegabile una cotale identità d'arte da quasi apprestar certezza, che non
men delle altre anzidette sicure opere di Domenico sia pur di lui quest'altra
di si ammirabil sepolcro. E questo per fermo venne scolpito in tempo quando
per l'alto pregio de' lavori da lui dinanzi eseguiti, non men che pel favore
accordatogli dallo Speciale medesimo e da simili altri magnati, fruiva egli
in Sicilia della maggiore operosità e dei miglior nome nell' arte , siccome
risulta dall'anno segnato nel seguente epitaffio, che pur vi si legge in fronte :
78 1 GAG1NI E LA SCULTURA IN SICILIA
CLARVS EQ.VES FVERAM DIVES LOCVPLEXQVE PIVSQVE
MARMOREO QVI NVNC CONDOR IN HOC TVMVLO.
MILES AB ALFONSO DVM GERBAS FORTITER ILLE
EXPVGNAT factvs, militis arma tvli.
GRIGNANAQVE DOMO EMERGENS ANTONTVS IPSE,
POST OBITVM VITA IAM MELIORERE (sic) FRVOR
MCCCCLXXV
CAPITANEVS
IN VITA.
Non sol però dall'esercizio dell'arte , in cui su tutti ad eccellenza egli
valse, ma pur da negozi e traffici mercatanteschi, ne' quali apparisce essersi
ancora versato , dovè trarre suo prò il lombardo artefice nel suo novello
soggiorno. Risulta quindi per due pubblici atti del di 21 di giugno del
1468, ch'egli, scultor di Lombardia ed abitator di Talcnno, dichiarava ricevere a
cambio cento ducati da un Francesco di Pasino, ed insiem consegnava al me-
desimo alcuni quintali di zuccheri di qualità diverse, quali egli avea ricevuto
dal magazzino di Pietro del Campo da un Antonio di Fagnano, garzone di
costui (J). Era pur egli il Campo un ricco signor di quel tempo, che non
men dello Speciale promovea la cultura delle cannamele e l' industria allor
si lucrosa degli zuccheri ne' suoi poderi della campagna di Bagheria, dove
ridusse il corso del fiume in un sontuoso acquedotto, ch'ei fece a sue spese
costruire e di cui anche gli rende gran lode il Ranzano , siccome di opera
degna di paragone, a suo credere, con quelle degli antichi Romani (2). Cosi
adunque il Campo che lo Speciale medesimo è facile, che nelle vendite dei
loro prodotti, e specialmente degli zuccheri, siensi sovente avvalsi del lom-
bardo scultore, che per le sue relazioni con l'alta Italia, dond'egli proveniva,
( 1 ) Eodem (21 giugno I indiz. 1468). fMagister Domìnicns de G asini, scultor de Lumbardia, habitator Pa-
llonai, ad instanciam et requisicionem Francisci de Pasino..., sponte et solìemniter confessus est se ab co habuisse
et recepisse ad cambium... valutarum ducatorum centum, etc. — Eodem. M.r Dominicus de Gasini, scultcr de Lutti'
bardia , habitator Panormi,... dedit et assignavit Francisco de Tasino,... presenti et stipulanti, cantarla septem de
miscaticiis in panibus cxx'Aij et cantarla tria .... \uccari unius code in panibus xxxxiiij , que dixit Imbuisse ab
Antonio de Fagliano, juvene in. Petri lu Campo de suo magasemo , etc. — Dal registro di num. 11 34 di notar
Gabriele Vulpi, in un quinterno inseritovi di notar Antonio Aprea, nell'archivio de' notai defunti in Palermo.
(5) Petrus cognomento de Campo aquarum ductum nupcr Jecit, erectis coiiipluribus aninentissiinis visuque mi-
ràbilibui arcubus, quo rivutn perduxit in campani ainplissimum, Bachaream verbo arabico nuncupatum ; opus pro-
fedo adeo nobile, ut non injurid vetustissimi! ejusdem generis romanorum prìncipum operibus, quae in batic diem
spectantur, possit rpponi. Ranzani, T)e auctore, primordiis et progressi! felicis urbis Panormi, nel tomo nono
della raccolta degli Opussoli di autori siciliani. Palermo, 1767, pag. 53 e seg.
Ni 1 SECOLI XV E XVI. GAP. II.
79
e per F attitudine in ciò propria di molti Lombardi in quel tempo, doveva
esser uomo ancor destro nel traffico e trarne molto vantaggio , non meri
che dall' arte. E poi nell'arte stessa, quantunque ci fosse cosi valente nella
scultura, non sembra che solamente a lavorar di scalpello si sia contenuto,
ma che per amor di guadagno siesi bensì esercitato in alcun diverso arti-
ficio, e specialmente in quel de' musaici. Rimari pertanto un ordine viceregio
in data di Palermo a 24 gennaio indiz. V 147 1 (1472), onde il viceré di quel
tempo Lopez Ximenes Durrea dispose il pagamento di once quaranta (1. 510)
in favor di Federico Vitale , cantore della cappella di San Pietro del sacro
regio palazzo della citta stessa, e ciò pirchi la opera di la musiti, chi si fa in
la ditta cappella, e stata data a mastra fDuminicu Cangemi marmuraru per un%i
sissanta (1. 765), /// quali dimanda essiri supplitili di la ditta stimma, ec. ('). Non
dubito intanto, che per un tal marmoraio qui non si debba intender altri
che il Gagini, comunque ancor nel documento originale ne sia travisato in
Cangemi il cognome, che lo è pure altrove diversamente in Caligini, Casini,
Camini, e poscia ancora in Cangiai, Gargino, ^Angagini , Gachino, Jacino, Ja-
chino e simili, giacché nulla era allora più focile che storpiare un cognome,
molto più di conio straniero, quando la correzione e la diligenza non eran
pregi da potere richiedere fra tanta imperizia di scritturali del tempo. Non
vedo però ragione di attribuirgli, come altri fece (2), alcuni cattivi risar-
cimenti di figure negli antichi musaici delle storie di S. Pietro nella detta
real cappella, nella parete dell'ala destra, dove dappiè di due finestre ri-
corron gli stemmi aragonesi, leggendosi in una: ioannes Sicilia rex anno
mcccclx , ed in un' altra : reparatvm fvit m.° cccc°. lxii. Perocché in
vece il primo sicuro ricordo , che si ha fin qui del soggiorno in Palermo
di Domenico, non va al di là del 1463, siccome é chiaro di sopra, e non
affatto risulta dal documento anzidetto del 1472 , né da alcun altro, che
egli colà fosse stato in lavori adoprato undici anni prima (>). Laonde più
( « ) Questo documento, il cui originale oggi esiste nell'Archivio di Stato in Palermo fra' volumi dell'an-
tico ufizio del Protonotaio del regno di Sicilia, trovasi intero in luce al num. CXIV del Tabularium regiae
àc imperi al is Capellae collegiatae 'Divi Petri in regio panormitano palatici. Panormi , M.DCCC.XXXV , pag.
201 e seg.
( 2 ) Vedi il pregevole opuscolo intitolato Notizie dei restauratori delle pitture a musaico della T{.. Cap-
pi Uà Talatina, spigolate ed esposte da Gaetano Riolo. Palermo, 1870, pag. 8 e seg.
( > ) Dalle stesse parole del documento cennato , che la opera di la musia .... è stata data a mastra T>u-
minicu Cangemi marmuraru, sembra potere rilevar chiaro, che non gli era stata affidata se non poco in-
nanzi quel tempo. 12
So I GAGINI E LA SCULTURA IN SICILIA
ragionevol cosa é da tenere, che in vece lavoro di lui sieno state le altre
restaurazioni fatte colà ai musaici dell' ala opposta, e specialmente a quelli
della parete dietro l' ambone , ossia 1' odierno palco dell' organo, dove appa-
riscono ancora in una iscrizione or mutila e guasta il nome dello stesso re
Giovanni e 1' anno 1473. Ma tai lavori, che ivi egli potè aver condotto,
non più esistono affatto oggigiorno, giacché totalmente disparvero a causa
di altri rifacimenti, che quivi di nuovo ebber luogo nel passato secolo e nel
1840; e quindi nulla più resta a poter giudicare del Gagini in tal diverso
esercizio di opere.
Appare inoltre del medesimo anno 1473, che, dovendo il detto artefice
once cinquantaquattro e tari sei (1. 691.05) per resto di maggior somma ad
un maestro Stefano di Cassini, cittadino palermitano (assai probabilmente
lo stesso che il marmoraio Stefano de Caxino, poi mentovato fra' suoi col-
leghi il penultimo ne' capitoli dell'arte nel 1487), costui dichiarò riceverne
once trenta (1. 382.50) per pubblico atto del 24 novembre , e si obbligò
il Gagini di lì a quindici mesi pagargli ancora il restante, con tal condi-
zione , che , se nel detto tempo ei non avesse adempito , s' intenderebbe
da lui donata al creditore una sua casa a solaio nel quartier della Conceria,
in contrada dell' Abbeverai ura, contiguamente a una casa del nobile Antonio
Imperatore da un lato, e dall' altro ad un' altra del medesimo debitore ; la
qual casa (come pur si denota nell'atto) aveva egli comprato da un mae-
stro Salvatore del Pozzo per atto del 30 di aprile del 1468 (*). In data inoltre
(') Eodem (24 novembre VII indiz. 1473). Cam mag.r Tìomiuicus Changini teneatur et debeat magistro
Stefano de Cassini e. p. uucias quìnquaginta quatuor et tarenos vj ex resto unciarum sexagiuta uovem et tare-
norum v, contentarmi et contentorum in qitodam asserto publico contraclu jaclo inter eos in posse tiot. Jacobi de
Coniito, ut dixerunt et confessi fuerunt, prò tanto, die prelituìalo, dictus m.r Stefanus , ad instanciam et requisi-
cionem dicìi magistri Dominici, presentii et slipuìanlis, sponte et soììeinniter confessus est se ab eo babuisse et re-
cepisse tuicias triginta infra solutionem dictarum unciarum ìiiij et tarenorum vj, hoc modo, videlicet: uncias vi-
giliti sex et tarenos xxj per vianus magistri Guillelmi de Pisaris et pio eo per bancum heredum quondam Johan-
nes de Maystro, et uncias tres et tarenos viiij ad complimentimi dictarum unciarum xxx per mautis Geronimi
fkCarcbi, ctc. Promette indi maestro Domenico pagare le rimanenti once ventiquattro e tari sei a maestro
Stefano di li a quindici mesi, a patto, che, non pagando nel corso di tal tempo, in soddisfazione del debito,
dedil, donavi! et haberc concessit .... et assignavit eidem magistro Stefano, presenti et recipienti , domimi imam so-
le: alani cum omnibus suis juvibus et pertinenciis, sitam et positam in quarteria Conciarie , in coutrata ^Abivira-
tiu e, secus domum nobilis Antonii de Imperatore ex una parte, et seeus aliam domum iteti magistri 'Dominici ex
alia;.... quatti domimi dictus magister Domiiiicus cmit a magistro Salvatore Pulci tenore contractus fieli maini
mei infraseripti notar ii die ultimo aprilis prime iud. M.° ecce." lxviij." — Dal registro di num. 1 1 3 5 di notai-
Gabriele Vulpi, an. 1473-75, indiz. VII-VIII, fog. 147 e 148, nell'archivio de' notai defunti in Palermo.
NEI SECOLI XV E XVI. CAP. II. 8 1
del primo di febbraio VII indi/. 1473 (1474) ci diede a pigione a un mae-
stro Giovanni Banco una casa a solaio nel detto quartier della Concerìa,
in mezzo ad altre case ancor di sua pertinenza, siccome nell'atto espressa-
mente si accenna ('). Dal che chiaro risulta, che nello spazio di pochi anni
del suo soggiorno in Palermo aveva già lo scultore avuto il destro di farvi
acquisto di buono stabile, messi a profitto i guadagni, che traeva in copia
dall' arte, essendovi a ragione tenuto primo fra tutti, e non men forse al-
tresì dal commercio. Trovasi anzi alquanto più tardi , in data del 24 set-
tembre del 1477, che il magnifico Rinaldo Sottile, sindaco dell' 'università ossia
del comune di Palermo, col consenso del corpo de' giurati della città stessa,
locò e concedette a maestro Domenico de' Gagini, scultore, cittadino pa-
lermitano , per pigione di once quindici (1. 191.25) annuali, lo spazio di
una viottola (vancìlam imam ohm), da lui già ridotta in casa, nel suddetto
quartier della Concerìa e nella contrada del Tcrcianato, ossia della darsena o
arsenale, contigua alla casa della medesima darsena e ad altre del detto mae-
stro (2). Né mancano altri documenti di vari anni, dov'è sempre contezza
de' suoi possessi in quel sito , siccome un atto del io marzo XI ind.
1477 (1478), pel quale nominò il Gagini suo procuratore un Niccolò di
(') Die primo fébruarii (VII ind. 1473) (1474). M.r Dominicus Changini, mannorarhts, h. P. (habitator
Panormi), preseus corani nobis, sponte locavit et habitare concessit magistro Johanni Banche, presentì et conducenti
ab eo, domimi imam soleratam,.... sitam et positam in quarterio Conciariae ...., in medio aliarum domorum dicti
magistri Dominici, etc. — Dal cit. registro di num. n 35 di notar Gabriele Vulpi , an. 1473-75 > indiz. VII-
VIII, log. 288 retro a 289, nell'archivio de' notai defunti in Palermo.
(2) Die xxiiij.° septembris xf." ind. (1477). Magnificus dominus T{aynaldus de Sitatili, miles, presens corani
nobis tamquam sindicus universitatis feìicis urbis Tanormi , sponte, nomine diete universitatis , cimi consensu in-
frascrìptorum magnificorum juratorum diete urbis , presencium et consencìencium, vidélicet Man/ridi de Laiuuta ,
prioris, Portusolay (Protesilai) de Leophante , Sipionis Subtili , cRjiy mundi de Dyana , OvCathei de Campo et Jo.
Homodei, locavit et babere concessit magistro Dominìco de Gagiuis , scultori, e. pa., presenti et ab co conducenti,
vandlam unam olitu, et modo in domimi reductam per dietimi magistrum 'Dominicum, in quarterio Conciarie, in
contrata Terciauati, secus domum Terciauatus ex una parte et secus demos dicti magistri Dominici ex altera et
alios confines; et hoc durante beneplacito diete universitatis; ad habeudum vid4icet prò loherio tarenorum xv p. g.
prò quolibet anno, computato anno presenti. Ouod loherium predictus couductor dare, promisit diete universitati,
Vie notario ....stipulante prò dieta universitate , quolibet anno infine, incipiendo primam solucionem facere in
fine anni presentis prò dicto anno presenti: promittens predictus dominus sindicus, nomine diete universitatis,
dicto magistro Dominico stipulanti ab co dictani rem locatam , quod, durante dicto beneplacito , ab ornili coutia-
dicente persona legitime defenderet. Sub ypotheca etc. — Testes: nobilis Jo. de %aynaldo, nobilis Franciscus de Far-
falla et magister Tinus de Terinc. — Dal registro di num. 11 58 di notar Giacomo Randisi, an. 1477-81, ind.
XI-XIV, fog. 12, nell'archivio de' notai defunti in Palermo, giusta l'indicazione avutane dal barone Raffaele
Starrabba.
82 I GAGINI li LA SCULTURA IN SICILIA
Prinzivalle a riscuotere la pigione di once quattro (1. 51) di una bottega da
un maestro Giovanni Compagno, catalano ('), e un altro del di 11 agosto
del 1481, ond' egli altresì die in fitto per altrettanta annual somma ad un
maestro Bernardo di Merito lombardo e ad uno Stefano Buero genovese
una sua taverna nel detto quartiere, nella contrada della Bevcratura della ma-
rina (cBìvirature VvCaritime), e proprio dietro di essa (2). Il qual sito a un
di presso dee corrispondere alle case dell' odierna via de' Cassàri, comune-
mente allora appellata de' Marmorai, contigue al vicolo del Terzana e dietro
il moderno palazzo delle Finanze, dove una lapide commemorativa, da poco
tempo apposta, accenna la casa dell'illustre Antonio suo figlio, in cui, sic-
come altronde ben chiaramente apparisce , l' eredità paterna di Domenico
fé' poi naturale passaggio.
Ma delle sculture di costui non rimangon che scarse notizie, giacché,
sebben sia da credere, che molte ancora ne esistano in vari luoghi dell' i-
sola , non si ha certezza a determinare qua' siano , né vai fidarsi ad attri-
buirgliele per semplici impressioni senza sicura scorta di documenti del
tempo. Duol poi soprattutto, che sia totalmente perita, senza che ne ri-
manga vestigio, una delle principali sue opere, al cui lavoro egli attese pel
corso di alquanti anni, qual fu la sontuosa decorazione marmorea della cap-
pella di S. Cristina , allora principal protettrice della città , nel duomo di
Palermo. Notò già il Ranzano nel 1470, che Pietro Speciale, pretore nel
detto anno, avea cominciato ad edificare a sue spese cotal cappella ornatis-
sima , ove anzi destinava venir morendo sepolto (>). Ma in quanto a de-
(') Eodem (io marzo XI ind. 1477) (1478). Magister Dominicus de Gagini, scuìter marmorarius, e. p. ...
spante olimi meliore jure, via et forma, qnibus melius potuit et potesl, constituit, fecit, creavit et solhmniter ordi-
navil siami certuni nuntiuin et procuratorati Nicolauni ile Prinzivalle, apparentem, licet absentem, tamquam pre-
ientem, ad petenium, exhigendum, recipiendum, recuperandum .... uncias quatuor p. g a magistro Joha-iue Con-
pagnu, cerdone catbala.no, prò loherio uuius apothece, ctc. Dal citato registro di num. 11 58 di notar Giacomo
Randisi, an. 1477-81, ind. XI-XIV, fog. 476, nel detto archivio.
(2) 'Die xj." nuisis augusti (XIV ind. 1481). Magister "Dominicus de Gagini, scuìtor marmorarius, corani
me notario et testibus infrascriptis, spoute locavil magistro 'Bernardo de Merito, lombardo, et Stephano "Bueni, ja-
nucusi, preseiilibus et in soUduiu condiiceutibiis, tabernam uuam ipsiits magistri Dominici, sitam et positam in
quarteria Conciariae, in contraili "Bivirature maritimi', pospositam diete invitature, secus apotegam magistri 'Jìap-
tis/e de Pellegrino et alios coufines, anno uno continuo et completo,... prò loherio iiueiaruiii quatuor, etc. Dal cit.
registro di num. 1158 di notar Giacomo Randisi, fog. 1121, nel detto archivio.
(3) Struere sumptu suo coepìl aedeiu ornatissimain in Divae Christiuae s iugular is Panorniitanoriim patronae
honorem; ubi, posteaquam discedei e vita, siiiim corpus marmoreo tumulo sepe/ien Inni iustiluit. Ranzani, loc. cit.
pag- 5 5-
NEI SECOLI XV E XVI. GAP. II. 83
eorarla di marmi e sculture non fu provveduto che cinque anni più tardi,
quando la fabbrica ne era del tutto compiuta ; e ne furori fatte le spese in
parte dall' arcivescovo Paolo Visconti, che destinò a tal uopo una somma in
sua morte, e in parte dalla maramma del duomo stesso. Laonde il di primo
di marzo Vili indi/. 1474 (1475) Domenico Gagini per pubblico strumento
obblìgavasi al nobile Niccolò di Bologna, espressamente a ciò destinato dal
detto arcivescovo , dal pretore Antonio di Mastrantonio e da' giurati e dal
sindaco della città, costruire di bianchi marmi una certa opera nella cappella
anzidetta nel duomo, conforme al disegno da lui datone innanzi, e lavo-
rarvi e farvi lavorar di continuo, talché tutto il lavoro fosse compiuto il di
24 di luglio dello stcss'anno per potersi deporre il corpo di S. Cristina in
essa cappella; e ciò pel prezzo, che verrebbe stimata la detta opera dal me-
desimo Antonio di Mastrantonio, signore di Castrogiovanni, e da Pietro del
Campo, signore di Mussomeli; del qual prezzo prometteva il Bologna pa-
gare allo scultore once quarantacinque (1. 573.75) da parte dell'arcivescovo,
e il nobile Giovanni di Riggio tutto il restante, come preposito della detta
maramma (^.Apparisce di fatti, che il 17 di maggio del 1475 avea ricevuto
il Gagini dal Bologna la massima parte della cennata somma per conto del-
l' arcivescovo stesso di già defunto : ma 1' opera poi sembra non sia stata
finita del tutto se non di lì ad altri due anni. Perocché, essendo intanto pur
morto il Mastrantonio, che giusta la convenzione dovea col Campo apprez-
zarla, troviam che da costui solo fu valutata per onze ccncinquanta (1. 1912.50)
addi 26 di agosto del 1477, del qual prezzo indi l'artefice si dichiarò sod-
disfatto a 26 del seguente febbraio (2). Da ciò risulta evidente, che il la-
voro, cui egli si era obbligato tre anni innanzi, fu allor totalmente fornito :
ma non è chiaro altrettanto poter definire qual fosse. Credo nondimeno
doversi per esso intendere la decorazione interna della cappella medesima, di
cui fa cenno il Mongitore, che le inferiori pareti erano rivestite di bianchi
marmi (3). Però è certezza, che sette anni più tardi, nel 1484, ivi erano
( 1 ) Vedi fra' T)oaiiiieiiti di quest'opera al num. XVIII.
(2) Rilevasi ciò da alcuni atti posteriori, aggiunti in margine a quel principale strumento del i.° di marzo
del 1475 e cne van pubblicati con esso.
(>) Mongitore, La cattedrale di 'Palermo, cap. XXXIX, pag. 331; ms. della Biblioteca Comunale pa-
lermitana a' segni Qq E 3. Ma, trattando ivi egli della detta cappella di S. Cristina, ne lascia in più luoghi
la descrizione in sospeso e manca di molti rilevanti particolari, che non ebbe poi tempo di aggiungere.
84 1 GAGINI E LA SCULTURA IN SICILIA
ancora a farsi altri importanti lavori di scultura , ossia certa opera marmoria
in ìa cappello, di Sancta Cristina in la ma/uri ecclesia di quista citati , per cui
con altri era il Gagini garante di Giorgio il Lombardo , scultore , che princi-
palmente si era obbligato scolpirla : ond'è che, inattesamente partitosi costui
da Palermo per sue faccende in altri luoghi dell'isola, fu ingiunto in vece
a Domenico curasse al più presto con suoi maestri e lavoranti compir
quell'opera; del che querelatosi egli al viceré , ne venne fuori quell'ordine
viceregio, di sopra già riferito, in data del 12 di maggio del detto anno,
con che fu provveduto perchè fosse preso in Cefalù o in qualunque altro
luogo del regno il contumace Giorgio, e di li portato in Palermo (J). Di
ciò fu dinanzi discorso , trattando di tale scultore , che pur fu inteso col
nome di Giorgio di Milano: ma ignorasi del tutto s'ei poscia avesse adem-
piuto i suoi impegni nell'esecuzion di quella nuova opera, o se avesse do-
vuto Domenico prendervi parte a fornirla; né pur si sa propriamente in che
essa sia consistita. Nasce sospetto, che abbia potuto esser quell' arco este-
riore di detta cappella, dall'imo al sommo tutto ornato di marmi, che dice
l'Amato scolpiti nel 1496 da Antonio Gagini, il sommo figliuol di Domenico,
ma senz'altro argomento che l'infondata autorità del Baronio e dell'Auria (2).
Laonde, se non si voglia tenere che Antonio vi avesse lavorato nella sua prima
giovinezza a diciotto anni, è probabil che quello sia stato in vece un anteriore
lavoro, o di suo padre, di cui altronde è certo, che altra notevole decora-
zione di marmi avea colà primamente condotto , ovver di Giorgio poco fa
mentovato. Ma non vai lambiccarsi tanto il cervello a rintracciar nude me-
morie di opere, che sciaguratamente più non esistono, giacché l'anzidetta cap-
pella di S. Cristina con tutti i suoi preziosi ornamenti di marmi, musaici e di-
pinti, di che immensa ricchezza vi fu in vari tempi profusa dal secolo XV
al XVII, andò poi totalmente distrutta nel declinar del seguente , grazie al
detestabile genio di Ferdinando Fuga fiorentino , architetto della corte di
Xapoli , autore del più stolto e vandalico rinnovamento del duomo paler-
mitano. Solo qui in fine giova dar luogo a pensare, che delle cennate de-
corazioni marmoree di tal cappella abbia potuto far parte una mezza figura
( 1 ) Vedi fra' 'Documenti di quest'opera, num. XI bis.
(2) Baroxio, "De maicstate panormitana (Panormi, M.DC.XXX, lib. Ili, pag. 103); Auria, Historia cro-
nologica dilli signori viceré di Sicilia, ce. (Palermo, 1697, pag. 260); Amato, De principe tempio panormitano
(Panomii, MDCCXXVIII, lib. IX, cap. Ili, Pag. 258).
NEI SECOLI XV E XVI. CAP. II. 85
pregevolissima di detta Santa al naturale, con una palma nella destra ed un
libro nella sinistra, qual vedesi oggi in serbo con altri avanzi di prediate
sculture, scampate a si grande mina, nel sotterraneo di quel duomo: lavoro
per fermo di bravo scultore quattrocentista, siccome appar dallo stile, e che
ben quindi è da attribuire assai probabilmente a Domenico, di cui spe-
cialmente rivela il fare e il carattere in riscontro alle altre sue opere. E di
lui ancora per avventura sono da credere due belle statuette di mezzana
grandezza in piedi, che pur ivi rimangono, l' una figurante una santa ver-
gine, che propriamente non si discerne qual sia, e l'altra bensì un ignoto
Santo, mutila afflitto del capo, ma entrambe di molta bellezza e sviluppo per
l'ammirabil modo, con cui sono condotte. Non è quindi improbabile, che
con la lodata mezza figura della titolare siano appartenute pur esse alla men-
tovata cappella, prodotte ancora da quel riputato maestro. Stimo però al con-
trario non esser cosa di lui due altre minori statuine di una S. Agata e di
una S. Ninfa, che ivi del pari si vedono, e che, se pure appartennero alla
cappella istessa, non furon che opera di allievi od aiuti di quello , siccome
per l'inferiorità ed imperfezione dell' arte vi é manifesto.
Delle molte sculture, che certo poi per l'alto suo merito e rinomanza
furon commesse a Domenico Gagini e eh' ci far dovette per varie citta e
luoghi dell' isola, soltanto un'altra sola fin ora per documento si riconosce,
di cui , benché scomposta e danneggiata , esiston notevoli avanzi , cioè
un'arca marmorea , fatta a contener le reliquie del corpo di San Gandolfo
nella chiesa maggiore in Polizzi. Si ha pertanto, che per contratto in notar
Giovanni Perdicaro di detta terra addì 11 di aprile del 1482 si obbligò lo
scultore ai giurati di essa ed a Matteo de Machono , procuratore della cap-
pella di quel Santo , pel lavoro di una custodia marmorea da contenere il
corpo del medesimo, giusta diverse condizioni all'uopo colà stabilite. Doveva
esser quella scolpita in ottimo marmo, lucido, bianco e perfetto, alta tredici
palmi (m.3.35) e sei larga (m. 1.55), con una figura di San Gandolfo giacente
in aspetto di morto, e nella base i dodici apostoli con in mezzo Nostra Donna
della Pietà in figurine alte un palmo ed un quarto , oltre anco tre serafini
in mezzano rilievo, giusta un disegno dall' artefice già consegnato. Le rivolte
di essa dovevano inoltre da ogni banda essere adorne di sculture di al-
tre immagini, secondo il detto disegno : il tutto pel prezzo di once trenta
(1. 382.50), con patto altresì che il Gagini dovesse di persona recarsi in
86 I GAGINI E LA SCULTURA IN SICILIA
Polizzi a collocarvi la custodia non appena fosse compiuta , ed il procura-
tore pagargli altre due once (1. 25.50), oltre il prezzo anzidetto. Fu essa in
fatti assai maestrevolmente eseguita, ed ebbe luogo da prima in particolare-
cappella dal lato sinistro della chiesa , racchiusovi il corpo del Santo. Ma
non passò guari, che, parso più proprio alla fervida pietà de' fedeli riporre
quello in un'arca di argento, fu questa lavorata con molta ricchezza in getto
dall'argentiere Andrea Di Leo nel 1549, e tosto adoprata a quell'uso, come
fin oggi : ond' é, che, vuota rimasta la custodia di marmo, non ebbe più essa
alcuna importanza agli occhi di gente ignara de' singolari pregi dell' arte,
e quindi a tal si pervenne, che, scompostala affatto e rimossala dalla chiesa,
ne furon qua e là disperse le preziose sculture , altre mal collocate , altre
perdute del tutto. Il maggior marmo con la figura distesavi sopra del Santo
e con pregevolissime storiette al di sotto , quale formava un di la parte
principale del davanti della custodia, trovavasi poi nel settembre del 1839
attaccato al muro dell'atrio esterno della madrice di Polizzi, dove destò la
attenzione di quel preclaro ingegno di Paolo Giudice , il qual , giovine al-
lora, ne die primo notizia in due sue lettere date in luce (:), allegando il con-
tratto, che il chiariva scolpito dal Gagini, ma pur cadendo in abbaglio in-
torno alla patria del medesimo, che ivi per l'acquistata cittadinanza era già
detto palermitano (2). Testé però con savio consiglio (secondo che aveva
anche allor suggerito il lodato Giudice) quel prezioso avanzo iu collocato
in fronte all'altare dell'odierna cappella di San Gandolfo dentro la chiesa,
dove io pure lo vidi. È un marmo lungo m. 143, alto m. 0.65, in cui
(com'erasi già convenuto dallo scultore) si vede il santo frate effigiato da
( ' ) Sopra 'Domenico Gagini, scultore siciliano: lettere I e li di Paolo Giudice a Saverio Cavallari, nelle
Effemeridi scientifiche e. letterarie per la Sicilia (Palermo, 1839-40, tomo XXVII, pag. 127-130, e tomo XXXI,
pag. 19-23)-
( 2 ) Vide egli allora nell' archivio de' notai defunti in Polizzi 1' originale di tale strumento, che ancora
vi esisteva, e ne trascrisse un brandello, dove leggevasi: Mag.r Domiuieus de Gagini, Panormilanus, se obligat
facci e dictam custodiam ita quoti sit iu tot uni istoriata cu 1' islorii in rilevu , ju.xta ìu disiguo ab ipso magistro
Dominico de Gagini presentata a li magnifici signuri jurati et a fhCfltteo de Machono, procuraturi di la cappella
di S. Gandol/u, ce. Recatomi però io poscia in Polizzi con 1' idea di trascrivere intero si pregevole docu-
mento, non più vi rinvenni nel mentovato archivio il volume degli atti dell'anno XV ind. 1481-82 di notar
Giovanni Perdicaro, dov'esso si contenea, e che sciaguratamente è da tenere smarrito. Laonde mi fu d'uopo
limitarmi a ricavare notizia de' particolari del medesimo, riferiti pocanzi di sopra, da quanto precedentemente
ne aveva attinto, oltre il Giudice, un frate Gioacchino Di Giovanni, cronista del passato secolo, il quale ne
dà ragguaglio nel primo volume di una sua opera manoscritta di Memorie di Polipi, colà esistente, a fog. 54.
NEI SECOLI XV E XVI. GAP. II. 87
estinto, poco minore del vero , col capo coperto di cappuccio ed adagiato
su guanciali e con le mani incrociate sulla vita con un libro segnato di
croce (J). Egli è disteso supino sopra una coltre, che cade sul fronte della
custodia quasi a coprirla, dando luogo a tre storiette bellissime in bassorilievo,
dell'altezza di m. 0.20, con due teste di serafini intermedie e due negli estremi.
Ycdesi in una di quelle il Santo sul pulpito in chiesa predicando , mentre
molte donne sedute e vari uomini in piedi lo ascoltano, con un bel fondo
di quattro archi della prospettiva interna del tempio : in altra in mezzo la
processione dell'arca del sacro corpo, condotta dal popolo , con molti, che
precedono recando ceri e dando fiato alle trombe ; e nella terza la tomba
di San Gandolfo, cui son più da presso ginocchioni uno storpio con le sue
grucce e un altro infermo per ottenerne salute, mentre altri vi stan da' lati
e dattorno, venerando in piissimi atti. Cotali storie (come ancor fu da altri
osservato) son veramente la cosa migliore dell' opera , e vi ha un movi-
mento, una vita , una passione, un insieme , un sì giusto concepimento di
piani ed una tal naturalezza ed ingenuità del comporre da mostrare in Do-
menico una particolare attitudine a cosi fatti lavori in rilievo, toccati con tanta
maestria e con si franco e vivace scalpello. Ciò stesso si rileva da un altro
marmo della lunghezza di m. 1.36, ed alto m. 0.29, mutilo avanzo della
base della custodia, recando in mezzo la Vergine de' dolori di faccia a! Cristo
soffrente ed in fila da' lati alcuni apostoli ed altri Santi in figurine di de-
licato lavoro , piene di sacra espressione e di sentimento : il qual marmo,
che fu già tratto dal Giudice medesimo d' in mezzo alle macerie di varie
antiche sculture, é ora posto a disagio in una parete del detto atrio della
chiesa insieme ad alcuni resti di altre storie già mentovate, che appartene-
vano all'altra distrutta custodia del Corpo di Cristo; ed è facil distinguerlo
per superiorità di stile su quelle. Né poco notabile del resto appare il merito
dello scultore nell'indicata principale figura giacente di San Gandolfo , nel
cui senile aspetto la santità é sì bella e veneranda neh" immobilità della
morte. L'arte ivi anche nelle dimensioni quasi del vero si mostra già per-
venuta a grande sviluppo della forma, e poco manca alla sua maggiore ec-
cellenza. Vedi in quel volto il tocco di un de' migliori quattrocentisti per
la regolarità de' piani, per la morbidità della carne, per la naturalezza della
barba e più per l'effetto di un'espressione sommamente religiosa e piissima,
( ' ) Vedine il disegno nella tavola IV di quest'opera.
88 I GAGINl E LA SCULTURA IN SICILIA
nata da profondo ed esquisito sentir della fede. Le estremità son condotte
con cura e delicatezza , meglio che in tanti altri lavori de' contemporanei,
e rivelan non meno che il progressivo avanzarsi dell'arte la perizia ed il
magistero sapiente dello scultore. Le pieghe della tunica son semplici e
naturali, benché poco leggiadre in ragion della stessa natura del soggetto,
qual si è di un cadavere composto su di una bara : eppur vi sono schivati
que' tagli duri ed angolosi, in che per manco di maggiore eleganza e per-
fezione ancor si cadeva generalmente in quel tempo. L'esecuzione in somma
ne è in ogni parte ammirabile, e ben da ciò fu detto esser dato conoscere
senza equivoco , che l'artista movesse felicemente a superar sempre più gli
ostacoli al conseguimento dell'alto scopo dell'arte , facendo costante sforzo
a vincere le difficoltà del marmo e far disparire la rigida freddezza della
pietra per sostituirvi il pensiero e la vita : ciò, che poi compiutamente rag-
giunse l' inarrivabile genio di Antonello suo figlio, di cui egli potè dirsi il
precursore più degno.
Di altre sculture di Domenico non è contezza, benché molte io tengo
n'esistano in Sicilia di statue, sarcofagi, fonti ed ornati di ogni genere, che
in molti luoghi ammiriamo ben di sovente ed in cui par di vedere il suo stile,
ma che niuno ardisce attribuirgli senz'altro indizio o memoria. Pure, se mi
si voglia far lecito ch'io entri alquanto nel campo del probabile, dirò che
a lui, oltre la decorazione marmorea della cappella di S. Cristina or di-
strutta, fu facile sieno stati allogati altri importanti lavori nel duomo di Pa-
lermo , e specialmente quello di una delle due pregevolissime pile d' acqua
santa, ch'é indubbia opera del secolo XV. A questa, che con la sua miglior
parte di ornamenti aderisce a un pilastro dell' arco della gran nave il più
vicino alla porta del destro lato del tempio, fu indi aggiunta compagna dal
lato opposto un' altra pila di egual disegno e parimente bellissima , fatta
scolpire a siciliani scultori della scuola del sommo Antonello ne' tempi ap-
presso : ma poi dagli stolti innovatori del detto duomo furon per igno-
ranza e trascuratezza mutate di luogo le due pile, scambiatene le rispettive
spalliere co' sovrastanti cupolini di marmo. Del che si avvede chiunque non
é si privo d' intelletto a discernere la diversità dello stile del quattrocento
e del cinquecento nelle sculture, come fu il buon gesuita Giovanni Amato,
ch'entrambe quelle pile attribuì ad Antonio Gagini ('). Ma ciò, che giova
( ') 'Dt- principe tempio panonnitano. Panormi, MDCCXXVIII, lib. VI, cip. V, pag. 122.
NEI SECOLI XV E XVI. CAP. II. 89
singolarmente far rilevare nella più antica di esse, è quella forma nuova ed
elegantissima di congegno (qual poi fu imitata nell'altra), per cui sulla detta
pila, dappiè sorretta da una mensola formata dal gruppo di tre angioletti in
piedi, fu dato luogo in fondo a quella spalliera ornatissima, tutta scolpita al di
dentro di preziosi rilievi di storie, su cui si erge al di sopra quel cupolino
di vago stile, o come dicevasi allora cappello, sormontato nel centro da una
svelta stamina del Gabriele ('). L'aspetto di tale opera sembra aver molto ri-
scontro con vari lavori ornamentali, onde, fu cosi ricca l'arte lombarda in
quel tempo; e poi nello stile generalmente delle sculture di essa, ed in i-
special modo delle due leggiadrissime storie, che vi fan precipuo decoro, pare
veder senza fallo la stessa mano, che scolpi quelle dell'arca di San Gandolfo
in Polizzi. È in una figurato il battesimo di Gesù nel Giordano da Gio-
vanni, con vari leggiadri angeli ginocchione daccanto in diversi piani, gra-
datamente scolpiti dal mezzo al più basso rilievo. Nell'altra sovrastante e più
ampia sta espressa in una composizione di molte figure e con un fondo
di prospettiva dell'esterno di una grande basilica e di altri sontuosi edifici
la sacra annual cerimonia della benedizione del fonte battesimale , fatta da
un prelato col suo clero in presenza di un regal principe e di una regina,
qua' non é facile poter chiarire chi siano, e che si avanzano in piedi con
molto seguito di magnati e di lor corte, fra cui ancor due fanciulli, mentre
dal lato opposto di dietro al vescovo sono altri astanti del popolo, che ter-
minano con un bel gruppo di tre femine genuflesse (2). Vi ricorron nel tutto
sì grandi pregi di verità e naturalezza, di accorgimento e gusto ammirabile
del comporre , di espressione giusta , sentita , profonda in tanta purità di
contorni ed incomparabile grazia di forme , quali da ogni parte si rivelano
nell'esecuzione più delicata e perfetta, che nulla per vero è da invidiare in
quest'opera alle stupende sculture contemporanee de' grandissimi Fiorentini.
Da ciò parve a taluno (3), che fosse da attribuir quella pila a Donatello,
comunque costui non fosse giammai venuto in Sicilia , e non sia noto
ne pure al Vasari , che mai alcuna sua opera egli vi abbia trasmessa. Né
pensavasi in vece a cosa assai più probabile e più consentanea al vero ,
(•) Dell'insieme del congegno di detta più antica pila d'acqua santa può ben rilevarsi un'idea dall'altra
posteriore e conforme, della quale si reca un disegno fra le seguenti tavole di quest' opera.
(2) Di tal composizione pregevolissima vedi un disegno nella tavola IV bis di quest'opera.
(5) Gallo, Elogio storico di Antonio Gagini. Palermo, 1821, pag. 24.
90 1 GAGINI li LA SCULTURA IX SICILIA
che quella fosse uscita di mano di quel lombardo Domenico , che nella
seconda metà del quattrocento non ebbe pari neh' isola per merito insigne
di scultore, e di cui altri lavori esistenti, siccome quei di Polizzi , recano
simiglianza non poca di stile e quasi un tocco medesimo di scalpello , e
che avca ben potuto appunto avere appreso tanta eccellenza di magistero
dell'arte da' fiorentini maestri, da' quali colà traspare il carattere della scuola.
Che se nulla si sa di certo dell'origine della pila anzidetta , chiaro in essa
risulta dall'arte, che sia indubitato lavoro del tempo, in che quel primo dei
Gagini godeva in Palermo ed altrove in Sicilia il maggior grado di rino-
manza nella scultura, siccome quello, che per eccellenza di merito e forse
ancora per anzianità di esercizio dell'arte era primo fra tutti: ond' è che a 18
di settembre del 1487 vedesi aver preso luogo il suo nome a capo dell'elenco
de' marmorai o scultori, premesso a' capitoli della loro corporazione o mae-
stranza, che si era allor primamente costituita. Ne trovasi altronde fra costoro
altro artefice di tanto merito e di tanta perfezione di scalpello, che, tranne
il Gagini, abbia potuto sì egregiamente aver fornito quell'opera , laddove
non era più allora e non apparisce in quell'elenco il valoroso scultore Fran-
cesco Laurana, che solo forse avrebbe conteso a quello così esclusiva pre-
minenza nell'arte, e non si vede affatto degli altri , che si sien mai elevati
tant'alto. Perlochè non sarà senza ragione l'attribuire al suddetto, da cui fu
pure scolpito il fonte battesimale di Salemi, quegli altri più segnalati lavori
di simil genere , che pure han molta corrispondenza di stile con altre sue
opere e de' quali egli solo apparisce degno in quel tempo ; e forse verrà
giorno quando l'autorità de' documenti contemporanei potrà mutare l'opi-
nione in certezza (')•
Per le stesse ragioni ed altre, che giova in proposito aggiungere, stimo
sia inoltre con alcun fondamento da attribuire a Domenico Gagini il Soli-
ta ■ ) Un'altra più piccola pila d'acqua santa, di egual forma e congegno, ma inferiore di molto per merito
di lavoro, si vede intanto nella chiesa dell'Annunziata di Trapani, essendo a guisa di conchiglia, dappiè so-
stenuta da tre puttini in rilievo, mentre nella spalliera vi è pure figurato il battesimo del Nazareno con an-
geli, e 'di sopra è una nave, che a vele spiegate solca tranquilla le onde. In cima del cupolino sovrastante
ricorre poi di tutto tondo la figura dell'angelo, che reca in mano lo scritto AVE MARIA, laddove due altri
angioletti , posti al di sotto da' due lati a sostegno , recati divise le seguenti parole del saluto di Gabriele:
GRATI A PLENA. In una cornice in fine vi si legge: NAVTE DREPANITANI COMVNI SVMPTO HOC
CONSTITVERVNT (sic); e nel bassorilievo della nave anzidetta ricorre l'anno M. CCCC. LXXXVI, Ma
non è dato fin ora conoscerne lo scultore.
NEI SECOLI XV E XVI. GAP. il. 91
tuoso lavoro, fatto per fermo in quel tempo, del deposito del vescovo Gio-
vanni Montaperto, morto a 25 di ottobre del 1485, nel duomo di Ma/ara.
Costui, nato in Girgenti da Giovan Gaspare, barone di RafTadali, e da Gio-
vanna Abbatelli, de' conti di Cammarata, eletto vescovo mazarese nel 1470,
non men per dottrina e per amore agli studi, che per pietà e liberalità di
animo, spiccò fra' più insigni prelati siciliani del suo secolo. Perloché non
solo egli curò rifar tutta a nuovo nel 1477 ^ facciata della sua chiesa, ma que-
sta poi anche arricchì di un'intera biblioteca di codici greci e latini, dispo-
stala in un' amplissima sala, su cui corrispondevane un'altra pel tesoro, da
lui pure fondata , per conservarvi gli arazzi di gran valore , i vasellami di
argento e le preziosità di ogni genere, di che a quella profusamente ei fé' la-
scio (')• Essendo stata intanto da lui nobilmente adorna nel duomo stesso
una cappella di S. Maria del Soccorso, di cui rimane una pregevole statua
in marmo fino a' di nostri, quivi fu egli morendo sepolto in un sontuoso
deposito, che per ricchezza e magnificenza di lavoro ben ebbe da corrispon-
dere all'insigne nome di lui. Nulla di certo in vero si ha intorno all' artista,
che vi fu adoperato: ma dal carattere delle sculture, che or ne rimangono,
sembra evidente non altri essere stato se non Domenico per molta corri-
spondenza e medesimezza con altre sicure opere di sua mano. È da cre-
dere inoltre , che nel 1485 strette relazioni di già esistessero fra' Monta-
perto e gli Speciale, giacche si ha, che non molto di poi un'Eleonora Spe-
ciale , ultimo rampollo di sua illustre famiglia , sposatasi a Pietro Monta-
perto e Valguarnera, molto trasmise del patrimonio avito in casa de' Monta-
perto. Laonde, essendo certo per altro, che pel favore dinanzi accordatogli
da Pietro Speciale e per le notevoli opere fatte era Domenico a tutt' altri
scultori nella casa di lui preferito, sembra probabile , che da ciò abbia egli
potuto altresì venire introdotto appo i Montaperto, quando trattossi di por
mano al lavoro del monumento dell' esimio prelato. Checché però ne sia
di tale opera, che ne' posteriori rinnovamenti o deturpamenti del duomo
mazarese fu tolta dal suo primitivo sito e vandalicamente scomposta, ne resta
or per fortuna 1' arca sepolcrale bellissima in bianco marmo, incastrata in
una delle laterali pareti della prima cappella a destra, entrando in quel tem-
pio dalla porta maggiore. Vi si vedono in fronte scolpite in mezzano ri-
(*) Pixai, Sicilia sacra. Panormi, MDCCXXXHI, tomo II, pag. 852.
C)2 I GAGINI E LA SCULTURA IN SICILIA
lievo sette mezze figurine di sommo pregio, alte m. 0,30, cioè nel centro
un Cristo in passione, sporgente a mezza vita fuor dell'avello, com'era al-
lora costume rappresentarlo, ricorrendovi a destra la Madre Addolorata, il
Battista e non so qual santo guerriero con una spada ed un globo in mano,
ed a manca S. Pietro, S. Gerlando, vescovo di Girgenti, e S. Michele Ar-
cangelo con le bilance ed un globo nella sinistra e un' asta nella destra ,
figgendola in bocca al dragone. Seguon dall'una e dall'altra banda due or-
nati, che sentono il primo sviluppo e il carattere del gaginesco stile, ed ai
due angoli dell'arca due scudi con le armi de' Montape/to: oltreché poi sul
coperchio si vede supina al naturale sopra una coltre l'effigie del morto ve-
scovo in pontificali divise , con le braccia incrociate sulla vita e con mitra
in testa , poggiata su due guanciali assai riccamente adorni , mentre sul
dinanzi della figura nella detta coltre si legge: a.0 dni. m.° ecce.0 lxxxv.0; e
nella frangia della coltre medesima in una striscia l'epitaffio seguente:
ANTISTES FVERAM CLARA SELINVNTOS IN VRBE:
AST AGRAGAS PATRIE EST NOMEN HONORQVE ME.E.
NOMINE ME CVNCTI WLGO DIXERE IOANNEM
ET MIHI COGNOMEN MONS ADAPERTVS ERAT.
HOC TANDEM 1VSSI VIVENS HJEC OSSA SEPVLCHRO
CONDÌ: MARMOREA H.EC STAT BREVIS ARCA MIHI.
Ponendo intanto in riscontro così finte sculture della cassa sepolcrale del
Montaperto con quelle dell' altra anzidetta di San Gandolfo in Polizzi, che
è autentica opera di Domenico Gagini, non si può a meno, a mio credere,
di scorgervi l' arte stessa ed indubbiamente affermarle dello stesso scal-
pello. E del pari che nelle mentovate figurine de' Santi in fronte dell'arca vi
ha molta eleganza e naturalezza di forme nella figura giacente sopra il co-
perchio, la quale, comunque assai guasta dal tempo, rende uno sviluppo ed
un magistero affatto conforme a quello di chi scolpiva il busto dello Spe-
ciale in Palermo e per Salcmi la statua del San Giuliano. Affermano inoltre,
che quel deposito nel suo primitivo sito nell'antica cappella di Nostra Donna
del Soccorso non era limitato alla detta cassa sepolcrale incastrata al muro,
come oggi si vede: ma avea sontuoso ornamento da un baldacchino o non
so qual decorazione con marmoree colonne, di cui facevan parte non poche
statuette di marmo bianco, che poi, scomposto il tutto, furono a sproposito
collocate nell'esteriore facciata occidentale del duomo stesso. Quivi pertanto
NEI SECOLI XV È XVI. GAP. [[. 93
sen vedono undici oggigiorno, delle quali, oltre una alquanto più grande e
figurante il Redentore, ne sono alcune di vari Santi e Sante, alte m. 0,90, ed
altre alquanto più piccole , alte m. 0,80 , di figure simboliche di diverse
Virtù , fra cui una della Prudenza si vede rappresentata a tre teste e con
serpe in mano. Somma corrispondenza di stile e di artistico magistero al-
tronde si avverte fra le eennate statuine e le descritte sculture del sarcofago
del Montapcrto, talché, non essendo a mettere in dubbio, che ancor quelle
una volta eran poste a decoro di esso , che si ha ragione a credere opera
di Domenico, é da stimar parimente, che da lui siano state scolpite. Laonde
ben fu agevole , che tutto quel gran deposito , della cui ricca decorazione
non è più dato oggigiorno formarci un'idea precisa, ma di cui notevoli
avanzi rimangono, sia stato una delle più insigni opere da lui condotte in
tal genere, di che altronde per fermo egli ebbe occasione di dare non pochi
esempi a cominciar dall'altro forse non men sontuoso dello Speciale in San
Francesco in Palermo. E pure di suo scalpello è molto probabil sia inoltre
nel duomo stesso di Mazara una statua della Madonna del Soccorso con
un vago bambino poppante ed il consueto putto rifugiato a' suoi piedi, la
quale, benché oggi posta in una moderna cappella, non era che certamente
la titolare dell'antica, dove appunto il vescovo Montaperto fu sontuosamente
sepolto. Sembra quindi sia stata scolpita ad un tempo che quel gran mo-
numento di lui, avendo un siffatto tipo d'ingenuità di sentimento e di e-
spressione, che molto arieggia le sculture di quello in tale sviluppo di mor-
bidezza ed eleganza di forme da mostrar 1' arte avviata al perfetto. Simile
tipo inoltre, pure in Mazara, sull'altare maggiore della chiesa di S. Maria di
Gesù, già de' Minori Osservanti, si avverte in un' altra pregevole statuetta
di una Nostra Donna sedente con in grembo il divin pargolo e con la base
storiata della Nascita del medesimo e di altre piccole figure, che tutte sentono
il far di Domenico in riscontro agli altri sicuri lavori di sua mano : ed è
anzi a notare non poca differenza di stile fra essa ed un grande altorilievo
di marmo, che di altro ignoto scultore esiste ancora nella medesima chiesa,
posteriormente scolpito nel 1503, rappresentando la Madre di Dio sedente
col bambino sulle ginocchia e con quattro Santi in piedi da' lati, cioè forse
S. Pietro, S. Francesco, S. Antonio di Padova e S. Bernardino da Siena,
mentre al di sotto ricorrono in leggiadre ed ingenue figurine l'Annunziata ed
il Gabriello, ed alle estremità due tondi con bassirilievi di Adamo ed Eva»
94 I GAGINI E LA SCULTURA IN SICILIA
che mangiano il pomo finale ('). Lo stile però di Domenico, a mio giu-
dizio , senton pur molto probabilmente altre due statue di Nostra Donna
in piedi col bambino, esistenti in Marsala, l'ima nella chiesa del Car-
mine, ov' è pure il descritto sarcofago del Grignano, attribuito allo stesso
artista," e 1' altra in San Francesco , già de' Conventuali , fregiatane la base
di una corona di serafinetti sul fare in tutto di quelli, ch'egli usò ne' suoi
marmi. Molte altre di simili opere del resto, sparse dovunque in Sicilia, sono
per avventura di suo scalpello, giacché per l'alta rinomanza da lui acqui-
statavi su tutti gli altri contemporanei scultori incumbenze in gran numero
non ebbero mai a mancargli , e specialmente da parte di quell' opulente
aristocrazia feudale , con cui è certo , eh' egli si trovò sempre in contatto.
Non sarebbe pertanto fuor di proposito altresì attribuirgli il ricco sarcofago
di Giovanni Branciforte, morto nel 147 1, che del medesimo stile, ma non
curato e guasto, vidi nel chiostro dell'abolito convento del Carmine in Maz-
zarino , con una bella figura giacente dell' estinto sopra il coperchio e con
tre tondi con figure simboliche in fronte : ed altrettanto è a dire dell' altro
sontuoso deposito di Blasco Barresi , che dopo la morte di lui , avvenuta
nel 1476, gli eresse Eleonora sua moglie in Santa Maria di Militello in Val
di Noto, con l'effigie pur del medesimo al naturale al di sopra, vestito da
guerriero e col cane a' piedi. Che se poi voglia credersi , che Domenico
Gagini negli ultimi anni della sua vita quasi abbia superato se stesso in
un' opera di alto valore , che vince in pregio le altre a lui attribuite , è
ancor da sospettare da lui condotta la bellissima Nostra Donna con in
grembo il divin figliuoletto nella chiesa dell'abolito convento di San Dome-
nico in Castelvetrano. È questa , a mio giudizio , la più bella e pregevole
statua, che di cotal soggetto fin qui sia nota del quattrocento in Sicilia; ed
è certezza da chi fu ordinata e quando , laddove in giro (benché non del
tutto sia dato leggerla nella parte posteriore) ricorre l'iscrizione seguente nel-
l'estremità sottostante della base: hec. imago, fieri, eecit. magnificus. dns.
ioanes. ANTHON19. taglavia. d. TLRR. castr : oltreché in fronte alla detta
( ' ) Non è facile indovinarne Io scultore senz'aleuti lume di documenti del tempo. Ma dappiè vi si legge
in due righi questa iscrizione:
ARAM PROPK TVE DEI PARENTI SOLLEMNI PRECE VIRGIXI DICATAM XARRINIS NICOLAVS VRSVS ORNAT.
MATREM VOS MARIAM BENIGN1TATIS SANCTAM SUPPLICITER ROGATE PROLEM DIGNOS VT FACIAT POLO
[perenni, m.d.iii (sic).
NEI SECOLI XV E XVI. GAP. II. 95
base, eh 'e ettagona, nella parte superiore si legge: mcccclxxxviiii viii INDC19. —
beate maria de lvritv (sic). Per la qual cosa 'pur ivi un bassorilievo cen-
trale in piccole dimensioni rappresenta la Madre di Dio in piedi col divin
figlio, coronata da due angioletti entro un tempio, il qual figura la santa casa
di Loreto, con quattro altri angioletti in adorazione da' lati , mentre di poi
dall'una banda e dall'altra sono due mezze figurine dell'Annunziata e del-
l'angelo, e in seguito due stemmi di casa Tagliavia, e dietro ancora tre se-
rafini. Sentono intanto si pregiate sculture del piedistallo il far medesimo
di quelle di Domenico nel sempre cennato sepolcro di San Gandolfo in Po-
lizzi ; e non é affatto noto del resto , che altro più insigne scultore di lui
fosse stato allora in Sicilia da aver potuto con tanta bellezza e perfezione
condurre quell' ammirabile principal simulacro, eh' é ben da enumerare frai
capolavori dell' arte in quel tempo. Tanto vi ha di leggiadria, d' ingenuità,
di sveltezza e di esquisita grazia ed eleganza, così ne' volti della Diva e del
pargolo, come nella posa, negli atti, ne' contorni e nel leggiadrissimo gusto
de' panneggiamenti, da superare in merito le statue di egual soggetto, che
si sa indi il sommo genio di Antonello, figliuol di Domenico, aver prima-
mente in sua giovinezza prodotte. Laonde, ammesso che veramente questa
sia opera di quel primo de' Gagini in Sicilia (del che sciaguratamente fin
ora non é certezza per manco di documenti), è da stimare, eh' egli abbia
lasciato l'arte in maggior grado di perfezione e di sviluppo di quello, donde
poi cominciò il figlio la sua insigne carriera.
Passando a far ricerche intorno alla famiglia di Domenico, rilevasi che
egli ebbe una prima moglie di nome Soprana de' Savignone, probabilmente
da Carini, dalla quale fra il 1469 e il 70 gli nacque un Giovanni o Gio-
vannello , e che , mortagli quella , tolse in seconde nozze una Caterina , di
cui s' ignora il casato e che il rese padre di Antonello (il sommo scultore),
di una Lucia e di un altro, della cui morte pare trovarsi nota a 18 no-
vembre del 1487 ne' libri della parrocchia di San Giacomo la Marina in
Palermo (J). Indi altresì vien chiaro, che quel Giovanni primogenito, già
pervenuto in età maggiore di diciotto anni, fu emancipato dal padre, come
era costume, addì 5 gennaio VII ind. 1488 (1489) (2), ed anche sotto tal
( « ) Quivi si legge nel libro degli anni 1486-92, a fog. 30: Ali xviij (novembre IV ind. 1487), dominica.
'P,r sepelliri hi fighi di m." Miniai lu marmuraru, sepultu a Sanctu Jacubu, cera rot. j.
(J) Eodem v.° januarii vijj ind. CM.° ecce." Ixxxviij." (1489). Magistcr Tìominicus de Gaginis, e. p., presens
14
96 1 GAGINI li LA SCULTURA IN SICILIA
data ratificò ed accettò da sua parte il contratto di matrimonio poco pria
celebrato fra Lucia sua sorella ed un Gaspare Sirio di Piemonte ('). Av-
venne anzi, che poco dopo, a 12 di settembre del 1489,10 stesso Giovanni,
benché sano di mente e di corpo , fece (e s' ignora a qual fine) suo te-
stamento in Palermo, nel quale istitui erede universale in tutti i suoi beni
il convento di San Domenico, nella cui chiesa voleva esser sepolto, ed anco
erede particolare suo padre in una sola clamide di panno da gramaglia ,
oltreché il fece suo fedecommessario (2). Sembra però, che il detto testa-
mento non abbia indi più avuto vigore alcuno, laddove é un altro pubblico
strumento in Palermo in data del 13 di novembre del seguente anno 1490,
per cui quel Giovanni medesimo , in argomento di amore e di gratitudine-
verso i suoi zìi materni, quali erano un prete Michele di Savignone, allora
arciprete di Carini, una Battistina, consorte di un Filippo di San Filippo, ed
una Tommasina, sorelle, fé' loro donazione irrevocabile di tutti i diritti e
ragioni a lui competenti su' beni ereditari dell'estinta sua madre Soprana e
coram nobis, sponte sollemniter emancipava et a patemis nexlbus exemit et liberavit Johannem, ri in fili tini legi-
timum et naturalein , mayorrm annis xviij.0, presentati et stipulantem , ita quod de cetero Johannes ipse possi! et
valeat contrahere, testavi , causare et omnia alia et s'iugula proinde facere , que quomoàolibet paterfamilias jacere
potest et debet. Et in premium diete emancipationis idem magister Dominicus dare promisit dicto filio suo rqum
unum ad omnem dicti filli sui requisicionem, precii unciarum quatuor. Sub ypotheca, rtc. — Dal registro di num.
1160 bis di notar Giacomo Randisi, an. 1488-91, ind. VII-IX, nell'i.rchivio de' notai defunti in Palermo.
( ' ) Die predicto v.' januarii vt'jJ ind. ciusdem. Cum contractum fuerit matrimonium inter Luciam, puellam
virginem, fili ani hgitimam et naturalem hon. magistri 'Dominici de Gaginis et Catharine mulieris, jugalium, spon-
sam ex una parte, et egregium Gasparem Sirium de "Pedemonciuni , sponsum ex altera, cuius quidem matrimonii
contemplacione et decoracione predicti m.r Dominicus et Catharìna jugales promiserunt in dotem, prò dote et dotis
nomine eidem sponso certas dotes juxta formani cuiusdam contractus celebrati marni mei notarli infrascripti, il
promiseriut dicti jugales de rato prò Johannello, filio dicti magistri Dominici et quondam hon. Suprane, eius prime
uxoris, juxta fortnam dicti contractus matrimonii, lune est quod hodie, pretitulato die, ledo tenore dicti contractus
matrimonii et loto eo, quod continetur in eo, dicto Johannello, presenti et audienti, prediclus Johannellus, presens
corani nobis, sponte, tamquam emancipatus, ipsam noìam et siugula in ed contenta ratificavi!, acceptavit et confir-
mavlt ac ratificai, acceptat et confirmat predicto sponso presenti et stipulanti. Sub ypotheca, rtc. — Dal citato re-
gistro di num. 1160 bis di notar Giacomo Randisi, an. 1488-91, ind. VII-IX, nel detto archivio. Ed in data
medesima vi segue un atto di vendita di rendite e proventi di once tre annuali (1. 38.25), fatta da maestro
Domenico de' Gagini a Gaspare Sirio suo genero pel prezzo di once trenta (1. 382.50), rilasciategli dallo
stesso Gagini prò substentacionc et alimonia domus eius et familie. Del die si ha pure conferma da parte di
Giovannello.
( 2 ) Die xij.° seplembris vii}.' ind. M.° ecce.0 Ixxxviiij." Dìscretus Johannes de Gaginis, filius legitimus et na-
turali* honorabilis magistri 'Dominici de Gaginis et quondam houorabilis Suprane, olim jugalium , presens coram
nobis , sanus mente et corpore et sue raciouis compos existens, suum presens nuucupativum condidit testar
mentimi, etc. — Dal citato registro di num. 1160 bis, di notar Giacomo Randisi nel detto archivio.
NEI SECOLI XV E XVI. CAP. II. 97
su quelli del vivente suo genitore ('). Perlochè segue poi documento di
un amichevole arbitrato , cui si die luogo in data del 18 dicembre dello
stcss'anno, per dirimere una questione insorta fra il detto Giovanni e suo
padre Domenico e suo cognato Gaspare Sirio per differenza d'interessi fra
loro a cagione de' dritti del primo all'eredità de' materni averi (2). Ed
ancor viveva intanto Domenico, del quale inoltre é contezza in un atto dato
in Palermo a 24 d'ottobre del 1491, ond'egli ed insieme Giovanni suo figlio
e l'altro figlio minorenne Antonello, di già in età da' tredici a' quattordici
anni (entrambi essi figli autorizzati dal padre) , in solido confessarono un
loro debito di once cinquanta (1. 637.50) inverso del nobile Antonello della
Rocca, messinese, per altrettanta somma , che ne avean ricevuto in mutuo
gratuito e scevra di ogni frutto dal banco di Battista Lambardo , e che si
obbligavan pagargli in Palermo di lì alla Pasqua vegnente. Risulta dall'atto
stesso, che cotal debito avevan essi contratto per poter pagare il magnifico
Alferio di Leofante per un cotal canone di case dovuto al magnifico Nic-
( 1 ) Die xiij." novembri* viiijJ ina. a. D. I. M.° CCCC.° LXXXX. Joannes de Gaginis, maior et pubefaclus ac
(inawcipatus, ut dìxit, tenore contractus de dieta emanc< pacione celebrati manti egregi! notarii Jacobi de cRjiiidisio
die eie, civis felicis urbis Panhormi , corani nobis , considerans et actendens ad amareni innatnm , quein gtssit et
gerit erga honestum presbilerum Michaelcm de Savignono, archipresbiterum terre Careni, eius avunculum, et nobi-
lem Bactistinam, uxorem nobilis Philippi de Santo Philippo, et bonorabilem Thomasinam, sorores, matcrteras dicli
Joannis , ncc niiuus et ad grata servicia sibi prestila per dietimi presbiterum Michaehm et dictas Bactistinam et
Tinnì asiu ani, et que prestant ad presens et prestabuut in antea, dante Domino gracid, nolens ea irremunerata per-
transire, sed condignis relribucionibus respondere, cimi ex justicia naturali procedat ut bene/actoribus benefiat, do-
nacione mera, pura, simplici et irrevocabili Inter vivos, servatis priits infrascriptis hgibus et coudicionibus et non
aliter nec alio modo, per se et suos heredes et successores in perpetuimi, donavi t, dedit, cessit , transtulìt et man-
davit et traddidit diclis eius avunculo et materleris, scilicet dicto eius avunculo presenti et stipulanti prò se suisque
heredibus et successoribus in perpetuum, et mibi notarlo, proprio officio meo publico stipulanti .... prò diclis eius
materleris absentibus et earum heredibus et successoribus, omnia et singula jura omnesque actiones, reoles, persona-
les, utiles, directas, mixtas , tacitas et expressas, pretorias et civiles , ypotecarias et alias quascumque , que et quas
dictus donator habuit, habebat et habet ac potest eius parte hàbere et que sibi competunt, competebant et competere
possunt in illis bonis mobilibus et immobilibus ac juribus censualibus debitis dicto donatori jure successionis quondam
Suprane, olim uxoris magistri 'Dominici de Gaginis, matris dicti donatoris, et successionis dicti magistri Dominici
eius patris, ac legitime et supplimenti legitime ...., et alio quocumque jure super bonis d'idi magistri "Dominici ....,
ubique existentibus et melius apparentibus, tatti in hoc regno Sicilie, quam alibi et ubique locorum, etc. Testes: ho-
nestus presbiter Manfridus de Scactareina, Jacobus de Joanne et Garganella de Silvestro. — Dal volume di nu-
mero 17 51 de' registri di notar Matteo Fallerà, an. I49Q-91» mdiz- IX> f°g- 23° e seS-> nell'archivio dei
notai defunti in Palermo. Ed ivi segue in data del ié dello stesso novembre, a fog. 241, una procura di
Giovanni Gagini in favore dell'arciprete Michele di Savignone, suo zio, per la riscossione di tutti i suoi cre-
diti e per aver cura di tutti gl'interessi di sua spettanza.
( 2 ) Die xviij.' mcnsis decembris none ind.' 1490, Cimi verteretur questio, extra tamen judicium, inter Johan-
98 I GAGIN'I E LA SCULTURA IN SICILIA
colò di Sabia , e che fors' anco si riferiva a' possessi di Domenico e dei
suoi figli (J). Ma di Giovanni in seguito non più si trova ricordo ; e del
lombardo scultore poi non rimane altra notizia se non della morte, che
senza fililo é da stimare avvenuta in Palermo dal 29 al 30 settembre del
1492. Imperocché fra' libri della cennata parrocchia di San Giacomo la Ma-
rina, nel quaderno degli anni 1491 a 95, dov'era uso notare checché si
ricavava di frutti da' battesimi, sponsali e morti del distretto, trovo la nota
nati, filium legitimum et naluralem magistri Dominici de Gaginis ex primo matrimonio, emancipatimi et a patria
potestaìe et palernis nexibus liberatimi, et dietimi magislrum 'Dominicum eius patrem, nec non Gasparem Sirium,
.... prò eius interesse, generimi ciusdem magistri "Dominici et cogitatimi eiusdem lohannis : peteret namque dictus
Johannes dicto eius patri duas integras partes omnium honorum dicti magistri 'Dominici, imam sihi debitam jure
nature et alteram successionis diete quondam sue matris, prime conjugis eiusdem magistri 'Dominici; que bona as-
serti post obitum et in obitu diete quondam sue matris remansisse comunia apud dicium magislrum 'Dominicum
eius patrem, non obstante forte jure allegando per dietimi Gasparem, et per consequens eumdem Gasparem Sirium,
eius cogitatimi, non debere in eiusdem Johannis prejudicium consequi et hàbere super dictis bonis comunibus inter
dietimi magistrum Dominicum et prefatum Johauuem uncias duccntas vigore contractuum dotis et subjugacionum
faciarum dicto Gaspari, et fructus carimi, supra dictis bonis comunibus modo et lune existentibus cimi sccundo ma-
trimonio et primo, nec non benefacta facta in dictis bonis comunibus, et aliis raciouibus et causis die sua dedti-
cendis et allegaudis : adversum quam peticìonem dictus magister 'Dominicus dixit et dicit erga eamdem peticio-
nan per dietimi Johannem factam non debere consequi diclas duas partes, min sit quod eo tempore , quo fuit
mortila dieta quondam eius uxor, water dicti Johannis, nulla extabant bona comunia, que essent dicti Johannis,
nec non eius matris et dicti magistri Dominici, cimi debita, que erant tunc , videliect in morte et ante mortem
diete quondam eius uxoris, ascendebant ultra bona, que tunc deinoslrabant et apparebant : et adversus quas pe-
ticiones, hiuc inde factas, seti facicndas, prefatus Gaspar Sirius excipieudo alleget et dicat , prò suo interesse com-
ponendo, quod primo et ante omnia quam fatti lille porciones inter eumdem magistrum 'Dominicum et Johannem
eius filium, se recepturum super dictis bonis comunibus uncias ducentas cimi fructibus : et nolentes diete partes
judicium lunare (corr. inire), tea mite et benigne se gerere, ut decet fratres et filios, sollempni ad hec ami-
Corum comunium interveniente tradotti, presentes corani nobis, dictas eorum lites et controversias .... sponte et sol-
lemniter compromisertint et compromittunt atque consenserunt et consenciunt tamquam in eorum arbitros ar-
hilratores, amicabiles compositores et comunes amicos, etc. — Dal volume di minute di numero 1192 di notar
Pietro Tagliarne, an. 1479-92, ind. XII-X , nell'archivio de' notai defunti in Palermo. Vi mancano però i
nomi degli arbitri, a' quali il dettò accordo venne affidato.
( ' ) Die xxiiij.'1 mcnsis octobris x.c ind. 1491. 3/(ag.r Dominicus Gaginis et Joannes, eius filitis, et Anlonellus,
alius filius etatis annorum xiij in xiiij , ut suo nobis monslravit aspectu, dictis duobus filiis suis auctorìxatis a
dicto eorum patre, presentes corani nobis, in solidum confessi suut teneri et dare debere nobili Antonello de la Rocca
de nobili civitate ^Cessane, presenti et stipulanti, uncias quinquaginta. Et sunt pio illis habitis per eos et receptis
ex causa et nomine mutui, gratis, precibus et amore, mundis et nudis ab orniti fenore, per battami Abbattiste Lam-
bardi, renunciantes ad invicem exceptioni, etc. Quas prefati pater et fili solvere debent magnifico ^ilferio de Leo-
phante prò canone domorum debito prò eo magnìfico IsLicolao de Sabia. Quod debitum totum solvere promiserunt
elicti pater et filii in solidum eidem creditori presenti et stipulanti, aut persone legitime prò eo, hic Pauormi, per
totum f estimi Pasce Resurrexionis domìni nostri Jesti Christi , proxime venientis anni presentis , etc. — Testes :
"RJccardus Xoar, Laurencius Dominicus marmorarius et Brachius 'Bondelmonte. ■ — Ex actis mei notharii Petri Ta-
rlanti de Panormo. Coli, salva. — Dal volume di minute di num. 1192 del detto notaio, an. 1479-92, ind.
XII-X, nel cennato archivio.
NEI SECOLI XV E XVI. CAP. II. 99
seguente in data del 29 settembre XI indiz. 1492, a fog. 4: Eocìcm. -f Pri
ultori a mastra Dominicu marmoraru tari — grani iy. E subito dopo nel dietro
del foglio stesso : Ultimo (intendi ultimo giorno del mese). Tri sipilliri a
mastru Dominicu marmurarii , scpiiltu a S. Franchiseli, benché senz' alcuna in-
dicazione di quanto ne fu ricavato. Laonde é evidente, che egli, essendo
già negli estremi della sua vita , fu unto del sacro olio de' moribondi il
di 29 di settembre, e, morto di li a poco, venne deposto il di appresso nella
chiesa del convento di San Francesco, dov'era già stabilita per fermo la cap-
pella dell' arte de' marmorai o scultori , del titolo de' Santi Quattro Co-
ronati, e in cui avean essi comune lor sepoltura. Ne può sospettarsi, che
d' altro marmoraio omonimo in quella nota sia cenno , anziché di Dome-
nico Gagini, laddove, benché ivi per incuria de' tempi non venga espresso
il cognome , non è altronde alcun menomo indizio , che altro maestro di
quell' arte sia stato allora in Palermo del nome stesso , e toglie del resto
ogni equivoco il sito medesimo della casa, che appartenne al nostro scul-
tore, contigua al Ternana e presso la beveratura della marina, cioè compresa
nell'ambito della parrocchia di San Giacomo, ne' cui libri appunto é nota
della sua fine.
Cosi mancava alla Sicilia il più grande scultore, di cui essa potè me-
nar vanto su tutti gli altri venuti dalla penisola nella seconda metà dell'aureo
quattrocento. Pure i buoni germi ognor meglio attecchivano ; e benché ,
morto Domenico , tardasse ancor qualche tempo a svilupparsi ed estollersi
il sommo genio del figlio, non fu intanto difetto di abili artefici, che l'arte
seguirono a mantenere nel dritto sentiero , ond' essa dovea tosto levarsi a
somma eccellenza. Imperocché tuttavia degli anni posteriori alla morte del
valoroso Lombardo, nell' ultimo decennio di quel secolo e nel primo sor-
gere del seguente, rimangon lavori cosi pregevoli di scalpello e non di rado
condotti con si buono stile e con tale perfezione , da mostrar veramente ,
che altri ancor rimanessero in pieno esercizio della scultura , coltivandola
con decoro ed affrettandone il più grande sviluppo. Ne dà prova, per cennar
solo qualcuna di tante opere, il bel sepolcro di una giovinetta Sicilia (Ce-
cilia) d' Aprile, morta nel 1495, con la figura di lei sul coperchio, qual era
pria in S. Agostino ed ora si vede nel pubblico museo di Palermo, ed ancor
meglio in San Francesco l'altro bellissimo di Elisabetta Amodea, mancata ai
vivi nel 1498, e che pur vi si vede al di sopra giacente siccome presa dal
IOO I GAGIXI E LA SCULTURA IN SICILIA
sopore dell'innocenza, oltre a molta ricchezza di bassirilievi con figurine di
Nostra Donna e di due angeli e con leggiadrissimi ornati , condotti con
somma eleganza e con preziosità senza pari. Pregevoli ancor molto son le
sculture egualmente in bassorilievo, ond' è decorata la porta maggiore della
chiesa dell'abolito convento di S. Maria di Gesù presso Palermo, con due pi-
lastrini storiati de' dodici apostoli, ciascun de' quali reca in mano un motto
del simbolo, e nell'architrave retto una mezza figura di Cristo benedicente fra
quattro angeli genuflessi e due stemmi: lavori, che per purezza di forme ed in-
genuità di esecuzione sarebbero a sospettare eseguiti da Domenico, se non vi
ostasse il francescano cronista Tognoletto, recando in vece notizia, che furon
fatti scolpire dal nobile Gaspare Bonet nel 1495 (!). Notevole non meno per
bellezza di sacra espressione e per 1' ammirabile magistero, ond' è condotta, è
inoltre una statua in marmo di Nostra Donna, dappiè al di dietro segnata
dell'anno 1497 (benché in caratteri posteriori a quel tempo), quale si am-
mira nell' oratorio della confraternita di S. Barbara, contiguo alla chiesa di
S. Francesco nella terra di Naro : oltreché in altre opere di simil pregio e
di sorprendente sviluppo, appunto di quegli anni, é dato sovente imbattersi
in molti luoghi dell' isola, le quali apertamente rivelano il merito non or-
dinario de' vari ignoti o indeterminati scalpelli. Fra questi furono al certo
alcuni degli artefici, de' quali di sopra é discorso, cioè quelli, di cui è noto,
che a Domenico sopravvissero , siccome Pietro di Bontate, Gabriel di Bat-
tista, Andrea Mancino, Giorgio di Milano, Andrea di Curso ed anche quel-
l'Antonio Vanello, che soprattutto ebbe a valer negli ornati. Può anzi sospet-
tarsi, che fra' più pregevoli marmi, che ammiriam dello scorcio di quel secolo,
pure ignorando la mano, che li scolpiva, alcuni non sieno che le primizie
del genio dello stesso Antonello Gagini, del tempo cioè , che precedette il
suo passaggio in Messina, giacché fu pur mestieri che qualche cosa egli a-
vesse fatto insin da' suoi più verdi anni in Palermo sua patria, nato com'era
all' arte e dotato di tanta fecondità e di tanto fervor d' intelletto : ma non
se n' ha certezza alcuna da documenti. Risulta in vece ad evidenza , che ,
innanzi al ritorno in patria del grande artefice , altri scultori , oltre a' già
mentovati, vivevano e fiorivano in Palermo sin da' primi anni del cinque-
cento, cssendovisi altresì trasferiti dalla penisola, e specialmente da Carrara
(' ) "Paradiso serafico del fertilissimo regno di Sicilia .... parte prima. Palermo, 1667, lib. II, cap. XI, p. 126.
NEI SECOLI XV E XVI. CAP. II. IOI
e d'altri luoghi della provincia di Massa, donde in ragione delle ricchis-
sime cave de' marmi statuari, che da' più antichi tempi vi si lavorano e si
trasportano a' lidi più remoti, usciron sempre non solo squadratori e scar-
pellatori, ma eziandio bravi artisti, che non men de' Lombardi trasmigra-
rono e si sparsero ovunque. Né potea mancar che in quel tempo ne ve-
nissero ancora in Sicilia, giacché, destatasi in essa una si grande operosità
nelle arti e specialmente nella scultura, fu d'uopo appunto di un commercio
attivissimo con Carrara e con quelle parti della toscana regione, dove ge-
neralmente si commettevano i marmi ; e quindi co' marmi stessi venivan
quelli a fermarvi soggiorno , trattivi da' vantaggi e dagli onori , che v' in-
contravano dalla siciliana magnificenza. Fra costoro intanto, di cui molti non
furono che scarpellini ed aiuti, più si distinsero come scultori di maggior
merito e rinomanza Giuliano Mancino e Bartolomeo Berrcttaro, che sin dai
primi anni del sestodecimo secolo troviamo a primeggiare neh" arte in Pa-
lermo, priachè il sovrano genio del giovine Gagini fosse venuto ad eccl is-
sarne la fama. Con essi F influenza della toscana scultura potè meglio in
Sicilia congiungersi a quella dell'arte lombarda, che già con Domenico ed i
suoi da più tempo vi si era introdotta , e cosi in tanto fervor di sviluppo
e in si continuo sopraggiunger di artefici sempre più preparavasi il campo
a maggiore perfezione.
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CAPITOLO III.
GIULIANO MANCINO E BARTOLOMEO BERRETTARO.
'ignora se Giuliano, comunemente in Sicilia cognominato
Manchino nelle scritture contemporanee, sia stato della stessa
famiglia di un fabbricatore Enrico de Manchino, che murava in
Palermo nel 1460 (' ), ovvero di quell'altro Andrea Mangino 0 Manchino, che in-
sieme a Gabriel di Battista è detto oriundo lombardo in un atto recato di so-
pra in data di Palermo del 1488, e che poi si obbligò scolpire le figure in
marmo della Natività di Cristo per la confraternita dell'Annunziata in Termini
Imerese nel 1495. Par cert0 però, che Giuliano medesimo non fosse stato che
carrarese di origine, comunque poi pel lungo soggiorno sia detto ne' pub-
(■) Die v." eiusdem mensis marcii (Vili ind. 1459) (1460). fMagister Henricus de Manchino, fabricator ,
e. p., preseti* corani nobis, spontc promisit et se sollemniter óbligavìt nobili domino Leonardo de Lampiso, legum
doctori, presenti et stipulanti ab eo, fabricare bene et niagistrabiliter, sine impcricia, circuiti circa totum eius locum
sitimi in contrata Porte Thermarum diete urbis, totum ilhtd mar anima necessarium in dicto loco, etc. — Dal re-
gistro di num. 11 52 di notar Giacomo Randisi, an. 1459-63, ind. VIII-XI, nell'archivio de' notai defunti in
Palermo.
15
104 l GAGINI E LA SCULTURA IN SICILIA
blici atti cittadino palermitano, tranne che solo in qualcuno, in cui di unita
al Berrettaro è detto in vece dimorante in Palermo. Ed ivi essendo egli già
stabilito da più tempo, durava intanto in Carrara una parte di sua famiglia,
avendosi contezza nel 1 5 1 1 di un Zanpauìo ci Mancino, altrimenti appellato
di Cagione o Casone, che colà possedeva una cava al Polvaccio, donde ca-
varonsi marmi per conto del Buonarroti, cui poscia continuò ad apprestarne
per vari anni Bartolomeo Mancino da Torano, figliuol del detto Giampaolo,
siccome da contemporanei documenti apparisce ('). Ciò, che poi sul conto
di Giuliano suddetto non può cadere in dubbio si è (siccome appare dal
suo testamento e da altri pubblici atti, che lo riguardano), ch'egli era nato
da un tal Simone, il quale ebbe stanza e possessi in Carrara e non meno
in Sicilia, rimasti poscia in sua morte al figliuolo, e che costui, già stabi-
lito in Palermo, vi ebbe in moglie una Jacopella, figlia dello scultore Gabriele
di Battista, sposata da lui certamente dinanzi al 6 dicembre del 1504, cioè
a quando ne' libri della parrocchia di S. Niccolò la Kalsa trovasi nota del
battesimo di un suo figlio (2): oltreché poi pel detto suo testamento, mo-
rendo , dispose , che in caso di morte de' suoi figliuoli avessero a succe-
dergli i più prossimi suoi consanguinei , dimoranti nel Castel di Carrara,
come vedremo. Dal che maggiormente si prova com'egli ne fosse oriundo.
Ma importa qui rilevar soprattutto , che in molta dimestichezza e co-
munanza di lavori e interessi fu a lungo il Mancino con Bartolomeo Ber-
rettaro o Berrettari, altro scultore, che allor viveva in Sicilia, e che pur di
Carrara è stimato dal Campori, stando alle molte carte de' carraresi archivi,
dov'è spesso menzione di gente di tal cognome (>): onde si nota del valente
carrarese scultore ed architetto Alberto Maffioli, che nella seconda metà del.
quintodecimo secolo scolpi in società col suo compaesano Melchiore del fu
Giacomo Berettari varie statue ed ornati pel duomo di Cremona (4) , e
parimente più tardi è ricordo di un Piero Urbano da Pistoia, che, comprata
( ' ) Vedi Le lettere di Michelangelo Buonarroti pubblicate coi ricordi ed ì contraiti artistici per cura
di Gaetano Milanesi. In Firenze, M. DCCC. LXXV, pag. 564, 572, 633, 654, 658, 664, 666, 668, ce.
(2) Si legge ivi nel libro degli anni 1504 a 1507: Die vj.' decenbris vii/.' ini. Per batti\ari hi fighi di
luastru J aliami Manchimi, gr. x.
(3) Memorie biografiche degli scultori, architetti, pittori, ce, nativi di Carrara e di altri luoghi della pro-
vincia di Massa. Modena, 1873, pag. 26.
(() Andrei (Pietro), Sopra Domenico Fancelli fiorentino e Bartolomeo Ordogne^ spaglinolo e sopra altri
artisti loro contemporanei. Massa, 1871, pag. 8. Campori, ^Memorie biografiche eh., pag. 156.
NEI SECOLI XV E XVI. CAP. III. lOj
dà Lotto da Carrara a 25 d'aprile del 1517 una pietra da servire a Miche-
langelo Buonarroti per la famosa facciata di San Lorenzo, gliene pagò ap-
punto il prezzo in bottega di Bernardino del Berrettaio ('). Non è però
fin ora precisa notizia del tempo , in che vennero primamente in Sicilia
Giuliano e Bartolomeo, essendo di già il primo nel 1504 appellato in pub-
blici atti cittadino palermitano, ed il secondo abitatore di Alcamo, dov'ebbe
casa e poderi ed ove soggiornò molto con la moglie Tornea e co' suoi figli,
terminativi poscia i suoi giorni. Perloché è da pensare, che, fervendo allora
in Alcamo grande operosità nelle arti e specialmente nell' architettura, sic-
come ancora attestano i molti avanzi di sontuosi edifici, che vi rimangono,
sia stato ciò appunto il motivo di avervi il Berrettaro incontrato buona for-
tuna, addettovisi per avventura più che ad ogni altro a sculture ornamentali
a principio, e fors'anco di unita al Mancino, di cui per altro é certezza aver
già contratto società con lui nel 1503 ed anco indi avere per Alcamo lavorato.
Dallo stile poi de' lavori s'ingenera il sospetto, che sia colà delle lor prime
opere, od almeno del solo Berrettaro, una decorazione in marmo bianco di
un'antica porta della chiesa maggiore, dove, comunque sia molta trascura-
tezza di esecuzione nelle figurine scolpitevi dell' Annunziata e dell' angelo
e della sovrastante Madonna col bambino fra gli apostoli Pietro e Paolo, ol-
tre una croce al di sopra col Crocifisso, non si può a men di osservarvi, a
mio giudizio , qualche notevol riscontro di disegno in alcune parti con le
sculture più felicemente indi eseguite nella porta laterale della chiesa di
S. Agostino in Palermo, e che per fondato argomento sono da creder più
tardi da' detti due artisti condotte. E nell'anzidetta porta della maggior chiesa
di Alcamo ricorre in fronte con l'anno il seguente distico :
ANNO DNI. M. CCCC. LXXXXVIIII II.' IND.
STEPHANVS ADRAGNA EST PROCVRATOR ET IPSE PEREGIT.
SVMPTIBVS ECCLESIE STRVCTA BENIGNE FVI.
Stando a ciò quindi, é probabile, che Bartolomeo Berrettaro già lavo-
rasse in Alcamo in detto anno 1499, e che altre simili opere vi fornisse,
come è da credere della porta della chiesa di S. Maria del Soccorso con
una mezza figura di essa fra vari angeli in un semicircolare pennacchio sovra-
stante in bianco marmo, e di un'altra porta marmorea con molti ornati di
( ' ) Le lettere di Michelangelo Buonarroti cit., pag. 568.
I06 1 GAGIXI E LA SCULTURA IN SICILIA
mediocre stile nella chiesa del Carmine, oggigiorno in mina, e di altra ancora
in fine, segnata in fronte dell' anno m. ccccc. v, la quale dea ora ingresso alla
sacrestia della maggior chiesa anzidetta con certe fregiature a ciocche di
frutta ne' pilastri laterali, condotte con qualche sviluppo e con eleganza di
gusto. Ma checche di ciò sia, la prima sicura notizia, che fin qui è riu-
scito attingere sul soggiorno de' detti due artefici in Sicilia , non è che
del 1503, quando troviamo, ch'essi, in social colleganza già stretti e reca-
tisi a Sciacca, vi si obbligarono per pubblico atto del di 9 di giugno scolpire
a' confrati di San Barnaba una statua in marmo di Nostra Donna del Soc-
corso, della statura di un' altra colà esistente nel convento di S. Francesco.
Dovea la detta statua, giusta il contratto ed un disegno già fattone, com-
prender anco nella grossezza del marmo tre secondarie figure in mezzano
rilievo, cioè di un putto, di un angelo e del demone, siccome il soggetto
richiedeva, e nella base tre istorie, quali i confrati stessi avevano già desti-
nate; e cosi poi , fornendola compiutamente in Palermo di li al Natale del
seguente anno, dovevano i due scultori per mare colà spedirla, tenuti pur
essi a recarvisi per darle assetto : il tutto pel prezzo di once sedici (1. 204)
da pagarsi in rate diverse. Fu essa in fatti recata a termine e collocata , e
quindi il Berrettaro , che sembra esser solo colà ritornato a tal uopo, ne
venne soddisfatto del prezzo a 22 di ottobre del 1504 (:). Esiste ivi anzi
quella fino al presente, or posta a capo della chiesa maggiore, siccome a-
vuta in molta venerazione dal popolo e ricordata persin ne' versi del poeta
Vincenzo Navarro da Ribera. Ma a me fin qui non venne fatto di osser-
varla, e però nulla di sicuro so dirne, comunque mi si affermi , che , seb-
bene non priva di qualche pregio, sia pur lungi da quello di un merito
artistico insigne.
Rilevasi intanto, che ambo i due artefici nello stess'anno 1504, a 6
di giugno , si obbligarono inoltre in Termini a Giovan Pietro Salomone ,
procuratore della cappella del Sacramento , ed a Niccolò Antonio Riccio,
Antonio Guzzulino ed Antonio de' Ciambri , procuratori della mammina
o fabbrica di quella maggior chiesa, per fare in essa una certa opera in
marmo a vari quadri o scompartimenti. Non mi è dato averne oggigiorno
1' originale convenzione, che era agli atti di notar Filippo Giacomo d' Ugo
di Termini nella data suddetta, e in cui per fermo era da trovarsi distinto
(') Vedi fra' 'Documenti di quest'opera, num. XIX.
NEI SECOLI XV E XVI. GAP. IH. IOy
ragguaglio di quella. Ma ho in vece in proposito due altri posteriori docu-
menti, dal primo de' quali risulta in data del 22 di ottobre del 1507, che,
avendo già da gran tempo i due scultori fornito ed in ordine 1' opera con
tutti i quadri o scompartimenti di essa, e recatosi Giuliano tre volte in Ter-
mini a notificar ciò a' procuratori, non perciò mai costoro avevan curato,
né curavano ordinarne la consegna e il trasporto : e quindi il medesimo
Giuliano, in nome anche del suo assente compagno, protestava contr' essi,
perchè gli pagassero once trenta (1. 382.50) del prezzo de' quadri finiti,
richiedendo altresi, che ad alcun loro perito dessero facoltà di apprezzare il
lavoro già fatto, perchè, cominciando a dare assetto a' marmi ornai lavorati,
si avessero senza indugio a continuar le altre figure necessarie e cosi dar
termine al tutto (J). Laonde, fermatosi all'uopo il prezzo totale in once ot-
tanta (1. 1020), insistè più oltre Giuliano con una nuova protesta contro
il Riccio ed i suoi compagni, procuratori di quella chiesa, in data del 23 marzo
XI ind. 1508 (1509), esponendo, che l'opera ossia la conci di marmo era già
finita in Palermo da molto tempo, e che, non avendo essi curato ancora tra-
sportarsela, né soddisfarne il prezzo, era stata essa ivi sequestrata dall' arci-
vescovo per un certo vantato debito verso la sua chiesa; e quindi l'artefice
richiedeva da loro, che tosto procurassero far togliere quel sequestro e por-
tarsi quella, essendo egli ed il Berrettaro già pronti a far collocarla, e che
non più indugiassero a pagarne il prezzo del tutto , essendone già scorso
da un pezzo il termine dacché fu essa compiuta (2). Nondimeno par certo,
che sino ad otto anni appresso non ne fu indi effettuato il collocamento ,
giacché , siccome vedremo , essendosi poi sciolta nel 1 5 1 7 la società fra il
Mancino ed il Berrettaro, e procedutosi fra entrambi alla ripartizion de' la-
vori, che rimanevano ancora a finire ed a consegnare, appare la prima fra essi
la comi o custodia di marmo per la chiesa maggiore di Termini , rimasta
assegnata al secondo. Né dubito, che Bartolomeo 1' abbia poi collocata al-
quanto più tardi, giacché, comunque essa non più rimanga al presente, es-
sendo stata tutta scomposta allorché quella chiesa venne riedificata in più
ampia forma, mi é facile tuttavia scoprirne alcuni notevoli avanzi. Imperoc-
ché, avendo essa molto probabilmente avuto luogo da prima in fondo alla
maggior tribuna dell' antica chiesa , stimo vi sia appartenuta come figura
( ' ) Vedi fra' Documenti, num. XX.
(2) Vedi fra' Documenti, num. XXI.
I08 1 GAGIXI E LA SCULTURA IN SICILIA
principale una pregevole Nostra Donna sedente con in grembo il bambino
in marmo , la qual nella chiesa odierna si vede posta isolata in fondo al
cappellone sopra l'altare, ed a cui è ben da credere, che pria facilmente ricor-
resser da' lati nella distrutta conci o custodia le quattro statuette di S. Pie-
tro, S. Paolo, S. Giacomo e del Battista, che or son poste a disagio nella
moderna facciata esteriore. Nelle due prime di queste si vede intanto quel
manco di espressione e di eleganza e quell'imperfetta esecuzione, che gene-
ralmente non si può a mcn di avvertire in tutti i lavori del Berrettaro ,
mentre nelle due altre apparisce uno stile più eletto e quel miglior modo
di esprimere , che contraddistingue il Mancino per assai migliore maestro ,
siccome ancor meglio risulta dalla molta vita e bellezza, ch'é nel sembiante
della cennata Madonna, comunque alcun che di duro e di gretto vi sia da
notar nel bambino e nel rimanente della figura, che pure pel suo isolamento
e per l'altezza, in cui è posta, non ha più adesso risalto.
Soprattutto però in Palermo avevano i due scultori fermato stabil sog-
giorno, traendone grand'utile per quanto il numero de' maestri di maggior
nome veniva più sempre scemando, e quanto più di essi era bisogno in si
gran centro di attività e di lavoro , dove perciò molte e spesso notevoli
sculture venivan loro affidate ed eran da essi condotte, priaché all' apparir
del Gagini fosse uopo lor cedere il campo. Ed in Palermo , per pubblico
atto in data dell'ultimo giorno di luglio del 1504, essi convennero in fatti
col magnifico Giorgio Bracco per costruirgli e lavorargli diverse opere in
marmo bianco nella tribuna dell' aitar maggiore, di patronato di lui, nella
chiesa del convento di S. Agostino. Quivi doveano far essi un arco mar-
moreo, largo di vano ventidue palmi (m. 5.67) e trentatrè alto (m. 8.50),
con due pilastri per banda, larghi sei palmi (m. 1.55), scolpiti di varie
storie e figure in più che mezzano rilievo e di soggetti da destinarsi, e con
di sopra il Dio Padre , 1' Annunziata e 1' angelo in tutto rilievo , giusta il
tenor di un disegno di già eseguito: oltreché era a farvi nel mezzo l'aitar
maggiore, consistente in una lastra di marmo, lunga una canna ed un palmo
(m. 2.32) e sorretta da quattro figure delle quattro Virtù cardinali. Si ag-
giungeva il lavoro di un monumento sepolcrale, da venire scolpito in due
pezzi , cioè la cassa come quella di un altro sepolcro di non so qual ma-
gnifico Severo, con tre figure delle Virtù teologali al di sotto, ed un cappello
o decorazione sovrastante con tre altre figure di tutto rilievo in marmo,
NEI SECOLI XV E XVI. CAP. III. IO9
entrando pur finalmente nella stessa convenzione due porte da decorarsi
nella tribuna anzidetta , 1' una della sacrestia e 1' altra del convento , con
cornici e con architrave adorno di due gcnietti per ciascuna, in atto di
tenere le armi del Bracco. Tutti i cennati lavori si obbligavan pertanto i
due artefici dare interamente finiti di li ad un anno , stabilitone il prezzo
in once duccentotredici (1. 2715.75), di cui, anticipandone loro once cin-
quanta a principio (1. 637.50) ed altrettante all' arrivo de' marmi da Car-
rara, si sarebbe indi in progresso pagato tutto il restante. Per cotal prima
anticipazione facevansi poi mallevadori di essi al Bracco, in data del dì 9 di
agosto dello stess' anno, il magnifico Puccio degli Omodei per once venti-
cinque (1. 318.75) e maestro Gabriel di Battista, suocero del Mancino, per
altrettanta somma , con che il Di Battista medesimo , in nome anche di
maestro Paolo suo figlio assente , promettea in ogni caso serbare indenne
1' Omodei della detta malleveria. Del che contentatosi il Bracco , anticipava
tosto le once cinquanta a' due artisti ('). Né passò guari al certo, che fu-
ron le dette opere da essi condotte a fine e collocate due anni appresso,
notandosi da Valerio Rosso , dal Di Giovanni e dal Cannizzaro , cronisti
dello scorcio del sestodecimo secolo e del sorgere del decimosettimo, che
nella tribuna di quella chiesa (oltre il sepolcro del mentovato Giorgio senza
alcun epitaffio) era appunto al lor tempo un arco marmoreo storiato dei
miracoli della Madonna del Soccorso e di S. Agostino e con di sopra i due
seguenti distici e l'anno:
CLARVS EQVES BRACCVS FVLVI DITISSIMVS AVRI
JORGIVS HOC SCVLPTO MARMORE STRVXIT OPVS.
IDQ.VE TVO CCELI REGINA DICAVIT HONORI.
SVNT HIPPONENSIS VOTA'SECVNDA PATRIS.
ANNO DOMINI MCCCCCVI. Villi. INDICTIONIS.
Ma poi, rifatta a nuovo del tutto nell'interno la chiesa nel 1672, e co-
struito il novello cappellone, andò distrutta ogni ricchezza di marmi, che ador-
navan l'antica tribuna, e quindi né dell'arco, né dell'altare, né del sepolcro, né
delle porte riman più al presente vestigio. Nondimeno dal fin qui detto é
qualche fondamento a sospettare, che opera di Giuliano e di Bartolomeo, e
specialmente del primo pel maggior pregio del disegno e dello scolpito ,
possa esser pure l'elegante decorazione marmorea, ancora esistente, nelF e-
( ' ) Vedi fra' Documenti di quest'opera, riunì. XXII.
HO I GAGIXI E LA SCULTURA IN SICILIA
sterno della porta laterale di detta chiesa. É condotta in bella forma rettango-
lare sul gusto già prevalente del risorgimento dell'arte, ma di stile tutt'altro
che gaginesco , con gli stipiti e 1' architrave a fasce ornatissime , che dàn
luogo a nove tondi , due con miracoli della Madonna del Soccorso e gli
altri con belle mezze figurine di sante vergini e di altri Santi in delicato
rilievo, de' quali sta a capo in mezzo S. Agostino, laddove poi al di sopra
sulla cornice fa compimento nel centro un semicerchio sormontato da un
Dio Padre in atto di benedire, dentrovi una bella mezza figura in altorilievo
della Madonna anzidetta con mazza in mano fra vari angioletti genuflessi, e
crescon da' lati ornamento due candelabri con dappiè figurine della Vergine-
Annunziata e dell'angelo (')• Dal carattere dello stile, che nulla ivi tiene
del Gagini e più in vece si approssima a quello del Mancino e del Berret-
taro nelle lor migliori sculture, è da rilevare pertanto , che, forniti i lavori
della tribuna, abbia potuto inoltre il Bracco aver loro affidato in appresso
la nuova opera di tal porta, comunque nell'anteriore convenzione non ne
sia motto : oltreché in piede alla convenzione medesima si vede poi un'a-
poca in data del 29 di maggio del 151 5, onde il Mancino dichiarò ricever da
quello altre once cinquanta (1. 637.50) , oltre alle somme precedentemente
pagate, e quindi s' ingenera ben naturale il sospetto, che ciò non sia stato
dopo nove anni dalla collocazione dell'arco della tribuna, se non in prezzo
del lavoro indi aggiunto della suddetta porta esteriore. Ma del resto non
se ne sa più di tanto.
È chiaro poi per pubblico atto in Palermo in data del di 8 novembre
del 1508, che il solo Giuliano per proprio suo conto si obbligò al nobile
Giacomo Squarcialupo, in nome costui e per parte di una signora Violante
Di Francesco , a fare un monumento sepolcrale con sua architettonica de-
corazione all'intorno, dell'altezza di tredici palmi e mezzo (m. 3,51), com-
presine gli stipiti, l'architrave e la cornice, ed il sarcofago lungo una canna
(m. 2,06) , da poggiar sopra tre figure in rilievo della Fede , della Spe-
ranza e della Carità , e con una figura di donna in atto di giacer morta
sopra il coperchio, oltre una montagnuola con una croce al disopra, egli
stemmi de' Di Francesco e degli Spadafora dall'una banda e dall'altra. Era
quindi tenuto lo scultore, pel prezzo di once venti (1. 255), fare il tutto a
sue spese e dare il detto monumento finito e collocato al più per tutta la
(2) Vedine un disegno nella tavola V di quest'opera.
NEI SECOLI XV E XVI. CAP. III. I I 1
settimana santa ventura nella cappella degli Spadafora in San Francesco in Pa-
lermo ('). Ma ivi oggidì non ne esiste che la sola decorazione esterna di un
arco, del resto assai semplice, con due pilastrini corinzi scanalati, che sor-
reggono un architrave retto sovrastante , dove ricorron due scudi con le
armi delle due dette famiglie , siccome si vede nella destra nave minore
della chiesa, contiguamente ed al di fuori dell'antica cappella de' Mastran-
tonio. Nessun vestigio però vi rimane del sarcofago, che ivi sembra abbia
dovuto aver luogo e che certamente andò distrutto con altre più preziose
artistiche opere ne' molti rinnovamenti, che devastarono in appresso quel
tempio.
Ciò intanto é innegabile, che in detto anno 1508 Giuliano recossi in
Polizzi e vi assunse il lavoro di una statua di Nostra Donna con in braccio
il bambino , la qual fu collocata nell'anno stesso a capo del cappellone di
quella chiesa maggiore , essendosi egli obbligato scolpirla in Palermo e
quindi mandarla al prete Francesco Galegra, economo e procuratore di detta
chiesa, pel total prezzo di once venti (1. 255), con che dovesse ella esser
simile di aspetto ad un' altra colà esistente nella cappella del magnifico Vin-
cenzo Notarbartolo (2). Questa, che ne fu tolta a modello , è un' elegante
statuina segnata dell' anno m.cccc.lxxiii nella base , la qual si vede sto-
riata in bassorilievo dell' Annunziazione della Vergine fra due teste di se-
rafini di vaghe forme. Ma benché in verità non fosse riuscito il Mancino
a trasfonderne la soavità del sembiante nella sua opera, la qual per manco
di grazia e di espressione nel volto non par certamente delle migliori, ch'egli
abbia potuto condurre, vi dimostrò nondimanco quel maggiore sviluppo di
linee e di artificio, per cui generalmente per pratica d' arte egli va innanzi
all' ignoto quattrocentista con uno stile più largo e più progredito , dando
del resto ancor prova di bella espressione in tre figurine di un Cristo sof-
ferente fra un uomo ed una donna genuflessi e preganti da' lati , siccome
ricorrono in mezzano rilievo nel piedistallo , eh' é pure segnato dell' an-
no m.ccccc.viii.
Ed altre sculture, comunque s'ignorin quali, é intanto certezza avere il
medesimo lavorato in quel tempo per Polizzi, oltre la statua anzidetta. Peroc-
ché in data del 30 gennaio XIII ind. 1509 (15 io) é uno strumento di procura
(') Vedi fra' Documenti, num. XXIII.
( 2 ) Vedi fra' Documenti, num. XXIV. I (,
112 I GAGINT E LA SCULTURA IN SICILIA
in Palermo, ond'cgli creò suo procuratore un tal Michele Panebianco a ri-
scuotere quanto gli si dovea in quella terra, cosi dagli ufiziali di essa, come
da altre persone di ecclesiastici e laici, e principalmente dal prete Galegra;
e quindi è chiaro , che altre somme , oltreché da costui per la statua già
consegnatagli, per vari lavori da altri gli eran dovute ('). Ne meno evi-
dente apparisce, che il Berrettaro , in nome ancor del Mancino , colà con-
venne agli atti di notar Giovanni Perdicaro in data del 7 di maggio del 1509
pel lavoro di una custodia di marmo per la cappella del Sacramento in
quella maggior chiesa. Ma di tale custodia , che poi non fu eseguita che
molto più tardi, sarà luogo a dire in appresso.
Si ha intanto per pubblico atto del di 24 di marzo XII ind. 1508 (1509),
che i detti due scultori si obbligarono in solido in Palermo allo spettabile
don Carlo d' Aragona, barone di Avola, per costruire nel cappellone presso
l'aitar maggiore nella chiesa di S. Maria di Gesù, fuori le mura della città,
un monumento o deposito in marmo con sua volta ed arco, pilastri e ca-
pitelli, giusta un disegno appo di loro esistente, con vano alto quindici palmi
(m. 3,81) e dieci largo (m. 2,58), ed i pilastri ampi un palmo e mezzo
(m. 0,39) e la volta due palmi (m. 0,52), oltre la cassa sepolcrale, di forma
quadra, simile a quella di un altro deposito del defunto Guglielmo Aiuta-
micristo. Del tutto quindi si stabiliva a trentasei once il prezzo (1. 459), es-
sendo del resto tenuti i due artefici dar l'opera totalmente fornita e collocata
di li al venturo settembre (2). Ed ancora si vede nel cappellone della chiesa
suddetta, dal lato del Vangelo (giacché dal lato opposto vi ha ben altra più
sontuosa decorazione sepolcrale, indi eseguita dal sovrano scalpello del Ga-
gini), un arco in marmo, sebbene ora assai guasto, con pilastri e architrave
ornati di fregiature del cinquecento, ma di grossolano lavoro, recando vari
scudi con le armi di casa Alliata , ed al di dentro , oggi a terra , un sar-
(') Die .v.v.v." januarii xiijs ind. i so<j (1510). "Presenti scripto publico notimi facimus et leslamur , quoti
boti, magister Juiianus Manchinus, scultor marmorum, e. p., corani nobis, ornili meliori modo, jurc et forma, qui-
hus melius ... potili! ci potest d juxta formavi juris, spante constitu.it, fecit, creavit et sollemniter ordinavi! procu-
ralorein smini legititnum et iudubilalum Michaelem Tanibianco, lieel ubseiilem, ite., ad peteudum, exigendum, re-
cipiendum, recuperanium et habendum ac imbuisse et recepisse conjìtendum oniiie id totani il quantum eidem de-
betur ni terra Polieiì tain ab ofjìeialibus ditte terre et personis aliis quibtiseitinque, tam eeeiesiastieis, qitain secula-
ribus, il pracsci tini a venerabili presbitero Francisco Galegra virtute contrattiti celebrali maini notarti Joanttis
'Pei dira rio de 'J'o/ieio, etc. — Testes: egregius Antontllus de 'llaptista ti no. Jo. de Scalia. — Dal registro di nu-
mero 3791 di notar Giovanni de Marchisio, XIII ind. 1509-10, fog. 210.
(2) Vedi fra' 'Documenti, num. XXV.
XLI SECOLI XV H XVI. GAP. 111.
1I3
cofago con una figura giacente di donna al di sopra e con due angeli o
geni in fronte, che recali pure uno scudo con le armi anzidette, senz'alcuna
iscrizione. Ma, benché ivi la scultura risponda al tempo ed allo stile per lo
più mediocre del Mancino e del Berrcttaro, non è affatto certezza, che questo
sia il deposito , eh' ebbero essi allogato dall'Aragona , giacché di alcuno
stemma di costui non vi è vestigio, e poi gli stemmi, che vi nari ripetuti
degli Alliata, ed il sarcofago con quella figura muliebre giacente, di cui non
è parola nella convenzione per quello , sembran persuadere piuttosto , che
sia da stimarlo diverso. Ma niun altro deposito è ivi, che alla convenzione
medesima corrisponda, e nulla di sicuro rimane all'uopo da aggiungere.
Più notabile opera indi per fermo fu quella, che ambi gli stessi due soci
per atto del di 27 di febbraio XIII ind. 1509 (15 io) assunsero a fare uni-
tamente in Palermo con loro marmi allo spettabile don Carlo Villaraut, si-
gnore e barone di Prizzi, cioè una gran decorazione marmorea nella maggior
tribuna o cappellone, che allor costruivasi nella chiesa della Gancia de' frati
Minori Osservanti di S. Francesco. Ivi (siccome é dato raccoglier dall'atto) (!)
era a dar luogo a tre grandi pilastri in marmo , alti ciascuno canne sei e
palmi sei e mezzo (m. 13,68), con gli spazi intermedi fra essi di tre canne
e due palmi (m. 6,71), e tutti e tre di egual larghezza di sei palmi e due
terzi (m. 1,77), con loro proporzionate basi e capitelli, recando scudi con
le armi di quel signore. Dovevano i due laterali pilastri esser lavorati ester-
namente a fogliami, mentre dall' una banda e dall'altra erano neh' interno a
scolpirsi in mezzano rilievo cinque diversi Santi sopra lor basi, da tre pal-
mi (m. 0,77) a tre e mezzo (m. 0,90) alti ciascuno, oltreché dovean prose-
guire al di sopra i detti pilastri, allungati da due altri di compimento con
due figure per ciascun de' due lati. Destinavasi fare ancor ivi un arco sot-
tostante storiato in mezzano rilievo con San Francesco e sua storia, e due
altri archi di fronte su quello, ciascun con otto mezze iìgure di Santi sopra
nuvole, parimente a mezzo rilievo, le primarie di tre palmi (m. 0,77) e pro-
porzionate all'arco le altre. Dovea finalmente ricorrer di sopra un architrave
con fregio, dando ancor luogo in uno de' due sottostanti laterali triangoli
all'Annunziata e nell'altro al Gabriello in mezzano rilievo e di confacente gran-
dezza, e sopra il detto fregio nel mezzo ad un Cristo risorto di egual lavoro
e di sei palmi (m. 1,56), in atto di venir su dal monumento con in mano
C ' ) Vedi fra' "Documenti, num. XXVI.
I J 4 I GAGINI E LA SCULTURA IN SICILIA
un vessillo. Aggiungcvasi un altare di marmo per la detta tribuna, da deco-
rarsi con figure delle quattro Virtù cardinali e con vari scudi con le armi
del Villaraut, oltre cinque altri scudi, che si obbligavano lavorar gli scultori,
ed insieme un tondo largo tre palmi (m. 0,77) con una mezza figura di
Nostra Donna col divin figlio in mezzano rilievo, da decorarne la chiave del-
l'arco in cima. E tutta cotale opera promettean essi entrambi lavorar mae-
strevolmente , e darla in loro bottega di lì ad un anno e mezzo spedita,
essendosene fermato il prezzo in once duecentrentacinque (1. 2996.25), di
cui, già ricevute da essi venticinque (1. 318.75), ne avrebbero incorso del
lavoro avuto indi il restante : al qual uopo col detto don Carlo Villaraut
anche lor si obbligava il suo figliuol primogenito don Giovanni per mag-
gior sicurtà dell'adempimento.
Difficile è però poter farsi distinta idea del congegno architettonico di
sì gran decorazione , stando alle oscure e confuse indicazioni , che ne dà
l'atto stesso e ch'erano allor chiarite dal disegno di quella, serbato appo
il notaio e che or non più esiste. Nulla per altro rimane oggi dell' archi-
tettura di essa; ne di archi, né di pilastri , né d' architrave ed ornati vi ha
più vestigio ; e niun particolareggiato ragguaglio ne lasciò pure alcuno dei
precedenti scrittori. Accenna sol di passaggio il Mongitore, che a 2 di a-
prile del 1672 ruinò in detta chiesa il cappellone con due cappelle conti-
gue ('); e quindi è da credere, che allora quella grand' opera de' due soci
scultori abbia potuto venir manomessa, senza che nulla siasi curato serbarne.
Non so del resto se vi sia mai appartenuto un gruppo in marmo di me-
diocre scultura , il qual si vede ora nel centro della parete in fondo del
cappellone odierno , rappresentando Nostra Donna sedente col bambino in
atto di porger la regola a San Francesco, che le sta genuflesso a' piedi;
il tutto con l'aggiunta di grossolani e pesanti stucchi in forma di angeli e
nubi, sostituiti al pregio degli antichi marmi in tempo del più abominevole
pervertimento del gusto. Né pure é noto, che dall'antica decorazione pro-
vengano il S. Antonio di Padova ed il S. Bernardino da Siena , statue al
naturale di bello e purissimo stile dell'epoca felice del risorgimento dell'arte,
le quali, dinanzi poste sopra due altari della chiesa, furon di poi trasferite
a' di nostri nel cappellone stesso da' lati, di sotto al cennato gruppo. Impe-
(') MONGITORE, Le chiese e cau- de' regolari in Palermo, pai le prima; fra' manoscritti della Biblioteca
Comunale palermitana, a' segni Q.q E 5, pag. 684.
NEI SECOLI XV E XVI. GAP. III. I I 5
rocche non é alcun motto di statue nella convenzione già fatta col Mancino
e col Bcrrettaro, ma sol di figure e mezze figure di Santi in mezzano rilievo,
e quindi non pare facile che le statue anzidette abbiano avuto luogo da prima
nella tribuna. Ala il merito poi de' detti due artefici di molto in concetto di
rinomanza vantaggerebbe, se veramente di quella avessero fiuto parte e fossero
di lor mano scolpiti (come oggi si ha qualche ragione di sospettare dallo
stesso tenore del mentovato contratto) i quattro pregiatissimi tondi in marmo
con altrettante mezze figure in alto rilievo, due dell'Annunziata e dell'angelo e
le due altre del detto S. Bernardino e di S. Ludovico, vescovo di Tolosa, quai
furono scoperti dall'esimio architetto professor G. B. Filippo Basile nel 1858
nell'alto delle pareti di un corridoio del convento medesimo della Gancia,
e collocati in chiesa, dove si ammirati oggi, da' due lati del cappellone (').
Tali sculture , e specialmente quelle della Vergine e del Gabriello (giacche
son di alquanto -minore arte, sebben molto pregevoli sempre, le due altre dei
detti Santi), vengono senza follo fra' più bei lavori, che il sentimento ed il
gusto italiano abbian prodotto in Sicilia nel sorgere del cinquecento, e veg-
gonsi con tal perfetto stile e con tal morbidezza, soavità ed eleganza ese-
guite da parer cose in vero degne de' più insigni maestri. Perlochè non è
in me sicurezza alcuna a dir di leggieri opere di Giuliano e di Bartolomeo
cotali capolavori dell'arte, giacché, ponendoli in riscontro ad altre sculture,
che indubitatamente son di lor mano, le vincono in merito di gran lunga,
e non può quindi afflitto intendersi come in quelli abbian essi potuto le-
varsi a cotanta altezza. Rende di ciò ragione un qualunque confronto, che
per poco si faccia fra il bellissimo e celestiale sembiante dell'Annunziata
alla Gancia e lo sgraziato e stupido aspetto della cennata Nostra Donna
scolpita dal Mancino pel cappellone della maggior chiesa in Polizzi, a non
volere ancor mettere in campo le opere del minore scalpello del Berrettaro,
siccome quelle dell'arco marmoreo, di cui parleremo, nella chiesa del Car-
mine in Alcamo, quai son veramente assai debol fattura. Nondimeno, aven-
dosi ora certezza della convenzione fatta da' due mentovati scultori col Vil-
laraut per sì gran decorazione della maggior tribuna alla Gancia, ed appa-
rendo dal tenore dell'atto, che negli spazi triangolari sovrastanti al grande
arco di essa di sotto all'architrave dovevano ricorrer da un lato l'Annun-
ziata e dall' altro l' angelo in mezzano rilievo e di confacente grandezza, è
( ' ) Vedine un disegno nella tavola VI di quest'opera.
1 1 6 I GAGINI E LA SCULTURA IN SICILIA
da sospettare che quelli, e specialmente il Mancino, supcriore alquanto in
merito all'altro, servitisi de' migliori modelli, sian riusciti in quei tondi
a superar lo;o stessi , se pure non siensi giovati per si rilevanti sculture
dell' aiuto e dell' opera di alcun altro valente maestro , siccome vedrem più
tardi aver fatto il Bcrrettaro , a cui si obbligò in Palermo scolpire alcune
statue un carrarese scultore Francesco Del Mastro, di cui sarà luogo in ap-
presso a dire. Nulla però più oltre riman di certo in proposito; né pure é
agevole definire in che parte appunto della decorazione marmorea suddetta
avessero avuto luogo gli altri due tondi con le mezze figure de' due Santi,
se pur veramente vi appartennero; ed altronde s'ignora che ne sia stato di
tutto il resto di quella, che, stando a quanto se ne raccoglie dall' atto, do-
veva aver gran ricchezza di mezze figure e storie ed ornati , talché non è
dubbio che la più parte ebbe ad andarne perduta.
Molto riscontro di stile con le mentovate sculture dell'Annunziazione
sembra poi abbia un bel marmo, che, già capitato in private mani non so
da qual luogo in Palermo, fu poi da non guari trasmesso e venduto in Pa-
rigi, figurante in mezzano rilievo una Nostra Donna sedente col divin fi-
gliuoletto, che tutto nudo ed in vaghissimo atteggiamento volgcsi a pren-
dere un uccellino dalle mani di un angelo, che gliel porge, mentre sei altri
angeli le stanno in fila schierati al di dietro , e genuflessi da' due lati di-
nanzi il Battista e San Giacomo maggiore da pellegrino in figure bellissime,
con dappiè la seguente iscrizione , la qual dinota il soggetto : m. mater
gratie regina septe angelorv. Bene osservò chi fu già possessore di si
pregevole opera in una particolare illustrazione datane in luce , che molto
essa ricordi il fare de' Toscani , specialmente negli angeli , nel panneggia-
mento della Madonna e nel putto, e che dalla testa al cinto essa Madonna
appunto somigli la mezza figura dell' Annunziata alla Gancia ('). Ma da
ciò non mi pare ne segua, che sia di Antonello Gagini a dire tale scultura,
siccome quegli credette, laddove, sebben di alto pregio, ha essa a mio av-
viso il carattere di uno stile diverso, e manca specialmente nelle teste degli
angeli di quel tipo di soavità e di leggiadria incomparabile, che non lasciò
mai quel sovrano maestro di avervi impresso , datovi esempio della più
bella ed attraente espressione e del più esquisito artificio fino alle più se-
condarie testine di serafini. Laonde tengo in vece , che , se veramente il
(') Onufrio (Andrea), 5» d'un bassorilievo in manne. Palermo, 1879, con fotografìa.
NEI SIXOLI XV E XVI. CAI'. III. II7
Mancino scolpì i due tondi dell' Annunciazione suddetti, è facile pure sia
egli stato l'autore di questo bel marmo, nel quale anche in tal caso la carra-
rese origine di lui spiegherebbe l' impronta del fare toscano, che vi prevale.
Per ogni dove nelT isola, da un capo all' altro, appare intanto i due
soci artefici aver fornito lavori. Quindi è, che per atto del 25 giugno del
1 5 1 1 troviamo ch'entrambi Giuliano e Bartolomeo crearono in Palermo lor
procuratore Antonio di Battista , fratcl della moglie del primo , a recarsi
personalmente in Modica e in Chiaramonte ed in altri luoghi del regno e
di fuori, ove bisognasse, a chiedere e riscuotere quanto lor fosse da varie
persone dovuto in virtù di precedenti obbligazioni e contratti (I). Ignoro
poi precisamente quali sculture avessero essi condotto pe' due nominati
paesi del Val di Noto, ed è probabile anzi, che non più esistano, giacché
pei tremuoti del 1693 andaron colà in mina le più antiche chiese. Po-
trebbe del resto venir loro attribuita una statua della Madonna delle Grazie,
alquanto scorretta nel disegno, ma pure di qualche pregio, la qual tuttavia si
vede nella chiesa dell'abolito convento de' Riformati in Chiaramonte: ma non
ne è certezza alcuna per documento. Certo è in vece, che Giuliano Mancino,
per pubblico, atto in data del 12 gennaio XV ind. 1511 (15 12), obbligossi
ad un trapanese frate Gregorio Cipollina, cappellano della chiesa di S. Maria
della Grotta in Palermo, a scolpirgli pel prezzo di once quattro , tari sette
e grani dieci (1. 54.18) una lapide sepolcrale con la figura di lui giacente
morto al di sopra e con dappiè uno scudo con le sue armi (2). Ma, di-
strutta poi quell'antica chiesa, nel cui sito fondarono i Gesuiti la loro Casa
(') La mentovata procura si trova in tal data nel registro di num. 2502 di notar Gerardo La Rocca,
an. 1510-11, indiz. XIV, fog. 447-9, nell'archivio de' notai defunti in Palermo. E vi è appunto instituito pro-
curatore il Di Battista ad se conferendoti tam in terra Mohac et in terra Cìaramoiitis , guani in hoc regno Si-
cilie et alibi, ubi opus fuerit, et ibi nomine et prò parte ipsorum coustituencium petendum, exigendum, etc, a qui-
btisvis personis ipsorum constituencium debitricibus ex quibusvis contractibus, obìigaccionilms, etc.
(2) Die xij." januarii xv.' ind. M." ecce." xj.° (15 12). Magister Julianus Manchino, marmorarius, civis pa.,
preséns corani nobis, (ponte vendidit ven. fratri Gregorio Chipullina de civitate Drepani et cappellano veri, ec-
clesie Sancte C\(arie di la Gratta 'Panornii , presenti et ementi et stipulanti ab eo , quamdam balatam marmorie,
bonam, receptibilem ac mercantibilem et sauani, lavoratala, de longitudine palmorum sex et di larghila pahnorum
duorum cum dimidio, cimi f rat re mortilo scalpilo, cum eius sento seti armis ipsius fratris Gregorii in pede et cimi
cius spurtello in capite, cimi suis Collis circumcirca di lo spitrtel/o, item et litteras ad electioncm ipsius fratris
Gregorii; tonarti et magistrivilimenti; quain assignare promisit ipse ni. r Julianus dicto fratri Gregorio per totani
medietatem quadragesime anni presentis proxime future, in apotega ipsius magistri Juliani. Et hoc prò predo 1111-
ciarum quatuor, tarenorum septem et graiiorum decem />. g., etc. Sub ypotega etc. — Testes: no. Joannes de Carlo, ni.
Jo. Antonini de Sancto Philippo et vi. Kicolans Antonius Casanotta. —Dal registro di num. 2284 di notar Mat-
teo Gentile, an. 15 10-13, m&- XIV-I, fog. 201, nelFarchivio de' notai defunti in Palermo.
I 1 8 1 GAG1NI K LA SCULTURA IN SICILIA
Professa col sontuoso suo tempio, dell'anzidetta lapide non più rimase vesti-
gio, ed era essa per altro uno de' tanti lavori secondari, da cui pure non ri-
fuggivano allora i più riputati artisti, non mai ristando dalla loro ammirabile
attività e traendo da ovunque guadagno. Cosi troviamo, che ancor egli il
Mancino, per atto in data del di 22 di marzo dello stess'anno, vendette in
Palermo ad un Niccolò di Languilla e ad un Pietro Vitale, come procura-
tori della chiesa di S. Maria della Porta in Geraci, cinque paia di colonnine-
di bianco marmo con lor capitelli , al prezzo di oncia una e tari dodici
(1. 17.85) il paio (J). Né guari dopo il medesimo, a' 28 del giugno se-
guente, si obbligò in Palermo ad un magnifico Vitale di Vitale pel lavoro di
tre marmoree finestre, ciascuna con una colonna intermedia, da farsi in un
tenimento di case del detto Vitale, da lui appigionato ad un Mariano Ver-
nagallo ; il tutto conforme ad una finestra ivi esistente sulla scala e pel
prezzo di once nove e tari quindici (1. 121. 12) (2): oltreché poscia in data
del 4 aprile del 1513 si ha un' apoca pur del Mancino, ond' egli dichiara
ricevere once quattro e tari cinque (1. 53.12) da un Alfonso Parisi per
parte del magnifico Giambattista La Rosa , a compimento del prezzo di al-
cune colonne di marmo fatte al regio Steri, ossia all'antico e famoso pa-
lagio de' Chiaramonte, poi devoluto alla real corte (3). Ma per siffatte o-
pere piuttosto da scarpellini che da scultori è ben naturale, che il maestro,
( ' ) Eodem xxij marcii xv ind. ijii. Hon. magisler Juliantis de stanchino, scultor, e. pa., corani twbis sponte
vendidit honoràbilihus tiAcolao de Languilla et Petro Vitali de terra Girachii, presentìbus et ab eo enientibus pro-
curatorio nomine et prò parie ecclesie Sanclc Marie di la Porta diete terre , quinque paria di culonnelli, marmo-
rea, boni, albi, .... longitudinis palmorum novem prò singulo parlo, cuth eius capitellis more solito et consueto; et
hoc prò predo ad racioiinu uncie j et tarcnorum xij prò singulo pare, etc. — Dal registro di num. 2503 di no-
tar Gerardo La Rocca, ari. 1 511- 12, ind. XV, fog. 355 retro a 356, nel detto archivio.
( 2 ) Die xxviij.° juiiii xv.'' ind. 1512. Magisler Julianus V\Canchinus, civis Tanormi , corani nobis sponte St
obligavit et obligai magnifico Vitali de Vitali , presenti et stipulanti , faccre tres finestras marmoreas, albas et bo-
uas, etc, de marmore dirti magislri Juliani, prò tenimento domorum dicti magnifici Vitalis, per cum locato ma-
gnifico Mariano Vernagallo , eo modo et forma et qualitate , quibus est quedam fenestra marmorea conrespondeus
scale dicti tenimenti Jomoriun, una cum tribus colonnis, videlicet per ornili finestra la sua colonna, et cum carimi
capitellis; et hoc prò predo unciarum novem et tarenoriim quiiidecim, etc. — Dal registro di num. 2504 dinotar
Gerardo La Rocca, an. 1 512-13, ind. I, fog. 578 retro, nel detto archivio.
(5) Die iiij aprilis p.c ind. ijij. Magister Julianus Maiichiuus, e. pa., presencialiler corani nobis et maiiua-
liter habuit et recepii a no. Alfonsio de Parisio , presente et solvente nomine et prò parte magnifici Jo. Abbnitiste
La 'Rjisa , uncias quatuor il tarenos v.e in pnrvulis ad complimentimi di certi culopni marmorey facti alo regio
Steri, ut dietns 111/ Julianus dixit, reniincians exceptioni, etc, virlute unius apodixe directe magnifico domino se-
creto hitius urbis Panarmi. Unde, etc. — Tcstes: Jacobus I^Lavarrus, no. Macyillus de. Trauio et m.r xAntonius lit
'Rjtssu. — Dal registro di num. 1880 di notar Giacomo I Lucido, an. 1 512-13, ind. I, fog. 490, nell'archivio
de' notai defunti in Palermo.
NEI SECOLI XV E XVI. GAP. III. I 19
avendole assunto ad eseguire, siasi giovato del concorso di giovani allievi e
garzoni , di che per fermo non ebbe ad aver difetto ; e quindi , comunque
degli altri d'ignoto nome non sia più oggi contezza, si sa del giovine Pietro
Di Battista, figliuolo naturale del prete Giambattista dello stesso cognome,
cognato di Giuliano, essersi obbligato in Palermo a quest'ultimo, per pubblico
strumento in data del 3 di febbraio XIV ind. 15 io (15 11), a dimorar con lui
per tre anni e quattro mesi a fargli tutti i servigi dell'arte, così in Palermo
eh" fuori, con che l'arte stessa gli avrebbe quegli insegnato secondo la pos-
sìbilì*"5, propria e la capacità dell'intelletto di lui, non dandogli del resto che
il vitto consueto, le vestimenta, il letto ed i ferri del mestiere. Laonde, es-
sendosi in seguito infermato per ben quattro mesi il detto allievo , si ob-
bligò poi nuovamente al maestro per atto del 6 di maggio dell'anno appresso
rifargli altrettanto tempo in servigi nell'avvenire (:).
Circa a lavori di figure, per atto in data del 19 di febbraio I ind. 15 12
(15 13), vendette indi il Mancino in Palermo al chierico Giovanni di Riscifina,
qual procuratore della maggior chiesa di Castanéa, una statua di S. Caterina,
esistente nella propria bottega; e si obbligò finirla , lustrarla , darvi l' oro e
l'azzuolo fine, giusta il costume, e di poi consegnarla di lì al dì 8 del se-
guente settembre pel prezzo di once sette e tari diciotto (1. 96.90) (2). Pari-
ti1) Eodem iij." fébruarii xiiij.' ind. i;w (i 5 1 1). Petrus de Abbattista, civis 'Panhormi, corani nobis sponte
se obligavit et obligat magistro Juliano Manchino, scultori et habitatori Tanormi , presenti et conducenti ac stipu-
lanti, moraturum cimi eodem annis tribus et mensibus quatuor, ab hodie in antea numerandis, ad faciendum omnia
et siugula servicia arlis apotece dicli conductoris ac domus, tam hic Tanormi guani extra; et hoc prò esu et pota
consuetis ac calciamentis et vestimenti! licitis et necessarih lectogue prò dormieudo, eiimgue óbligatum docere artem
secundum eius possibili tatem et capacitatati inteìlectus dicti obììgati , et in fine temporis rum iuduere de panno
novo condecenti , secundum eius artem, nec non et ei dare et assignare ferrea duodecim artìs predicte, nec non et
una maxpla, uno compassa et una squadra; promictens d'ictus obligatus ire ad huiusmodi servicia eaque facere bene
et diligenler, ut decet, et in eis continuare, minimegue inlicentiatiim recedere: alias tencatur ad omnia danpna ,
interesse et expeusas, quo casa perdat tempus servita. Hoc tamen pacto , quod casti quo infra id tempus dictus 0-
bligatus, quod absil, iufirinaretur, tencatur dictus obligatus, et sic protnisit eidem conduttori presentì et stipulanti,
prò ilio tempore, quo jaceret infirnius , ci in fine dicti temporis reficere , et non olite r nec alio modo. Que om-
nia, etc. ■ — ■ Testes: uobilis Andreas Labbati et m.r Petrus Lu Munti. — E segue pur ivi in margine: 'Die vj.° inaij
xv.' ind. 1512, prefatus Petrus de «Abbaltista obligatus, in proxhno coutractu nomìitatus, corani nobis, ad iustanciain
dicli tuagistri Jitliaui conductoris, preseutis et petentis ac stipulantis, spante dixit et confessus est finisse et extìlisse
infirmimi mensibus quatuor continttis et completis, ut dixit, renunciaiis exceptioui etc: quos quidetn menses quatuor
dictus obligatus protnisit eidem magistro Juliano, stipulanti ut supra , reficere co modo et forma et sub omnibus
illis pactis, óbligalionibus et aliis cautelis et juramentis in predicto coutractu contentis. Et juraveriint, etc — Testes:
magnificus Joanues Baptista de TJsignano, Telrus de Stephano et Marcus Antonius Corracbitto. — Dal registro
di num. 2502 di notar Gerardo La Rocca, an. 1510-11, ind. XIV, nell'archivio de' notai defunti in Palermo.
(2) Vedi fra' Documenti di quest'opera, num. XXVII. jy
120 I GAGINl E LA SCULTURA IN SICILIA
mente fu egli tenuto scolpire una Nostra Donna in marmo ad un Calo-
gero Scaccia della terra di Caltavuturo pel prezzo di once sedici (1. 204),
giusta il tenore dell'atto rogatone in notar Giovanni Guerriero il di ultimo
di marzo di detto anno 151 3: ond'è, che del danaro anticipato o da anti-
cipare a tal uopo a Giuliano si fece poi mallevadore, in caso di dovere re-
stituirlo , un maestro Giacomo di Benedetto , pur egli scultore (ma di cui
fino al presente non mi son note opere di sorta), per atto in Palermo del 20
del maggio seguente ('). Ma non è facile fra varie statue di tal soggetto, che
esistono di quel tempo in Caltavuturo, discernere appunto qual fu al Man-
cino allogata (2). E si ha del medesimo inoltre, che a 23 di agosto dello
stess' anno 1 5 1 3 istituì suo procuratore il collega Bartolomeo Berrettaro ,
comunque assente , a chiedere ed esigere checché gli fosse o gli sarebbe
dovuto da tutti i suoi debitori in tutto il regno di Sicilia , massime dal
magnifico Martino o Marino de' Notarbartolo, essendo a notar neh' atto di
tal procura, qual trovasi in Palermo nel registro dell'anno della prima indi-
zione 15 12-13 di notar Vincenzo Smatta, ch'esso fu fatto in prima a ri-
scuoter soltanto in terra Tolicii, e che indi, cancellate queste parole, vi fu-
rori esse sostituite dalle altre in foto regno Sicilie, volutosi estendere il senso
(■) Fideiussio prò Caloyaio de Scacha cantra magistrum Jacobum de "Benedicto. — Eodem xx.° mai] p.' imi.
iji], Tro honorabili magistro ] aliano de S\( 'anellino, scultore, rive panhormilano, et eias precibus, erga konordbiUìn
Caloyarum de Schacha de terra Calatabuturi , in casa restituctionis Mamm pecuniarum tam babitarum guani
habendarum prò predo unius figure marmoree intemerate Virginis Marie, guani dìctus magister Julianus se óbli-
oavit facere dicto Caloyaro. prò predo undarum xvj virtute cuiusdam publici contractus celebrati in actis egregii
notarli Joannis de Guirrerio die ultimo mensis marcii p.e indictionis Iustantis, magister Jacobus de. Benedicto, etiaiu
scultor, corani nobis sponte fideiussit et se fideiussorem et principalem solutorem et debito rem constituit, etc. — Te-
stes: Hieronimus de Piala de civitate Messane et Jacobus de Graffeo de dvitate Sacce. — Dal registro di num. 2504
di notar Gerardo La Rocca, an. 15 12-13, >n4- *> f°g- 463 verso.
( 2 ) Stimo che più delle altre senta lo stile del Mancino una mediocre statua di Nostra Donna col divin
pargolo, ivi esistente nella maggior chiesa in una cappella a destra del cappellone, cui è contigua. Un'altra,
probabilmente più antica, ma di miglior lavoro, specialmente per la bellezza del volto , si vede pur ivi sul
primo altare a sinistra dall'ingresso, e rende piuttosto il fare di Domenico Gagini. Un'altra, bensì pregevole,
ch'é nell'interno del monastero di S. Maria la Nuova o di S. Benedetto , reca dappiè nella base l' iscrizione
seguente: FELIPO DE PASQVALE A FATV FARE QVISTA IMMAGINE COMPLITA L'A. 15 16; e
quindi è da stimarla diversa da quella, onde il Mancino si era obbligato allo Scaccia tre anni prima, e forse
dello stesso ignoto scultore, di cui nella sacrestia della chiesa del detto monastero si vede altresì una custo-
diettain marmo di buono stile con Cristo in piedi nel mezzo fra due angeli in alto rilievo, ed al di sopra la
Natività del medesimo, e sotto alcune mezze figure degli apostoli da' lati del vano del ciborio , essendovi
scritto da un lato: MCCCCCXVI S. A. Né finalmente del Mancino sono affatto da credere due altre belle
statue di Madonna, che nella stessa chiesa si ammirano , sentendo esse più che altro la bellezza del far ga-
ginesco, e soprattutto quella, ch'è sull'alter maggiore, di molto pregio e sviluppo.
NEI SECOLI XV li XVI. GAP. III. 12 1
anco a tutt' altri crediti da riscuotere altrove ('). Riman però quindi evi-
dente, che principal debitore esser doveva in Poli/zi il Notarbartolo, sic-
come quello, che in ispecial modo vien ricordato nominatamente nell'atto
e che colà vivea fra' più qualificati signori, tenendovi alto il nome del suo
nobil casato. Da costui quindi si erari dovute allogare sculture , di cui dal
Mancino già ripetevasi il prezzo , comunque nulla si sappia del soggetto
di esse o del sito. Non è altronde notizia di lavori eseguiti in quel tempo
nella cappella spettante a' Notarbartolo nella chiesa maggiore in Polizzi ,
dove, oltre la pregevole statua suddetta di Nostra Donna , dappiè segnata
dell'anno 1473, non è che un sarcofago dell'illustre Vincenzo della stessa
famiglia, morto nel 15 16 e che vi si vede effigiato giacente sul coperchio
con un cane a' piedi; il qual sarcofago, eh' è ora nel lato sinistro di detta
cappella, era pria di rimpetto nel destro lato, sotto un arco marmoreo, che,
oggi rimasto senza scopo, rendeavi un di molto decoro per la ricchezza dei
suoi fregi con eleganti teste di serafini e fioroni, ricorrendovi anche in mezzo
nella parte superiore della parete in alto rilievo una mezza figura di Madonna
col bambino fra due angeli, oltre due statuine simboliche laterali. Ma certo
è del sarcofago, non meno che dell'anzidetta statua, che insieme rimontino
ad un tempo anteriore non poco a quello del nobil Martino o Marino, es-
sendo stati l'uno e l'altra ordinati da Vincenzo stesso, che si dispose in vita
quel sepolcro, ignoro se più per pietà o per signoril fasto, quarantatre anni
prima della sua morte , siccome è chiaro dalla seguente iscrizione in una
antica lapide sottostante al suo gentilizio stemma nella vicina parete : Vin-
ccntius Notarbartoìns vir iìlustris hic jacct. Ad honorem T)ei parcntis immaginali
et sepulcrum fieri mandava anno mcccclxxiii : obiit mccgccxvi. Laonde , ove
non voglia ammettersi per probabile (siccome pur sembra dal carattere delle
sculture) , che Giuliano , per volere dell' altro Notarbartolo e sul declinar
della vita di Vincenzo, abbia aggiunto al sepolcro molti anni prima ordinato
la decorazione marmorea dell'arco, che molto par senta il suo stile , é in
vece da sospettare, che o egli fece a quello in Polizzi altre opere , di cui
( ' ) Si legge in fatti nell'allegato strumento di procura nel volume di num. 1602 nell'archivio de' notai
defunti in Palermo, che il Mancino fece il Berrettaro suo procuratore ad petendum et exigendum ....omne id
tantum et quantum recipere et hdbere debuti, debet et deb'ebit ab omnibus et quibusvis suis debitoribus (cancellato
in terra Tolicii) in tolo regno Sicilie, et maxime a magnifico Martino de Notbario Bartolo, quocumque jitre , ti-
tillo, radon t seu causi, tam rirtute contractuum et ssriplnrarum publicartnn et privalarum , qitam siue , et al
tomparendum corani quoris judice, etc.
122 I GAGIXI E LA SCULTURA IN SICILIA
or non è più notizia, ovvero già gli si era obbligato al lavoro di un' altra
cappella di patronato del medesimo in San Francesco , e forse ripetevane,
giusta il tenor del contratto, alcuna delle solite anticipazioni sul prezzo. Ma
di tale cappella , che si ha argomento a credere da altri di poi terminata
morto il Mancino, sarà luogo in seguito a dire.
Però la più notevole e la più intatta, che or ci è dato conoscere come si-
cura opera di Giuliano; è una gran macchina o custodia, comunemente detta
la comi ovvero icona (col qual greco nome appcllavansi ed ancora si appellano in
Sicilia ogni maniera di grandiose decorazioni con sacre immagini, comunque
scolpite o dipinte) e che decora la tribuna della maggior chiesa di Monte
San Giuliano. È tutta in bianco marmo, e nella base con sei dadi sporgenti
e con elegante cornice ricorrono in lungo in mezze figurette di mezzano
rilievo i dodici apostoli, cioè otto a due a due da ciascun de' due lati , e
Cristo benedicente fra' quattro altri nel centro , oltreché ne' detti sei dadi
si aggiungono quattro santi dottori e due santi re. Sorge indi su tale base
un primo ordine con sei pilastri corinzi leggiadramente adorni , dando ivi
luogo ad una più grande nicchia centrale, che, occupando anche in alto
lo spazio del second' ordine sovrastante , ha in mezzo una Nostra Donna
sedente col divin pargolo fra otto cherubini genuflessi in alto rilievo dai
lati, mentre due altri angeli al di sopra recano un ostensorio di antica forma
e con in cima una croce. In quattro minori nicchie laterali , decorate dei
detti pilastri ed inoltre ciascuna di un'elegante conchiglia nella parte su-
periore al di dentro , sono intanto quattro pregevoli statuette , comunque
alcun po' tozze, de' Santi Pietro e Paolo , del Battista e di San Giuliano.
Seguon poscia in un second' ordine altri sei più piccoli pilastrini corinzi,
dando luogo da' lati a quattro scompartimenti di storie in mezzano rilievo,
cioè la Cena Eucaristica, l'orazione nell'orto, la cattura e la condanna di
Cristo: e venendo poi essi sormontati da architrave e cornice con iscrizione,
si erge indi ancora al di sopra un terz' ordine con quattro pilastrini e tre
storie, cioè nel mezzo il Cristo crocifisso fra' due ladroni con gran molti-
tudine di relative figure a pie della croce, ed a destra la Deposizione ed a
manca la Pietà , ovvero la dolente madre col morto figliuolo in grembo ,
aggiuntevi inoltre dal di fuori due piccole nicchie con una ignota Santa a
destra e San Giacomo maggiore a sinistra, ed estremamente due cande-
labri. Cosi, restringendosi la corta in elegante piramide, vi ricorron di sopra
NEI SECOLI XV E XVI. GAP. III. 12 3
due altri pilastrini con in mezzo Cristo risorto sul monumento e da' lati
due belle figure di profeti in piedi in alto rilievo ed altri due candelabretti
all' esterno , laddove poi sul detto Cristo e sopra analoga cornice si erge
ancora un frontispizio triangolare, dentrovi espressa in piccole figure la Na-
scita di Gesù e nella sommità un Dio Padre in mezza figura ed in atto di
benedire, benché più che altro assai tozzo e imperfetto. Nell'architrave poi
sovrastante al Crocifisso anzidetto, cioè al terz' ordine, ricorre in lungo la
seguente iscrizione, che cosi è dato leggere, discioltene le abbreviature: hoc
OPVS CO.MPLETVM EST EXISTENTIBVS VENERABILIBVS ANDREA PIRVCIO ARCHIPRE-
SBITERO, ANTONINO CANICZARO ET MARCO CADELA (Camìcia) CAPELLANIS. E nel-
l'architrave di sotto quest' altra: fvit expedita dicta cona m.° ccccc. xiii exi-
STENTIBVS PROCVRATORIBVS NOBILIBVS ANTONIO MARGAGLIOTTA, NICOLAO TV-
scano et x.° (Christophoro?) caniczaro. Di tale opera altronde è certezza,
che fin da tre anni prima era già in corso di lavoro , avendosi nel testa-
mento di una nobile Angela, vedova di un Francesco Provenzano, agli atti
di notar Niccolò Pollina in detta terra del Monte, in data del 27 dicembre XIV
indiz. 15 io, ch'essa legò tre once (1. 38.25) prò cona marmorea, qne fit in
ecclesia S. otarie in major i aitare ('). E ch'essa principalmente sia stata allo-
gata al Mancino chiaro risulta in prima da un' apoca data addi 2 di otto-
bre del 15 14, per cui lo scultore, ricevendo in Palermo una residuale somma
di once quindici (1. 191.25) da' procuratori ed economi della chiesa mag-
giore di Monte San Giuliano, dichiarasi totalmente pagato e soddisfatto del
prezzo della cona da lui già fornita e consegnata , giusta il tenore di un
atto colà rogato da notar Giovanni Antonio Toscano in data degli 1 1
del precedente luglio (2): oltreché segue ancora più tardi altro strumento,
( ' ) Devo di ciò notizia al padre Giuseppe Castronovo, domenicano ericino, che trovò quivi il detto te-
stamento in quell'archivio de' notai defunti.
(2) Die ij.° mensis octobris iij. ind. 1514. Cimi hoiiordbilis magister Juìianus de Manchino, scultor, fuerit
et sit credito)- honorabilium Antonii de Tuscano, Antonii fMargaglotto, Nico!ai Jandetrapani et Jocinnis de Can-
nic^ario de tetra Montis Santi Juliani, tam eorutn propriis nominibus, qaam tamquam yconomis et procuratoribus
majoris ecclesie diete terre fMontis, in unciis quindecim prò integro predo, magisterio et manifactura unius yconc
marmoree per dictos procuratores habite et recepte , ut asseritur , virtute cuìusdam publici contrac! its celebrati in
actis egregii notarii Jo. ^Antonii de Tuscano, publici notarli diete terre Montis , die xj.° julii ij.' imi. proxime
preterite; propterca bodic, presenti die pretitulato, dictus magister Juìianus de Manchino, corani nobis, ad peti-
cionem et instanciam dictorum procuratorum, dixit et fatetur fuisse et esse integre solututn et satisfactum de dictis
unciis quindecim superius declaratis et expressatis, hoc modo, videlicet: uncias duodecim a dicto Joanne de Caiiu/c-
%ario hodie contanti, et uncias iij ad conplimcntum per manus honorabilis Francisci Coppaia per baucum magnifi-
124
I GAGINI E LA SCULTURA IN* SICILIA
dato in Palermo a 28 di luglio del 15 16, in cui lo scultore stesso, come-
cessionario della maggior chiesa anzidetta, dichiara aver ricevuto tari quin-
dici (1. 6.37) da un Geronimo di Marino della medesima terra, a compi-
mento di once sei (1. 76.50), come restante di maggior somma pel prezzo
della corta di marmo ivi fatta. Nelle quali once sei si accenna ancor com-
putarsi oncia una e tari sette (1. 15.73) pagati già in conto del Mancino a
maestro Bartolomeo Berrcttaro, e tari sei (1. 2.55) al cognato Antonello Di
Battista: ond'è a pensar che si l'uno, del quale è noto avere da socio per
molti anni lavorato insieme con quello , come i fratelli dell' altro, Pietro e
Paolo, e l'altro giovine Pietro loro nipote, de' quali è certo che furono an-
ch' essi scultori o marmorai e che già l'ultimo innanzi si era messo a' servigi
del Mancino, gli siano stati d'aiuto in quell' opera ('). Ma intorno al merito
di essa giova soggiungere, che, sebben vi si ammiri nel tutto un cotal gusto
di decorazione, eh' è degno in vero dell' epoca del maggiore risorgimento
dell' arte , vi mancano nelle singole parti e specialmente nelle figure quella
elevatezza di espressione, quel gradevole e delicato eseguire e quel sapiente
magistero di forme , che furon doti di più valorosi ingegni. Né altrimenti
si avverte in altre sculture di quel tempo e di conforme stile , qua' sono
in Trapani due statue degli apostoli Pietro e Paolo nella basilica di San Pie-
tro, un Cristo risorto sull'altare con quattro figure di soldati esterrefatti al-
l'intorno nella cappella de' marinai annessa al santuario famoso dell'Annun-
ziata, ed un avanzo di coita, che probabilmente era in prima nella chiesa di
San Lorenzo , dov' è oggi il duomo, cioè un basamento con mezze figure
corum Francisci et Benedirti All'iuta, renuncians exceplioni etc. Et ime de causa dietus maglster Julianus dictos
procuratores, videlicet dietimi Joanuem de Cannicxario, presentem et slipidantetn, et alios absenles, me notarlo sti-
pulante prò eis, corumque heredes et bona, propriis et quibus supra noinlnìbus, a solucione dletarum unciarum xv
prò predo dictae yconae quietavit, liberarli, penitus et absolvlt per aquilianain stlpulacionem, etc. Sub ypotheca, etc. —
Testes : egreglus notarlus Vlncenllus Cannìc^aru, maglster DtCasus de 'Barone et magister Antonius Rlcharl. — Dal
registro di riunì. 2265 di notar Antonino Lo Verde, an. 1 514-15, ind. Ili, fog. 152, nell'archivio de' notai
defunti in Palermo. La differenza poi, che corre ne' nomi de' procuratori, diversamente indicati nella riferita
iscrizione della coua ed in questo strumento , non può di leggieri spiegarsi donde provenga ; e gioverebbe
forse a chiarirla, se si trovasse, l'altro allegato documento del di 11 luglio del 1514 in notar Giovanni An-
tonio Toscano, ericino. Ma non mi venne dato poter colà rinvenirlo fra' miseri avanzi di quel notariesco
archivio.
(') xxi'iij.' julii iiij.' lud. ijió. Honorabllls maglster Julianus Manchino, marmorarius , elvis T attoniti,
prescns corani nobis lamquam cessionarlus mayoris ecclesie terre DvContis Sancii Juliaul , ut asserititi- apparare le-
ttore cesslonis celebrale manii notarli Jo. Aulouii de Toscano de eadem terra, ad Instanclam et requisleionein no.
Ylìeroiiimi de Marino de eadem terra, presentii et hoc ab eo conjileri pclentls, spante preseiieiallter habu.it et re-
NEI SECOLI XV E XVI. CAP. 111. 12j
degli apostoli, alte m. 0,40 , e con un vano pel ciborio nel mezzo , quale
or si vede nel cortile della vicina casa Bonfante. Un simil fare rilevo in un
pregevol sepolcro di un Antonio Laliotta, morto nel 15 12, nel duomo di Mar-
sala, con la figura di lui giacente sul coperchio col cane a' piedi, e con sei
mezze figure simboliche di Virtù , ricorrenti dattorno alla cassa sepolcrale
fra ornati di eletto gusto. Che se alla bellezza di questi le dette mezze figure
non affatto rispondono, è da osservare appunto, che lo stesso è nella cerna
di Monte San Giuliano; e quindi più facilmente reputo ancor del Mancino
quest'altro lavoro in Marsala, non mcn che gli altri dianzi cennati in Tra-
pani , ammettendo pure , che in tutti la minore arte del socio Berrettaro
abbia potuto avere sua parte.
Con gente delle lor patrie contrade della penisola tenevano intanto i
due soci scultori, e principalmente il Mancino, relazioni attivissime, sì per
provvedersi di marmi opportuni in tanto fervor di operosità, come per altri
commerci, da cui traevan profitto. Quindi è, che Giuliano, a 23 di giugno
del 15 13, anche per parte del Berrettaro, suo socio assente, costituivasi in
debito di once ventotto e tari diciotto (1. 364.64) ad un Lotto di Guido da
Carrara (lo stesso, di cui altronde rilevasi, che colà pure talvolta provvide di
marmi il Buonarroti) (!), allora in Palermo, pel prezzo di tredici carrate
di marmi, di venticinque colonne lavorate e fornite in tutto con loro basi
e capitelli ed ancor di sessantasei mortai , che il detto debitore ne aveva
già ricevuto (2). Notevol cosa per fermo , che riputati artefici non aves-
sero avuto a vile occuparsi anche a rivendere mortai di marmo in Sicilia.
cepit ab eo tareuos quindecim in aquilis argenteis ad conplimentum uncianim sex , coniputatis micia una et tarenis
septeiu solutis pio eo magistro Bartolomeo Birritaro et computatis tarenis sex solulis egregio Antonello de ^ibbat-
tista, eius sororio : et sant ad conplimentum mayoris sunune sibi debite per dìctam mayorein ecclesiali! prò manti-
fattura cuiusdam cane marinerie in ea fatte. Unde, ut in futurum appareat et ad cautelavi dicti nobìlis Yhero-
nimi, facta est presens apoca, suis die, loco et tempore •valitura. — Testes : Andreas de ^Angelo et magister IsLi-
colaus de Lan\a. — Dal registro di num. 3081 di notar Antonino d'Aiuto, an. 1515-26, ind. IV-XIV, nel-
l'archivio de' notai defunti in Palermo.
( ' ) Le lettere di Michelangelo Buonarroti pubblicate coi ricordi ed i contratti artistici per cura di Gae-
tano Milanesi. In Firenze, M. DCCC. LXXV, pag. 568, 577, ce.
(2) xxiij junii p.' ind. 1513. Hou. magister Julianus Manchimi, scalpito/; e. p. , presens coram nobis, taiu
prò se et suo proprio nomine, guani nomine et prò parte magistri Bartolomei Birrittaru, eius sodi absentis, spanta
se proprio et quo supra nomine constituit debitorem hon. Lodi de Guido de Carrara parcium Tuscane, presentis
et stipulantis, in unciis xxviij , tarenis xviij p. g. , quas et quos dictus magister Julianus debitor proprio et quo
supra nomine dare et solvere promisi! eidem creditori stipulanti in pecunia numerata in Panormo per totum men-
sem decembris anni ij.* ind. proxime venientis : et sunt prò preccio carratarum tresdecim petre marmoree; item
126 I GAGINI E LA SCULTURA IN SICILIA
Ma per amor di trarne il maggior guadagno mettevan essi tutto a profitto
nell'arte, non rifuggendo ancor da bassi negozi al bisogno, come ancor dai
lavori più secondari. Trovasi anzi, che in data stessa del 23 giugno di
quell' anno il carrarese medesimo Lotto di Guido e Giuliano Mancino scul-
tore fccer fra loro società per tre anni a scopo di comprar grani, formaggi
ed altri generi in Palermo ed in tutta Sicilia e mandarli in Carrara o nella
riviera di Genova per indi spartirsene il prodotto delle vendite, ovvero per
impiegarlo colà in compra di marmi e vender poi questi nell'isola con nuovo
e doppio vantaggio (r). Così l'attività molta nell' arte, non men che nel
traffico, dovè aver fruttato a Giuliano ed a Bartolomeo suo compagno qual-
che agiatezza.
Indi per pubblico strumento in Palermo a 24 di aprile del 15 14 creò il
Mancino suo procuratore un Matteo di Langelica, suo nipote, a riscuotere
quanto gli era dovuto in tutto il regno di Sicilia e specialmente in Alcamo,
dove ed insieme all' altro e da solo molti lavori avea certamente fornito ,
come in particolar modo è da credere di varie statue di Nostra Donna, che
sentori molto il suo stile e che colà ed in altri luoghi rimangono (2). Ben
xxv culowpni /unititi, laborati cimi sol baxi et cappitélli ; item Ixvj mortavi , per eumiem debitorem proprio et
quo stipra nomine habiti et recepii ab eodem creditore stipulanti, etc. — Dal registro di nurh. 1602 di notar
Vincenzo Sinatra, ari. 1 512-13, ind. I, nel mentovato archivio de' notai defunti in Palermo. Ed anzi il detto
strumento ivi si trova cancellato in virtù di un altro posteriore, che poi vi fu aggiunto nel margine, in data
del 7 marzo V ind. 1516, per cui Lotto di Guido dichiarò essere stato pagato e soddisfatto dal Mancino e
dal Berrettaro.
(') Eodem xxiij junii p.' ind. 1513. Hon. Loctus de. Guido de Carrara partitili! Tuscane ex una parte et
magisUr Julianus Manchimi, sculpitor, e. p., ex altera, presente! corani nobis, infrascriptam eoruni societatem eon-
ìraxerunt et contrahuiit, duraluram inter eos per annos tres continuo! et completos ab hodie in anlca numerando,
ad emendimi, lam hic Panormi, ijuam in loto hoc regno Sicilie, totani Ulani quantitatem fruinentorum, caseorum
et aliarum mercanciarum ad eorumdem sociorum elepcioneiu et voluntatent ad effectum mictendi ab hac felici urbe
et ab hoc regno in Carrara, seti in riparia Janue, et exinde, dictis frumentis , caseis et mercanciis venditis lam
per eum Lodimi, qtiam per dietimi magistrum Juliaititiu, percipienium predimi, seenni ferendum in hac predida
felici urbe, vel de eo emendimi lapides mariuoreas (sic) ad carimi liberala voluntatent et proni eri! eis vidisse; et
tandem, venditis dictis lapidibus farle emendis, deducto ex eis capitali ac omnibus expensis ab eis factis, lucrimi,
quod 'J)etts (ledei it, dividatur et dividi debeai inter eos in dualnis eqitalibus portionibus , scilicel itiiicitique contili
una equalis porcio : cum hoc, quod omnia Uhi f rumenta et casca, bis diebus clapsis onerala nomine dicti Lodi in
carricatorio Tcrmarum super quodam navigio fanuensi, intelligantur et sint empia et onerata communiter inter
eos, proni supra exponitur in presenti contrada societalis, etc. — Dal cit. registro di mini. 1602 di notar Vin-
cenzo Sinatra, an. 1512-13, ind. I, nel detto archivio. Ed anche questo strumento vedesi poi cancellato per
un altro posteriore atto aggiuntovi in margine in data del di 7 marzo V ind. 15 16.
(2) 11 citato atto di procura è nel registro di iium. 1772 di notar Matteo Fallerà, an. 151 3-14, ind. II,
f°£- 573 r'lro a 571» nel medesimo archivio de' notai defunti in Palermo. Fra le cerniate statue poi , che
NEI SECOLI XV E XVI. GAP. III. I27
secondaria opera indi fu quella, che per atto del 29 di agosto del 15 16 e per
prezzo sol di tre once (1. 38.25) si obbligò egli fare ad un magnifico Fran-
cesco de' Bracci, palermitano, qual fu un semplice altare consistente in una
lastra di marmo sostenuta da quattro colonnette; e non è pure notizia dov'era
da collocarlo (!). Più rilevante lavoro però fu quello al certo di un' altra
caini o custodia in bianco marmo , la quale a mio avviso a non altri me-
glio che a lui è da attribuire, fin oggi esistente sul? aitar maggiore della chiesa
di San Tommaso in Castrogiovanni. Havvi al solito una base storiata con
mezze figure degli apostoli , ergendovisi al di sopra cinque nicchie , nella
maggior delle quali nel centro è Nostra Donna col divin pargoletto, e son
nelle laterali S. Tommaso , S. Niccolò di Bari , S. Agata e S. Lucia , sta-
tuette di buono stile, ma tozze in vero alquanto e mancanti di perfetto svi-
luppo. E sulle dette laterali nicchie indi ricorrono in rilievo i quattro E-
vangelisti, dando luogo al di sopra ad un altro ordine, in cui nel mezzo è la
Pietà, ossia l'addolorata Madre col Cristo morto in grembo, standovi a' lati in
altre quattro nicchie l'Annunziata con l'angelo e due altre sante vergini, e
terminando poi il tutto in cima con certe tozze figurine del Cristo risorto
e del Padre Eterno. Sulla detta scultura della Pietà si legge intanto a grandi
caratteri: a. d. ino. m.cccccxv, qual fu certamente il tempo della collo-
cazione di tutta quell'opera. E ad essa del resto é probabile si riferisca una
posteriore procura del 3 aprile del 15 18, fatta in Palermo dal Mancino in
persona di un genovese Giovanni Mella, cittadino palermitano , perchè ri-
petesse e ricuperasse in Castrogiovanni quanto a lui era dovuto da Antonio
Ranzulla , Mazullo Romano , Pietro Labati e consorti , obbligati in solido
verso il medesimo Giuliano in virtù colà di un contratto in notar Guglielmo
van più probabilmente attribuite al Mancino ed al Berrettaro, sono in Alcamo quella della titolare (alquanto
migliorata più tardi dallo scalpello di Giacomo Gagini) nella chiesa di S. Maria del Soccorso e 1' altra sul-
l'altar maggiore in S. Maria di Gesù, dov'è pur del medesimo stile una statuetta del Battista. Aggiungi un
pregevole simulacro di Nostra Donna nella chiesa de' Cappuccini in Calatafimi, il quale in prima era al Car-
mine, un altro in Salerai in San Francesco di Paola con bassirilievi e due stemmi nella base, ed altri in buon
numero altrove.
(') Eoàem, xxviiij." augusti iiij." ini. 1516. Magister Juìianus Manchiuus , scultor , civis pa., corani nobis
sponte prornisit et sollemniter conventi et se obligavit et obligat magnifico Francisco de cBracbiis, eius concivi, pre-
senti et stipulanti , sculpirc seti facerc cimi eius marmoribus quoddam altare marmoreum consistcns in una balata
marmorea longitudinis pahnorum x et latitudini! palmorum trium, curri iiij." colupnellis ....; et hoc prò unciis iij,
otc. — Dal registro di num. 1774 di notar Matteo Fallerà, an. 1 5 16-17, 'm&. IV, fog. 712, nel mentovato
archivio.
18
128 I GAGINI E LA SCULTURA IN SIGILI.-.
Lo Guccio ('). Laonde, benché s'ignori il contenuto di tal contratto, può
ben darsi luogo al sospetto, eh' esso non concernesse che l' anzidetta custodia
della chiesa di San Tommaso, del cui prezzo, per cui probabilmente i confrati
eran tenuti in solido allo scultore, rimaneva dopo tre anni a pagargli ancor
qualche somma. Il che poi tanto più probabile e più prossimo al vero apparisce
per la totale corrispondenza, che corre fra le sculture di essa custodia con
quelle dell'altra dianzi descritta di Giuliano medesimo in Erice, mostrando
con analoghi pregi e difetti un identico grado di sviluppo e quasi il lavoro
di uno stesso scalpello.
Come intanto il Mancino, durante ancora la sua società col Berrettaro,
assumeva talora lavori per solo suo conto , è naturale , che altrettanto alla
sua volta l'altro del pari abbia fatto. Il che per l'inferiorità dello stile ed il
molto difetto di sviluppo e di espressione, che generalmente si avverte nelle
sculture di Bartolomeo, sembra in ispecial modo esser cosa evidente di una
ama o decorazione marmorea in fondo alla tribuna della maggior chiesa di
Calatafimi, dietro l'altare. Nella base, che mal da non guari venne staccata
dal resto e forma oggi il gradino o spalliera sopra la mensa di quello, ri-
corrono in piccole mezze figure ed in bassorilievo gli apostoli con Cristo
in atto di benedire nel mezzo. Indi al di sopra è luogo a cinque nicchie
fra sei pilastrini con ornati di qualche gusto , ma punto gagineschi , nella
maggior delle quali in centro si vede una statuetta di Nostra Donna in
piedi col putto in grembo, e ricorrono nelle altre da' lati altre quattro fi-
gure, cioè a destra S. Silvestro e l'arcangelo Michele ed a sinistra S. Nic-
colò di Bari e S. Antonio abbate. Seguon più alto due storie in figurine a
rilievo , cioè Cristo dinanzi a Pilato e la sua flagellazione , ed agli estremi
(') Eodern ///." aprilis vj.' imi. iji8. Honorabìlis m.' Julianus Manchimi, civis T attor mi , marmorario,
presens corani iwbis, confisus de fide, virtute, sufficientia, ydonietate et legaìitate honorabìlis Joanuis Mella, jauuensis
et civis Taiwnìii, ovini jure, modo, via et forma, quibus melius polii it et polest , spante eiinidein Joannem, licci
abscnlcm, lamqiiani pi esentali, coiistituil, fecit, creavit et sollemuiter ordìuavil in smini veruni, legitimum et imlit-
hi tatuili procuratoreni ad petendum, exigendum, percipiendum, recttperandum et habendum, vice, nomine et prò
parte ipsius constituentis, ab honorabili Antonio 'SjW^ulla, Mainilo 'l{jimano, Tetro Labati et coiisortibus de terra
Castri Joaiinis, in soliduin obhgalis ipsi magistro Jiiliauo virtute contractut celebrati marni notarli Gioiellili Lu
Gucho die eie. in dieta terra, tolum illud et quicquid ac quantum per eos ipsi constiti/enti debetur virtute supradicti
contractus , et de eo quod receperit quietamìuin, liberamìiuu, etc. — Dal registro di num. 3476 di notar Girolamo
Corraccino, an. 15 17-19, ind. VI-VII, fog. 159 retro a 160, nell'archivio de' notai defunti in Palermo. E di
questo documento e di altri nove intorno al Mancino ed al Berrettaro io son tenuto al signor Giuseppe Co-
sentino, studiosissimo alunno del nostro archivio di stato, essendosi egli piaciuto raccoglierli e comunicarmeli.
NEI SECOLI XV E XVI. GAP. III. I2i>
due mezze figure di profeti con al di sopra l'Annunziata e l'angelo, laddove
indi superiormente ricorre fra due pilastrini un'altra storia della Crocifissione
nel centro, fiancheggiata da due pregevoli figure in alto rilievo di S. Pietro
e S. Paolo con due candelabretti al di fuori; e termina in fine il tutto nel
mezzo con una cornice, su cui si volge un semicircolare pennacchio con la
Risurrezione al di dentro e con un Dio Padre benedicente in cima. E nel
totale congegno di siffatta opera è da ammirar sempre il gusto del risor-
gimento , che già prevaleva nelF arte , comunque allo scultore mancassero
energia d' ingegno e sviluppo di magistero atti a trasfondere con evidenza
nella forma la vita del sentire ed a raggiunger lodevole esecuzione. Laonde,
benché non se n' abbia fin ora certezza per documento , non dubito sia
quella da stimare eseguita dal Berrettaro, il quale, lavorando da solo e senza
il concorso del Mancino , riusci pure altrove a congegnare talvolta un bel
tutto , ma fu debole sempre per gusto e molto infelice in maneggiar lo
scalpello, non mai avendo raggiunto nelle parti la bellezza, la vita, la grazia, che
sono indispensabili pregi a valente scultore. Aggiunge argomento a non fare
ad altri se non a lui attribuire quell' opera 1' esistenza di essa in paese
molto vicino ad Alcamo, dove Bartolomeo aveva casa e interessi : oltreché
al tempo di lui perfettamente risponde 1' anno mcccccxii , che si vede se-
gnato dappiè di quella in un marmo di base ad un pilastro dietro l'aitar
maggiore, accennando per fermo il tempo, in cui fu collocata, laddove poi
nel basamento della medesima, che ora fa parte del detto altare, ricorre con lo
stemma del paese a sinistra l'iscrizione seguente :
IMPENSIS POPVLI CALTHA
PHIM. PROCVRATIB. V. DOPN
MATHEO GRVPPVSIO
NOBILIB. IOANE BBTA RO
SOLOMINIS GVLIELMO
TRVGLO CAPITANEO
HON. SALVO DAMVRVSIO
ÓTB.
PROCVRATIB.
Rilevasi poi da pubblico strumento in Palermo in data del 20 maggio
del 15 14, che il Berrettaro medesimo era già tenuto costruire una porta mar-
morea per la chiesa della confraternita di S. Egidio in Mazara pel prezzo
di once trentacinque (1. 446.25) , giusta il tenore di un precedente con-
I3O I GAGIXI E LA SCULTURA IX SICILIA
tratto presso notar Bartolomeo Bianco. Ma, sebbene di già ricevuto ne a-
vesse once sette a conto (1. 89.25) e fosse scorso il tempo della consegna,
non aveva per anco egli voluto finirla , temendo non poter conseguirne il
prezzo anzidetto, e quindi a ciò richiedeva o che questo in prima gli fosse
pagato in contante, o che alcuna o diverse persone si obbligassero in proprio
nome a pagarlo. Per la qual cosa , a comporre tal differenza , convennero
poscia in data del detto dì 20 maggio il mentovato scultore ed un notar
Andrea Polito , un de' rettori di quella confraternita , così per sé che per
parte e nome degli altri rettori Federico La Torre, Giovanni di Petralia e
maestro Agostino di Crinio; e quindi, promettendo ed obbligandosi il Ber-
rettaro fornire quella porta già cominciata e consegnarla per tutto il ve-
gnente settembre, promettea l'altro ed obbligavasi alla sua volta pagargliene
in Palermo tutto il restante del prezzo, cioè una metà per Natale e l'altra
per tutto aprile dell'anno appresso ('). Rimane essa intanto, benché assai
(') Die xx.° may ij.° imi. ij 14. Cini: bon. m.' Bartolomeus Birrictaru, scultor, vendiderit seu se obligaverit
tacere et construerc quandam januam marmoream prò venerabili ecclesia confraternitatis Santi Egidii civitatis
Maestrie, prò predio unciarum trìgìhla quinque, sub certis modo, forma, pactis et aliis expressatis in qnodam as-
sillo contrada celebrato manie quondam notarti Bartolomei de Bianco , de quo predio' didus vi.' 'Bartolomeus
habldsset a nobUibus rectoribus diete confraternitatis linciai septem et ìarenos prout asserii apparere in
quadam nota adjecta in margine dicti contradus proni in lìbrìs mercatorum ; qui m.' 'Bartolomeus , licei tempus
construdionis et consignalionis diete janue fuisset elapsum, noluisset bue usque dictam januam expedire, dubitando
ne forte potuisset consequi pretiiun ipsius , allegando nolle Ulani expedire nisi baberet prius totum pretium ipsius
de contanti, vel aliquam vel aliquas personas proprio nomine obligatas ad solveiìdum totum restata pretii predicte
janue; propterea bodie, pretìtulaio die, didus m.' Bartolomeus ex una parte et egregius uotarius Andreas Politus,
tuius ex rectoribus diete ecclesie et confraternitatis, tam per se, quani nomine et prò parte nobilitali Friderìci la
Turri, Joaiiuis de Petralia et honorabilis magistri Augiistiiii de Crinio , rectorum , prò quibus ipse egregius no-
tarius ^Andreas suo proprio nomine de rato promisi! juxta formarti ritits et quod ipsi nobiles Fridericus, Joaunes
el Augustinus ad otnnem sitnplicem requisitionem dirti magistri Bartolomei ratificabunt presentem contradum et in
solidum cum dido notarlo Andrea eorum propriis nominibus se obligabiint ad omnia in presenti contrada con-
tenta, sub ypotheca et obligatione honorum eorum omnium, ex altera, corani nobis sponte , mtituis stipulationibus
bine inde intervenientibus, ad invicem deveneruni ad infrascriptam eouveneionem, videlicel : quod didus m.' Bar-
tolomeus promisit et se obligavit eidem egregio notano Andree, presenti et stipulanti nomine diete confraternitatis,
dictam januam jam inceptam expedire et expeditam dare el consigliare per totum mcnscm sepleubris proxhne futuri,
a' modo, forma, loco, condictiouibus et aliis coutentis in dirlo conti adii et juxta ipsius contradus serietà in om-
nibus et per omnia; et sic didus uotarius Andreas per se el suo proprio nomine et prò dictis Friderico, Joaiiuc et
Angustino, prò quibus ut saprà de rato promisit de, dare el solvere promisit et se obligavit dido magistro Bar-
tolomeo sii pillatili totani restans pretii predicte janue, in pace, lue Tanormi, hoc modo, videlicel: imam medielalem
per totum festini! Nativitatis Domini nostri et alteravi per lolum aprilem anni sequeutis iij.' imi. , in pare el de
plano, eie. Que omnia, de. — Dal registro di mini. 2247 di notar Giovati Francesco Formaggio, an. 151 3-14,
ind. II, fog. 1106 retro a n 07, nel detto archivio de' notai defunti in Palermo. Documento comunicatomi
dal signor Giuseppe Cosentino.
NEI SECOLI XV È XVI. GAP. III. 13 r
sciupata dal tempo, nella chiesa anzidetta in Mazara; e due pilastri di com-
posito stile in bianco marmo con otto scompartimenti di storie, quattro per
ogni lato, vi rappresentano fatti della vita di S. Egidio in alto rilievo, con qual-
che merito composti, ma di mezzana esecuzione, laddove poi sui capitelli dei
detti pilastri ricorre un architrave retto con iscrizione e con lo stemma
della confraternita in mezzo , dando luogo al di sopra ad una cornice , su
cui si erge un pennacchio semicircolare con in cima una croce col Crocifisso e
dentrovi una mediocre figura di Nostra Donna sedente col bambino fra due
angeli, oltre due statuette di Santi da' lati. L' iscrizione comprende il se-
guente distico e l'anno :
REGIA PROGEN1ES TEMPLVM CVI PSIDET (prOCSÌdct) ALMA
EGIDIO FRATRES CONSTITVERE SVI. 1525.
Laonde è da pensare, che con molto indugio dopo altri dieci anni fu col-
locata quell' opera , la quale altronde sembra non esser dubbio , che sia la
stessa che quella di Bartolomeo , siccome dal mediocre stile delle sculture
apparisce, benché sia essa molto pregevole per l' eleganza e la bellezza del
tutto , e quelle storie medesime sian da stimarsi fra le migliori , che abbia
egli condotte. La detta porta per altro in tutto arieggia la forma e lo stile
di un' altra, anteriore di alquanti anni , la qual tuttavia rimane in Trapani
nell'odierna chiesa di Nostra Donna della Luce e che apparteneva in prima
ivi stesso ad un' antica chiesa di S. Giuliano, avendo ne' suoi due pilastri
per ogni banda tre scompartimenti di storie della vita di S. Giuliano ve-
scovo, e di sopra entro cornice semicircolare due figurine simboliche a' lati,
e nel mezzo due putti con uno stemma, oltre l'anno in tal guisa segnato
nella trabeazione sottostante: m.° ccccc vini.0 xm indictionis. Perlochè sem-
bra molto probabile, che questa porta sia stata fra le opere insieme eseguite
dal Mancino e dal Berrettaro quand' essi erano in società di lavoro, e che
poscia sia stata dal secondo di essi imitata nell'altra, che sedici anni dopo
fu collocata in Mazara. Al che cresce ancora alcun peso una statuetta di
San Vito, tutta sul fare del Mancino, la qual pure si vede, comunque guasta,
nella medesima chiesa della Luce in Trapani , pervenutavi forse dall' altra
chiesa più antica, mostrando, che in più di un'opera potè ivi ben egli es-
sere stato adoprato.
Avvenne intanto , che la società si a lungo durata fra' detti due arte-
I32 I GAGINI E LA SCULTURA IN SICILIA
fici, per cui essi tennero insieme comune bottega o studio in Palermo, restò
finalmente sciolta, non so per qual motivo, senza che pur la loro fraterna
amicizia cessasse. Quindi è, che, venuti entrambi all' uopo ad accordo op-
portuno, convennero per pubblico atto del dì 19 di ottobre del 15 17 a divider
fra loro i vari lavori, ch'erano insiem tenuti fornire a diverse chiese e per-
sone. Tali eran pertanto : la conci o custodia in marmo suddetta per la
maggior chiesa di Termini, giusta il tenor del contratto colà celebrato per
mano di notar Giacomo d'Ugo; un'altra custodia per la maggior chiesa di
Polizzi, secondo 1' atto ivi altresì rogato presso notar Giovanni Perdicaro ;
una cappella con una concita o piccola composizione in marmo, da farsi agli
eredi del defunto Stefano Adragna nella chiesa dell' Annunziata ovvero del
Carmine in Alcamo , conforme ad una convenzione già stipulata in notar
Andrea di Milazzo; un sepolcro in marmo al magnifico Bernardino Perdicaro
per deporvi l'estinta sua moglie fors'anco in Polizzi, giusta l'atto in notar
Pietro Boi ; un altro sepolcro alla signora Laura Settimo ed al barone di
Giarratana, suo figlio, per deporvi il lor defunto figliuolo e fratello Bartolo-
meo , come per atto in notar Pietro Russo ; e finalmente una cappella in
marmo con due grandi figure per la chiesa di San Francesco in Polizzi, da
eseguirla al magnifico Marino o Martino Notarbartolo, a' termini del contratto
in notar Perdicaro suddetto. Spettaron perciò al Berrettaro, tenuto di per sé
solo quindi a fornirle, la sopradetta opera della maggior chiesa di Termini,
1' altra della chiesa maggiore di Polizzi e la cappella altresì degli eredi del
morto Stefano Adragna in Alcamo; e spettaron del pari al Mancino le ri-
manenti altre opere, cioè il sepolcro della moglie del detto Bernardino Per-
dicaro, l'altro di Bartolomeo Settimo, barone di Giarratana, e finalmente la
cappella anzidetta del Notarbartolo in San Francesco in Polizzi. Per la qua!
cosa ciascun per sé i due scultori assumevano 1' obbligo di fornire e con-
segnare le dette opere, coni' essi insieme fin allora eran tenuti in virtù dei
cennati contratti e giusta il prezzo ne' medesimi stabilito, con che avessero
a intendersi compensate fra loro in tutto le somme sino a quel tempo già
ricevute in comune ('). Ma avendo io già detto abbastanza della cona di
Termini, dirò più particolarmente in appresso degli altri mentovati lavori,
che rimasero ad esser forniti da Bartolomeo, compresavi altresì la detta
cappella del Notarbartolo in Polizzi, la qual, probabilmente non avendo potuto
(') Vedi fra' Documenti di quest'opera, num. XXVIII.
NEI SECOLI XV E XVI. CAP. III. 1 3 5
indi più consegnarla Giuliano a cagion di sua morte, sembra sia stata di
nuovo dall'altro ripresa a finirla. De' due cennati sepolcri poi, de' quali as-
sunse Giuliano stesso il lavoro, non ho del resto alcuna certa notizia, igno-
rando se egli li abbia pur fatto e per dove , e se più oggi rimangano.
Trovasi finalmente, che ancor egli il Mancino, per pubblico strumento
in Palermo in data del 13 maggio del 15 19, si obbligò ad uno spagnuolo
Francesco Torres , cittadino di Malta, per fargli una conti in marmo, con-
forme in tutto ad un' altra allora esistente nella porta de' Patiteli! e con
figure e lavori giusta un disegno all'uopo di già eseguito. Era essa quindi
da venir lavorata in mezzano rilievo, alta dodici palmi (m. 3,09) dalla base
fino alla sommità del Dio Padre, e larga dieci in tutto (m. 2,58); e ciò
pel prezzo di once diciassette (1. 216.75), di cui, anticipatene già due allo
scultore e promettendo pagargliene sei altre di li a sei mesi , avrebbe indi
egli avuto tutto il restante al compimento dell' opera, ch'era pure suo ob-
bligo consegnare finita nella propria bottega in Palermo di li alla Pasqua
vegnente (!). È inoltre da sospettare, che lo stesso Mancino avesse dinanzi
fornito 1' altra cona anzidetta alla porta de' Patitelli : ma non ne riman più
vestigio, essendo a stimarla distrutta con la medesima porta, allorché questa
venne atterrata per volere del viceré don Garsia di Toledo nel 1564 per
tirare in lungo la nuova strada del Cassaro -, che da lui assunse anco il
nome. Né credo poi, che il detto scultore sia mai giunto a por mano alla
cona pel Torres, la quale probabilmente era da farsi per Malta, giacché non
(t) Eodem xiij may vi/'.' imi. Tjip. Honorabilis ni.' Jidianus Manchimi, e. pc, scultor marmoruin, preseiis
convn nobis, sponte promisi t seque soUcmniter obligavit et obìigat n. Francisco de Torres , hispano et civi civitatis
Melile, presenti et stipulanti , facere , expedire et compiere, ad omnes et singulas expensas ipùus magistri Juiiani
usque ad assignactionem faciemlam in apoteca, quamdam conam mannoreani , prout et quemadmodum fuit et est
i/la cona, que est in porta diìi Patitelli huius urbis Tallonili et cum i/lis figura et desinnis figuratis et desinnatis
in quodam desinuo existeute in posse dicti Francisci Torres, subscripto maini mei infrascripti notarli. Que quidein
comi sit et esse debeat di inerii relcvu, altitudinis pahnorum ditodeclm canne, mensurando a scannello, computato
dicto scannello, usque ad finimenliiiii T)ey Tatris, largitudinls vero palmoriim dtcem canne prò toto. Et hoc prò
predo unciarum decetn et septem ponderis gencralis, de quo predo dictus m.T Juliauus dixit et confessus est Imbuisse
et recepisse a dicto Francisco Torres uucias duas per baucum magnificorum Joaiinis Sanches et Benedicti Ram.
Iteiii uucias sex solvere prontisti dictus Franciscus prefato magislro Juìiano stipulanti Ine Tanormi blue ad nieuses
sex, et totani restans ad complimentimi, incontinenti assignata dieta opera Ine Tanormi, in pecuniis : promidens
dictus ni.' Julianus dictam conam marmoream bene et diligenter, ut decet, et de bono marmare mercantibtli et rc-
ceptibili, dare et assignare Ine Panormi in apoteca dicti magistri Juiiani, expedilam et completavi per totani {estimi
Pascatis 'Rjsurrexionis 'Domini, proxlme venturi : alias, etc. Que omnia ctc. — Dal registro di mini. 3476 di
notar Girolamo Corraccino, an. 1517-19, ind. VI-VII, fog. 590 a 591, nell'archivio de' notai defunti in Pa-
lermo. Documento comunicatomi dal signor Giuseppe Cosentino.
134 l CiAGINI E LA SCULTURA IN SICILIA
passaron due mesi dalla stipulazione del contratto, che la sua vita non so
per qual male si cstinse.
In data in fatti del 30 giugno di detto anno 15 19 rimane in Palermo
il testamento, onde Giuliano Mancino dispose del suo, essendo infermo e
in estremo , e si destinò sepoltura nella fossa dinanzi 1' altare de' Quattro
Santi Martin Coronati nel convento di San Francesco, dove si seppellivano
gli scultori ed i marmorai del paese in quel tempo (x). Istituì pertanto suoi
eredi universali in tutti i suoi beni mobili e stabili, rendite, dritti ed azioni
di ogni maniera, così in Palermo ed in tutto il regno di Sicilia, come nel
Castel di Carrara nelle parti di Toscana, i suoi figliuoli Simone e Marcan-
tonio e se altro maschio nascesse da Jacopella sua moglie incinta. Che se
fosse a nascere in vece alcuna femina, questa egli sostituiva erede partico-
lare in once cinquanta (1. 637.50) in danaro ed in once ottanta (1. 1020)
in arnesi per sua dote, non altrimenti che facea per un'altra sua figlia Lo-
renza o Lorenzella. Le femine intanto disponea succedessero a' maschi in
tutti i suoi beni ereditari nel caso di morte de' medesimi in minore età
e senza prole; e se poi tutti i suoi figliuoli, si maschi che femine, moris-
sero, volea lor succedessero i consanguinei a lui più prossimi in grado, vi-
venti e dimoranti in detto Castel di Carrara. Fece egli inoltre tutori e go-
vernatori de' detti beni e de' figli la sua consorte medesima Jacopella ed i
magnifici Puccio Omodei, barone di Vallelunga, e Gismondo .Scorsone, acciò
tutti e tre unitamente e non mai separatamente i cennati suoi averi ammi-
nistrassero , potendo "anch' essi creare alcun procuratore o governatore per
quelli, che si trovavano esistenti in Carrara e nell'interno della Sicilia, ri-
masti dopo la morte del suo genitore Simone. Con altre disposizioni di minor
conto conchiudca poscia il suo testamento Giuliano: oltreché in egual data
da altri pubblici atti risulta com'ei sempre più procurasse dar sesto alle sue
faccende pria di morire. Notevole fra gli altri è un atto di procura, ond'egli
creò suo procuratore, sebbene assente, un Giacomo Curuna, perchè fra varie
somme a lui dovute riscuotesse anche quella di once undici e tari venti-
quattro (1. 15045) per resto di prezzo del guarnimcnto di una cappella,
giusta il tenor de' contratti e di una fideiussione agli atti della regia gran
corte (2). Ma non si accenna qual cappella e in che sito. Nò altro di lui
( ' ) Vedi fra' 'Documenti di quest'opera, num. XXIX.
(2) Son le parole del detto strumento di procura: ex restante predi guarnitnentì unius cappelle, ut patii
NEI SECOLI XV E XVI. CAP. III.
r35
fin ora rimane a dire, giacché nient'altro mi venne fatto raccoglierne di ri-
levante e di sicuro intorno a memorie della vita e delle opere.
È certo poi, che Giuliano non ebbe alcuna successione nell' arte, lad-
dove questa non esercitarono affatto i suoi figli, i quali giovanissimi lo se-
guirono nel sepolcro. A Marcantonio già morto tenne dietro quindi Si-
mone o Simonello nel 1524, del quale, essendo infermo ed in età di di-
ciannove anni, si ha testamento in Palermo in data del 9 di aprile, ond'egli,
destinatasi in prima la sepoltura nella solita fossa dinanzi l'altare de' Quattro
Coronati nel convento di San Francesco, istitui universali eredi in parti e-
guali di tutti i suoi beni Jacopella, sua madre, e Lorenzella, unica superstite
suora (')• Ordinò però egli, che la detta sua madre della metà degli averi
non fosse che usufruttuaria , vita durante, e che alla morte di lei dovesse
anco entrarne in possesso la sorella, ovvero, se morta, i suoi figli o i ne-
poti. Che se Lorenzella senza figliuoli morisse pria della madre , costei le
succederebbe nella metà di sua spettanza, ma sempre in usufrutto, laddove
indi alla morte dovrebbero succederle altri figli legittimi e naturali, ch'ella
per avventura potrebbe avere avuto in quel tempo; e, se poi non ne avesse,
le succederebbero in eguali porzioni i Di Battista, fratelli di lei e quindi zii
materni del testatore, cioè il prete Battista in usufrutto, Antonio ed i due
maestri Paolo e Pietro scultori ed i lor figli e nepoti in perpetuo. Legava
egli inoltre once quattro (1. 51) ad una sua cugina Agatuccia di Battista,
figliuola del detto Antonio, ed altre once due (1. 25.50) ad una cotal Ber-
tuccia, figlia di un defunto maestro Andrea de Jan cut so, non so se lo stesso
o diverso di Andrea de Carso scultore, mentovato già ne' capitoli dell'arte
de' marmorai nel 1487, e di cui è certezza vivesse con figli in Palermo
insino al 1508 (2).
tani virtuté contractuum, quam fidejussioms reperte pencs acta magne regie curie. Il quale atto segue al testa-
mento di Giuliano Mancino, sotto la data medesima del 30 giugno VII ind. 15 19, nel registro di num. 1603
di notar Vincenzo Sinatra, an. 151 5-19, ind. IV-VII, nell'archivio de' notai defunti in Palermo. E vi seguono
inoltre, sotto la stessa data, un altro strumento, per cui magister Tetrus de Baptista, sculpitor, e. p. , presens
corani nobis, sponte se constituit debitorem magistri Juliani stanchimi , eius concivis et cognati, presentis et sti-
pulantis, in unciis iij et tarenis xxvj p. g., prò totidem per eundem magistrum debitis, habitis et receptis eius parte,
voluntate et mandato, per dictum magistrum Julianum solutis hominibus , qui prestiterunt anno presenti concia in
l'ima, etc; un'apoca, onde lo stesso Mancino dichiara ricevere da maestro Paolo di Battista oncia una e tari
ventidue per lavori altresì nella vigna, e finalmente un atto di ricognizione del medesimo Giuliano in prò di
un maestro Jacopo di Benedetto, pur egli scultore, di cui anco di sopra è ricordo.
( > ) Vedi fra' Documenti di quest'opera, num. XXX.
(2) Vedi nel precedente capitolo di quest'opera a pag. 64 e seg. io
I36 I GAGINI li LA SCULTURA INT SICILIA
Da tutto ciò sempre più chiaro si vede siccome intime relazioni fos-
sero corse fra le famiglie di tali artisti, e come principalmente il più stretto
legame di affinità sia stato fra quelle de' Di Battista e de' Mancino, i cui
rapporti anzi non si può a men di avvertire da quando Gabriele di Battista
ed Andrea Mangino o Mancino, entrambi ricordati qua' marmorai lombardi,
siccome di sopra è discorso , attendevano insieme al lavoro di numerose
colonne pel nuovo edificio del palazzo Abbatelli in Palermo nel 1488. Ma,
comunque il detto Andrea ben abbia potuto essere zio o fratello maggiore
di Giuliano, non se n'ha prova fin ora per documento. Giova però aggiun-
gere in conferma de' posteriori rapporti, che per atto del 3 di novembre del
1 5 1 3 si ha di Pietro di Battista unitamente a Caterina sua moglie aver già
conceduto ad enfiteusi, ovvero a censo di sei once annuali (1. 76.50), al
cognato Giuliano Mancino una bottega con solaio nel piano della Marina,
contigua alla casa del fratello Paolo (J): oltreché poi lo stesso Pietro, qua-
lificatosi scultore nativo di Palermo e cittadino di Termini, per atto del dì
seguente 4 novembre , in nome ancor della detta sua moglie e de' minori
suoi figli d' ambo i sessi e del secondo letto , vendè parimente al cognato
un censo di once tre e tari nove (1. 42.08) sopra una bottega nel quar-
tiere della Concerìa, di rimpetto al medesimo piano della Marina (2). La
cittadinanza di Termini, ottenuta per altro da quello , fu certamente effetto
di aver egli a lungo talvolta colà soggiornato, come da altri scultori e scar-
pellini anche fu fatto a cagion della roccia di puro calcare, ch'é ivi in gran
copia e ch'era allor molto in uso in architettura , adoprandosi alle svariate
(') T)ie iij.° novembris ij.' ind. i$i}. Cum m'. 'Petrus de 'Baptista et Catharina jugales, cives felicis urbis
Tanhormi, .... ernphiteocarunt et ad emphiteosim et annuum censum unciarum vj .... dederunt et tiinc concesserunt
in"". Juliano Manchino, eius sororio et concivi, .... solarium seu apothecam cum solario, sitain et positam in plano
Maritimi-, secus domimi magistri Tauli de Baptista, fratris dicli magistri Tetri, ex una parte, et secus domimi
nobilis Vitalis de Vitali ex alia et alios si qui suut confines , subjeclam magnifico Tetro de Silvis ima cum alia
domo et apotheca dicti magistri Pauli in unciis iij et tarenis xij ...., propterea dictus magnificus Petrus, preseni
corani nobis , sponte consentiit et consentii diete concessioni, etc. — Dal registro di num. 1772 di notar Matteo
Fallerà, an. 151 3-14, ind. II, fog. 160 retro a 161, nell'archivio de' notai defunti in Palermo.
(2) Eodcm iiij novembris ij.° ind. ijij. Magister -Petrus de Baptista, scultor , ortus et civis Pauhormi et
civìs Thermarum, coram nobis, tavi suo nomine, qttam nomine et prò parte Calharinc eius uxoris et fìiorum suorum
ex secundo matrimonio, utriusque sexus, absentium et minorimi, .... vendidit magistro Juliano Manchino, scultori,
eius sororio et concivi , .... utile dominium sive jus perpetui ceustis unciarum iij et tarenorum viiij, debitarum et
solvendarum ac àebitorum et solvendorum per eumdem emplorem et silos heredes .... super quadam apotheca solerata,
sita et posila in quarterio Conciarie per oppositum plani Muritime, etc. — Dal citato registro di num. 1772 di
detto notar Fallerà in Palermo, fog. 165-167.
NEI SECOLI XV E XVI. CAP. III.
*37
decorazioni di essa, ch'erari per quelli oggetto di continuo lavoro. Troviamo
quindi, che in data del 31 di agosto del 15 12 un maestro Giovanni Rizzo,
marmoraio, cittadino di Termini, diede ivi a pigione per oncia una (1. 12.75)
e per un sol anno a maestro Pietro di Battista una casa terragna nel
quartiere appellato de' Barlacci : il che mostra evidente la dimora colà di
costui (!). Sembra del resto, che dopo la morte di Gabriele lor padre,
scultore non di gran merito, ma di alcun nome al suo tempo, sieno sca-
duti non poco i detti suoi figli Pietro e Paolo nell'esercizio dell'arte, lad-
dove nulla è noto di rilevante, che sia stato da essi eseguito. È inoltre poi
contezza di Pietro juniore e di Giovan Luigi o comunemente Luigi, scul-
tori pur essi e bastardi entrambi del prete Battista di Battista , fratello dei
due suddetti, il quale , dichiarandoli apertamente suoi figli naturali, fé' loro
donazione di tutto il suo per atto in Palermo del 14 dicembre del 1528 (2).
Si sa del detto Pietro, come di sopra é discorso, che al 151 1 , nella sua
prima giovinezza, si allogò per tre anni e quattro mesi con Giuliano Man-
cino per apprenderne l'arte: ma non è poi alcun indizio, che vi abbia fatto
progressi, né che notevoli opere abbia prodotte, ed indi nient' altro più di
lui si conosce se non che ben più tardi, a 29 di settembre del 1533, fece
testamento in Palermo , legando il suo avere alle chiese e confraternite di
S. Maria della Catena e di S. Maria di Portosalvo , giacché intendeva im-
prendere una lunga navigazione e recarsi , non so se in pellegrinaggio o
per cagion di lavoro, al santuario della Madonna in Loreto (3). Di Luigi
intanto, fratello del medesimo, é noto che nel 1522 si obbligò al Berrettaro
(') Eodem (31 di agosto, I ind., 15 12). Magister Joannnes Ri{u, marmorarius, civis Tkermarum , corani
nobis sponte locavit et locat magistro Tetro de Baptista, presenti et stipulanti, domum imam terraneam positam
in quarteria àili 'Barlacbii .... per -anmim unum ...., prò predo loerii uncie unita p. g., etc. — Dal volume di
bastardelli di notar Riccardo Pixi, an. 1503-17, nell'archivio de' notai defunti in Termini Imerese.
( 2 ) Cotale strumento di donazione del detto prete, ove i due mentovati artisti son chiaramente qualificati
scultores marmorum, fratres, filios suos naturales, si trova nel volume di minute di notar Pietro Tagliante, an.
1 522-3 5, ind. XI-VIII, num. 1201, nell'archivio de' notai defunti in Palermo. E trovansi notati come testi-
moni dell'atto stesso Niccolò Tagliante, Antonino Gagini e maestro Giovanni d'Alfano.
(3) T)ie xxviiij." septembris vij.' ind. i;]]. Honorabilis magister "Petrus de Abbattista, civis panormitanus ,
prescns coram nobis, quia intendit se recedere ab hac urbe Tanormi et se con/erre in ecclesiam Sancte Marie de
Lolita et pertransire pericula maris et alia mundi, et propter longiorem itinerem dubitans de vita sua ne morire-
tur, .... presens suum nuncupativum condidit testamentum, etc. Ei volle per esso, che un cotal Simone Graziano,
eius sororius, gli governasse una sua vigna in quel di Solanto e le altre sue rendite e beni, ed istituì, come
si è detto, sue eredi universali le due mentovate chiese e confraternite in Palermo. Itetn dictus testator legavit
uncias sex in pecunia filie magistri Tetri de Abbattista mayoris , prò illis unciis sex legatis per quondam presbi-
I38 I GAGIXI E LA SCULTURA IX SICILIA
a terminargli la custodia del Sacramento per la chiesa maggiore in Polizzi,
onde poi sorsero differenze fra loro insino al 1524, siccome sarà luogo fra
non guari a vedere. Parimente in seguito si ha di lui, che per atto del di
primo di ottobre del 1530 convenne in Palermo col reverendo Leonardo
Ventimiglia, provinciale dell'ordine francescano in Sicilia, e con una signora
Giovanna di Magro pel lavoro di un altare in pietra di Termini pel tenue
prezzo di once due e tari diciotto (1. 33.15) (')• In data inoltre del 24 di
novembre del 1534, per parte ancor di maestro Giuliano di Massa, altro
marmoraio assente, obbligossi a un magnifico, don Giuseppe Ciancetta ed a
notar Pietro Revegl per una custodia in marmo da andar collocata nella
chiesa di Santa Maria della Vittoria in Palermo (2), ed indi a 3 di marzo XIV
ind. 1540 (1541) fece pur ivi apoca di undici ducati d'oro per prezzo di una
lapide sepolcrale già collocata nella sepoltura di un maestro Antonino Inbi-
lella nella chiesa del Crocifisso all'Albergarla (3). Non pare anzi dubbio, che
tenuti ^ibbattìstatn de ^4bbattista , patron ipsius testatoris , virtute sui testamenti et pvout est in dicto testamento
contentimi et annotatimi. — Dal registro di num. 1886 di notar Giovanni Andrea Lucido, an. 1533-54, ind. VII,
nell'archivio de' notai defunti in Palermo.
(') Eodem (1°. di ottobre IV ind. 1530). Magister Aloysius de Abbattisla, civis panormitanus, presens, etc,
se obligavit et obligat riverendo magistro Leonardo de Vigintimilliis, ministro et provintiaìi huius regni Sicilie or-
dinis Sanctì Francisci , et domine Joanne de Magro, presentibns et stipuìantibus , facere quoddam altare cum suo
pede, laboratum de petra civitatis Termarum, .... et chi la punta di dicto altari haya di stari prvportionata cum
la pimela ài lo monumento viarmorio di la dieta madonna Joanna, et facere qucààam pede de predicta petra, lon-
gitudinis , largitudinis et grossi^e cuiusdam altaris magnifici de Platamone , existente in dicto monasterio Saucti
Francisci, cum cruce in facie ditti pedis et testa di morti et curuna de spini et ludi labari, et cum nomi di dieta
madonna Joanna. Insuper promisit facere quoddam altarectum in medio Et hoc prò pretio unciarum dilaniai
et tarenorum xviij p. g. — Dal volume di registri di notar Girolamo Corraccino , an. 1529-31, ind. Ili- IV ,
fog. 80, num. 3483, nell' archivio de' notai defunti in Palermo. Documento indicatomi dal signor Giuseppe
Cosentino.
( 2 ) Eodem xxiiij." novembris vii'].* ind. 1534. Magister Aloysius de Battista, matmorarius, civis panormitanus,
presens corani nobis, tam nomine suo proprio, quam prò parte et nomine magistri Jitliani de Massa, absentis, prò
quo nihilominus de rato promisit et in solidum obligari cum co juxta formatti ritus, sponte promisit et promittit
seque sollemniter obligavit et obligat magnifico don Josep Cianchetta , nec non et egregio notarlo Tetro Tjrcegl,
presentibns et stipuìantibus, magistriviliter facere quandam cuslodiam marmoreaiu iutus ecclesiam Sancte Marie de
Victoria in urbe Pauormi, de altitudine palmorum trinili cum dimidio, ila quod altitudo ipsa intelligatur, ut di-
cìlur, di li cornichy di susu et di lo pedi di ipsa custodia, cum quilli serafini et disigno , magisterio et pilastri ,
juxta la forma di hi labari di hi modello et designo fatto in carta, hi quali designo è in potiti di ditto obligato,
infra hi quali designo li è scripto hi noma di ditto m.c° don Juseppi Chanchetta, dicheudo in quisto modo, vide-
licel: Don Josep Chanchetta. Lu quali opera .... — E cosi resta in tronco quest'atto nel registro di num. 2521
di notar Gerardo La Rocca, an. 1534-35, ind. Vili, fog. 266, nell'archivio de' notai defunti in Palermo.
( 3 ) Eodem iij* marcii xiiij.' ind. ijjo (1 541). Hon. magister Jlloisius de Battista, scultor et e. p., presens corani
tiobis, ad instancìam et requisicionem hon. Leonardi de 'Bella, ohm tuton's Mariani Iubilel/a, fi/ii et heredis quondam
NEI SECOLI XV E XVI. GAP. III. I 39
sia da annoverarlo fra' bravi artefici della gaginiana scuola, avendosi docu-
mento, che più tardi, a io di settembre del 1552, egli obbligossi in Alcamo
ad un carmelitano frate Francesco Carnimolla pel lavoro di una custodia di
marmo in mezzano rilievo , larga cinque palmi e due terzi ed alta dieci,
giusta un disegno da lui stesso apprestatone ('); la qua! custodia, che colà
era dinanzi al Carmine ed ora per la mina di essa chiesa verrà collocata
nel duomo, reca dappiè segnato appunto il nome del detto frate nella base,
laddove nelle pregevoli figurette di S. Alberto e S. Angelo carmelitano, la-
terali al ciborio, non men che in quelle sovrastanti dell' Annunziazione di
Nostra Donna e nelle altre al di sotto più piccole del Cristo co' dodici a-
postoli, arieggia molto il far de' Gagini figliuoli, nel cui tempo Luigi pur
visse, formatosi assai probabilmente con essi alla scuola del loro gran ge-
nitore. Aggiungiamo in fine , che più oltre bensì è documento del 9 di
febbraio del 1562, onde i legnaiuoli Simone di Battista e Giovanni D'An-
hoti. magistri ^Antonini Inbilella, presenti* et stipulanti*, sponte dixit et fuit confessus habuisse et recepisse ab eo, no-
mine quo saprà, per maniis domine Catherine lnbiìella, matris ditti heredis, eius sororis, ducatos undecim aurcos ad
racionem tarenorum xììj prò singulo ducalo, prò predo et valore cuiitsdam balate marmoree posite saprà sepultura
ditti quondam in ecclesia confraicrnitatis 5. Salvaloris et Crucifixi quarterii Albergarle, in qua confraternitate fuit
sepultus cadaver dicti quondam, conputatis tarenis 4 solutis prò delatura balate preditte illis personis , qui illam
apporiarunt in dieta confraternitate; et hoc in anno xij.' ini. Jj7<S; renunciaus exceptioni ctc. — Testes : hon. m.'
Jo. Andreas de SCclio et Vinccntius Lombardo. — -Dal registro di nura. 5190 di notar Antonino Galasso, an.
1540-4;, ind. XIV, fog. 430, nell'archivio de' notai defunti in Palermo.
( ' ) Die x.° septembris xj.° ind. IJJ2- ^(agistcr Aloysius de .... ta, marmorarius, cìvis Panormi, preseus corani
nobis, sponte promisit, conventi et se sollemniter obligavit et obligat ad omnes eius expensas venerabili fratri Fran-
cisco Carnimolla, Carmelite de terra Alcami, presenti et stipulanti, ut di ci tur, fari una custodia di marmo/ a bianca
di Carrara, seu^a pili, di mencio rilevo, larga palmi chinco et dui terc^i, alta palmi dechi, misorando di la scan-
nello di abaxu fina a la punta di In xurunì supra lu Deu Tatri, illamque expedire magistribililer et consigliare
dicto fratri Francisco stipulanti in loco nuncupato li Vetri eli li 'Bumbardi maris Alcami per totani dimidiam
quatragesimam, fida .... co modo et forma juxta designimi factum in carta per ipsum magistrum Aloysium de A-
batista, in posse ipsius venerabili* existentem, et non aliter nec alio modo. Quam custodiam d'ictus venerabilis lia-
beat poni seti assettari facere in presentili ipsius magistri Aloysii ; et posita et assettata, in ea, ut dicitur , mittìri
di oro et angolo fino et altri colliri, midi sarrà necessario, magistribilìter; et mentri si assetta et mitti di oro ipse
venerabilis tenere in eius domo cumdem magistrum Aloysium et facere sibi omnes expensas: alias teneatur ad omnia
dapna, interesse et expensas, et liceat dicto venerabili ditlam custodiam cum rebus predittis fieri facere ab alio ad
interesse ipsius magistri Aloysii , proni invenire poterti. Et hoc prò predo seu mercede unciarum vigiliti dtiaruiu
p. g., de quibus diclus magister Aloysius fatetur habuisse et recepisse a dicto venerabili et eius parte uncias septem
et tarenos x per bancum Vaiiormi , renuncians exceptioni. Restans vero solvere promisit ditto magistro Aloysio
stipulanti hoc modo, videlicet: uncias vìj et tarenos x fida medietate opere, et uncias vij et tarenos x assettata ditta
custodia, in pecunia numerata hic Alcami, sine aliqua exceptione de. Que omnia etc — Testes: in. Sebastiani^ Ro-
mauus et hon. ni'. Joannes de La%io , pitor. — Ex aciis meis notarti Tetri Antonii Balduchii. Coli, salva. — Dal
fog. 143 del volume VI di antiche scritture già di spettanza del convento del Carmine in Alcamo, nell'ar-
chivio colà delle disciolte corporazioni religiose.
I40 I GAGINI E LA SCULTURA IX SICILIA
gelo si obbligarono in Palermo a' rettori della confraternita di S. Cristoforo
nel quartiere del Cassaro per fare in legno di pioppo una statua del detto
Santo ('). Ignoro del resto da chi propriamente nascesse cotal Simone,
ch'é ultimo noto rampollo de' Di Battista. Ma di costoro non è di van-
taggio per altro ad intrattenerci, giacché van fra la folla de' minori artefici,
i quali , non avendo prodotto che opere secondarie , non acquistaron nel-
l'arte alcun nome.
Tornando però a discorrere dello scultore Bartolomeo Bcrrettaro, l' antico
socio del Mancino, trovasi , che da quando la loro società fu sciolta e fu-
rono equamente fra essi divisi i lavori nel 1 5 1 7, non ristette egli punto dalla
sua precedente operosità, ma continuò alacremente ne' pochi anni, che gli
rimaser di vita, togliendo anche talora a compagno un suo fratello Antonino,
siccome sarà luogo in seguito a dire. Bartolomeo quindi, che pure avea casa
in Alcamo e spesso a cagione di suoi lavori e interessi andava per vari luoghi
del Val di Mazzara, per pubblica convenzione agli atti di notar Marcan-
tonio Zizo di Marsala in data del primo di febbraio del 15 18, obbligossi colà
primamente a' procuratori della cappella del Sacramento in quella maggior
chiesa ed agli amministratori ad un tempo della città stessa pel lavoro di
una custodia con un arco in marmo per la detta cappella ; e tal conven-
zione ratificò poscia Antonino, obbligatosi insiem col fratello , agli atti di
notar Giacomo Lucido in Palermo a 29 di marzo dell'anno appresso (2). Che
se indi niuno de' due fratelli arrivò a finire tale opera , la qual molto più
tardi toccò ad aver compimento dal sovrano scalpello del Gagini , non è
pur dubbio , che a quelli , e soprattutto a Bartolomeo , ne sia da riferire il
total congegno, non mcn che l'esecuzione di varie parti, che furon da essi
condotte, siccome in seguito sarà dato vedere.
Sciolta già intanto la mentovata società col Mancino e morto di poi
costui, non anco il detto Bartolomeo avea fornito l'altra custodia di marmo
per la cappella del Sacramento nella chiesa maggiore di Polizzi, comunque
fosse quella fra le opere, cui era rimasto tenuto. Laonde, richiamato il pri-
mitivo contratto, onde i due soci scultori si erano all'uopo insieme obbli-
( ' ) L'atto è propriamente in data del 9 di febbraio V ind. 1 561 (1 562) nel registro di num. 1816 di notar
Alfonso Cavarretta , fog. 172 retro a 17;, nell'archivio de' notai defunti in Palermo, e sarà riportato a suo
luogo nel capitolo degli scultori in legno.
(2) Rilevasi ciò da un posteriore accordo stabilito dal detto Antonino per pubblico atto di notar Gi-
rolamo Corraccino in Palermo in data del 12 di settembre del 1524, il qual sarà riportato in appresso.
NEI SECOLI XV E XVI. CAP. III. I4I
gati insin dal 1509, dichiarò poscia il Bcrrcttaro, che alcuni pezzi della detta
custodia eran già lavorati in bottega , avendo anch' egli in pronto l' intera
copia de' marmi a finirla ; e quindi si obbligò nuovamente per pubblico
atto in Palermo in data del di primo di marzo del 1521 a caricar non solo
i pezzi dianzi cennati, ma ancor tutti gli altri marmi necessari per compier
quella, talché dovesser trovarsi il 1 5 del prossimo aprile alla Roccella e di li
esser portati in Polizzi a cura e spese de' procuratori di quella chiesa. Pro-
mise indi il medesimo, che quivi si sarebbe fatto trovar di persona il di primo
di maggio per costruirvi e compiervi la custodia, e che non più ne sarebbe
partito pria di finirla (:). Ma in seguito avvenne, ch'egli, essendo andato in
Polizzi ad eseguire quell'opera, e poi non avendo potuto per altre sue fac-
cende continuarla, stimò far meglio cedendola a' maestri Pier Paolo di Paolo,
romano, e Luigi di Battista, palermitano, i quali per contratto in notar Ge-
rardo La Rocca in Palermo a 12 dicembre del 1522 gli si obbligarono
darvi termine in tutto pel prezzo di once diciotto. Andaron essi in fatti a
tal uopo in Polizzi, e avendovi per più di tre mesi lavorato i marmi colà
esistenti , non valsero quindi a seguire più oltre ne' lavori per difetto di
altri quattro pezzi di marmi, che il Berrettaro, non ostanti le molte lettere
trasmessegli, non curò più loro spedire. Laonde pur essi di là glien fecero
formale richiesta per pubblico atto in notar Leonardo Cirillo a 28 del se-
guente marzo del 1523 (2), e, non dando colui loro ascolto, né mandando
i marmi, recaronsi di nuovo in Palermo e contro il medesimo protestarono
per atto del di 8 del mese appresso (3). Ma indi a ciò il Berrettaro non in-
dugiò a rispondere in data del io, che fuori d' ogni ragione era quella loro
protesta, avendo essi avuto i marmi opportuni al lavoro; e poiché altri quat-
tro pezzi lor ne mancavano, era egli pronto mandarli a finire il tutto, e già
li avrebbe mandati, se prima lo avesse saputo (4). Cotal risposta pertanto
notificava egli a' suddetti perchè tornassero in Polizzi per dar compimento
alla custodia : ma è certo poi, che i medesimi a ciò indugiaron non poco,
avendo dato luogo ad una protesta del Berrettaro contro il Di Battista in
data del di 3 di agosto del 1524, dove si afferma, che, non ostanti le con-
tinue insistenze dell'uno all'altro perchè ne fosse ito in Polizzi a terminar
( « ) Vedi fra' 'Documenti di quest'opera, num. XXXI.
( 2 ) Vedi fra' Documenti, num. XXXII.
(5) Vedi fra' 'Documenti, num. XXXIII.
(4) Vedi fra' Documenti, num. XXXIV.
14^ I GAGIXT E LA SCULTURA IN SICILIA
quella, non vi si era per anco recato, e rimanea quindi essa imperfetta an-
cora. Ben è vero, che a ciò rispondea tosto Luigi non doversi dar peso al-
cuno a cotal protesta, giacché, avendo Bartolomeo di già ricevuto quell'opera
e collocatala, non s'intendeva che mai più volesse. Ma di rimando replicava
il Berrettaro, che quanto quegli avea fin allora fornito non corrispondeva a
quanto era tenuto fare giusta il contratto, e quindi insisteva perchè ne an-
dasse in Polizzi a compiere il tutto, secondo l'obbligo assunto ('). Checché
di ciò fosse, è certo, che la custodia fu poi condotta a termine e per in-
tero collocata; e molto probabilmente vi ricorreano all'intorno nei pila-
stri diverse storie della passione di Cristo in bassorilievo , e nella parte
centrale la Trasfigurazione in mezzane statuette di tutto tondo col Reden-
tore in mezzo e da' lati Mosè ed Elia ed al di sotto i tre diletti discepoli.
Ma, come ài- sopra fu cenno, indi fu essa totalmente scomposta e distrutta
per matto e vandalico genio di rinnovamento, onde oggi non ne rimangono
che sparnicciate per la chiesa le mentovate statuette del Cristo e de' due
profeti, e quelle degli apostoli gittate in ripostiglio fra le macerie, e tre sol-
tanto delle suddette storie incastrate in una parete del portico. Ed in siffatte
sculture per la mediocrità dello stile e dell'esecuzione, che vi si avverte, par
sia da riconoscere appunto il secondario scalpello del Berrettaro e del Di
Battista, a meno forse della sola figura del Redentore, che con migliore arte
ed espressione potè primamente venir dal Mancino condotta. Imperocché
nulla del resto, come altrove dissi, mi sembra esser ivi antecedente lavoro
di Giorgio da Milano, il quale, benché il primo ad essersi obbligato per
quella custodia in Polizzi insin dal 1496, o non la fece punto, o vi esegui
tali sculture, di cui or non é più vestigio.
Altra opera, che assunse da sé solo a fornire Bartolomeo dopo sciolta
la società con Giuliano, fu poi, come cennammo, la cappella con una co-
ncita o piccola composizione in marmo, la quale essi entrambi eran tenuti
scolpire agli credi del morto Stefano Adragna per la chiesa dell'Annunziata
ovvero del Carmine in Alcamo. Laonde forse a non altro oggetto a 12 di
novembre del 15 19 noleggiò egli in Palermo una barca per mandar marmi
nella vicina riviera di Castellammare con obbligo di far tosto ritorno e pren-
derne un altro carico per lo stesso destino (2). Rimane intanto fin oggi
(') Vedi fra' 'Documenti, num. XXXV.
( 2 ) Giusta una convenzione agli atti di Girolamo Corraccino in detta data, nell'archivio de' notai defunti
in Palermo.
NEI Sl£COLI XV E XVI. CAP. III. 143
la mentovata cappella, eh' è l'ultima della nave del lato del Vangelo in detta
chiesa, comunque or questa sia senza tetto e in ruina; e principale ornamento
ne è un grand'arco in bi marmo all'ingresso con due pilastri laterali, che
han nelle basi due putti con due scudi e son poi decorati di otto scom-
partimenti , quattro per ciascuno , co' quattro Evangelisti e quattro Padri
della Chiesa in piccole figure in alto rilievo, mentre al di sopra ricorre un
architrave retto, adorno di teste di serafini e di un'elegante cornice, dando
luogo sull'arco negli angoli a due tondi con profeti, oltreché l'arco stesso al
di dentro é fregiato di sette cassettoni pure con serafini. La concita poi, della
quale di sopra è cenno, sembra probabile sia un alto rilievo figurante Nostra
Donna morta sul feretro con dattorno gli apostoli , giacché esso era ap-
punto sull' altare della detta cappella, sebbene or si vegga trasferito a causa
della mentovata ruina di quella chiesa nella pubblica biblioteca di Alcamo.
Ma sì la scultura di tale alto rilievo che quelle dell'arco son veramente assai
debol cosa, non solo per manco di espressione e di bellezza, ma pure per quel
gretto e stentato stile, che generalmente si avverte in tutti i lavori del Ber-
rettaro. Che s'egli nel totale congegno del detto arco riesce ad ottenere un
lodevole effetto di leggiadria e di eleganza , non è ciò se non perchè in
esso si diede evidentemenfe ad imitar quello , che poco innanzi , siccome
vedremo, il sommo genio di Antonello Gagini avea fornito in Santa Cita
in Palermo; e tanto pure ne dista per merito d'arte quanto umile scarpel-
latore da incomparabil maestro.
Da un contratto intanto, rogato in Alcamo da notar Andrea Orofino
a 5 di novembre del medesimo anno 15 19, risulta, che Bartolomeo stesso,
cittadino palermitano ed abitante in Alcamo, convenne con un alcamese
Battista Perfetto per costruirgli un altr' arco in marmo bianco in una cap-
pella, che costui aveva in animo colà fabbricare dentro la maggior chiesa.
Doveva il detto arco aver le proporzioni medesime di un'altra cappella, che
un Giambattista Vernazza aveva già quivi costruita in S. Maria di Gesù e
venire ampio di vano palmi nove (m. 2,32) e dodici alto (m. 3,09), con
gli stipiti piani , con quattro figure di profeti nel frontispizio e dentro la
chiave in cima la Risurrezione di Cristo, oltre gli analoghi accessori di ca-
pitelli e cimase e della soglia, ed anco una lapide sepolcrale ed un altare in
marmo con tre colonne in sostegno. Il tutto poi lo scultore era tenuto dar
per intero finito di li alla Pasqua vegnente, portato e sbarcato a sue spese
20
144 1 GAGINI E LA SCULTURA IN SICILIA
nella marina di Alcamo, nel sito appellato Pietra delle Bombarde, ov'era a
farne consegna: e ciò pel prezzo di once undici (1. 140.25), da pagarglisi
allo sbarco de' marmi (*). Ma di tale opera non riman più vestigio oggi-
giorno, stantechè non sia stata eseguita, ovvero sia andata a male ne' poste-
riori rinnovamenti di quella chiesa maggiore, come fu certamente dell'altra
cennata cappella del Vernazza in Santa Maria di Gesù allorché questa chiesa
venne pure rifatta.
Si ha poscia, che per pubblico atto in Palermo in data del 13 maggio
del 1521 uno scultore Francesco del Mastro promise e si obbligò a Bar-
tolomeo Berrettaro lavorargli e fornirgli con marmi del medesimo due fi-
gure, l'una di S. Antonino ossia S. Antonio di Padova e l'altra di S. Fran-
cesco, dell'altezza di sei palmi (m. 1,55) e di tutto rilievo, pel prezzo en-
trambe di once quattro (1. 51), da cominciarle dal primo del vegnente di-
cembre. Di tal prezzo il Del Mastro confessava già ricevuta un'oncia (1. 12,75),
computandola a saldo di once quindici e tari sei (1. 193,80) per nove car-
rate e mezza di marmi, quali egli avute aveva dal Berrettaro suddetto alla
ragione di once chie e tari diciotto ciascuna (1. 33,15), essendo che già una
somma gliene aveva pagato per banco, ed un'altra era in conto di una Nostra
Donna, che dinanzi gli avea pure scolpita. Le rimanenti once tre (1. 38,25)
delle quattro del prezzo anzidetto promettea intanto lo stesso Berrettaro pagare
al Del Mastro al compimento del lavoro delle due dette figure, promettendogli
costui alla sua volta trovarsi in Palermo al primo di prefisso del dicembre
per farvi e fornirvi quelle con tutta maestria e diligenza, con che, contrav-
venendo, sarebbe tenuto a tutti danni e interessi, essendo in tal caso lecito
a quello fare eseguire da altri artisti il lavoro a quanto maggior prezzo trovar
potesse ed a spese dell'altro (2). Ma dove andar dovevan riposte cotali tre sta-
(') Da' registri di detto notar Andrea Orofino, an. Vili ind. 1519-20, nell'archivio de' notai defunti in
Alcamo. Vedi fra' 'Documenti di quest'opera, num. XXXVI.
(2) Die xiij max viìij." ind. 1521. — Magister Franciscus del Mastro, scultor marmorum, preseli? corani nò-
bis, sponte promisit seque sollemniter obligavii et óbligat magistro "Bartbolomeo 'Bir ridar io , quoque scultori, pre-
senti et conducenti, lahorare , facere et expedire cuni marmore dirti magistri "Bartholomei duas figuras in duobus
peciis, vide/ieri: figuram Sancti Antonini et Sancii Francisci, pahnorum sex et dì tucto rclcvu, et laborati, impio-
tati et cimi la testa finita et agradinata, incìpiendo a primo mensis decenibris proxime venturi in antea et conti-
nuare, prò magisterio unciarum quatnor prò dictis duabus figuris; de quo magisterio dictus »«.' Franciscus fatetur
habuisse et recepisse uiiciaiu uiiaiu, quaiii diete partes excoiuputaruiil et excoiiijnttaut ad complimentimi linciarli»!
xv et tarenorum sex prò carralis novem citili dimidio, Iiabitarum ci receptarum per dietimi magistrum Franciscuni
a dicto magistro 'Bartholomeo ad racionem unciarum ij et tarenorum xviìj carraia, quoniam imcias xiiij et lare-
NEI SECOLI XV E XVI. GAP. 111.
145
tue, delle quali una era già fatta, e due altre restava ancora a scolpire? In
Polizzi, nella chiesa di S. Francesco, che fu già de' Conventuali, rimari tut-
tavia una sontuosa cappella, adorna di molta ricchezza di sculture dell'epoca
più bella dell'arte, delle quali essa ebbe decoro da casa Notarbartolo, al cui
patronato appartenne in un che 1' altra mentovata cappella esistente nella
chiesa maggiore. Nella parete sovrastante all' altare son ivi in marmo tre
statue pregevolissime in altrettante nicchie ornate di eleganti pilastrini, cioè
in mezzo la Beata Vergine in piedi col divin figliuoletto in grembo, seb-
bene monca di una mano, che nella prima metà del corrente secolo le fu
distrutta da un fulmine, e dall'uri lato e dall'altro il Serafico e S. Antonio
di Padova, entrambi anco in piedi e poco minori del vero, spirando tutte
e tre insieme tanta bellezza ed ingenuità di sacra espressione, che non esitò
Paolo Giudice ad annoverarle fra le migliori opere di Antonio Gagini (').
Pure in attentamente considerarle par ne risulti evidente tutt'altro stile con
tipo affatto diverso di sembianti e con diversa esecuzione , comunque alle
sculture del gran caposcuola palermitano generalmente somiglino per l'iden-
tità del carattere dell'arte italiana di allora, sviluppata sulle purissime orme
degl' insigni precedenti maestri : oltreché ancor notevole differenza sembra
sia da avvertire fra le dette tre statue e le diverse storie e figure in mezzano
rilievo , di che riccamente è altresì decorato tutto 1' arco della stessa cap-
pella. Imperocché in esso da' due lati ricorrono a riquadrature dieci SCOm-
HOJ vj ad complimentum dictorum marmorum dictus m.' Bartholotneus habuit et recepii a dicto magistro Francisco
modo infrascripto, videlicet: uncias xij per bancum de Sanches et cRjim, non obstante quod partita dictal ex vintilo,
et uncias iìj prò magisterio cuiusdam imaginis gloriosissime Virginis Marie, facte per dietimi magistrum Fran-
ciscum, ut dixerunt, renunciantes etc. I^estantes uncias iij ad complimentimi dictarum unciarum iiij viagisterii pre-
dicti solvere promisit dictus m.' Bartholomeus prefato magistro Francisco stipulanti , facto toto dicto magisterio:
promittens dictus vi.' Franciscus venire hic Panonni a dicto primo mcnsis decembris ad faciendum predictuni ma-
gisterium et continuare ipsumque. facere bene, diligentcr ac magistrivìliter et ad revidendum: alias teneatur ad om-
nia et singula dapna, interesse et expensas, liceatque dicto magistro Bartholomeo ab aliis (fieri) facere prò eo ma-
fori magisterio, quod poterit invenire. Oue omnia, etc. — Testes: m.' 'Baptista de Auria et Antonius Cathalanu. —
Dal registro di num. 3477 di notar Girolamo Corraccino, an. 1 519-21, ind. VIII-IX, nell'archivio de' notai
defunti in Palermo. Documento indicatomi dal signor Giuseppe Cosentino.
( ■ ) « Dissi che in San Francesco (in Polizzi) esistesse intera una cappella di marmo con tre statue; mostrai
« che quella sarebbe annoverata tra le migliori opere di Antonio Gagini e che sosterrebbe il paragone di qua-
« lunque altra , anzi che il San Francesco è una delle più belle concezioni dell' artefice e la più felicemente
« eseguita: però la guardassero come tesoro. In questa mi narravano come la Madonna di quella cappella
« fosse stata danneggiata da un fulmine, ec. » Sopra "Domenico Gagini, scultore siciliano; lettera II di Paolo
Giudice a Saverio Cavallari, nel tomo XXXI delle Effemeridi scientifiche e letterarie per la Sicilia (Palermo,
1840, pag. 23).
I46 I GAGINI E LA SCULTURA IN SICILIA
partimenti, de' quali sei hanno storie o miracoli di S. Francesco e S. An-
tonio, due l'Annunziata ed il Gabriello, ed i due sottostanti in base due
putti per banda , recando scudi con le armi de' Notarbartolo. Ma benché
sieno alquanto a lodarvi il gusto e la leggiadria del comporre, pure vi man-
cano quella bellezza di espressione ed insieme quell'eleganza di forme, che-
pur ivi nelle tre statue si ammira, notandosi in vece una cotal trascuratezza
ed un cotale inferior magistero , che ha molto riscontro in altre opere di
Giuliano e di Bartolomeo. È certo intanto, ch'entrambi questi due scultori
prima dell'anno 15 17 si erano insieme obbligati in Polizzi a Martino o Marino
Notarbartolo pel lavoro di una cappella con due figure grandi per la detta
chiesa di S. Francesco; e poi é certo altresì, che, sciolta la società fra* due
sopraddetti , siccome di sopra é discorso , nella ripartizione de' lavori fatta
fra' medesimi in Palermo pel pubblico mentovato strumento del 19 di ottobre
del medesimo anno andò compresa la cappella stessa fra le opere da do-
versi quindi fornire dal solo Mancino. Morto però costui due anni appresso
nel 15 19, è probabil che quella ei non avesse ancor fatta, e che quindi,
rimastone tenuto verso il Notarbartolo il Berrettaro, abbia indi costui dopo
altri due anni affidato all'uopo al Del Mastro nel 1521 le dette due figure
in marmo del S. Francesco e del S. Antonio, che ivi appunto rimangono
delle misure indicate : oltreché , essendo pure certezza aver lo stesso Del
Mastro dinanzi scolpito al Berrettaro medesimo una Nostra Donna, che ben
può essere stata l'altra delle tre statue colà fin oggi esistenti, è da sospet-
tare o che questa sia stata a colui primamente lavorata quand'egli era an-
cora in società col Mancino (onde, fornita la prima, non fu poi menzione
che delle altre due sole figure o statue da farsi nella cappella), ovvero, che,
non essendo stata essa compresa nel primitivo contratto col Notarbartolo,
siasi voluta in seguito aggiunta. Del che a torre ogni dubbio gioverebbe
avere in mano il contratto stesso, che fu certo rogato da notar Giovanni
Perdicaro in Polizzi, benché se ne ignori precisamente la data.
Ma che altro è dato raccogliere di codesto altro scultore Francesco del
Mastro, ch'esser dovette per fermo di molto valore nell'arte, se veramente,
siccome pare, sono sua opera le tre mentovate statue della cappella anzi-
detta ? Certo é, che di tal cognome sin dalla metà del quintodecimo secolo e
per gran parte del seguente furon diversi carraresi scultori, de' quali fa men-
zione l'egregio marchese Giuseppe Campori, siccome in prima un Antonio
NEI SECOLI XV E XVI. CAP. III. 147
del Mastro, che lavorava con buona fama in Orvieto nel 1455 ('), e poi
un Giambattista, che pare aiutasse il celebre scultore spagnuolo Bartolomeo
Ordognez nei sontuosi monumenti, ch'egli faceva in Carrara nel 1520, ed
indi un Francesco del detto Giambattista nel 1545 (2), e un altro Francesco
di Filippo Mastri o del Mastro, che pure fu ivi aiutatore del detto Ordognez
insino alla morte di lui (>) : oltreché anco per documenti risulta, che un
Giovanni del Mastro, architetto carrarese, fu già capomastro delle fortificazioni
di Messina e poi trovavasi vecchio in patria nel 1570, e che un Nicola del
Mastro lavorava di marmi pure in' Messina nel 1576 (4). A così estesa
famiglia di carraresi artefici non è dubbio quindi sia appartenuto Francesco
de li Mastri da Carrara, scultor di marmi, del quale la più antica notizia fin
ora è in Sicilia del 1 5 1 3 , dacché per pubblico atto presso notar Filippo
Giacomo d'Ugo di Termini in data del 18 di aprile di detto anno si ob-
bligò egli a un maestro Francesco la Indivina , procuratore colà della cap-
pella del Sacramento in quella maggior chiesa , pel lavoro di una custodia
in marmo per l'Eucaristia, da farla ivi stesso per la detta cappella. Era essa
dunque da venir larga quindici palmi (m. 3,87), alta venti in ventuno (m. 5,41),
ossia delle dimensioni del muro, dedottane 1' altezza dell' altare, in buoni
marmi di Carrara e con tre figure di oltre a mezzano e poco men che tutto
rilievo, alte ciascuna cinque palmi (m. 1,29) e con corrispondenti storie da
destinarsi, oltre lo scannello con figure de' dodici apostoli in mezzo rilievo,
le cornici intagliate a fogliami e ad ovolature, e l'architrave e i pilastri di
buon lavoro con loro analoghi capitelli e con serafini scolpiti nel fregio.
Del che in tutto fissavasi il prezzo in onze cinquantacinque (1. 701,25), di
cui l' Indivina era tenuto pagare un terzo allo scultore tostochè sarebbero
giunti in Termini i marmi per la custodia, e un altro terzo a metà dell'o-
pera, e l'ultimo al total compimento di essa. Doveva quindi l' artefice im-
prendere ivi a scolpirla dal primo di agosto in poi dell'anno stesso, e pro-
seguirla fino al termine senza far altro lavoro , se non quello di non so
che quadro in marmo, ch'era pure tenuto fare alla confraternita di S. Maria
(') Della Valle, Storia del duomo d'Orvieto, pag. 353. Campori, Memorie biografiche degli scultori, ar-
chitetti, pittori ec. nativi di Carrara e di altri luoghi della provincia di Massa. Modena, 1873, pag. 85.
(2) Campori, Memorie cit., pag. 85 e seg.
(3) Campori, Memorie cit., pag. 345 e 350.
(4) Campori, Memorie cit., pag. 86 e seg.
I48 I GAGINI E LA SCULTURA IN SICILIA
in Petralia Sottana e che ignoro se oggi più esista. Era pertanto a dargli
casa in Termini durante ivi il tempo del suo soggiorno a tal uopo; ed egli
poi da sua parte promettea, che pria di scolpire le principali figure dell'o-
pera ne avrebbe fatto modelli in carta, mostrandoli al procuratore, per ese-
guirli se gli fossero a grado. Né indi è dubbio, che al tutto fu dato effetto,
sebbene con qualche indugio, laddove in data del 17 di maggio del 15 14 si
ha un'apoca, per cui lo scultore confessò aver ricevuto once trentasei (1. 459)
a conto del lavoro in differenti partite; e poscia in settembre del 15 15 si
obbligò nuovamente per maggior cautela all' Indivina a recarsi in Termini
di li a tutto il primo del venturo novembre per continuar la custodia e
terminarla , prendendo anche in aiuto alcun altro maestro ; ond' è , che in
fine apparisce in data del 18 di marzo IV ind. 1516 (1517), che il detto
procuratore attestò aver già ricevuto finita la custodia medesima, ed in
cambio l'artefice sen dichiarò soddisfatto del prezzo (J). Ma nulla più
ne rimane al presente , laddove quella per fermo andò totalmente distrutta
allorché ivi la maggior chiesa venne ingrandita e rifatta; e non si ha pur
notizia de' soggetti delle tre principali figure in alto rilievo, che vi ebbero
ad aver luogo, siccome nell'anzidetta convenzione si accenna.
Dal cavaliere Ignazio De Michele da Termini mi è data poi notizia di
un rogito da lui colà trovato agli atti dello stesso notar Filippo Giacomo
d'Ugo in data del 19 febbraio del detto anno 15 16 o 17, onde il medesimo
scultor carrarese Francesco li Mastri obbligossi per once otto (1. 102) scol-
pire 'in marmo un'immagine di San Giuseppe da collocarsi con quelle di
Nostra Donna e del bambino colà esistenti nella grotta o presepe della
chiesa dell'Annunziata (2). Giova però a tal uopo ricordar cosa, di che fu
discorso nel capitolo precedente, cioè, che lo scultore Andrea Mancino per
atto del 30 giugno del 1495 era dinanzi convenuto co' rettori della con-
fraternita di detta chiesa non solo per la scultura della Madonna e del divin
pargolo, ma ancor per quella appunto del San Giuseppe: oltreché mi assi-
cura il De Michele suddetto avere altresi veduto uno strumento , per cui
cotali figure furon di poi consegnate. Ma, dato ciò per vero, non è facile
rilevare il motivo perchè un altro San Giuseppe sia stato indi allogato al
Li Mastri ventidue anni appresso; ed è a sospettar soltanto, che, non pia-
( ' ) Vedi fra' 'Documenti di quest'opera, num. XXXVII.
( * ) Ne è ancor cenno in un opuscolo del detto cavalier De Michele , Sopra alcune pitture e sculture
esistenti in Termini-Imerese. Palermo, 1865, pag. 7.
NEI SI-COLI XV K XVI. CAP. III. Ijy
cinto quello, che forse avea prima scolpito il Mancino, siasi dato all'altro
l'incarico di rifarlo, quand'egli appunto era in Termini in sul finir del la-
voro della custodia anzidetta del Sacramento. Pure non credo, che tale ri-
fazione abbia egli poscia adempiuta , giacche contrariamente a quanto os-
serva il De Michele, che sia il San Giuseppe inferiore di molto in merito
alla Madonna e al bambino, io trovo in tutte e tre le figure di quel Presepe
la medesima imperfezione di stile, eh' è tutta propria di debole quattrocen-
tista, siccome Andrea Mancino fu al certo. Né dubito, che se il Li Mastri
o Del Mastro avesse veramente rifatta o per qualsiasi motivo supplita la
figura del detto Santo , non avrebbe mancato di mostrarvi assai migliore
sviluppo di espressione e di magistero, che non é nelle sculture dell'altro,
ma che in vece si ammira nelle tre pregiatissime statue suddette della cap-
pella de' Notarbartolo in San Francesco in Polizzi, che si ha argomento a
stimare eseguite dal carrarese scultore pel Berrettaro. Duolmi del resto, che,
ricercati da me nell'archivio notariale di Termini i mentovati contratti di-
nanzi trovativi dal De Michele intorno alle dette tre figure del Presepe al-
l' Annunziata, non mi fu dato rinvenirli, essendo disperso il registro , che
li contenea; e forse, più attentamente studiati, avrebber .potuto recare alcun
po' di luce in tanta oscurità ed incertezza e chiarir soprattutto il merito
del Carrarese anzidetto, di cui più oltre nulla ancor si conosce.
Di Bartolomeo Berrettaro intanto è qui luogo a soggiungere, che dopo
la morte di Giuliano Mancino, suo antico socio, durò l'intimità del mede-
simo con la famiglia dell' estinto ; il che appunto fa veder più probabile ,
che il primo abbia indi curato far compiere la detta cappella de' Notarbar-
tolo in Polizzi , il cui lavoro , assunto insieme da entrambi in prima , era
poi rimasto al secondo. Appare quindi per atto in Palermo in data del 17 di
febbraio X ind. 1521 (1522), che il detto Bartolomeo e la vedova Jacopella
Mancino, come tutori de' figli ed eredi del morto, vendettero allo scultore
Antonino Berrettaro, fratello di Bartolomeo, ogni maniera di marmi grezzi,
ventotto colonnette di diverse dimensioni e vari attrezzi dell' arte , che si
trovavano nella bottega del defunto Giuliano; e ciò pel valore di once tren-
taquattro e tari due (1. 434.35), giusta l'apprezzamento fattone da periti
stimatori chiamati insieme all' uopo dalle due parti (!). La qual tutela al-
tronde rilevasi il detto Bartolomeo avere assunto in seguito a non so che
( ' ) Vedi fra' Documenti, nura. XXXVIII.
i5o
I GAGINI lì LA SCULTURA IN SICILIA
cedole emanate dalla regia gran corte, essendosi ricusati accettarla le per-
sone, che in suo testamento il Mancino avea destinate. Pcrlochè si ha
inoltre da un atto in Palermo in data del 4 marzo del 1521, che, confes-
sandosi in debito di once nove (1. 114.75) ^ Berrettaro un Niccolò Cito
palermitano per restante di once venti (1. 255) del total prezzo di un mo-
numento sepolcrale già ricevutone e collocato nella chiesa di San Giacomo
la Marina, attestava lo scultore ad un tempo avere avuto le precedenti once
undici (1. 140.25), parte in diversi pagamenti in danaro e parte in valore
di ventiquattro carrozzate di canne ad uso della vigna degli credi dell' e-
stinto Mancino (!). Ma di ciò poco o nulla importa alla storia dell' arte,
e spiace solo, che, totalmente distrutta a' di nostri quella chiesa, che pure
innanzi molte devastazioni avea sofferto, non è più alcun vestigio del cen-
nato monumento, che fu per fermo dal Berrettaro scolpito. Né indi è con-
tezza di altre rilevanti sculture, che i due fratelli abbiano potuto aver fatto,
non avendosi altro documento che un'apoca in data del 21 di marzo XII ind.
1523 (1524), per cui ambi essi, Bartolomeo ed Antonino, ad istanza del ma-
gnifico Geronimo Bellacera, palermitano, si dichiararono soddisfatti di tutto
il prezzo loro pagato pel lavoro di porte e finestre eseguite in marmo nel
tenimento di case di abitazione di quello nel quartiere della Yalcia o Kalsa
in Palermo (2). Nulla però di cotali architettoniche decorazioni rimane fino
(') Eodcm iiij marcii viiij.' ind. 1520 (1521). 'N^icolaus Cita, civis pauormitantts , prese ns corani nobis ,
sponte se debitorem constituit honorabill magistro Bartholomeo Birrittario, salitoti marinorunt, presenti et stipulanti,
in nnciis novem ponderis generalls. Et sunt ex restanti et ad complimentimi unciarum xx prò predo unius moni-
menti marmorei facti per dietimi magistrum Bartholomeum dicto Nicolao debitori, et per eum habiti et recepii prò
bono, placito et actalenlato in ecclesia Sancii Jacobi de Maritima, quoniam nncias xj dictus in.' Bartholomeus fia-
tetnr Imbuisse et recepisse tam in pecuniis diversimode et in diversis soluctionibus et tam per bancum et de con-
tanti, quani in carrociatis xxiiij cannarum habilarum et receptarum per dietimi magistrum Bartholomeum ad opus
vince beredum quondam magistri Juliani Manchimi, ut dixerunt, renunciantes exceptioni eie. Quod debitum uncia-
rum novem dictus debitor prefato creditori stipulanti solvere promisit per totum /estimi Nativitatis Domini pro-
ximo veniens in pace, etc. — Testes: 'Petrus lu Feriti et Andreas de 'Puma. — Dal volume di num. 3477 de' re-
gistri di notar Girolamo Corraccino, an. 15 19-21, ind. VIII-IX, nell' archivio de' notai defunti in Palermo.
Ed havvi in margine un' apoca in data del d'i ultimo di aprile X ind. 1522, ond' è disposta la cancellazione
di tale strumento, ch'è in fatti cancellato, per essere stato il Berrettaro interamente poi soddisfatto.
(2) Eodcm xxj.° marcii xij.' ind. :^2) (1524). Magister 'Bartholomeus Berrictarius et magister Antonimie
Ber r idillio, fruir es, scullorcs, presenta corani nobis, ad instanciam et requislcioncm magnifici d. Hieronymi 'Bt na-
chera, eortini concivis, presentis et pdentis, spante dixerunt et confessi sunt fiore et esse solutos et integre satisfiactos
de loto magisterio marmoreo facto et conslructo per eosdem fralres scultores in januis et fenestris tenimenti do-
morum hàbiiationis ejusdem </. Hieronymi, siti et posili in quarteria Yalcie .... — Rimane cosi in tronco a fog.
533 del volume di num. 2513 de' registri di notar Gerardo La Rocca, an. 1523-24, ind. XII, nell'archivio
de' notai defunti in Palermo.
NEI SECOLI XV E XVI. GAP. III. IJT
a' di nostri, giacche, rifatte poi a nuovo del tutto le antiche fabbriche delle
case de' Bellacera , sorse nel sito stesso 1' odierno palazzo de' Lo Faso ,
marchesi di San Gabriele , in via- Alloro. Non manca però tuttavia in Pa-
lermo un bellissimo esempio di simigliami sculture nell'odierna facciata o-
rientale del palazzo Galletti, de' marchesi di San Cataldo e principi di Fiu-
mesalato , la qual fa pena vedere oggi priva di ogni risalto e di ogni de-
coro , rincantucciata in un angusto e lurido vicolo , dacché ne' tempi ap-
presso vi fu dinanzi eretta a breve distanza di spazio la parte posteriore del
palazzo Palagonia, da cui quel vicolo ha nome. Cotal facciata è di una si-
gnorile dimora de' primordi del secolo decimosesto, la quale non fu certo
in origine de' Galletti, ma bensì d'una nobil famiglia ignota fin ora, della
quale in più luoghi vi son ripetuti gli stemmi, essendo stata in seguito in-
corporata, ignoro se per compra, per dote, o per successione, al contiguo
palazzo di quelli. La decorazione vi è del più bello e più puro stile del-
l'architettura del cinquecento, non ancor del tutto spoglio o dimentico delle
medievali influenze, avendo una semplice ma elegante porta centrale archi-
travata con due finestre bifore ed ornatissime laterali , laddove al di sopra
tre altre maggiori finestre architravate ricorrono, una più grande e di unico
vano nel centro, e le due de' lati bifore anch'esse, cioè col vano diviso da
un pilastrino centrale, il qual sostiene l'architrave nel mezzo. Ma ciò, che
qui più importa osservare, è la bellezza degli ornati , di che specialmente
nelle dette finestre è dovizia , e più che altrove nelle due sottostanti , di
una delle quali giova apprestare inciso un bel disegno , che si degnò rile-
varne, e donarmi l'illustre professore G. B. Filippo Basile (l). Tale finestra,
alta in tutto m. 2, 435 e larga m. 2, 050, è bifora, con due archetti a tri-
foglio entro il semicircolare o pieno centro, sostenuti da tre pilastri dello
stile già sviluppato del cinquecento, de' quali i due estremi più larghi son
terminati, oltreché da' loro capitelli, da fascette modanate, che servono agli
archi d'impostatura. I campi de' fusti de' detti pilastri sono scolpiti elegan-
temente con festoni verticali, le cui corde han frutta, foglie, vasetti, scudi,
daghe, turcassi, archi, freccie ed uno pure una tavoletta col nome di Gesù:
IHS. Nelle cennate fascette poi, che si ergon su' capitelli de' pilastri laterali
nella parte degli archi, sono due identici scudi , che pure simili ricorrono
nella porta e nelle altre finestre , ciascun d' essi inquartato , avendo nella
(') Vedi la tavola VII. 2I
Ij2 I GAGINI K LA SCULTURA IN SICILIA
metà supcriore una spiga verticale di grano fra una mano atteggiata a be-
nedire a destra ed una mezza luna a sinistra. Sulla ovolatura quindi , che
segue immediata , ha luogo il fregio , trattato di stile grandioso con pal-
mette diritte e rovesce, legate con nastri e foglie, e terminato dall'una banda
e dall'altra da due leggiadri vasetti con fiori e frutta, laddove finalmente
ricorre semplice la cornice al di sopra. Nel carattere intanto di sì fatte scul-
ture, benché per gusto ed eleganza pregevolissime, anziché prevalere il far
gaginesco , che contraddistinse in tal genere gli egregi lavori del sommo
Antonello Gagini e della sua scuola , campeggia in vece un fare alquanto
diverso , che più si assomiglia a quello di altre opere del Mancino e del
Berrettaro, de' quali non sembra dubbio del resto esser più valsi per me-
rito d' arte negli ornati che nelle figure. Laonde non è affatto improbabile,
che quelle siano state nella detta facciata eseguite di loro mano , essendo
certo che simili altre per varie case o palagi in Palermo ne condussero ,
siccome appare da' contratti, onde furon loro commesse.
Un' opera poi notevole , che Bartolomeo in quel tempo ebbe allogata,
non fu da lui eseguita a cagion di sua morte. Era un gruppo in marmo
dell' Annunziazione di Nostra Donna , al cui lavoro egli obbligossi in Pa-
lermo in data del 20 di aprile del 1523 ad un magnifico Niccolò Antonio
Fontana, da Nicosia, qual procuratore di quel convento di S. Maria del Car-
melo, avendo a farvi le figure dell'Annunziata e dell'angelo in tutto tondo,
alte ciascuna cinque palmi (m. 1, 31), oltre uno (m. o, 26) di piedistallo,
con 1' usato leggìo, ed al di sopra un Dio Padre di tre palmi (m. o, 78)
con gli angelici troni e serafini in mezzano rilievo ; il tutto pel prezzo di
once trentadue (1. 408) da pagarsi allo scultore in tre rate, dovendo l'in-
tera opera venir fornita in Palermo a mezz'agosto dell'anno seguente per
indi venire imbarcata e consegnata nella marina di Tusa a rischio dell' ar-
tefice , e di là essere in fine portata in Nicosia a rischio del detto con-
vento (')• Morto però, siccome vedremo, Bartolomeo fra l'agosto e il set-
tembre del 1524, nò avendo ancora consegnato il lavoro, andò colà di per-
sona Giovan Michele suo figlio, come un degli eredi del medesimo e pro-
curatore della madre Tornea , tutriee degli altri figli , e , venuto a novello
accordo col priore e co' frati di quel convento, rilasciò loro once sette
(1. 89.25) del prezzo già stabilito, come per atto di transazione colà ccle-
( > ) Vedi fra' Documenti di quest'opera, nuni. XXXIX.
NEI SECOLI XV E XVI. CAP. III. 153
brato in notar Pietro di Baldo a 15 di novembre dello stess'anno. Del che
in seguito avvenne, che, fatta dalla vedova nuova ed ampia procura in fa-
vor del cognato Antonino, e da costui riconosciuto l'accordo precedente-
mente statuito dal nipote , convennero essi entrambi in solido e si obbli-
garono, per pubblico atto in Palermo in data del dì primo di aprile del 1525,
consegnare imbarcata 1' intera opera per tutto il di 4 del mese istesso, re-
stando in obbligo al priore ed al procuratore pagar loro le venticinque once
del prezzo (1. 318.75) (r). Ma che ne fosse indi avvenuto lo ignoro. Ciò
solo è certo, che nella chiesa del convento oggi abolito del Carmine in Ni-
cosia si vedono al presente due pregiatissime statue in marmo del più bel
gaginesco stile, 1' una figurante la Vergine Annunziata e 1' altra il celeste
nunzio , nella prima delle quali si legge dappiè nella base : xxvi ivnii xv
INDS I527 NOBILIS PAVLVS DE ANGNELLO HANC INMAGINEM DECORARE FECIT.
Vi mancan ora l'intermedio inginocchiatoio o leggìo e la mezza figura del
Dio Padre al di sopra co' serafini , giacché probabilmente ne furon tolti,
quando, costruita sull'altar maggiore una decorazione di legname al seicento,
fu stimato riporvi le dette due statue da' lati, dove ora sono. Ma intorno
al merito di esse giova ripetere, che sì per la bellezza dell'espressione e la
soavità del sentimento, che per la somma perfezione del magistero dell'arte,
rivelano più che ogni altro il genio e lo scalpello di quel sovrano artefice,
che fu allora Antonello Gagini, e quindi inclino a credere, che, non essendo
giunto Bartolomeo Berrettaro a scolpirle, non le abbia il suo fratello Anto-
nino neppure in appresso scolpite , e che nell' interesse della famiglia del
morto scultore siano state esse in vece affidate allo scalpello del gran capo-
scuola, ch'era allora nell'auge della sua fama e che in buoni rapporti esser
doveva co' Berrettaro ad un tempo. Di ciò dei prova il trovare il Gagini
segnato fra' testimoni in un pubblico inventario , fatto in Palermo addì 4
di ottobre del 1526, di tutto il contenuto della bottega di marmoraio, che
un tempo reggevano il detto Bartolomeo, già defunto, ed il suo fratello Anto-
nino, andatone poi fuori regno, per cautela del quale l'inventario stesso avea
luogo, essendo nella detta bottega rimasto il giovine Antonino, figliuolo del
primo, eppur volendo continuare lo zio ad avervi suo dritto. Stante anzi
l'assenza di quest' ultimo, nulla di più naturale, che il Gagini abbia assunto
l'incarico di fornire le statue non ancor consegnate dell'Annunziazione per
( ' ) Vedi fra' 'Documenti, num. XL.
154 ! G AGI NT E LA SCULTURA IN SICILIA
Nicosia, e ch'egli in fatti le abbia condotte a termine, siccome dallo stile
pare risulti. È chiaro del resto dalla riferita iscrizione sotto la statua di
Nostra Donna, che fu indugiato ancor qualche tempo a totalmente averla
finita insino al 26 giugno del 1527, allorché Paolo Agnello suddetto ne
fece del suo la spesa per devozione al convento, che l'aveva commessa.
Bartolomeo Berrettaro era intanto mancato ai vivi in Alcamo dopo il 3 di
agosto e prima del 12 di settembre del 1524, avendosi la prima data nella
protesta di lui contro Luigi di Battista per la custodia del Sacramento in
Polizzi , siccome di sopra è cenno, e la seconda in una transazione fatta
con Antonino, fratel di lui, essendo egli già morto, per l'altra simil custodia
da andar locata nel duomo di Marsala , come sarà meglio fra non guari a
vedere. E rilevasi inoltre da pubblico strumento in Alcamo agli atti di notar
Andrea Orofìno in data ancor di settembre di quell'anno, che, passato di
questa vita ab intestato il detto Bartolomeo pochi dì avanti, lasciando maggio-
renni Giovan Michele ed Antonino e minorenne Antonina, suoi figli, nati da
lui e da Tornea sua consorte, richiesero i due primi insieme alla madre si pro-
cedesse legalmente ad un generale inventario de' beni, che quindi in tutte
le forme fu fatto (x). Risulta da esso, che lo scultore, non ostante l'operosità
di sua vita, non era riuscito a raccoglierne che una ben modesta fortuna, lad-
dove, oltre usuali masserizie e pochissimi oggetti d'oro e d' argento nella sua
casa in Alcamo, non lasciò egli in campagna che sole otto salme di mag-
gesi, due schiavi, l'un bianco e l'altro moro, sei buoi di vario pelo, due vacche
con due vitelli, quattro case campestri, un mulino e due tuguri per rico-
vero de' lavoratori. Si aggiungevano crediti di alcune somme, in prezzo forse
di artistici lavori, dovute da' magnifici Sebastiano Romano e Vincenzo Adra-
gna e dagli eredi di un Andrea Gandolfo e di una signora Argenta Gentile
defunti (2). Ma rimaneva altresì un debito di once sessanta (1. 765) verso
Antonino Berrettaro, fratel dell'estinto, oltreché alquanto dopo, a 23 del
seguente ottobre, comparve anche un Pietro Vivona da Gibellina, vantando
( ' ) Vedi fra' 'Documenti, num. XLI.
( 2 ) Quest' Argenta o Argentea Gentile, moglie un tempo di un Antonio Failla, per suo testamento in
notar Adragna di Alcamo a 27 di giugno III ind. 151 5 avea morendo disposto farsi a sue spese una deco-
razione di marmo nella cappella del Sacramento in quella chiesa maggiore. E non è punto improbabile, che
a Bartolomeo Berrettaro sia stato primamente allogato cotal lavoro e che sia indi rimasto in tronco a ca-
gion di sua morte, giacché vedremo in seguito, che quarantasei anni più tardi , per atto del 24 febbraio IV
ind. 1560 (1561), fu adibito Antonino Gagini a finirlo. Ma non ne resta più oggi vestigio alcuno.
NEI SECOLI XV E XVI. CAP. III. IJ5
un credito di once ventotto (1. 357) 0 lì presso, a saldo del prezzo di una
massarìa 0 fattoria, che a Bartolomeo aveva venduta (!). Imperocché vivendo
costui, siccome è chiaro, non solo avea tratto suo prò dall'attività del la-
voro nell'arte, ma ancor dall' industria de' campi, come del maggior nu-
mero degli altri scultori è noto aver fiuto parimente in quel tempo.
De' due figli di lui, Giovan Michele ed Antonino, l'un non si addisse
affatto alla scultura, ma esercitò poi l'ufizio di notaio in Alcamo e in Ca-
latafimi , e quindi appar nell'elenco de' notai alcamesi in quel secolo (2).
Morto suo padre, ch'era rimasto tutore degli eredi Mancino, e insorte dif-
ferenze in fare i conti dell'amministrazione di lui fra essi ed i Berrettaro,
ottenne il suddetto poter definirle per un compromesso , il quale ebbe
luogo in Palermo a 27 di marzo del 1525. E da tal documento risulta, che,
morti già Marco e Simone, figliuoli di Giuliano , e rimaste del tutto eredi
universali la vedova Jacopella e la sua figlia Lorenzella Mancino , maritata
indi quest'ultima ad un Vincenzo, figliuolo di un maestro Antonio Lo Pi-
scopo, Giovan Michele medesimo alla morte del suo genitore recossi tosto
in Palermo a rendere i conti della tutela da lui tenuta e pregò vivamente le
dette eredi di rimettersi al compromesso cennato per compor le discordie.
Laonde, avendo esse a ciò consentito mercè l'intervento di loro comuni
amici e per evitare spese e molestie di litigi, fu rimesso l'affare a! giudizio
di due arbitri , cioè di un Sigismondo Scorsone , eletto da Jacopella e da
maestro Antonio Lo Piscopo, padre del genero Vincenzo, e di un Antonio
La Quadragesima, eletto da parte di Giovan Michele e de' suoi, con che
si sarebbe venuto alla scelta di un terzo, qualora i due non si fosser trovati
d'accordo (ì). Ma non più oltre al certo giova saperne.
Seguì l'arte paterna intanto il secondogenito Antonino: ma, essendo co-
stui ancor giovanissimo alla morte di Bartolomeo, la direzione della bottega
e de' lavori non fu quindi assunta almen per allora se non dall'omonimo zio.
( ' ) E dall' aver avuto pur egli da fare con gente di Gibellina s' ingenera il sospetto, che altresì possa
esser sua opera una pregevole statua in marmo di S. Caterina , esistente nella maggior chiesa dedicata alla
medesima Santa nella vicina terra di Salaparuta, comunque altri supponga rappresenti essa piuttosto la regina
Bianca, in favor della quale alcuni baroni del Val di Mazara si radunavano nel 141 1 in Salemi a costituire
una lega. Vedi Polizzi, / monumenti d'antichità e d' arte della provincia di Trapani indicati e descritti. Tra-
pani, 1879, pag. 66 e seg.
(2) A fog. 830 retro del manoscritto del De Blasi, Della opulenta città di Alcamo, discorso storico, esi-
stente nella pubblica biblioteca alcamese a' segni I, E, io.
( 3 ) Vedi fra' T)ocumenti di quest'opera, num. XLII.
Ij6 I GAGINI E LA SCULTURA IN SICILIA
Di quest'ultimo è indubitato, che sin da parecchi anni prima avea stanza e
famiglia in Palermo, laddove ne' libri della parrocchia di S. Niccolò la Kalsa
trovasi nota in data del 6 agosto VI ind. 1518 pri battimari la figla di wastru
Antoni cBirrictaru. Avvenne indi dopo la morte di suo fratello, che, essen-
dosi costui obbligato insiri dal di primo di febbraio VI ind. 15 17 (15 18) per
una custodia con un arco in marmo per la cappella del Sacramento nella
chiesa maggiore di Marsala , ed avendo pur egli Antonino posteriormente
assunto in solido con 1' altro un tale obbligo per atto in notar Giacomo
Lucido di Palermo a 29 di marzo del seguente anno , un prete Benedetto
Perniciaro, da parte de' procuratori della cappella medesima e degli ammini-
stratori della città suddetta, si fé' a costringerlo alla consegna dell' opera. Ma
non essendo ancor questa finita , a preghiere dello scultore, si venne a un
accordo o transazione per pubblico atto in Palermo in data del 12 settembre
del 1524, per cui primieramente fu egli tenuto infra due mesi recare a sue
spese e rischio in Marsala i pezzi della custodia, ch'erano già scolpiti e che
avea lasciato per fermo il defunto Bartolomeo'. Erano essi il compartimento
centrale con la custodia propriamente detta , o il ciborio ; due pezzi coi
quattro Evangelisti ; uno di S. Giuseppe ed uno di S. Crispino ; quattro
pezzi d' arco scolpiti con quattro, serafini; un pezzo incominciato di S. Cri-
spiniano; uno scannello o base con sei apostoli e Cristo nel mezzo in pic-
colo, ed una cornice del detto scannello , oltre un pezzo di marmo ancor
greggio. Prometteva anzi Antonino recarsi pur egli di persona in Marsala
con suoi garzoni e lavoranti e co' detti marmi per dar compimento alla
custodia, essendo altrimenti tenuto a tutti danni, interessi e spese. Del che
per lui del resto si rendeva garante il carrarese maestro Santino di Perin-
cione, trafficante di marmi e che allor soggiornava in Palermo (:). Ma chec-
ché ne sia stato il motivo, cotale accordo non ebbe poi effetto, e la custodia
non fu ancora compiuta, laddove in seguito è contezza di una nuova con-
venzione, stipulata in Palermo agli atti di notar Vincenzo de' Tintori, per
cui all' uopo insieme obbligaronsi il Berrettaro ed il sommo Antonello Ga-
gini. Né pure indi a tale convenzione si stette, trovandosi in vece, che di
poi, non essendo più motto dell'altro, obbligossi di nuovo il Gagini con
Giandomenico suo figlio al lavoro medesimo , servendosi de' pezzi soprad-
detti di già scolpiti, siccome appare per atto del 19 di aprile del 1530. E
(') Vedi fra' 'Documenti, num. XLIII.
NEI SECOLI XV E XVI. CAP. III. I57
la fini egli in fatti senza più avervi avuto altri alcuna parte, come sarà luogo
ancora in seguito a dirne.
Del detto Antonino Berrettaro non s.on poi note sculture di alcun mo-
mento. Si ha in vece pubblico atto in Palermo a n di ottobre del 1524,
per cui Antonio Moncada, conte di Adcrnò, in nome di un frate Giovanni
di Falco, domenicano, promise in due rate il pagamento di once quattor-
dici (1. 178.50) al detto scultore in prezzo di venti colonne con le sue
armi, di già da quel frate commessegli , da servire alla chiesa di S. Maria
la Grande in Catania ('). Del 13 di ottobre del medesimo anno rimane al-
tresì strumento , onde lo stesso Berrettaro fu tenuto ad una Giovanna di
Mao da Rodi, abitante in Palermo, per farle in marmo un monumento se-
polcrale con cassa in quattro pezzi e con coperchio di mezzano rilievo ,
sorretta da tre colonne e di tal lavoro come nel sepolcro di Guglielmo Aiu-
tamieristo , allora in San Domenico ed ora non più esistente. Ma neppure
or vestigio si ha di cotal monumento, che lo scultore promettea dar finito
e far collocare nel convento di San Francesco di li a tutto il seguente no-
vembre , e che pur non doveva esser lavoro di molta importanza , stante
non solo il breve tempo, che veniva assegnato a consegnarlo, ma ancora il
prezzo ben tenue di once otto e tari quindici (1. 108.37), C^Q nell'atto ne
venia stabilito (2). E il fatto poi , che dopo la morte di suo fratello ne
( ' ) Die xj.° octobris xìij.' ind. 1524. III. domimis don lAiitonius de Montecatheno, comes Adernionis, coram
nobis suo proprio nomine et principalità' se obligando per dictam planam more mercatorum et ut bancus, nomine
et prò parte reverendi fratris Jobannis de Falco, ordinis Sancti Dominici , .... sponte et sollemniter promisit et
conventi bonorabili magistro intonino 'Birrittario, scultori marmorum, presenti et stipulanti ab eo, dare et solvere
uncias quatuordecim p. g Et sunt prò vigiliti colupnis marmorum , quas fieri fecit d'ictus reverendus f ratei-
Johannes ad opus ecclesie Sancte diarie la Grandi de clarissima civitate Cathanie, cum armis dicti ili. domini
comitis. Quas colupnas fomitas et completas dictus magister Antonius dare et consigliare promisit dicto reverendo
frati Jobanni, presenti et stipulanti, aut persone legitime prò eo, ad eius prìmam et simplicem requisicioneni, et juris
et facti opposicione et exceptioue remotis: alias, etc. Que omnia, eie. — Testes: reverendus frater Guillelmus de Bo-
naajuto, thesaurarius cathaniensis, et nobilis D\iarianus de Imperatore. ■ — Dal registro di num. 3796 di notar Gio-
vanni de Marchisio, an. 1524-27, ind. XIII-XV, fog. 9, nell'archivio de' notai defunti in Palermo.
(2) Eodem xiij." octobris xiij.' ind. 1524. Magister Antoninus Birrittaro, presens etc, se obligavit et obligat
Joanne de Mao de T{pdo et habitatrici Panormi , presenti et stipulanti , ad expensas dicti magistri Antonini fa-
cere, compiere et expedire unum monumentimi marmoreum de bono marmare, longitudinis infrascripte balate, vi-
ddicet caxia marmorea in quatuor pedis et cum copercho, quod est diete Joanne, versus quam dictus magister An-
toninus teneatur laborare dictum coperchium, ut dicitur, di me%u relevu : que quidem caxia marmorea sit et esse
debeai proul est magnifici Guillelmi Aiutamichristo condam in Sancto Dominico et illius laboris, cum tribus colum-
nis, prò predo unciarum odo et tarenorum xv; de quo predo presentialiter habuit et recepii ipse magister Antoninus
ducatos duos auri in auro; cum hoc, quod, expedita medietate dicti operis, teneatur solvere ipsa Joanna eidem ma-
gistro Antonino unciam imam, et restans expedito dicto magisterio: promittens ipse magister Antoninus dictum opus
Ij8 I GAGINI E LA SCULTURA IN SICILIA
abbia soprattutto assunto Antonino l'amministrazione degl'interessi, risulta
ancora da pubblico documento del 19 di gennaio XIII ind. 1524 (1525),
quand' egli si costituì debitore in dieci ducati d'oro e tari cinque al soprad-
detto maestro Santino di Petrinsone da Carrara, a compimento di ducati
ventotto di oro e tari undici in prezzo di tanti marmi già avutine dal de-
funto Bartolomeo, computando due pilastri intagliati, che dato aveva que-
st'ultimo al medesimo creditore e ch'eran del morto Giuliano Mancino (').
Era pure anzi avvenuto alquanti dì prima, a 5 di gennaio del detto anno, che
lo stesso scultore Antonino Berrettaro , qual procuratore della vedova del
suo estinto fratello Bartolomeo, tutrice de' propri figli, sostitui da sua parte
in tal procura 1' omonimo suo nipote, figliuol del detto defunto , perchè si
recasse in Pizzo di Calabria a darvi assetto ad una icona di marmo , che
Bartolomeo medesimo vivendo aveva eseguita in virtù di contratto rogato
in Palermo da notar Giacomo Lucido a 5 di marzo del 1522, ed a riscuo-
terne quindi il prezzo ed a farne quitanza (2). Ma nulla si ha di più pre-
ciso intorno a tale opera, mancando anche il contratto anzidetto, dove più
distinta notizia sarebbe a trovarne: e solo é certo, che al lavoro di essa né lo
zio né il nipote ebber parte, costando, che l' altro l' aveva prima condotta.
Né indi più altro de' detti scultori è noto, se non che in data del 4 di ot-
tobre del 1526 in Palermo l'inventario de' beni ed oggetti trovati nella
dare et assegnare expedìtum et completimi in apotheca per totum meiisem novembris proxime venturum; cimi parto,
quod dictus magister Antoninus teneatur assectare facere dictum opus in conventu Sancti Francisci ad omnes expensas
ipsius Joanne, versus quam dictus magister Antoninus teneatur sine aliano stipendio intervenire in assectatione ipsi-
us opcris. Ouc omnia, etc. — Testes: magni ficus Johannes de Sancto Stephano et Antoninus Jachi. — Dal registro
di num. 3479 di notar Geronimo Corraccino nelP archivio de' notai defunti in Palermo. Documento comu-
nicatomi dal signor Giuseppe Cosentino.
(') Eodem xviiij januarii xiij." ind, 1524 (1525). Magister Antoninus Binittaro, scultor marmorum, pre-
seus corani nobis, sponte se debitorem constituit honorabìli magistro Sanclino de Titrinsuni de Carrara, presentì et
stipulanti, in ducatis decem nitri in auro et tareuis quinque ponderis generalis, quos et quos ducatos x auri et ta-
rmo; quinque dictus debitor prefato creditori stipulanti solvere promisit lue Pauonui et in pecunia numerata ad
requisitionem diati creditoris, in pace etc. Et sani ad complimentum ducatorum xxvìij auri et tarenorum xj prò
tantis marmoribus habitis et receptìs per condoni magistrum Bartholomeutn Birrittaro ab eodem creditore , cotnpu-
talis duobus pilastris intaglatis , datis per dictum condam magistrum ISartholomeum eidem creditori , que duo pi-
lastra erant condam magistri Juliani Manchino: promitteus ipse magister Antoninus defendere eie. Que omnia etc. —
Testes: magister Johannes de Guachi et Thomas de Januxp. — Dagli atti di notar Geronimo Corraccino nell'ar-
chivio de' notai defunti in Palermo. Documento comunicatomi dal signor Giuseppe Cosentino.
(2) Eodem (5 gennaio XIII ind. 1524) (1525). Houorabilis magister ^Antoninus de 'Berrictaiio , civis pa-
normitanus, presens corani nobis, tamquam procura/or houorabilis Thomie reliete quondam magistri Bartolomei de
Berriclario, tamquam tutricis filiorum suorum cimi potestate siibstitueudi unum ve! plures procuratore; vietate pro-
curaciouis facte manu egregii notarli Stefani de Toruerio de terra Aleami olim die xvij novembris xiij ind. in-
NEI SECOLI XV E XVI. GAP. III. 1 59
bottega di marmoraio, che reggevano un tempo il quondam maestro Barto-
lomeo Berrettaro e maestro Antonino suo fratello, e poscia l'altro Antonino,
iìgliuol del primo; qua' beni ed oggetti fece descrivere ed annotare il detto
maestro Antonino, cioè lo zio, per sua propria cautela e di quanti vi avessero
interesse, giacche, comunque egli si fosse partito per fuori regno, intendea
sulla detta bottega serbar suo dritto, siccome è cenno pur dianzi. Ma scia-
guratamente il registro di notar Geronimo Corraccino, dove avrebbe a seguire
cotale inventario, non ha che appena il solo principio di esso, dove soltanto
si accenna: In primis quedam imago scuìpita Sancii Franasti; e tutto poi rimane
per quattro pagine in bianco , nell' ultima delle quali sono segnati i nomi
de' testimoni, qua' furono il pittore Antonello di Crescenza, il sommo An-
tonello Gagini ed un nobil Tomaso Bonvicini (:). Né più esistono i vo-
lumi di minute del detto notaio, dove l'originale inventario era per fermo
a trovarsi ; e quindi manca un importante elemento , da cui rilevare a che
maniera di lavori, morto Bartolomeo , si fossero addetti nell' arte il fratello
ed il figlio di lui e se di alcun momento ne avesser forniti. È probabile
altronde, che la cennata figura del Serafico non sia che una statuetta ben
mediocre e sul fare berrettaresco , la quale , rappresentandolo genuflesso in
atto di ricever le stimmate, esiste nella chiesa del medesimo Santo in Salemi.
Ma nulla se n' ha di certo : oltreché fin qui non rimane alcun indizio a
poter conoscere dove l' Antonino zio siasi recato fuori dell' isola, e che sia
andato a farvi, e che ne sia stato poi del nipote del nome stesso, che pure
non fu l'ultimo rampollo de' Berrettaro nella scultura in Sicilia. Imperocché
stantis 13:24, omni jure, modo, vìa et forma, ambili mclius potuti et juxta formavi juris, sponte fecit, constituit et
sóllemniter ordinavi t in eius verum et legitimum procuratorem , siibstitutum nuncium specialem et ad infrascripta
ventrale/m, Antoninnm de 'Berrictario, filinm dicti quondam magistri Bartholomei, presentirti et acceptantem, ad se
portandum et conferendum in terra Tixi par cium Calabrie et illic assectandum yconam imam marmoriam factam
per dietimi quondam magistrum Bartboloineum, tempore vite sue, virtute pallici contractus facti marni egregiì quon-
dam notarli Jacobi Lucidi olim die v.° marcii viiij ind. ij2i (1522) et juxta, formatti dicti contractus, et ad pe-
tendum, exigendum, recipiendum, recuperaudum et hdbendum ac imbuisse et recepisse confitendum , nomine et prò
parte ipsius constituentis, precium diete ycone virtute supradicti contractus, etc. — Testes: no. Franciscus Lucidus,
m.' Felicianus Mangimi et Bartholomeus de S. Elia. — Dal registro di num. 1883 di notar Giovanni Andrea
Lucido, an. 1524-25, ind. XIII, fog. 162 retro a 163, nell'archivio de' notai defunti in Palermo.
( 1 ) Iuventarium prò magistro Antonino Birrittaro. Die quarto ottobris x.° ind. 1526. Bona et stiviiic re-
perto in apoteca marmorarii , quam olim regebant condam magister 'Bartholomeus de cBirrittario et magister An-
toninus de Bìrriltario, fratres, et postea Au'.onìnus de 'Bìrrittario, eius filius; que bona describi et annotari fecit
dictus magister Antoninus de Birrittario prò eius cautela et quorum interest, ex quo venti extra regnimi et intendit
permanere in dieta apolheca: — In primis quedam imago scuìpita Sancti Franciscì E seguono quattro pagine
22
léo I GAGINI E LA SCULTURA IX SICILIA
ancor più tardi è contezza di un Paolino Berrettaro, scultore in marmo, il
quale, siccome appare da un documento del 31 di ottobre del 1571, viveva
in Palermo ed insieme ad altri vi era in relazioni d'interesse co' rettori e
marammkri della cappella del Sacramento nella chiesa di S. Antonio del
Cassaro , ond'è a sospettare che opera di lui sia una custodia in bianco
marmo, colà tuttavia esistente con otto storie della Passione da' lati e con-
dotta sul pregevole stile della gaginiana scuola, a cui è molto probabile che
colui sia appartenuto (r). Nient'altro però se ne conosce al presente, igno-
randosi da chi mai egli fosse nato, se dal secondo Antonino o da altri di
quella stessa famiglia.
Quanto poi soprattutto è dato raccogliere dal fin qui detto si è , che
sin dalla metà del quattrocento mirabile operosità spiegò questa terra nel-
1' arte, di cui è discorso, e specialmente in Palermo, mercè principalmente
l'opera di artefici venuti da ogni parte della penisola, che vi fermaron sog-
giorno e sempre più vi venner crescendo in numero , procreandovi figli ,
che l'arte paterna appreser pur essi e seguirono. Di quelli, a parte de' molti
scarpellini , non pochi furono scultori di maggiore o di minor merito , ed
alcuni altresì dieder prova di tanta eccellenza di magistero e di gusto da
non tener dietro gran fatto a' più riputati maestri. Venuti però essi in Si-
cilia di già provetti nell' arte , formati alle scuole allor si fiorenti di Lom-
bardia, di Venezia e di Toscana, traevano in tutto carattere e stile da quelle,
e vano quindi sarebbe voler trovare un aspetto originalmente proprio della
siciliana scultura in quel tempo. Né pure é da rilevare quel progressivo ed
tutte in bianco, nell'ultima delle quali in fine si legge : Tresentibus prò testìbus honorabili magistro Antonello de
Grixenda et magistro Antonello de Gagini et nobili Thoma Honvichini. — Dal registro di num. 3481 di notar
Geronimo Corraccino, an. 1526-29, ind. XV-II, fog. 77 retro e seg., nell' archivio de' notai defunti in Pa-
lermo. Documento comunicatomi dal signor Giuseppe Cosentino.
(') Eodem (31 ottobre XV ind. 1571). Ex quo domini rectores et maragmerii Corporis domini nostri Jesu
Christi capelle fundate in ecclesia Sancii Anlonii de Cassaro fecerunl magistro Paulino Beirectaro et consortibus
quamdam apodixam unciarum duarnm, quam asserititi- amisisse, ideo predictus m.' Paulinus Berrectaro, sculptor
mannorum, coguitus etc, corani nobis sponte promisit et convenit seque sollemniter obligavit et obligat predictis do-
minis rectoribus et maragmeriis , me notar io prò eis stipulante , statini et incontinenti quod predicta apodixa pre-
seutabitur in tabola huius urbis in debitum predicte ecclesie et capelle illaruiu unciarum duaruni , solvere et sati-
sfacci-e predictis dominis rectoribus et maragmeriis , me notano prò eis stipulante , statini et incontinenti expensis
predictis unciis duabus in dieta tabola, stante quod dicto de Berrectaro solute fucrunt predicte uncie due, et non
aliter, etc. Que omnia, etc. — Testes: Petrus Anlonius lanieri et presbite/- Joseph de Coricane. — Dal registro di
num. 8383 di notar Lorenzo Isgrò , an. 1570-72, ind. XIV-XV, fog. 189, nell' archivio de' notai defunti iu
Palermo.
NEI SECOLI XV E XVI. CAP. III. l6l
ordinato sviluppo , che in essa siccome altrove sarebbe dato avvertire , se
avesse avuto luogo infili d'allora una scuola affatto propria dell'isola, pro-
mossa e sostenuta da riputati artefici del paese, che avesscr lasciato in pre-
gevoli opere chiari argomenti del loro ingegno. Ma fin qui non appare, che
siciliani scultori di conto vi siano mai stati nella seconda metà del quat-
trocento, priaché fosse sorto in Palermo l'onor maggiore dell'arte di Sicilia;
ed i venuti dal di fuori, lungi di avere rappresentato il progredire continuo
di una medesima scuola , non furon generalmente che individuale espres-
sione di loro stessi ne' rispettivi gradi del lor diverso valore. Era dunque
mestieri, che un genio, nato in Sicilia ed allevato in essa a' migliori esempì,
di che certamente non era allora difetto, avesse preso in sue mani le sorti
dell'arte, sovraneggiandola con l'altezza del suo sentire e con la superiorità
inarrivabile del suo intelletto, non meno che con l'eccellenza del più esqui-
sito e perfetto magistero , e dato avesse principio e norma ad una fioritis-
sima scuola di siciliani artefici , che in successione continua ne avesser
tenuto il vanto, tramandando a' tardi nepoti le gloriose tradizioni di quello
e insiem di un' arte propria dell' isola. Né passò guari , che sorse un tal
genio in Antonello Gagini palermitano , a cui , oltreché pel sovrano suo
merito , si dee principalissimo onore , siccome a capo ed origine di quella
grande e famosa scuola della siciliana scultura, che tal potè fin da lui solo
veramente e propriamente appellarsi , e che , serbata in pregio da' suoi fi-
gliuoli e discepoli , a lungo pressoché intatta si mantenne sulle più pure
norme del sentimento e del gusto, quand'anco l'aura malefica e soverchiarne
della corruzione invadea di già la penisola, cadendovi l'arte in preda a' deliri
degl' imitatori del Buonarroti.
.„,v:
\
CAPITOLO IV.
ANTONELLO GAGINI PALERMITANO E SXJA DIMORA IN MESSINA.
a Domenico, lombardo scultore da Bissone, dal 1463 già
dimorante in Palermo , per le seconde sue nozze con una
Caterina dopo la morte di Soprana sua prima consorte, ivi
nasceva Antonello Gagini nel 1478. La certezza dell'anno di tal nascimento
è chiara oggi da un pubblico atto riportato di sopra del 24 di ottobre del
1491, onde lo stesso Domenico riconosceva indi un suo debito insieme a
Giovanni, figliuol della prima moglie, e ad Antonello, altro figlio della se-
conda, di età allora di tredici in quattordici anni, siccome nell'atto si affer-
ma (:); e quindi precisamente da ciò si rileva il tempo, in che ebbe prin-
cipio si preziosa esistenza, meglio che non si ha da quanti vagamente as-
serirono esser nato Antonello circa il 1480, a passarci anco del messinese
Cajo Domenico Gallo , che ne riporta la nascita al 1484 (2). È noto poi
siccome palermitani e messinesi scrittori , quando ardevan vivissime e fo-
(') Vedi nel secondo capitolo di quest'opera, pag. 98, nota 1.
(2) Annali della città di Messina. Ivi, 1758, tomo II, libro VII, pag. 555.
164 I GAGINI E LA SCULTURA IN SICILIA
montate da iniqua politica di governo le gare municipali fra Palermo e Mes-
sina, acremente si abbian conteso il vanto qual delle due città sia stata vera
culla del grande artefice; e vano sarebbe per lungo riferire le tante accanite
controversie , a cui le cerniate gare fra' due municipi crebbero per più di
due secoli incitamento e calore ('). Vi fu poi anche talun di Messina, che,
tratto in inganno da un error del Vasari, stimò che carrarese fosse il Ga-
gini (2) : ma gli die sulla voce 1' abbate Bertini in Palermo, che, pago pur
di serbarne l'onore de' natali alla Sicilia, il reputò messinese per nascita,
palermitano per adozione e per privilegio (3). Né mal costui si apponeva
in tale avviso, mentre il più antico documento autentico, che infino allora
sen conosce:1 della vita (in data del di 8 di novembre del 1499, quand'era
Antonello nel suo ventunesimo anno) , il dice messinese , e chiaramente
ne attesta la dimora in Messina in quel tempo (4). Ma da' più antichi do-
cumenti da me trovati rilevavasi poscia, che fosse in vece a tenerlo paler-
mitano ; perchè in Palermo , e non in Messina , trovavasi aver suo padre
stabilito il soggiorno da quindici anni avanti la nascita del figliuolo , ed
esservi poi nel continuo esercizio dell'arte vissuto quasi altrettanto fino alla
morte, che pure or si conosce ivi avvenuta nel 1492; perchè il figlio An-
tonello, nella tenera età di tredici in quattordici anni, viveva in Palermo
con suo padre e co' suoi nel 1491, otto anni prima, che, morto già Do-
menico, si fosse trovato in Messina; perchè in fine in tutti i pubblici stru-
menti a lui relativi, tranne che nel messinese cennato del 1499 ed in pochi
altri di quel tempo, viene costantemente appellato palermitano. Ma oggi su di
ciò rimuovono ogni ombra di dubbio altri documenti da me rinvenuti nelP ar-
chivio notariale della stessa città di Messina, da' quali chiaro apparisce ivi il
soggiorno del giovine scultore per più di otto anni dal 1498 al 1507, e, benché
in vari di essi di date posteriori ei venga qualificato messinese non altri-
( 1 ) Vedine alcun cenno ne' Preliminari alla storia di Antonio Gagini ... per Melchior Galeotti. Pa-
L-rmo, 1860, pag. 14 e seg.
( - ) Giuseppe Grosso Cacopardo nella sua anonima Guida per la città di Messina, scritta dall'autore delle
Memorie de pittori messinesi (Ivi, 1826, pag. 83), ed ampiamente in Alcune osservazioni all' Elogio storico di
jintonio Gagini, scritto da Agostino Gallo (Palermo, 1821), delle quali, probabilmente rimaste inedite, esiste
una copia di mia mano nella Biblioteca Comunale di Palermo a' segni 2Q.q H 174.
(3) Nel tomo XXI del Giornale di sciente, lettere e arti per la Sicilia (Palermo, 1828, pag. 190 e seg.).
( 4 ) Intendi il contratto , che sarà luogo in seguito a riportare, per la famosa cona o custodia in marmo
per la chiesa di Santa Maria in Nicosia, rogato in Messina da notar Matteo D' Angelo e tuttavia colà esi-
stente in quell'archivio de' notai defunti.
NEI SECOLI XV E XVI. GAP. IV. l6j
nienti che in quello teste indicato, in quattro di data precedente, cioè del
1498 e 99, qual fu certamente colà primo tempo di sua dimora e più im-
mediato al suo arrivo, è detto con la maggiore evidenza de Panormo, com-
morans Smessane, o civis urbis Panarmi et mine in civitate ^Cessane comiuorans ,
o civis felicis urbis Tanormi, o civis Tanormi. Conferma inoltre cotal cer-
tezza il contenuto di un di tali strumenti , qual si è una procura in data
de' 26 di giugno del 1499, onde maestro Antonello Gagini da Palermo,
abitante in Messina, marmoraio , avendo piena fede nel suo concittadino
maestro Antonio Ranzano, creavalo, sebbene assente, e costituivalo suo pro-
curatore, giusta la forma del dritto, a chiedere e ricuperare in sua vece da
Giovan Domenico Pellegrino, dimorante in Palermo, e che pur ivi non
ci è ignoto fra gli scultori del tempo (:), un certo disegno in pergamena,
che il Gagini per tari dodici (1. 5.10) gli aveva una volta impegnato, ed
insieme a pagargli il detto danaro, eh' ei gli doveva (2). Il qual prestito
chiaramente risulta, ch'era stato già finto allo scultore quand'egli tuttavia
era in patria e innanzi che per Messina fosse partito : oltreché altronde è
certo che il detto Ranzano, che viene enumerato fra' primi nell'elenco dei
legnaiuoli ne' capitoli di quest'arte in Palermo nel 1499, tolse ivi in mo-
glie la Caterina , vedova del defunto Domenico Gagini e madre di Anto-
nello, e fu patrigno perciò di quest'ultimo, siccome in altri atti di comune
interesse fra loro espressamente il vedrem denotato. Laonde per tanta luce
di argomenti non è adesso più dubbio, che , nato essendo il nostro scul-
tore in Palermo, dove passò in gran parte l'adolescenza, ne andò poscia
in Messina non molto pria de' vent' anni , ed ivi pel soggiorno fermatovi
ottenne di leggieri la naturalità messinese , e non men per le nozze, che
vedremo avervi contratte.
Qual cagione lo avesse indotto a colà trasferirsi mi é ignoto. Giova
( ' ) Vedi nel secondo capitolo di quest'opera, pag. 50 e seg.
(2) xxvj junii (1499). Magister Antoneìlus de Gagini de Tanormo, commorans Messane, magister marmo-
rarius, consenciens et sponte confisus ad plenum de fide magistri lAntonii de Rancano de Tanormo, ipsnm eumdem
magistrum ^Antonimi!, licet absentem, secundum formam juris, constituit, creavit et sollemniter ordinavit sunm re-
rum, legitimum et indubitatum procuratorem ... ad petendum et recuperandoli et habendum nomine et vice dicti
coustituenlis ... a Joanne Dominico de Tilligrino, ... commorante Tanormi, illud designimi in pargameno , quod
dictus constitiuns asserit olim prò tarenis xij pignoravisse dicto Joanni 'Dominico, dicloque Joanni 'Dominico sol-
vendum prò recuperatone dicti designi dictos tarenos xij, et apocam faciendum et firmandum , ac nomine et vice
dicti coustituenlis recepisse et Imbuisse confitendum, et si opus fuerit in judiciis comparendoli, etc. — Tresentibus
ni. Angelo tarocca et Luciano Freri. — Dal registro di notar Giacomo Carissimo, an. 1498-99, fog. 754, ai
segni P 39, nell'archivio de' notai defunti in Messina.
l68 I GAGINI E LA SCULTURA IN SICILIA
c da' vicini stati, dove già furon prime a destarsi ri eli' Europa occidentale
le idee d'industria, di commercio e d' indipendenza, e donde gran numero
di artisti ed operai per ogni dove si sparsero, stretto fra loro un patto di
colleganza, di ospitalità e di scambievole aiuto per ovviare a' pericoli, cui
andavano incontro nelle loro emigrazioni. Molti di costoro , si fabbricatori
che marmorai di gradazioni diverse dell'arte, vedemmo in copia passati nel
quattrocento in Sicilia dalle superiori contrade d'Italia, e specialmente aver
formato un lor corpo di associazione locale in Palermo , dove fu a capo
de' marmorai , scultori e scarpellatori , il lombardo Domenico Gagini ; ol-
treché par che fra loro col nome di fratelli gli artisti di quella medesima
origine si appellavano , e non potea mancar che stretti ancor fossero dal
vincolo dell'arte e di vicendevol soccorso a quanti altri ve n'erano altrove
disseminati per l'isola, ed in particolar modo nelle città marittime e prin-
cipali, come Messina. Quivi é ben verisimile adunque, che un'altra corpo-
razione conforme abbia potuto aver luogo, comunque composta di fabbrica-
tori e scarpellini, giacché di elevati scultori pria dell'arrivo del Gagini non vi
è contezza; e sembra che magoni vi sieno stati appellati i membri di quella,
essendosi in essi serbato il nome, con che i lor colleghi dell'arte eran de-
nominati nella penisola e fuori. Fu facile, che nell' aggregazione medesima
fossero entrati artefici ed operai del paese , oltre a' molti , che dovetter di
altrove arrivarne, e quindi non mancò di esservi accolto Antonello, figliuol
dell'antico e rinomato lombardo scultore e che perciò mettono fu anch' egli
detto. Può darsi del rimanente, che il suo passaggio in quella città e non
meno le nozze contrattevi con la figliuola del Di Blasco ma^pnio abbian po-
tuto aver motivo da intime relazioni corse fra colleghi artefici di Palermo
e Messina , e che si fotte relazioni fossero allor più vive e notevoli , che
adesso non pare, rattaccandosi ad altre più estese e più ampie, benché fin allor
contenute nel solo campo dell'arte ed alquanto fors'anco in quello del traffico
e del commercio. Mancan però fin qui gii elementi a conoscerne e dirne più
oltre, e solo é da ripromettersi, che gravi studi in proposito conducano a ve-
dere addentro in cotal materia, che specialmente per la Sicilia non é affatto
esplorata.
Aggiungo però tal notizia, da cui si dimostra, che al tempo stesso che
Antonello , già stabilito in Messina , dava continua opera a ragguardevoli
lavori , onde sempre più singolare si rendeva nell' arte il suo nome , non
NEI SECOLI XV E XVI. CAP. IV. 1 69
trascurava pur egli tentar le vie del traffico per migliorar di fortuna , pre-
standosi in ciò a lui quel paese per la felicità del suo sito e la sua antica
attività commerciale, lira di latti una privata società mercantesca , che ivi
per pubblica scrittura si contraeva in data del 16 di agosto del 1500 fra il
nostro scultore ed un cotal Ferdinando Marinculo, detto altrimenti Gami-
non, per cui metteva il Gagini un valore di ducati ventinove, tari due e grani
dieci (1. it. 124.31) in tanto panno di Piemonte, già consegnato al detto
Ferdinando , il qual doveva all' uopo da sua parte porre altrettanta somma
e non men anco l'industria di sua persona. Era pertanto costui tenuto an-
darne in Calabria a vendervi quel panno in qua' luoghi e mercati più gli
piacesse, e poi del prezzo, che ne ricaverebbe, non men che della somma
anzidetta di sua parte del capitale , comprar colà merci di suo genio per
portarle o mandarle in Messina, dove Antonello le avrebbe in fine vendute.
Cosi, terminando indi il tempo di tale società, ch'era a durar soltanto in-
sino al maggio seguente, ne verrebber fra loro spartiti egualmente i gua-
dagni, dedottine prima il capitale e le spese ('). Ma non fu questo per vero
in Sicilia unico e singoiar caso di uno scultore , che non meno che dalla
virtù del proprio scarpello cercato avesse allora trar prò dalla mercatura, lad-
dove è noto aver fatto altrettanto con gli zuccheri Domenico Gagini in
Palermo, e poi Giuliano Mancino essersi unito al carrarese Lotto di Guido
per trafficar di derrate e grasce con Carrara ed altre superiori contrade di
terraferma. Laonde altresì è da pensare , che le intime relazioni suddette ,
(') Eodeiu (21 ottobre IV ind. 1500;. Magister Antonellus de Gagino, marmorarius uiessanetisis , ex una
pari,; et Ferdinandus f\CarincuIu, alias Gaminon , parte ex altera, ad iiivicem stipulantes , spante quandam Inter
eos contraxeruiit societatem ... bine per tatuili nauseili mail proximo venienti*, tam in regno Sicilie, quam in par-
tihus Calabrie, in qua quidem societate dìclus magister Antonellus posuit et ponit ducatos currentes xxviìij , tare-
nos ij et gr. x in tanto panno de 'Piemonte, eidem Ferdinando consigliato et per eum recepto et recipìendo prò
apcrtando in partibus Calabrie, et industriam eius persone in hac ch'itale; et idem Ferdinandus iebet poncre alios
ducatos xxviiij , tareuos ij et gr. x et industriam eius persone , que debet accedere ad illas dictas partes Calabrie
bentvisas, et ibi debeat explicare dictos pannos in mereatibus sili beuevisis, et exinde, explicatis, debeat predimi ip-
soruin una cimi dictis ducatis xxviiij positis per ipsiiin Ferdinandum implicare in omnibus mercibus sibi beuevisis
et ad eius beneplaciìuin; et deinde, implicatis, illas debeat onerare super quibusvis vassellis, una vice ve! pluribus
ad eius beneplacitum, et ultimo illas ducere sett aportart facere et consigliare seti consigliare facete cileni magistro
Antonello in hac civitate Messane, per ipsum magistrum xAntonellum explicandas. Et finito dicto tempore societatis,
deducto ipso capitali et expensis, lucrimi provenienduni ex dieta societate debeat dividi equali pjrcione Inter eos, et
sic de dapno, qnod absit, etc— Tresentibus magistro Sebastiano de la 'Plana et magistro Sebastiano Foli, e. m. —
Dal volume di registri di notar Niccolò Ismiridi, an. 1 500-1 502, fog. 94, a' segni N 13, nell'archivio de' notai
defunti in Messina.
iyO I GAGINI E LA SCULTURA IN SICILIA
ond'eran fra loro collegati ne' vari paesi gli artefici, e le agevolezze scam-
bievoli, che loro da ciò derivavano , li abbian reso attivi e operosi nell' e-
sercizio del commercio in un che in quello dell' arte ; e però non è pure
improbabile , che ragioni di commerciali interessi abbian potuto trarre in
Messina il giovine scultore palermitano, sapendosi molto più che in mercan-
teschi affari anche suo padre si era certamente versato alcun tempo innanzi.
Ma qui sia punto alle congetture, e cedan esse il campo a sicure e fondate
memorie.
Checché si fosse de' motivi del suo passaggio in Messina, è indubi-
tato, ch'egli vi era in pieno esercizio dell'arte sul mezzo del 1498, essendo
già nelF età sua di vent' anni. Né molto pria di quel tempo dovette per
fermo esservi giunto , avendosi certo indizio di alcuna sua precedente fac-
cenda per qualche oggetto d'arte di proprio uso in Palermo, com'è del disegno
in pergamena , che vedemmo avervi impegnato ; e quindi non è dubbio ,
che primamente in patria egli abbia sviluppato quell' altissimo e singolare
suo genio , il quale , opportunamente educato a' sani principii ed alle rette
norme dell'arte, di che già suo padre fu sì valente maestro, non tardò cer-
tamente a far presentire insin da' primi lavori qual sommo grado di eccel-
lenza avrebbe in breve raggiunto. Nulla però fin ora ci è noto delle pri-
mizie del suo scalpello , né de' particolari di quell' artistica educazione di
lui, la qual non dubito abbia avuto dall'insigne suo genitore i più oppor-
tuni e felici avviamenti. Del che ci è chiara prova la molta corrispondenza
di stile , eh' è dato osservare fra le poche note sculture di Domenico e
quelle, che si han sicure della gioventù del figliuolo, notandosi specialmente
ne' bassirilievi cotal simiglianza d' indole e di gusto e tanta medesimezza
di purità ed eleganza di forme da doversi in qualunque modo stimare, che
non altrove che nella scuola del padre abbia sortito il genio di Antonello
il suo primo e migliore sviluppo ('). Né per la morte ben presto avve-
( 1 ) In tale idea mi confermano alquante pregevolissime opere di scultura , che in una più recente mia
escursione per vari luoghi dell'isola teste mi è riuscito vedere e che stimo indubbi lavori di Domenico Ga-
eìrù non min che eli altri accennati dinanzi. Tale i una custodia in, bianco marmo nella cappella del Sa-
cramento nella Madrice vecchia di Collesano , recando un piedistallo con figurine in bassorilievo degli apo-
stoli e d'altri quattro santi con Cristo in mezzo, mentre indi è nel centro il ciborio fra dodici cherubini, e
ricorron da' lati gli evangelisti ed i padri della Chiesa in sei leggiadri scompartimenti : oltreché poi segue
in alto la Crocifissione con laterali figure degli apostoli Pietro e Paolo e due candelabri agli estremi, e vien
dato luogo al di sopra alla Nascita di Gesù in un semicircolare pennacchio, ch'è sormontato in fine da un
Dio Padre fra due più piccoli candelabri con le figure dell' Annunziazione. Dappiè vi ricorre 1' iscrizione se-
NEI SECOLI XV E XVI. CAP. IV. I7I
nuta di Domenico nel 1492 , lasciato in tenera età d' anni quattordici in
quindici, mutò egli scuola e indirizzo : ma, pur seguitando le paterne vestigia
e quelle de' più abili maestri sovravvissuti in Palermo in quel tempo, fraì
quali Giorgio da Milano, fé' si che il resto facesse quella incomparabile at-
titudine del suo spirito, qual'egli avea da natura ottenuta, e per cui si ra-
pidamente e mirabilmente ei progredir dovette nell'arduo sentiero dell'arte,,
che già in Messina a vent'anni era in fama di egregio scultore.
Colà egli rinvenne un campo molto opportuno a che la rinomanza
dell'artistico suo valore si fosse ovunque diffusa, senza che per nulla l'in-
vidia degli emuli gli avesse attraversato il glorioso avvenire , mentre ivi ,
durando vivo e sempre più promovendosi il miglior gusto dell' arte nella
pittura, in cui erano sì feconde le tradizioni e la scuola del famoso Anto-
nello da Messina, non avvenne in vece, che nella scultura fossero artefici di
alto merito e nome. Il che mi sembra risulti evidente dal fatto , che
negli studi praticati ne' messinesi archivi per indagar memorie di tutti gli
anni del soggiorno colà del Gagini generalmente non mi venne fatto d'im-
battermi in documenti di altri riputati scultori, che di lui solo, laddove in
vece quelli de' dipintori vi riboccano, mostrando neh' arte loro un' operosità
veramente ammirabile , che ancor si accrebbe e segnalossi di poi. Primeg-
giavan pertanto allora per valentia di pennello un Antonello Resaliba o Sa-
liba, che, figliuol di Giovanni, intagliatore in legno, congiunse a' pregi di
un puro e perfetto stile il merito di si straordinaria fecondità, onde forse
guente: MCCCCLXXXVIIII. Vili IND. HOC OPVS LEGAVIT CONSTRVI VENERABILE PRESBITER
FRANCISCVS DE SVNZERIO VICARIVS TERRE GOLISANI AD DECORACIONEM SACRATISSIMI
CORPORIS CHRISTI. Tale ancora è un'altra più piccola ma elegantissima custodia, condotta in tutto sul
far della precedente e con gli stemmi delle principesche famiglie Aragona e Santacolomba, nella maggior
chiesa della vicina terra d' Isnello ; e sì nell'una che neh' altra son soprattutto ammirabili a mio avviso per
soavissima espressione di celestial sentimento e squisitezza incomparabile di scalpello gli svaiiati angioletti,
die vi ricorrono in copia, secondo quel tipo medesimo di oltrenaturale bellezza, a cui Antonello poscia, se-
guendo pur sempre le orme paterne, diede il maggiore sviluppo negli stupendi suoi marmi. Lo stesso dimo-
stra una leggiadrissima figura dell'Angelo Custode in alto rilievo , tenendo per mano il piccolo Tobia , ora
in una cappella della chiesa di San Michele in Sciacca, e che ivi dinanzi io stimo abbia dovuto far parte di
qualche gran coita o custodia , oggi distrutta , di cui probabilmente occupava il centro una pregevole statua
del titolare , lavoro della seconda metà del quintodecimo secolo , posta adesso sulla porta maggiore nell' e-
steriore facciata dei tempio. A giudicar dallo stile di si fatte sculture, assai facil mi sembra, ch'esse sian pure
opera di Domenico, e molta corrispondenza vi ha sempre con quelle, che di simil soggetto il sommo genio
djl figlio con maggiore eccellenza di poi condusse. Laonde non dubito, che soprattutto Antonello abbia tro-
vato suo maggior prò all'educazione ed allo sviluppo dell'altissimo ingegno da' paterni ammaestramenti ed
esempi.
iy2 I GAGINI E LA SCULTURA IN SICILIA
più che tutti i pittori messinesi unitamente del tempo suo, dal 1498 al
1534, si trova aver fornito infinito numero di pregiatissime dipinture, non
sol per Messina sua patria, ma per molti altri luoghi di Sicilia e della Calabria
vicina , rimanendone ancora parecchie ad attestarne il valore insigne ; un
Salvo o Giovan Salvo d'Antoni, che dal 1499 al 1508 appare altresì aver
dipinto per varie parti dell' isola e di Calabria istessa, toltosi alcuna volta a
compagno un ignoto Giovannello d'Italia, e di cui basta la preziosa tavola
del Transito di Nostra Donna nella sacrestia del duomo messinese a far
valutarlo fra' primi maestri del tempo ; un Francesco Lu Re , altrimenti
detto Jufré (an. 1493-1534), ed un Antonio o Antonino Campolo (1496-
1 504), de' quali, benché fin qui sia stata affatto smarrita ogni memoria dei
nomi e delle opere, risulta adesso da coeve scritture, che furono anch'essi
artefici di non commi pregio e che molti segnalati lavori condussero; oltreché
forse in più bassa sfera altri pure sen trovano avervi in copia fiorito, sic-
come tutti di una stessa famiglia de' Pilli un Jacobino o Girobino (1496-
1506), un Antonino (1516-29), un Domenico ed un Sebastiano, padre e
figliuolo (1504-16), un Placido Taroniti (1497-99), un Bartolomeo Ferraro
(1506) e più altri, qua' per lo più son detti messinesi e tutti più o meno
concorsero a sostenere il vanto di quella fioritissima scuola di pittura,
che già tant'alto si era levata in fama ('). Per la scultura però non si ri-
leva altrettanto , laddove per tutti gli anni della dimora in Messina del Ga-
gini dal 1498 al 1507, e ancor qualche tempo innanzi, non vi é notizia di
opere ad altri scultori allogate, se non di un altare, che in data del 13 di-
cembre del 1497 un tal maestro Bernardino Nobile Mazolio, cittadino mes-
sinese , obbligavasi lavorare ad intaglio nella tribuna meridionale del con-
vento di S. Francesco a Giovan Filippo e ad un altro dell' illustre casato
de' Bonfiglio : ma in un si vede dal tenore dell' atto , che quello sia stato
più propriamente opera da scarpellino , che da scultore (2). Accenna, é
( ' ) Di tutti i connati dipintori molti strumenti di convenzione per gran numero di opere fu dato a me
rinvenire, specialmente agli atti de' notari Giovan Matteo e Santoro d'Angelo, Giacomo e Geronimo Caris-
simo, Niccolò Ismiridi, Giulio de Pascalio, Bernardino Caserta, Leonardo Camarda, Pietro Funi, Francesco
C.-ilvo e Baldo Pesce, nell'archivio de' notai defunti in Messina, ed anco taluno nell'archivio della ma.ra.mma
di quel duomo. Non essendo però qui luogo ad espressamente trattarne , gioverà in vece farne tesoro per
qualche speciale lavoro sulla siciliana pittura in quel tempo.
(2) Eodem (13 dicembre 1497). Magister Bernardini^ Nobilis Ma\olius, e. m., sponte se conslituit et obi i-
gavit magnifici! Jo. Vhilippo de Honfilio, quondam Vicencìi, et de Bonfilio, e. ni., prestntibus , od laboraudum
di inlaghi quoddam altare in t ribona meridionali conventus S. Francìsci ^Cessane, di palmi sei et nienti, rum sei
NEI SECOLI XV E XVI. CAP. IV. 173
pur vero , il Galeotti un gruppo maraviglioso della Pietà , scolpito da un
Giuseppe La Face nell'anno 1500 per la chiesa di S. Sebastiano in Messina
e poi totalmente con essa chiesa perito (') : ma ignoro donde n'abbia
cavato notizia e non mi riesce trovare altrove memoria di tale artefice. Né
venne al certo in gran rinomanza un maestro Geronimo Fiorentino, mar-
moraio, abitator di Castrorealc in quel di Messina, il quale per pubblico stru-
mento in data del io di aprile del 1502 confessava un suo debito di once
due e tari ventiquattro (1. it. 35.70) per restante di maggior somma di già
prestatagli da maestro Antonello Gagini, a cui promettea quindi scontare
il debito stesso, lavorando per lui nell' arte in qualunque luogo e maniera
cui orniti, non cintanti chi alu iisignu siano chinqu,... ante ài lu die tu aitarti, et di li costati siami dui scalimi di
petri nigri, di li quali si regna alu autarectu, in lu quali autarectu sia unti pavimentu a scaceberi di pelei russi'
et nigri di Zaffarla. Ilem tenelur fari lu pavimentu di iurta la tribona, incipiendo di la fachi di fora di l'arai,
lindi finirà lu secando scalimi ; in lu quali principili di fora di lu arca di la dieta tribona si ob/ìga fari dui
scalimi di petri nigri: lu quali pavimentu divi esseri laboratu di petri russi di Tauromena, nigri di Zaffarla et
mar mitri, juxta formam designi pcncs me notarlo conservati et depositati. Item se obligavit et tenetur d'ictus tua-
gister Beriiardinus di fora di li scalimi di lu pavimentu facere dui banchi di sepulturi cum li lapidi di marinari
cum li armi di li 'Bonfigli, etc; prò predo et nomine predi unciarum vigiliti sex, etc. — Vresentibits m. ^In-
salalo de ^Ansatone, Francisco "RJ^it et Matheo Cathapano. — Dal registro degli anni 1494-99 di notar Santoro-
d'Angelo nell' archivio de' notai defunti in Messina. — Rilevo però inoltre, che il detto Bernardino era oriundo-
napolitano, e che, sebben fornito della messinese cittadinanza, trovossi pure in Palermo nel medesimo anno,,
assuntivi a fare altri lavori, de' quali è discorso ne' seguenti contratti : Eodem vj." fumi xv.' in,!. 149J. M.i-
gistcr 'Bernardinus 'SLobilis, scultor de Neapoli tt civis nobilìs cìvitatis Messane, corani uobis spante vendidìt ma-
gnifico domino Gerardo Marino, utriiisque juris doctori , ch'i Tanormi , presenti et ab co emeriti, infrascriptas
portas, fenestras et gradus sire scalimi de infrascriptis lapidibus nigro et rubro, hoc est prò nigro de casali Zafarìe
et prò rubro Taitromeiie, vìdelicet portant aule hospicii domiis habitaciouis ipsius magnifici, eo modo et forma proni
est designimi factum et assìgnatinn per venditorem eidem domino emplori ; item tres portas parvas cum Ioni cor-
nicili et saghi et fenestrata imam aule supra la porta grandi de. lapide rubro, cum lu burduni nigru et cum co-
lupna aigra ve! rubra, nec non et gradus sive scalimi , sai scalam, per quam ascenditur ad dìctam aulam, di xxif
scalimi, cum lu tavuleri ci cavai catari di petra di Bavu.su, juxta designimi existens in posse ipsius domini emptoris;
li quali scalimi siami di grossieri di unii spangii et largì imu palma et unii tei\u per ebaschiduno scalimi di dui
pecn ad alcius, et chi siami ben lavurati et beni arrotundati; prò predo unciarum xxvj, étc. Testes : hou. Joauues
Sistoris, Nicolaus de Lucchuni et Joannes de Letho. — Eodem vj.' junii xv.' imi. 149J. ZMagishr 'Bernardinus No-
bilis, scultor de Neapoli et civis nobilis cìvitatis Messane, corani nobis sponte veadidit magnifico domino Gerardo
Marino, utriiisque iuris doctori et ch'i pianirmitano, presenti et ab eo ementi, tamquam preposilo et magistro ma-
ragmerio maragmatis maioris panormitaae ecclesie, tam nomine suo quam nomine et prò parte magnifici Lucrecii
de Bononia , edam prepositi dìcti maragmatis , absentis , pio quo de rato promisi t , quoddam pavimentimi ad opus
cappelle Saiicte Christine, fumiate iutits d'ulani majorem ecclesiam , de lapide rubco Taitiomene et nigro Zafarìe,..*
juxta formam designi existentis penes dietimi dominimi preposi! uni , prò iiuciis triginta, etc. Tistes : hon. Joannes
Sistoris, Nicolaus de Lucchuni et Joannes de Letho. — Dal volume di num. 1757 de' registri di notar Matteo
Fallerà, an. 1496-97, ind. XV, fog. 982, nell'archivio de' notai defunti in Palermo.
(') 'Preliminari alla storia di Antonio Gagini. Palermo, 1860, pag. 102 e 108.
174 ! GAGINI E LA SCULTURA IN SICILIA
avrebbe costui voluto, o a restituirgli il danaro dovutogli ('). Dal che risulta,
che ben colà potè aver trovato il Gagini abili aiuti in molta operosità, che
egli ben tosto cominciò a dispiegarvi, ma non affatto cotal tempra di arte-
fici, che a lui si giovine, ma già valentissimo, contendessero in alcun modo
la palma.
Vi trovò senza fililo pur egli quel vivo sentimento e gusto dell' arte,
infusovi e sempre più fecondatovi da quella mano di elettissimi dipintori ,
le cui opere , condotte con tanta bellezza di espressione e di stile e con
tanta soavità ed ingenua purezza di forme, dovetter anco avere influito so-
pra il suo spirito e sulla venustà incomparabile del suo scalpello. Valse a
ciò quindi quel vivo sentire per 1' arte, generalmente colà diffuso , eh' egli
ben degnamente vi sia stato accolto e onorato, avutevi incumbenze continue
e ben di sovente notevoli di lavori. Di essi pertanto, cioè di quelli, che ci
é dato trar dall'obblio mercé la scorta de' documenti del tempo, giova dar
qui particolareggiata contezza per quanto di meglio si potrà rilevarne. E già
dal 23 di agosto del 1498 è sicuro ricordo del suo soggiorno in Messina,
quand' egli per pubblico atto, in cui vien detto cittadino delia felice città di
Talcrmo , si obbligò al nobile messinese Bernardo Faraone per la scultura
di un guarnimento o decorazione marmorea di una cappella, da venir del-
l' altezza di diciotto palmi (m. 4.64) sino ad una sovrastante figura del
Dio Padre, ed undici e mezzo larga (m. 2.84), con tutte figure in rilievo,
giusta un disegno a tal uopo eseguito; il tutto pel prezzo di once trenta-
cinque (1. it. 446.25) (2). Ma benché poi nell'atto stesso trovisi aggiunta
(') Eodem ( io aprile, VI ind. 1502). Magister Hieronimus Florentinus, marmorarius, habitator terre Ca-
stri "\Rjgalis, districtus Messane, consenciens spante, olim mutui nomine confessus est se recepisse et Imbuisse a ma-
bistro Antonello de Gagino , marmorario in., ibidem presenti , ancias duas et tàrenós xxiiij.' de restanti majoris
stimine, prout dixit apparere prò quadam apodixa scripta maini fratris Sara/mi Quas uncias duas et tarenos
XXÌiij." idem magister Hieronimus excompulare promisi! et ìenealur et sic se constituit et abligavit per se in dieta
arte, dance exconipiilaveril ipsum debitum, et semper et quomodacitinque idem magisler %Antonellus voìuerit et vo-
caverit, ìenealur ire ad labaraiiduin , ani resliluere ipsam pecuniali/. Et casa caiitraveuciauis possit fieri exequutio
brevi indilli in persona ed in bouis in quolibet faro, ctc. — Tresentibus magistro Francisco Degregorio et Salvo
de Raynerio. — -Dal volume di registri di notar Niccolò Ismiridi, an. 1 502-1 505, fog. 361, a' segni N 13, nel-
l'archivio de' notai defunti in Messina.
(2) Eodem (23 agosto 1498). Magisler Antanellus de Cachino, civis fclicis urbis Tanhoimì , ut dixit,
consenciens eie, spante se constituit et per sollepnem stipulacionem abligavil per se in pace in. Bernardo Para-
goni, e. m., ibidem presenti, ad fticieudutii et labaiaudiiiu et sculpendiiin quaddain guarnimentum cablile marmare
ipsins magnifici, qne debet esse altitudinis usque ad 'Deiiiu Talreiii pahiiariun xviij et hiigitudiuis palinariiin xj
Clini dimidio, cimi omnibus figuris subievatis juxta farmain ciiiiisdam desiniti, quad esl in posse ipsins magistri An-
NE] SECOLI XV E XVI. CAP. IV. I75
nota in data del 14 di luglio del 1507, donde è certezza, che quel lavoro
fu dal Gagini consegnato al nobiluomo anzidetto, non però si conosce
dove sia stato posto e se oggigiorno più esista. E anzi da sospettare, che
nulla or più ne rimanga e che sia perito insieme ad una chiesuola o cap-
pella di S. Tomaso apostolo, cennata già dal Samperi in Messina come di
pertinenza della famiglia de' Faraoni (J).
Indi per altro pubblico strumento del 26 di novembre del 1499, dove
è pure appellato palermitano ed allor dimorante in Messina, quivi obbli-
gossi il giovine scultore al magnifico Giacomo Campolo messinese , qual
procuratore generale dell'ordine di San Francesco dell'Osservanza, scolpirgli
pel prezzo di once diciassette (1. it. 216.75) una figura sedente di Nostra
Donna col figlio in grembo, di tutto rilievo in marmo, dell'altezza di palmi
quattro e mezzo (m. 1.16), oltre uno di piedistallo (m. 0.26), da dover
consegnarla in tutto fornita e dorata di lì al vegnente aprile nella chiesa di
S. Maria di Gesù in Messina. In seguito però in una nota o postilla ag-
giunta a quell' atto addì 8 del seguente gennaio promettea lo stesso scultore,
che quell' immagine, eh' egli era tenuto scolpir sedente , 1' avrebbe in vece
eseguita in piedi , a simiglianza di un' altra di già esistente in Nicotra o
Nicotera in Calabria, e dichiarava di poi riceverne once tre (1. 38.25) in conto
del prezzo agli 11 di marzo (2). Ignoro se quella statua di Nicotra sia stata
(coiti' è probabile) suo precedente lavoro, ovvero d' altrui scalpello; e ben
tonelli et subscriptum marni mei infrascriptì notarli Nicolai hmiridi. Qnod guarnimt-ntum cabelle idtm m.' Anlonel-
lus promisit dare et assimilare expeditum eid'-m magnifico in potheca ipsius magistri Antonelli hinc ad arnium imitili
proxiino venturuin, pio predo et predi nomine unciarum trigiiitaqniiiqiie, qiias promisit idem mag:i-'ficus dare, traddere
et assonare ac solvere et pagare in pace in pecunia eie. eidem magistro Antonello, laborando solvendo. Et si idem
in.' Anlonellus contravenerit, etc. — Preseniibus in. Jacopello Mollica, m.'° Blacito Taruaiti et Franchisco Safonti,
e. m. — xiiij julii vj ind. ijoy vacat presens contrada: de voluntate ambarum parduin, confilenciv.m imam esse
con'entam et satisfactam ab alia, et eiiindem magnificimi dictam yconam eiusdem magistri Antonelli predicto modo
recepisse, r enunciando etc, in presencia Hyerommi Tellicaiw et 'hLicolai de Bonfilio. — Dal volume di regi^ri di
notar Niccolò Ismiridi, an. 1496-98, nell'archivio de' notai defunti in Messina.
( ' ) Il detto Samperi vi accenna esistente fino al suo tempo un dipinto del Santo titolare di mano di
Polidoro da Caravaggio. Messami ... illustrata. Messanae, MDCCXLII, voi. I, lib. VI, pag. 617.
(2) Eodem (26 di novembre III ind. 1499). Migister Anlonellus de Gagino, civis urbis Tanormi et mine in
civitate Messane comiiiorans , consencievs sponte , coustituit et per sollepnem stipuJacionem obligavit se ni. Jacobo
Campalo, messaneusi, ibidem presenti, velati procuratori generali ordinis S. Francisci de Obscrvancia, ut dixerimt»
ad facìendum et scurpiendum et laboraiidum quamdam imaginem mannoream Virginis Marie cimi filìo in bracca,
de tucto rilevo, assectata, altitudinis palmorum quatuor cimi dimidio et unii palimi de scandio. Guam imaginem
idem, maoister Antonellus dare, traddere. et assìgnare expeditam tt deoraiam, item innauratiirain ininagiiiis piedicle,
in ecclesia Sancte Marie de Jesu Messane, promisit et per sollepnem stipulacionem obligavit se in pace eidem ma-
24
Ij6 I GAGINI E LA SCULTURA IN SICILIA
farebbe mestieri più di una gita in quelF estremo lembo della terraferma
•d' Italia a discoprirvi e richiamarvi in pregio ampli tesori d' arte, che dalla
Sicilia vi provennero e che adesso vi giacciono in profondissimo obblio.
Ma più notevol notizia al caso nostro si è, che, oltre al cennato atto in data
del 26 di novembre III indiz. 1499, per cui promise il Gagini scolpire al
Campolo la statua sopraddetta, trovasene ancora un altro in data del 20 di
agosto della medesima indizione (ma in realtà dell'anno seguente 1500,
secondo il calendario odierno), ond' egli si obbligò al magnifico Antonio
La Rocca , come procuratore del convento di S. Maria di Gesù in Mes-
sina, per altra statua di Madonna, a simiglianza pur essa di quella di Ni-
cotra , lunga sei palmi (m. 1.55) e due dita e con base alta una spanna,
dove fossero a scolpirsi figure a piacimento de' frati, oltre a doversi toccar
d'oro e d'azzuolo la statua dovunque meglio bisognasse, come allor costu-
mavasi fare. Questa poi dovea consegnarsi spedita dallo scultore nella sua
stessa bottega di lì a tutto il vegnente giugno , pel prezzo di once venti
(1. it. 255), qua' promettea pagargli il La Rocca da tre in tre a terzo, com-
presene sei da pagargli in prima, non appena arrivati i marmi, che si aspetta-
vano (!). Non é agevole intanto poter chiaramente discernere, se in que' due
vilifico, nomine quo supra, bine per totum mensem aprilis proximo ■venientem, puro predo et predi nomine unciarum
decem et septein, de quibus idem magister Antonelìus recepii et hàbuit et confessiti est recepisse et babttisse a àiclo
magnifico, nomine quo supra, uncias dnas, renuncians etc; et reìiquas uncias xv idem magnificiti, nomine quo supra,
dare , tradderc et assignare ac solvere et pagare promisit et per sollepnem stipulacionem obligavit se in pace in
duabus solitcionibus, vidélicet uncias tres in principio qualragesime proximo venientis, et totum restaus ad compli-
mentimi tempore assigiiacionis predille iumagiuis. Et si aìiquid diete partes contravenerìut in premissis vel in a-
liquo premissoriiiu, teueanlur ad omnia dapna et expensas et interesse, prò quibus possit fieri exequulio brevi maini
in persona et in bonisx etc— Trescai ibus supradictis testìbus (cioè i testimoni di un precedente atto, Giovan Ber-
nardo Muleti, Niccolò Antonio Muleti ed Antonino Mazza). — E segue in fine del riferito contratto la nota
seguente in minuto carattere: vii) januarii. Prefatus magister Antonelìus, presens, ut supra sit obligattis facere
didatti inmaginem asceta la prout in Udo contrarili, propterca idem magister lAntonellus constituit et obligavit
se eidem magnifico, nomine quo supra, facere dictam inmaginem a l'adrida, juxta formavi iumagiuis, que est in
terra Nicotre, non obstanli quod supra appartai aseclala , etc. — Ed indi vi ha pure quest' apoca in margine:
xp. marcii iij.' ini' i-j'j'j (1500) prefatus magister lAntonellus spante confessiti est recepisse et Imbuisse ... uncias
tres prò seennda solucione presencialiter in oro, rannidando il:., in presotela d. tAntonii Delusaìis et d. Tauli
Grassa, caiiouicorinii nnssanensiiim, e. in. — Dal volume di registri di notar Niccolò Ismiridi, an. 1499-1500,
fog. 174, nell'archivio de' notai defunti in Messina, a' segni N 13.
( ' ) xx." augusti (III ind.). Magister .lui.'' Caligini sponte se constituit et sollemniter obligavit magnifico An-
tonio La lioeea, ibidem presenti, velali procuratori, ut dtxil, convelli us Saucle Marie de Jesu i\Cessaue, const mere
quamdaiu yinagiuem 'Domine lustre de marniera, bene couslruclam, ad instar et similitudinem allerius iniagiiiis de
iiiarmora civitalis Nicotre parcium Calabrie, que sii longitudinìs palmorum sex et digitorum duorum de uccio,
NEI SECOLI XV E XVI. CAP. IV. 177
atti di date cosi vicine debbasi intendere di due statue distinte , ovver di
una sola, giacché, sebben diverse nell'uno e nell'altro sian le persone, che
contrattarono col Gagini , ed altre differenze si notino delle dimensioni e
del prezzo del lavoro , appar nondimanco da entrambi , che una statua di
egual soggetto pel convento del titolo istesso dovea scolpirsi, e ben si può'
dare, che un precedente atto, per qualsivoglia causa non adempiuto, abbia di
leggieri potuto dar luogo a un secondo, ancorché con modificate condizioni
e con commettitore diverso. Ma non mancano al tempo stesso ragioni da
far sospettare il contrario.
Giova in prima osservare , che due conventi del titolo medesimo di
S. Maria di Gesù e della stessa regola de' frati Francescani dell'Osservanza,
distinti sol dall'aggiunto di supcriore ed inferiore in ragione della condizione
diversa del loro sito, esistettero fino a non guari in Messina, de' quali anzi
rimangono in piedi le fabbriche. L'uno, a due chilometri circa dalla città sul
torrente di San Michele, si afferma essere stato primo in Sicilia di tal re-
gola, fondato già dal beato Matteo da Girgenti nel 141 8; e l'altro indi per
maggior comodo de' frati ebbe origine in sito più basso e poco distante
dalla città stessa, fabbricato a pubbliche spese e dedicatane la chiesa dall'ar-
civescovo Jacopo Tedeschi a 2 di settembre del 1463, siccome rilevavasi da
un' antica iscrizione ivi apposta (2). Or nella chiesa di quel primo convento
di S. Maria di Gesù superiore, detto poi ancora comunemente il Ritiro perchè
servi a ritiramento e noviziato de' frati dopoché sorse e venne abitato il
secondo, non è affatto dubbio che sino a' di nostri era sull'altar maggiore
una lodatissima statua di Nostra Donna in piedi col bambino, la quale a-
cum eius scannello, qui sit altitudinìs uuius spanai, in quo sint sculpitc imagines prout fuerit siby significatimi per
fratres dicti convenìus Sancte Marie de Jesu Messane, ita quod ipsa imago sit bene constructa, pulcri visus et bene
pannata, et in ilio loco, in quo oportuerit apponi, aurum et a^orum teneatur apponerc, prout est consuelum fieri
in similibus imaginibus. Quam imaginem bene construclam, ut supra, promisii et tenetur dare ipse magister Ant."
expeditam in eius apoteca per toluiii meusem junii proxime venturum ; et hoc prò jure riscactili uiiciarum xx.[',
quas magnificus prefatus Antonius , veluti yconymus conventus Sancte Marie de Jesu, dare promisit et tenetur hoc
modo, videliect: uncias sex in adventu lapidimi de marmora, quas de proximo ipse magister expectat, et totuin re-
slans tertiaìiiu un^ias } et infra istud tempiis : cuin hoc etiain, quod lapis pr e dieta sit bene necta et siue macebis.
Et casti contraveationis possi t , etc. Pnsentibus Leonardo Fan-uni, Jacobo Fronti si et prrsbitero Antonio de 'Pa-
lermo. — Dal volume di registri di notar Antonino Mangiami, an. 1499-1502, fog. 429 retro a 450, nell' ar-
chivio de' notai defunti in Messina.
(') SamPeri, Iconologia della glorics.i vergine madre di Dio otaria, protettrice di Missina. Ivi, 1644 e
J739, lib. II, pag. 149.
178 I GAGINI E LA SCULTURA IX SICILIA
desso mercè i documenti trovati sarebbe indubitatamente a tenere opera del
Cugini , sebbene per tale non mai conosciuta dinanzi ; ed era appunto
quella, che il messinese Grosso Caeopardi nella sua anonima Giuda notò
vaghissima statua in marmo carrarese di valenti' maestro ('). Questa è anzi molto
probabile non sia stata che la medesima, per la quale il palermitano scultore
fé' già contratto col La Rocca, procurator del convento, giacché, come pur
sopra cennammo, era in detta chiesa il sepolcro di costui, qual vedesi or
trasferito nel pubblico camposanto. Ma sciaguratamente la statua non più
rimane oggigiorno, giacché andò travolta fra la piena del torrente, che notte-
tempo investi e distrusse la chiesa nel 1863; e quindi sarebbe d'uopo ten-
tare scavi ed indagini nel letto ora a secco di esso per riuscire in qualun-
que modo a disseppellirla.
Però un'altra di pregevole stile e dell'epoca stessa riman tuttavia sopra
un altare a destra dall'ingresso della chiesa dell'altro abolito convento di S.
Maria di Gesù inferiore in Messina. Rappresenta del pari la Diva in piedi
col divin pargolo, alta m. 1, 40, oltre il sottostante piedistallo di m. o, 25,
dove in elegantissimi bassirilievi sta in mezzo espressa la visita di Nostra
Donna ad Elisabetta, ricorrendo da' lati l'Annunziala e l'angelo, S. Francesco
e S. Antonio. Né sembra inverisimile, eh' essa sia giovanile opera del Ga-
gini, giacché, oltre la preziosità somma de' cennati bassirilievi, che par ve-
ramente tramandino l'ingenuità e la purezza del primitivo stile di lui, va-
ghissima è ancor quella nel volto e nel portamento e con bel gusto e de-
licatezza eseguita; e se vi é da notare alcun manco di espressione e di leg-
giadria nell'infantil sembiante del figlio, é questo altresi difetto comune a
qualche altra secondaria statua di egual soggetto dell'età stessa dello scul-
tore, e che quivi ha compenso nella grazia e nella morbidità delle carni del
corpicciuolo del putto stesso, qua' son di un pregio notabile e fan preve-
dere il sommo sviluppo dell'arte, che indi avrebbe quel singoiar genio rag-
giunto. Laonde ben può darsi, che tale statua sia quella, che fu in prima
al Gagini allogata dal Campolo, procurator generale dell' ordine de' France-
scani Osservanti, la quale da sedente, che prima si volea, dovè poi egli
obbligarsi scolpirla in piedi , come notammo , e tale in fatti ebbe a farla ,
non ingranditala che di soli ventiquattro centimetri di altezza di come si era
(') Guida per la città tìi Messina, scritta dall' autore delle Memorie de' pittori messinesi. Messina, 184 1 ,
pag. 100.
NEI SECOLI XV E XVI. CAP. IV. 1 79
pria stabilito, e fiutane della prescritta misura la base storiata con sola dif-
ferenza appena di un altro centimetro. Pare anzi, che non si fosse in tutto
liberi a poterla ingrandir di vantaggio, laddove è certo ch'essa non doveva
da sola venir locata , ma bensì doveva far centro ad una gran decorazione
di dipinture, per le quali ancor si convenne con un de' più segnalati pit-
tori, che fiorivano allora in Messina. Perocché, non più tardi che il di ap-
presso della convenzione fatta col Gagini per la statua, un'altra convenzione
ebbe luogo agli atti dello stesso notaio in data del 27 di novembre del
1499, per cui maestro Salvo d'Antoni, pittore messinese, si obbligò al me-
desimo Campolo, come a procurator generale dell'ordine francescano anzi-
detto , per pingere e dorare un' icona , che avrebbe costruito un maestro
Giovanni Barbicella , nella quale doveva egli lateralmente dipingere ai due
capi esteriori di essa da una banda S. Francesco e dall' altra S. x\ntonino,
ed al di sopra un Deposto di croce con le consuete figure, e nella base i
dodici apostoli con Cristo in mezzo , tutti con diademi dorati , essendo a
dar luogo ad una tribuna in mezzo alla detta icona per collocarvi la statua
di marmo. Cotale opera Salvo promettea poscia consegnare spedita al Cam-
polo , pel prezzo sol di once otto (1. it. 102), di lì a tutto il vegnente
maggio, cioè un mese dopo del tempo prefìsso allo scultore per la consegna
di detta statua (!). Così un de' maggiori artefici, da cui la pittura messi-
nese prendeva allora principalissimo vanto , era chiamato e consentiva ad
impiegare il pennello a decoro dell' opera del giovine Gagini; e ben dovea
da ciò ingenerarsi il più bello e stupendo effetto, trovandosi così riuniti si
grandi ingegni a gareggiar con mezzi diversi nel campo stesso della bel-
lezza e dell'arte. Ma non so poi che ne fosse della cennata pittura allogata
(') Eodem (27 novembre III ind. 1499). Magister Salvus de Antoni, pictor messanensis , sponte constituit
et per sollepnem stipulacionem obligavit se m. Jacóbo Campulo, messanensi, veluti procuratori generali ordinis Sancii
Francisci de Observancia, ut dixerunt, ad pingendum et deorandum quamdam feonant, ciuu infrascriptis pactis et
coitdicionibus faciendam et ìaborandam per in. Jo. 'Barbicbella ; in qua quidem icona idem habeat pingt re seti fa-
cere in li dui capi de fora ipsius icone in una farle figuravi seu imaginem Sancii Francisci ti in alia Jìguram
Sancii Antonini , et supra diete coyne (sic) //( xindiri di la persuna di Christu da erudii cimi personis consuetis
et solitis, et in scandio xij apostoli cuiu figura Chrìsti in medio, in omnibus supradictis cimi taddemis deoratis, et
la tribona in medio ipsius ycoue, ubi debet stare imaginem et figuram Virginis Marie in mannara (sic), laborata
de a\pro. Guam iconam idem magister Salvus dare et assignare promisit expeditam ut supra in pace eidem magni-
fico nomine quo supra bine per totum mensem madii proximo venturi: et hoc prò jure picture unciarum odo, de
quibus, etc. — Presentibus ven. presbitero Nicolao de Basilio, V\ialeo %omano et magistro T." Ciinddlu, e. m. —
Dal volume di registri di notar Niccolò Ismiridi, an. 1499-1500, fog. 180 e seg., nell'archivio de' notai de-
funti in Messina, a' segni N 13.
iSo I GAGINI E LA SCULTURA IN SICILIA
a Salvo , giacché non ne riman vestigio al presente , e niuno anzi degli
scrittori di cose messinesi ne ha motto. Soltanto apprendo , che al tempo
del Samperi trovavasi in detta chiesa la statua nell'ala sinistra nell'entrar dalla
porta, in altare e cappella molto onorata della famiglia de' Cordoni (1), mentr'essa
in vece al presente ha luogo sopra un altare dell' ala opposta.
Pure dinanzi e fin dal principio di quel suo soggiorno in Messina, a
19 di luglio del 1498, appare inoltre obbligato Antonello a Gregorio Infon-
tanella e Giovanni di Rosa, abitanti della fiumara di Bordonaro, come mae-
stri della confraternita di S. Maria della Grazia in detta fiumara, pel lavoro
di un'altr;! statua in marmo di Nostra Donna del medesimo titolo col figlio
in braccio, dell'altezza di cinque palmi (m. 1.29) ed uno di base (m. 0.26),
ornata la detta statua d'oro ed azzuolo ed in tutto simile all'altra della chiesa
di S. Maria di Gesù di Messina (di cui quindi almeno allora doveva essere
stato eseguito il modello pria del contratto) , eccetto sol nelle mani e nel
modo di tenere il putto, in che lo scultore avrebbe modificato a sua voglia.
Cotale statua poi egli promettea dare fornita nella prossima festa di San Mar-
tino pel prezzo di once sedici e tari quindici (1. it. 210.37), cne gn" avrebbero
corrisposto in rate diverse; e la forniva egli in fotti e consegnavala in breve,
giacché in pie della convenzione trovasi poi aggiunta nota in data de' 25
di maggio del seguente anno, con che per volere di ambe le parti dichia-
ravasi essa in tutto annullata e cassa (com'era allora costume di fare), es-
sendo già interamente adempiuta con soddisfazione comune di quelle (2).
Vidi la statua tuttora esistente nella chiesa di Bordonaro , a due o tre chi-
lometri a mezzodì da Messina ; ed a si umile ed oscuro casale del mes-
(' ) Iconologia della gloriosa vergine madre di 'Dio D\(aiia, protettrice di Messina. Ivi, 1644 e 1739, lib. II,
pag. 149-
(2) xviiij.' eiusdem (luglio 1498). Magisler Antondlus de Gargino, civis Panormi, constìtuens se sponte óbligavii
per se Gregorio Infuntanella et Jobanni de 7{psa, habitatoribus flomarie de Bordonari, e. in., ibidem presentibus,
velati magistris confratie Sancte Marie de la Grada diete flomarie, ad frabicandum seufaciendum quamiatn ima-
'inem marmorie sub vocàbulo Sancte Marie de la Grada cimi eius filio in brachili, guani imaginem (sic) debet
esse altituJiiiis d: neclo palinorum aitinone et cimi eius scandio iuipede palmi unius, ornatavi de oro et a^oro,
prout est inmago ecclesie Sancte Marie de Jesu Messane et cimi illis nicmbris , qualitalibus , proporcionibus et bo-
nitatibus similibus a.l dictam inmaginem, preter de manibus et tenuta filli , quam debeat stare ad discrecionem it
opinionem ipsius magistri Jintonelli. Quam inmaginem idem in.' Antouellns promisit et teneatur, et sic se cousti-
luil et óbligavit, dare d assimilare expeditam dittis magistris in pace bine ad /estimi Sancii Martini proximo ven-
titi-,mi, prò predo ti predi nomine ituciaritm sexdecim et larenoriim qiiintìecim. Pro qua causa itimi ni: tuto-
li llits recepii et hdbttit et confessus est a diclis magistris in parte solucionis unciam imam , reniinciando etc. Et
restans ad complimenlum tocius predi dirli magistri promiserunt et siili mniter obligaverunt per eos in pace et in
NEI SECOLI XV E XVI. CAP. IV. l8l
sinese contado, senza che nulla quo' poveri terrieri ne sappiano, è riserbato
il vanto di possedere la più antica sicura opera , che possa fin qui con
ogni evidenza provarsi uscita dal giovanile scalpello del Gagini, l'unica, che
oggi in Messina senz' alcun' ombra di dubbio sen riconosca. In essa è già
tale sviluppo di espressione e di forme, a cui non era alcuno de' più va-
lenti scultori quattrocentisti giammai pervenuto in Sicilia , benché Anto-
nello ivi non si mostrasse in tutta la singolare perfezione ed eccellenza di
stile e di magistero , che in altre opere di cgual soggetto indi eseguite ei
raggiunse. Nel volto della Diva si ammira già quel sentimento ineffabile, in
cui si compenetrano P ingenuità della Vergine e la maestà augusta della
Madre del Verbo di Dio con quel carattere di sacra e celestiale bellezza, di
che il Gagini fu inimitabil maestro. Tien ella in grembo sul manco braccio
il divin figliuolo , che lieve il capo sul seno materno declina, mentre la
destra mano di lei si sta posata soavemente sul petto, corrispondendo nel
miglior modo all' indole sacra e piissima della figura la posa tranquilla e
l'atteggiamento maestoso della persona. L'esecuzione fa prevedere i portenti,
che non sarebber tardati ad uscire da quel giovanile scalpello; e specialmente
nel viso e nelle mani di Nostra Donna è tanta morbidezza e sì delicato ar-
tificio, di che nelle anteriori sculture dell' isola non erasi ancora avvertito
mai alcun esempio. Maggiore sviluppo di finitezza e di eleganza é forse a
desiderar ne' piegheggiamenti e nelle sinuosità de' panni e del manto : ma
pure in ciò é da osservare, che molto effetto ivi scemano all'arte le dora-
ture a fiorami del manto stesso, non men che gli argenti, i drappi e i gin-
gilli, di che la stolta pietà de' fedeli ha tutta ingombra la statua, la quale
pecunia dare, traddere tt assimilare ac solvere et pagare eidem magistro Antonello hoc modo, videlicet: uncias qua-
titor infine inensis augusti proximo venturi, et uncias sex illinc ad àictum festina Sancii (Martini, et totum re-
statitela ad compi imentum illinc ai festina TsLativitatis domini nostri Jesu Còristi proximo ■vcuturuiu, ctc. Et si ali-
qua iictarum parcium contravenerìt, etc. Tresaitibus m." Blacito Tai uniti et Consilio de Aìcclia,c.m. — E si aggiunge
la nota seguente: xxv maij ij.' imi. i^yy vacai et cassus est prcsens contructus de mandato et volitulate aiabarum
parcium, que confesse sunt fuisse et esse solutas et satisfactas una prò altera, rcnunciando etc. In presencia Auto-
nclli Marra et Angeli de Sinopuli, e. in. — Dal volume di registri di notar Niccolò Ismiridi, an. 1496-98, nel-
l'archivio de' notai defunti in Messina. Gioverà intanto osservare, che, stante la confusione di alcuni di quei
registri, alla meglio accozzati in tempi posteriori, non è sempre facile sicuramente accertare l'indizione e
l'anno in taluno degli atti qui riportati, specialmente in quelli, che, recando la sola data del giorno, si rife-
riscono in lungo a' precedenti atti non solo per quella del mese, ma ancor per l'indizione e Tanno anzidetti,
che per lo più affatto vi mancano, potendo perciò dar luogo ad alcun equivoco di sol qualche anno od in-
dizione in più o in meno, sia per alcun errore negli atti stessi, o pel disordine, con che si trovali raccolt'.
lS2 I GAGINI E LA SCULTURA IX SICILIA
a di più non è dato poter vedere se non a traverso a cristalli, de' quali é
chiusa la nicchia, dov' ella è posta. Gretto però alcun poco vi è certamente
il bambino, in cui pure disdice la vesticciuola, di che si vede coperto e che
nasconde le grazie del nudo, quale nel più bel modo espresse altrove l' arte-
fice. Ma ivi tuttavia egli era in sul principio della sua gloriosa carriera , e
molto ancora restavagli a progredire alla maggiore perfezione mercè il con-
tinuato esercizio e lo sviluppo deli' altissimo ingegno.
Di lui è inoltre contezza da un atto anche in data di Messina addì 2
di marzo III indiz. 1499 (1500), onde un maestro Lazzaro Masfiole, car-
rarese, faceva al Gagini una vendita di marmi da lui commessigli giusta un
memoriale scrittogli da costui di sua mano, i quali quello prometteva per lui
consegnare sul lido dell'Avenza nel prossimo giugno e poscia imbarcarli per
conto del medesimo e mandarglieli tosto in Messina ('). Assai proba-
bilmente appartenne codesto Lazzaro ad una stessa famiglia di carraresi
scultori, de' quali specialmente ricorda il Campori un Antonio di Mafiolo,
che assunto avea lavori in marmo in Macerata nel 1450, e sopratutto
un Alberto Mafiioli, valente artefice, rimasto quasi ignoto fino a' di nostri,
e che or si rileva dal i486 al 95 aver molto scolpito in Parma, in Pavia,
in Cremona , dove diresse da architetto la costruzione della facciata del
duomo, ed essere stato indi chiamato in Ispagna nel 1499 (2). Ma chec-
ché ne sia di costoro , importa soltanto a noi vedere come in relazione
fosse il Gagini con marmorai di terraferma per ragione de' marmi, eh' ei
commetteva e che sono sicuro indizio di sua grande attività nel lavoro e
del notevol numero di opere continuamente allogategli. E fu appunto in
quel tempo , che , cominciata ovunque a diffondersi la rinomanza del suo
valore nell'arte, il di 8 novembre del 1499 gli venne in Messina affidato
il sontuoso lavoro di una conci, o gran decorazione di molte figure e bas-
sirilievi in marmo , per la chiesa di S. Maria Maggiore in Nicosia. A tal
uopo egli obbligavasi al prete Giovanni Capra, procuratore e cappellano di
detta chiesa , dovendo scolpir quella giusta un disegno precedentemente
fatto e approvato. Vi doveano aver luogo nel basso quattro figure in tutto
(') Dal volume de' registri di nctar Niccolò Ismiridi, an. 1499-1500, fog. 341 retro a 342, a' segni N 13,
nell'archivio de' notai defunti in Messina.
(J) Campori , Memorie biografiche degli scultori, architetti, pittori ce. nativi di Carrara r di altri luoghi
.Illa provincia di Massi. Modena, 1873, pag. 153-157.
NEI SECOLI XV E XVI. GAP. IV. 1 85
tondo, ciascuna di cinque palmi (m. 1.29), distribuite dai due lati, la-
sciando spazio ad un quadro o storia nel mezzo. Altre figure eran da farsi
al di sopra con altri quadri o storie intermedie , con sei spiriti ed in cima
una statua dell' arcangelo Michele col dragone di sotto ai piedi : il tutto
dell' altezza di ventisei palmi (m. 6. 76) fino dappiè del detto arcangelo ,
che poi doveva esser alto altri cinque (m. 1.29). Cotale opera, elegante-
mente ed ottimamente eseguita , conforme al detto disegno ed alle con-
venienze della prospettiva e dell' arte, era tenuto lo scultore consegnarla di
li a tre anni , ed anzi far trasportarla a sue spese in Catania , ovvero in
Tusa, dove a lui meglio sarebbe parso, perchè di là fosse poi trasferita in
Nicosia e collocata a spese del procuratore anzidetto. Aggiungeasi per patto,
che per la collocazione di essa doveva il Gagini stesso da Messina colà re-
carsi con tutti i suoi discepoli e lavoranti , in parte a proprie spese ed in
parte del Capra, con particolari condizioni convenute per quella gita e sog-
giorno. Si stabiliva in fine il prezzo in oncie cenquaranta (1. it. 1785), di
cui già dichiarava 1' artefice riceverne undici a conto (1. it. 140. 25), ed il
resto avrebbe poi avuto in diverse rate insino al total termine del lavoro (').
Di questo adunque non è dubbio, che fu allor concepito tutto il congegno,
qual poscia ebbe effetto come fin oggi si ammira; e non è poca gloria per
fermo pel genio del Gagini sin dal principio dell'artistica sua carriera aver
raggiunto cotanta bellezza e cotanta elevazion di concetto (2). Ma indi
la detta cona, almeno in massima parte, non venne in Messina eseguita,
benché fin qui lo si abbia generalmente creduto , e chiaro in vece appare
da documenti del tempo, eh' era ancora bisogno di provvidenze e di mezzi
per essa nel 1503, e che poi venne consegnata in Palermo nel 1511, e non
collocata che nel seguente anno in Nicosia. Del che toccherà meglio tener
discorso in appresso.
Pur non mancarono allo scultore di venir commesse altre opere, ài
ch'ei dovette incessantemente occuparsi, e alcuna delle quali, più che le
altre riuscita di maravigliosa bellezza di espressione e di sommo merito
di scalpello , giovò soprattutto ad accreditarlo , benché sì giovine ancora ,
qual massimo ed incomparabile artefice ed a diffondere altissimo il suono
( ' ) Vedi fra' 'Documenti di quest'opera num. XLIV.
(2) Per avere almanco un'idea del tutt' insieme della cona di Nicosia vedine un picciol disegno nella
tavola Vili di quest'opera.
25
1^4 * GAGINI E LA SCULTURA IN SICILIA
della sua fama, siccome specialmente, a mio credere, la stupenda statua di
Nostra Donna col bambino nella chiesa di S. Maria di Gesù, che fu prima
de' Francescani Osservanti e poscia de' Riformati, in Catania. Di essa trovo
asserito nella Descrizione di tale città, pubblicata anonima nel 1841 da Fran-
cesco Paterno Castello, duca di Carcaci, che la si attribuisce al Camini, piovane
di vent'anni ('); il che sebbene fin ora non sia provato da alcun documento
contemporaneo a cagion della somma trascuratezza, eh' è a lamentare gene-
ralmente intorno alle cose catanesi, non é difficile abbia fondo in tradizione-
assai prossima al vero. E vi corrisponde quanto si narra in proposito da
Vito Amico nella sua Catana illustrata, giacché, lodando egli il vescovo di
Catania Francesco di Prades per aver curato la riparazione di quel duomo,
che pure decorò di sontuose porte lavorate giusta il disegno del catanese
architetto Parisio Calici, nell'anno 1500, aggiunge, che appunto sotto il pa-
storale governo del medesimo fri recata in Santa Maria di Gesù con so-
lenne processione di tutto il clero la statua di Nostra Donna , opera del
Gagini , che sol per materiale errore viene appellato Giovanni, in vece che-
Antonio (2). Laonde, dato per vero ciò, che l'Amico da qualche autorità
storica ebbe per fermo ad attingere , non par dubbio che quella sia stata
scolpita non più tardi del 1500, essendo morto quel prelato in Catania,
dopo soltanto un anno e mezzo di vescovado, a 23 di ottobre dello stes-
s'anno. Sembra poi , che il giovine artefice non abbia voluto lasciarsi
sfuggire occasion sì propizia di dar mostra del proprio valore in un' altra
delle principali città dell' isola, dove nulla ancora ammiravasi di sue opere,
(') Descrizione ili Catania e delle cose notevoli ne' aintorni di essa. Ivi, 1841, pag. 150.
( 2 ) Joanni (Deza) Franciscus di' 'Prades, Valcntinae ecclesia? alumnus , r.ge volente XIII hai. apriìis , ac
ponti fice confi r mante XVI kal. majas, anno MCCCCXCVIII snbrogatur, qui ne principi s templi aedi fida vet usiate
sordescerent , ni in ìllorum refectione anri unciae centum ex juribus episcopatus quetannis impender enlur , a rrge
literas exoravit sub dal. Granatele XI kal. octobris. Idem, ut ecclesiae sitar privilegia sarta teda custodirenttir ab
omnibus , apud Joanuem de La uu\a , Siciliani prò rege moderante , egit, qui observatoriales, ut vocaut, IX kal.
decembris ejusdem anni expedi ri mandavi!. Titnc etiam, sollemni totius cleri siipp/icatione, devòta B. ^Cariar Vir-
ginis statua ex liguro marmare, Joanuis Cagini opus (corr. Antonii), ad Minorimi fratrum, quos de Observanlia
diclini, ecclesiali! sub titillo S. Marine et Jesu deducta est, ubi hodie a piis fidelibus religiosissime colitur. Saettilo
sextodeenno ii/labente, calli, dra/is basilicae valvas, eniblemùtis sententiisque affabre expolitas, ex integro Franciscns
ponti/ex instituil; genlilitic stemmata atque epigraphelìi adjecit • « Sub divo Ferdinando , rege Castellai et Arago-
« mini, Granatile rxpitgnatort et Judeornm expulsore, anno 'Domini MD, ad laudali Dei divaeque Agatliae, Fran-
ti ciscus Del{ Prati, umiditi aposto/icus, episcopus catanensis, iias portas fieri jussit, procurante domino Pascasio de
« Ansano, e/us provisore, per I'arisiuin Calichi, architedorem calanensem. » Amico, Catana illustrala, pars secunda.
Catanae, MDCCXLI, lib. VII, cip. IV, pag. 354 e seg.
NEI SECOLI XV E XV!. GAP. IV. 1 8 5
senza sforzarsi a rivelarvi l'altissima tempra del suo mirabile ingegno. Seb-
bene quindi pur essa sia da stimare fra le più giovanili sculture del suo
lungo soggiorno in Messina, vi riusci egli ad un lavoro di assai maggior
bellezza e sviluppo, che non in altre statue di egual soggetto , che di lui
si conoscono di quel tempo, siccome quella del casale di Bordonaro ed ancor
Valtra non guari dopo eseguita, di cui sarà luogo fra poco a dire , or nel
tesoro del duomo palermitano. In questa di Catania nulla quasi più manca
del magistero più perfetto , il qual nel tutto della bellissima figura prevale
e non men nelle singole parti , mercè il profondo possesso dell' arte e la
più delicata esecuzione , che rispondono al tocco animatore di quel genio
divino. Non può concepirsi più bello e celestial tipo della Vergine Madre
di Dio di come ivi il Gagini l'espresse, e non men vi risponde in bellezza
il divin pargolo, ch'ella ha in grembo e che, rivolto di faccia allo spetta-
tore, anziché sentir come altrove alcuna grettezza o timidità, rende nel mi-
gliore sviluppo delle attraenti sue forme quel misto ineffabile di maestà e
di avvenenza celeste, si proprio della persona del divin Verbo umanato. Vi
ricorrono inoltre nel piedistallo delicatissimi bassirilievi , cioè nel mezzo la
Visitazione di Maria ad Elisabetta, e da' lati S. Francesco d'Assisi e S. An-
tonio di Padova, senza stemmi di sorta né iscrizione : onde sembra proba-
bile , che sotto il mentovato vescovo Francesco di Prades i frati Minori
Osservanti di Catania abbiano allogato cotale statua all' artefice , dopoché
ebber veduto coni' egli egregiamente avesse adoprato lo scalpello pe' frati
della lor medesima regola di Messina.
Quivi egli alquanto più tardi seguiva inoltre ad obbligarsi, per pub-
blico strumento in data del 3 di aprile del 1503, a Jacopo Stagniti e Mi-
chele di Copa o di Coppa , siccome maestri di una chiesa del titolo di S.
Maria di Loreto (de luritu), a scolpirvi un'icona o figura in rilievo di Nostra
Donna col divin fighuoletto ignudo, adorna d'oro ed azzuolo e dell'altezza
di sei palmi (m. 1. 57), oltre uno di base (m. o. 26), a simiglianza di
quella del messinese convento di S. Maria di Gesù, pel prezzo di once sedici
(1. it. 204), di cui già egli riceveva una parte in conto. Del restante, che gli
sarebbe stato in seguito corrisposto , rendevansi a lui mallevadori un prete
Andrea Barsanna ed un maestro fabbricatore Luca Barsanna, fratelli, ambi
del villaggio di Pézzolo in quel di Messina. Perloché indi a primo di giu-
gno i detti Stagniti e Coppa e seco loro un maestro Francesco Barsanna,
1 86 I GAGINI E LA SCULTURA IN SICILIA
come maestri di quella chiesa, confessarono avere già ricevuto il simulacro,
ed in fine il Gagini, addi 1 1 di aprile del seguente anno, si dichiarò sod-
disfatto interamente del prezzo (!). Ma dove oggi tale opera esista mi è
ignoto, mentre per mero caso o trascuratezza rimase nella penna al notaio,
che stipulò 1' atto, il nome della terra, per cui si doveva scolpirla, e non
vi si trova punto espresso. Il che come sia cosa da far perdere la pazienza
a un povero scrittore, che vede da ciò scemarsi l'importanza del documento
trovato , ciascun sei pensi. Sospettai dovesse appunto intendersi del casale
cennato di Pézzolo, a capo della fiumara di tal nome a mezzodì del mes-
sinese distretto ; e quasi men dava certezza non solo il conoscere, che
gente appunto di quel luogo si era resa garante al Gagini pel pagamento
del prezzo , siccome chiaro risulta dall' atto , ma più ancora l 'aver notizia,
che una chiesa del titolo della Madonna di Loreto con una statuina in
marmo tuttavia fin oggi esistesse nella campagna di quell' antica terricciuola.
Quivi adunque recatomi nell'aprile del 1878, e cercato di quella chiesa, vi
fui condotto per balze e burroni sulla vetta di un colle vicino : ma per
quanto ansioso mi fossi a rintracciarvi l'opera dell'insigne scultore, non vi
rinvenni in vece che un brutto marmo, comunque forse scultura anch'esso
del cinquecento, figurante la Vergine col bambino, posta a sedere fra nubi
sopra la santa casa lauretana , ma che pel manco di ogni merito d' arte e
di espressione, anziché stimarlo lavoro del Gagini, non è da attribuirlo nem-
manco ad alcuno de' più inesperti suoi allievi. Manca ivi per altro la con-
dizione già stabilita nell'atto, che la figura di Nostra Donna avesse dovuto
esser conforme a quella del convento di S. Maria di Gesù di Messina, cioè
in piedi, e con una base di un palmo (m. o. 26), laddove in vece quivi
è sedente e non ha base di sorta. Non desistei pertanto dalle indagini
per rinvenire la statua in altri siti li attorno , giacché par certo che non
lungi da Pézzolo dovette pure aver luogo : ma né di essa mi riusci avere
indizio, né d'altra chiesa del medesimo titolo in vicine terre o casali. Tro-
vai sol di notevole in Pézzolo la porta della maggior chiesa, adorna di fre-
giature bellissime in marmo bianco dell'età più fiorente dell'arte e che sen-
tono assai di gaginesca eleganza : onde non saria strano il supporre , che
in quelle sia stata pure la mano del nostro artefice, con cui altronde é certo
(') Vedi fra' Documenti di quest'opera num. XLV.
NEI SECOLI XV E XVI. CAP. IV. 187
aver praticato varie persone di tal luogo in quel tempo. Ma non è in vero a
dar peso alle ipotesi allorché non si ha prova dagli argomenti di fatto.
In ragione delle pregevoli opere eseguite cresceva intanto e sempre più
diffondevasi la fama del giovine scultore, e non potea mancar che in Pa-
lermo, sua patria, si venisse ancor ella propagando e che v'ingenerasse la
brama di averne e ammirarne i lavori. Né ciò fu certamente difficile otte-
nere, giacché il Gagini, sebben lontano di soggiorno, ebbe a tenersi in vivi
e continui rapporti con quel massimo centro di attività, che fu allora la me-
tropoli di Sicilia, e non lasciò anzi sfuggirsi il destro di recarvisi di per-
sona egli stesso quante volte gli fu mestieri ad assumervi gravi incumbenze.
Prima sicura opera, che di lui rimane in Palermo, è una piccola statua di
Nostra Donna in piedi col figliuolino in grembo, la quale, posta in prima
in una cappella presso il fonte battesimale e poi trasferita in altra , ora si
vede sopra un altare nella sala del tesoro del duomo, recando intorno alla
base l'iscrizione: op.9 antonelli gagini panhormitani dominico scvltore
geniti xii die nov. 1503. Ch'essa abbia a dirsi di messinese provenienza,
a parte di ogni altro, sembra altresi risulti dal soggetto , che in piccola e
preziosa composizione di leggiadrissime figurine in bassorilievo ricorre nella
base, rappresentando in mezzo una scala, giù calata dal cielo, con due de-
vote schiere di fedeli, uomini e donne, che in atto di preghiera stan gi-
nocchione da' lati; e non é dubbio vi si alluda al culto di S. Maria del ti-
tolo della Scala, molto allora in voga segnatamente in Messina per un'im-
magine di Nostra Donna con una scala daccanto, qual si volle prodigiosa-
mente recatavi nel monistero di S. Maria della Valle insin da' tempi nor-
manni, ed a cui nel 1347, in occasione di pestilenza, fu edificato in città
un nuovo tempio. Certo però tale statua fu fatta pel duomo palermitano,
di cui pure vi ricorron gli stemmi con 1' aquila bicipite da' lati del piedi-
stallo , e forse fu chiesta in saggio della valentia dell' artefice allorché pri-
mamente venne in pensiero di affidargli l' ingente lavoro della maggior
tribuna di quello. Pure, a giudicarla qual saggio, non sembra ch'ella in
tutto risponda al valore altissimo di poi spiegato dal Gagini nelF arte , e
pare in vece più tenga di alquanta timidità della scuola, che il precedette.
Perocché , sebbene generalmente essa renda il tipo , il carattere , il sen-
timento proprio di lui , che indi egli impresse con maggior vigoria ed e-
videnza ne' più famosi marmi animati dal suo scalpello , vi é ancora non
l88 I GAGIXI Ji LA SCULTURA IX SICILIA
poco a desiderare di quel sapiente magistero, ond'egli poi rese tanto arren-
devo! la pietra a rivelare l'eccelso suo genio, lì dato, è vero, ammirarvi la
più cara soavità verginale nel volto della Diva , e delicate e morbidissime
le sue mani, e un tutto di un'eleganza e di una preziosità incomparabile:
ma pure non si può a meno di avvertirvi un' esecuzione non ancor giunta
al perfetto, qual principalmente risulta dalla forma un po' tozza della figura,
dal manco di sviluppo e di felice espressione del putto, non meno che
da un generale ritegno, che quasi asconde il genio e la scienza. Pregevole
però più che altro è il mentovato bassorilievo, di che la base è storiata,
laddove la delicatezza e la purità delle linee , con che tale scultura è con-
dotta, han molto riscontro con quelle de' più progrediti maestri dell'età in-
nanzi, e specialmente di Domenico, alla cui scuola Antonello educò prima-
mente il suo ingegno. Laonde, recando egli da lungi in patria quella sua
giovanile opera, non trascurò far ricordo in essa mercè la riferita iscrizione
a' suoi concittadini com'egli fosse della stessa ior terra nativo e figlio ap-
punto di quel Domenico, di cui, come egregio scultore, morto non più che-
undici anni innanzi, viva e onorata durava ancor la memoria.
Comunque poi generalmente fin ora siasi stimato , che quella statua
fosse un de' primi lavori da lui eseguiti in patria dopoché stabilmente vi
fu ritornato da Messina, e ch'essa, dappiè segnata del nome dello scultore
e della data del 12 di novembre del 1503, accertasse avvenuto alcun tempo
innanzi quel ritorno, pare che adesso in vece non sia più da dubitare,
che in Messina sia stata scolpita e di là recata in Palermo, laddove della
dimora colà dell' artefice nel precedente aprile e nel febbraio seguente e
per altri quattr' anni appresso è ora certezza da documenti testé rinve-
nuti, non men che dell'assoluto suo ritorno di poi, quando gli fu mestieri
per l'ingente opera assunta della tribuna del duomo palermitano. Pure per
altri documenti è chiaro ad un tempo , che , soggiornando ancor egli in
Messina, più d'una volta ne partì recandosi in patria, dove il troviamo ap-
punto in novembre del 1503, non sol perchè certo allora dovette avervi re-
cato e messo a luogo la mentovata statua di Nostra Donna nel duomo,
siccome la data dell'iscrizione dimostra, ma ancor perchè in quel tempo
ebbe ad iniziarvi altre sue pratiche per assumere più notevol lavoro. Laonde
si ha per pubblico atto del 17 di novembre di detto anno, ch'egli in Pa-
lermo istituì suo procuratore maestro Antonio di Ransano , suo patrigno
NEI SECOLI XV E XVI. CAP. IV. 189
(quel medesimo, cui vedemmo ad alti"' uopo aver fatto egli dinanzi pro-
cura da Messina nel 1498), acciò per parte di lui promettesse ai fidecom-
missarì del nobil uomo defunto Francesco Diana ed al convento di S. Cita,
ch'egli farebbe loro i lavori in marmo per la tribuna dell'aitar maggiore della
chiesa del detto convento, de' quali aveva di già fornito i disegni ('). Mo-
tivo torse di tale procura era il non potere più a lungo trattenersi lo scul-
tore in Palermo , allorché altre faccende dell' arte non gli permettevan di
molto assentarsi da Messina ; e quindi , poiché indugiavasi a stabilire il
contratto per quell' opera , lasciando egli il Ransano a rappresentarvelo a
suo tempo e ad obbligatisi in tutto per lui , iacea tosto in Messina ri-
torno. Quivi appare di fatti a 23 di febbraio VII ind. 1503 (1504), che il
Gagini, mettono messinese, obbligossi scolpire in marmo per la chiesa dei mo-
nastero o convento di S. Maria di Gesù nell'isola di Malta una statua di
Nostra Donna col bambino sulla sinistra e con la destra in atto di tenere
un fiore, convenendo a tal uopo pel detto convento, un Antonello Faga,
procuratore, ed un frate Antonio da Terranova; la quale statua, dell'al-
tezza di sette palmi (m. 1.81), compresone uno di base, e adorna d'oro
ed azzuolo nelle parti opportune, dovea lo scultore consegnar compiuta in
Messina per la vegnente festività del Signore, pel prezzo in tutto di once
venti (1. it. 255) (2). F circostanza notevole, che nel pubblico atto stipulato
per tal lavoro sono segnati qua' testimoni il magnìfico Antonio La Rocca ed
un Pantaleone Giurba: onde par molto probabile, che il La Rocca, che già
vedemmo avere allogato al Gagini una statua di egual soggetto pel convento
di S. Maria di Gesù in Messina, gli abbia poi fatto affidar l'altra per la
chiesa dell' omonimo convento di Malta. E certamente fu essa eseguita, e
tuttavia colà debb'esistere, avendo rilevato l'Abela « da alcune memorie no-
ce tate in un antico libro del convento, che l'immagine della Beata Vergine,
(') Eodtui xvij* novftnbris vij.' imi. i$o$. 3/CagUter xAntonius de Gàginis, scultor, civis pa., corani iio!>i<,
onnii jure, modo, via et forma, quibus meiius pclnit ci poìest, sponte constituit, fecit et sollemniter ordinavit smini
vanni et legitimum pfocuratorem magistrum Antonium de 'Rjinsan?, eius vitrìcum, preseuteiu et volentem oc prc-
mictentem, racione et prò parte ipsins constituentis , magnifici* fidecommissarìis quondam magnifici d. Francisci de
'Diurni et venerabili convertili Sancte Cile Panonni, qnod dictus constituens construeret et faceret iìla opera mar-
morea uà opus t ribone aìtaris magni ipsius convmtiis , ju.xta designa. — Ttstis: magnificiti domimis Antonius de
'Kjixnaldo, no. Jo. l'ine, veius de Luna et no. Lucius Pasture/la. — Dal volume di num. 1764 de' registri di no-
tar Matteo Fallerà, an. 1503-4, ind. VII, log. 567-8, nell'archivio de' nctai defunti in Palermo.
(2) Vedi fra' 'Documenti di quest'opera num. XLVI.
I9O 1 GAGINI E LA SCULTURA IN SICILIA
« di fino alabastro, di altezza naturale, sia stata fatta in Messina l'anno 1504,
« opera egregia d' un certo Antonio della città medesima , » pel quale non
è da intendere che senza fililo il Gagini (')• Da ciò del resto ben chiara-
mente si vede siccome al giovine artefice in Messina non mai ristassero di
provenire occasioni di nuove opere, non pur da varie parti dell' isola, ma
anche di fuori, dove di già estcndevasi la fama del suo gran nome.
Non ostante poi la mentovata procura fatta al Ransano per l'opera da
assumere nella tribuna della chiesa di S. Cita , fece il Gagini ritorno in
patria nel seguente anno 1504 ad esserne presente egli stesso alla stipula-
zione del contratto. Non dove oggi si vede era allora la detta chiesa , ma
in prossimo sito, rimpetto quella in pria di San Luca ed or di San Giorgio
de' Genovesi, con la tribuna ad oriente rivolta e con la porta ad occidente,
contigua al convento de' frati Predicatori , cui apparteneva , nel luogo ap-
punto dell'ospedale militare odierno. Ivi avendo que' frati ottenuto nel 1429
una più antica chiesa, che sotto il titolo di S. Cita vi avevano con un loro
spedale i mercadanti lucchesi da più tempo, quella riedificarono nel 1458:
ma benché intitolato l'avessero in San Vincenzo Ferreri, allor da recente ca-
nonizzato , non mai ella depose 1' antico nome. Era la maggior tribuna di
essa , con tutto intero il coro e 1' aitar maggiore , di assoluta spettanza o
patronato della nobil casa de' Diana , per dritto precedentemente acquista-
tone, com'era costume. Avvenne dunque, che, venuti da non guari a morte
i patroni Federico e Francesco Diana, padre e figliuolo, legarono insieme
entrambi , a crescere ornamento e decoro a quella , una somma di onze
cencinquanta (1. it. 1912.50), da pagarsene e spendersene quindici in cia-
scun anno (1 it. 191.25), dieci cioè per legato di Federico e le altre cin-
que per quello del figlio. Trovandosi poi tutore testamentario della loro
eredità il magnifico Francesco Bologna, e volendo puntualmente adempire le
disposizioni e i voleri di quelli , non trascurò andare in traccia di alcun
buono e sperimentato scultore per decorar degnamente in marmo la tribuna
di S. Cita , e , preso anche all' uopo il parere del magnifico dottore Giovan
Luigi Settimo, contutore , determinò prescegliervi lo scultore Antonio Ga-
gini, che si offeriva costruire quell'opera (2). Meglio anzi risulta da più parti-
colareggiato documento , che , volendo il Bologna spendere a tale scopo la
(') Abela, Malta illustrata. In Malta, MDCCLXXX, lib. Ili, notiz. X, § VII, pag. 308.
(2) Vedi fri' 'Documenti al num. XLVII.
NEI SECOLI XV E XVI. CAP. IV. 191
detta somma, i frati di S. Cita il pregarono perchè non altri scegliesse che
il Gagini , siccome quello , di cui eran essi informati esser perito ed ottimo
scultore, che V ape ni avrebbe fatto più bella e delicata che ogni altro ('). Per la
qual cosa, addì 27 di agosto del 1504, convennero per pubblico atto in
Palermo il giovine artefice ed il detto tutore per parte de' minori eredi
Diana, obbligandosi il Gagini a costui per tutto il lavoro, eh' era da fare a
decorazione della maggior tribuna della chiesa anzidetta. E prima un arco,
lavorato e figurato da ambi i lati, alto di suo vano ventotto palmi (m. 7.21)
e largo diciotto (m. 4.64), con suoi ampli pilastri e contrapilastri e sovra-
stante cornice di determinate larghezze e con tutte quelle sculture ed ogni
maniera di lavori, quali apparivano nel disegno di già eseguito. Indi l' icona
del detto aitar maggiore , di buono e perfetto marmo, alta ventidue palmi
e mezzo (m. 5.80) dal sottostante scannello sino alla testa dell' angelo in
cima, e larga quattordici palmi (m. 3.62) nell'inferiore cornice del detto
scannello ; ed altresì un grande altare in marmo con due porte pure in
marmo da' lati e delle dimensioni medesime di quello , che fin allora ivi
era, ma con le sculture e lavori e proporzioni giusta il tenore del mentovato
disegno. A tali opere lo scultore era tenuto dar principio dal primo di del-
l' entrante settembre, e proseguire in tal guisa , che fra un anno e mezzo
desse compiuto il detto arco, facendo a sue spese imbarcarlo e portarlo in
Palermo al convento; con che poi dovesse tosto imprender l'opera del-
V icona per darla in tutto spedita un altr'anno e mezzo appresso, curandone
parimente il trasporto a sue spese ed a suo rischio e pericolo. Pel tutto
stabilivasi il prezzo di onze cencinquanta (1. it. 1912.50), delle quali l'arte-
fice dichiarava già ricevutene trenta (1. it. 382.50), e del restante ne avrebbe
avute quindici alla fine di marzo in ogni anno sino a venir soddisfatto del-
l'intera somma. Siccome però, stipulato cotal contratto col Bologna, non ri-
manea pago il Gagini del prezzo in esso convenuto , stimò rivolgersi ai
frati di quel convento, perché da lor parte avesser voluto accrescere altre once
trenta a quanto si era già stabilito. Né quelli indugiarono a condiscen-
dere a sì ragionevol dimanda, laddove, ratinatisi tutti in capitolo con fa-
coltà e consenso di fra Giovanni di Oddo, provinciale dell'ordine de' Pre-
dicatori in tutto il regno di Sicilia, non sol promisero allo scultore le dette
once trenta al total compimento dell'opera, ma tolsero anche a lui l'obbligo,
( ' ) Vedi fra' Documenti al num. XLVIII.
26
1^2 I GAGINI E LA SCULTURA IN SICILIA
ch'egli avea assunto, delle spese di trasporto de' marmi dalla marina di Pa-
lermo al convento e non meno del loro assetto nella chiesa, con che però
egli dovesse intervenirvi in persona, prestandosi anche il convento a dare
al medesimo ed a' suoi lavoranti il vitto per tutto il tempo opportuno.
Del che in nome de' detti frati si obbligò espressamente al Gagini il loro
sottopriore fra Giovanni de' Branci per pubblico strumento in data del 30 di
agosto del medesimo anno, tre giorni dopo appena dalla stipulazione del prin-
cipale contratto. È chiaro poi da tali notizie, qua' si raccolgono da documenti
del tempo, che, dovendo quelle sculture venir trasmesse per mare in Pa-
lermo, non altrove l'artefice si proponeva eseguirle che in Messina, dov'egli
ancora aveva stabil soggiorno , neppur d' allora prevedendosi il suo vicino
diffìnitivo ritorno in patria, quai pochi anni appresso indi avvenne. Ma poi
nel fatto di tutti que' lavori della mentovata tribuna, i quali egli dovea
fornire e collocare in tre anni, nulla in cotale spazio venne in Messina e-
seguito, né trasmesso in Palermo ; e bisognò passassero quasi altri dodici
anni, perché, già morto il Bologna e ripresa l'opera sotto il nuovo tutore
Guglielmo Spatafora , non fu essa totalmente finita e collocata se non
nel 1517. Laonde di tal sontuosa decorazione ancora esistente, la qual senza
fallo è il più insigne lavoro in tal genere di ornamentali congegni, che
tuttavia rimanga del sovrano artefice in patria, gioverà tornare a dire a suo
luogo più tardi, quand'essa effettivamente in Palermo fu lavorata, dopoché
egli, come vedremo, vi fermò sua stabil dimora.
Questo per ora é innegabile, che, spediti i contratti col Bologna e coi
frati per la detta tribuna negli ultimi giorni di agosto, non indugiò il Ga-
gini a rendersi in Messina, avendosi, che addi 7 di ottobre del 1504 con-
venne colà con un Giovanni Coco da Catanzaro pel lavoro di un'altra sta-
tua di Nostra Donna in marmo, che dovea essere in tutto simile a quella so-
praddetta della chiesa di S. Maria della Grazia in Nicotra, pel prezzo di
once venti (1. it. 255), di cui una metà venivagli tosto anticipata, doven-
dosi corrispondergli l' altra al compimento ed alla consegna. E non par
dubbio, che appunto per Catanzaro sia stata essa eseguita , laddove si ha
fra le condizioni dell'atto, che il Gagini dovea curar d' incassarla a spese del
compratore (I). Ma non mi é noto in qual luogo fu posta e se oggigiorno
più esista.
( ' ) Vedi fra' Documenti num. XLIX.
NEI SECOLI XV E XVI. CAP. IV. I95
Primeggiava intanto in Messina fra' più qualificati soggetti del clero il
messinese Antonio de Lignaminc, figliuol di quelF insigne Giovan Filippo,
il quale da medico di Sisto IV pontefice dato avea prova di grandissimo
amore alle scienze ed alle lettere, celebre per avere in Roma promossa la
stampa nascente. Il detto Antonio, siccome altamente stimato dalla corte
romana e non meri dal governo dell' isola , avea già conseguito in patria
gran dignità e prebende, fra cui più contavano la commenda di S. Maria
di Gala e il decanato del duomo messinese , dov' egli poi fra non molto
assumer dovea il pastorale e distinguersi fra' più illustri arcivescovi. Es-
sendo costui dunque prelato di splendido animo e delle arti amantissimo,
non men che di pingue avere fornito , ben di leggieri concepi la nobile
idea di affidare al Gagini tale opera, da cui molto decoro provenisse all'arte,
alla propria famiglia ed alla chiesa, ossia una grande e sontuosa decorazione
in marmo di una sua cappella nel detto duomo. A lui pertanto in Messina
si obbligò lo scultore, in data del 7 di marzo VII indiz. 1503 (1504), per
l' intero lavoro di essa, in cui principalmente andar dovea locata una figura
o statua di S. Maria del Soccorso, conforme ad un disegno di già eseguito
e approvato. Era l'arco di tale cappella da farsi della larghezza di vano di
nove palmi (m. 2.32), ed alto tredici (m. 3.35), con pilastri larghi due
palmi (m. 0.52) al di dentro e al di fuori di esso, e con ornati a rosoni
nella parte interiore al di sopra. Vi avrebbe dato nella sommità compimento
un architrave con fregio e cornice di tre palmi (m. 0.77), ricorrendo anche
sulla cornice stessa due figure di tutto rilievo dell'Annunziata e dell'angelo,
alte ciascuna altrettanto: oltreché in mezzo all'arco della cappella al di dentro
dovea prender luogo la detta statua di Nostra Donna del Soccorso, alta sette
palmi, inclusovi uno di base (m. t.8i), e sotto la statua il sepolcro dello
stesso De Lignamine con la figura di lui al naturale scolpita sopra il co-
perchio. A di più ancora una lastra di marmo era dallo scultore da lavo-
rarsi con una figura di donna di palmi cinque (m. 1.29) ed uno di spazio
agli estremi (m.o. 26) e con analogo epitaffio: ma non si dice in che sito pre-
cisamente doveva andar posta in detta cappella. Questa con tutti i cennati
lavori diligentemente eseguiti era egli poi tenuto fornire fra un anno e mezzo
a contar dalla prossima Pasqua, e farne consegna nella sacrestia del duomo
di Messina, e poi murar la cappella stessa nel luogo destinato : il tutto pel
prezzo di onze cinquanta (1. it. 637.50) da pagarsi a rate di dieci ogni qua-
194 l GAGINI E LA SCULTURA IN SICILIA
driniestre, durante il corso dell'opera (!). Ma checche ne sia stato il motivo,
non fu indi essa scolpita dal Gagini , il quale , partitosi poi da Messina e
ritornato in patria, pare n' abbia deposto interamente il pensiero. Non fece
però altrettanto il generoso De Lignamine, il quale, indi promosso al mes-
sinese arcivescovado nel 15 14, fra le molte e svariate opere, onde crebbe
sempre decoro alla sua chiesa, effettuò più tardi l'antica idea di ornar son-
tuosamente di marmi cotal cappella, dove una latina iscrizione fin oggi
accenna, che fu da lui dedicata nel 1530. Venne ivi però mutato quasi
del tutto il disegno, che col Gagini si era già stabilito, laddove non fu
più essa intitolata a S. Maria del Soccorso, ma bensi a Nostra Donna della
Pace, in ricordanza e sacro monumento della concordia fermata in Messina
fra nobili e popolani dopo accanite ed intestine contese, che la conciliatrice
opera del prelato avea di già riuscito a comporre. Al di dentro pertanto
dell'arco, tutto all' intorno decorato di fregiature ricchissime e di elegante
stile, vi andaron locate nella parete sull'altare, del pari ornatissimo di scul-
ture, nel mezzo una Nostra Donna sedente col Cristo morto sulle ginoc-
chia, e da' lati S. Pietro e S. Antonio di Padova : statue di buona scuola,
ma di non molta delicatezza di gusto. Sulla cornice però sovrastante al-
l' arco , in un frontispizio di emisferica forma , fu posta e tuttora si vede
in alto rilievo la Vergine del Soccorso, primitiva titolare , in atto di per-
cuotere con la consueta clava il demonio e liberarne un'anima dalle insidie,
standovi dall'una banda e dall'altra devotamente genuflessi S. Antonio sud-
detto e lo stesso arcivescovo. La tomba di costui con la sua figura giacente
in abiti ponteficali non ha più luogo, coni' erasi già convenuto col Gagini,
sotto la figura di Nostra Donna nella cappella, ma vedesi in vece con altre
tombe di arcivescovi in vicinanza di essa, a capo della nave minore del lato
destro del tempio. E tutte le cennate sculture è poi molto probabile siano
state condotte dal carrarese Giambattista Mazolo , il quale non guari dopo
la partenza del palermitano scultore assunse il primato dell'arte in Messina,
e, siccome vedremo, fiori appunto nel tempo, in cui effettuò il De Lignamine
nel 1530 la decorazione della cappella suddetta, qual non avea potuto aver
dal Gagini eseguita.
Di costui trovasi inoltre, che a 19 di ottobre del 1504 si obbligò pa-
rimente in Messina ad un Rainieri Romano pel lavoro di una custodia del
(') Vedi fra' Documenti rum. L.
NEI SECOLI XV E XVI. CAI». IV.
195
Sacramento in marmo, dell' altezza di palmi cinque (m. 1. 29) dal piede
sino alla sovrastante cornice, e tre larga (m. o. 77), con al di sopra un
semicerchio e dentrovi un gruppo della Pietà tra due angeli, e sopra il vano
della custodia un calice con l'ostia ed altri fregi e fogliami ben lavorati e
scolpiti. Cotale opera prometteva 1' artefice consegnar fornita in Messina di
li alla prossima festa del Natale , pel prezzo di onze cinque e tari quindici
(1. it. 70. 12), di cui già una ei ricevevane a conto (x). Ma non accennan-
dosi punto nel contratto il luogo, in cui quella doveva andar collocata, non
è agevole al certo rintracciarla , se pure esista. Aggiungo solo , che molto
sente l'elegantissimo stile del Gagini un importante avanzo di un' altra cu-
stodia o ciborio in marmo bianco, che, da non guari trovato sotterra sca-
vando non so per qual causa vicino al duomo di Messina, venne incastrato
in una parete interna del sotterraneo del duomo stesso. Vi ricorrono in mez-
zano rilievo da ciascun de' due lati tre gruppi, ognuno di tre cherubini in
adorazione, tenendo i sei sovrastanti di essi dall'una banda e dall'altra due
strisce coi versi seguenti del sacro inno : verbvm caro panem vervm verbo
CARNEM EFFICIT. — TANTVM ERGO SACRAMENTVM VENEREMVR CERNVI. VedeSl
inoltre al di sopra in mezzo il Cristo legato alla colonna fra vari angio-
letti , che recano gli strumenti della sua passione , e più su ancora , a
compimento dell'opera, una maggior figura del Redentore con altri angio-
letti da' lati, librandosi vagamente sull'ali e adorando. Dalla molta eleganza
del tutto e dall' esecuzione pregevolissima dello scolpito ben si ha intanto
ragione da sospettare, che il Gagini abbia potuto altresì avere eseguito pel
duomo di Messina cotal ciborio , che indi é facile siane stato rimosso e
vandalicamente buttato fra le macerie, quando nel secolo XVII fu ivi dato
luogo alle barocche decorazioni di marmi a vari colori nella cappella ed
altare del Sacramento. Ma non ne é del resto alcuna certezza.
È indubitato però, che anche in Messina, per atto in data del 7 di
novembre del 1504, veniva ad Antonello affidato il lavoro della decorazione
in marmo di una porta, ond' egli obbligossi ad un frate carmelitano Barto-
lomeo di Parisio, procuratore del convento minore della sua regola in Cata-
nia (2). Dovea la detta porta esser d' altezza di vano otto palmi (m. 2.06),
e quattro larga (m. 1. 03), con suo guardapolvere o dadi ornati a fogliami,
( ' ) Vedi fra' Documenti nuni. LI.
(2) Vedi fra' Documenti num. LII.
I96 1 GAGIKI E LA SCULTURA IN SICILIA
co' pezzi laterali di un palmo e mezzo di larghezza e con l'architrave tutto
d' un pezzo ed altri particolari, giusta il disegno di già eseguitone pria. La
quale opera (pel prezzo di once undici (1. it. 140. 25), di cui già tre si c-
rano ricevute dallo scultore) promettea egli consegnarla fornita in Messina
il primo del prossimo gennaio, laddove indi il procuratore suddetto a-
vrebbe curato imbarcarla. Ma indarno oggidì sen cercherebbe traccia in Ca-
tania, giacché gli antichi edifìci de' due conventi carmelitani, eh' erano in
essa, andarono totalmente in ruina con le rispettive lor chiese nel tremuoto
del 1693, e non vi ha vestigio di antico nelle nuove fabbriche, che vi furono
erette di poi.
In seguito, a 27 di settembre del 1507, trovasi, che in Messina pari-
mente convenne Antonello per pubblico atto con un Federico Blandina da
Milazzo, come podestà della chiesa di S. Maria del Crispino, per una piccola
statua in marmo dì Nostra Donna col figlio in grembo , alta soltanto due
palmi e due terzi (in. o. 70), oltre un palmo di piedistallo (m. o. 26), toccata
d'oro a mistura e d'azzuolo e ben lavorata, la quale pel prezzo di once sei
e tari quindici (1. it. 82. 87) dovea lo scultore consegnare a quello spedita
nella propria bottega o studio di lì alla metà del vegnente novembre (!).
Non mi é chiaro però fin ora qual sia precisamente la detta immagine, che
pare abbia dovuto il Gagini puntualmente avere eseguita , avutane già egli
anticipata un'oncia a conto del prezzo alla stipulazion del contratto. Che se
per poco non vogliasi stare nel più stretto senso alla lettera del contratto
medesimo , che accenna la mentovata chiesa del Blandina situala in terra
C\Cilacii, stimo che per essa piuttosto sia da intendere il santuario rinoma-
tissimo del titolo appunto della Madonna del Crispino, compreso nell'an-
tica comarca milazzese nel vicino bosco di Monforte , dov' è ancora in
gran culto e molto tenuta in pregio di bellezza una statuina della Vergine
Madre col putto, che (non ostante la volgare tradizione di essere stata colà
nascosta durante il musulmano dominio) ben può darsi non sia che 1' o-
pera del nostro Antonello. Ma non ne ho ancora certezza per non averla
osservata.
Più notevole opera di lui, e certo una delle più segnalate, cui die oc-
casione la sua dimora in Messina, vidi però in Castroreale, qual è il son-
tuoso sepolcro di Geronimo Rosso nella chiesa dell' abolito convento de' frati
(') Vedi fra' "Documenti num. LUI.
NEI SECOLI XV E XVI. CAP. IV. I97
Minori Osservanti di San Francesco. Poggia ivi la cassa sepolcrale orna-
rissima su tre pilastrini pur vagamente fregiati, recando sul coperchio una
stupenda figura giacente dell' estinto in atto di profondo sonno con una
mano sotto la guancia e con un cane fra' piedi , mentre vi accresce de-
coro all'esterno un arco adorno di vaghissime fregiature, qua' son de' primi
esempi del più perfetto gusto , a cui , non men che la figurativa , venivasi
ognor più sollevando l'ornamentale scultura. E vi si legge : prò mag.co hie-
ronimo rvbeo a.0 D.' m.° ecce.0 vi0. Ma tale iscrizione allude certamente al
solo sepolcro, che prima il Gagini dovette avere scolpito e collocato , lad-
dove indi per maggiore ornamento venne stimato aggiungervi l'arco anzi-
detto, qual da lui pure in appresso fu fatto. Per pubblica scrittura quindi
del dì 11 di ottobre del 1507 si ha, che in Messina lo scultore obbligavasi
ad un frate Antonino Zanchi , guardiano del luogo della terra di Castro-
reale, pel lavoro di un arco in marmo da farsi appunto sul sepolcro del
magnifico Geronimo Rosso defunto , dell' altezza di palmi nove di vano
(m. 2. 32), ed otto e mezzo largo (m. 2. 19), con ornati a fogliami larghi
un palmo (m. o. 26) e di mezzo palmo di spessezza, lavorati giusta un
disegno già fattone dall' artefice , e con uno scudo con armi , tenuto da
due gemetti (spiritelli) nella chiave dell'arco istesso. Cotal lavoro il Gagini
dovea consegnar fornito infra due mesi nella sua bottega in Messina , pel
prezzo di once sedici (1. it. 204), da pagarglisi in tre rate diverse, con che
fosse anch' egli tenuto recarsi alla fine in Castroreale , a spese del nobile
Angelo Saccano, per la collocazione di quello ('). Fu consegnato in fatti e
collocato insieme al sarcofago in perfetta corrispondenza alle condizioni già
stabilite; e dalla splendida riuscita di tutta l'opera di quel monumento, eh' é
certo ad annoverare fra le migliori , da cui nella gioventù dello scultore si
rivelarono il suo genio e l'eccellenza del suo invidiabile stile, si destò senza
fallo fervida brama di possedere altre sculture di lui in quella nobile e pri-
maria terra del messinese distretto , per cui altre diverse , e di non picciol
momento , glien furon poscia in vari tempi allogate, siccome sarà luogo a
vedere appresso. Noto qui solo per ora, che nella medesima chiesa de' Mi-
nori Osservanti in Castroreale in tutto ancor sente il giovanile scalpello del
Gagini una statua bellissima in marmo di Nostra Donna col figliuolino in
grembo , alla qual cresce pregio un bassorilievo della nascita di Gesù nel
( ' ) Vedi fra' Documenti num. LIV.
I98 I GAGINI E LA SCULTURA IN SICILIA
presepe , con somma vaghezza e perfezione di stile condotto nella base :
onde molto probabil mi sembra, che essa dall'insigne artefice sia stata pure
fornita non lungi dal tempo , quando vi fece il sarcofago sopraddetto. Ma
non se n' ha fin qui certezza alcuna per documento.
In data inoltre del 14 di febbraio XI ind. 1507 (1508) conveniva in
Messina Antonello col magnifico Gilforte Rizzo e col nobile Niccolò Andrea
di Palermo, quali maestri o marammieri della chiesa o cappella de' discipli-
nanti, che allor di nuovo colà si costruiva nella chiesa e spedale dell'Acco-
mandata, per l'opera di una porta da farsi per detta chiesa in bianchi marmi,
che avrebbe pure apprestati lo scultore, giusta un disegno appo lui già esistente.
Dovea cotal porta esser larga sette palmi e mezzo di netto (m. 1. 94), ed
undici e mezzo alta (m. 2. 96), e lavorata in più che mezzo rilievo , la
quale era egli tenuto consegnar loro fornita nella sua propria bottega per
tutto il venturo settembre, pel prezzo di once trentadue (1. it. 408), di cui
confessava l'artefice averne ricevuto già dodici, e delle rimanenti gliene sa-
rebbero pagate otto all'arrivo de' marmi , e dodici poscia alla consegna del
lavoro (1). Ma per l'esecuzione di esso passò molto più tempo di quanto
erasi stabilito, giacché appunto allora, siccome vedremo , fece il Gagini ri-
torno in patria , dando così termine alla sua lunga dimora in Messina.
Quindi è , che in margine del riferito atto per detta porta 'trovasi poi ag-
giunta nota in data del 24 di aprile del 1509, ond'egli dichiarava avere a-
(■) xiiij." fi chiarii (XI ind. 1 507) (1508). Magister Aiilonellus de Gelmini sponte se constituit et óbligavit
iiiignìfico Giliforii Ri^o et nobili Kicolao Andree de Talcruio, relitti magìstris ecclesìe discipliuantis, quae de novo
conslruitur in ecclesia il hospitali déla Accomandata , presentibus etc, (facere) quandam janilam mannoream ad
opus dietae ecclesie cimi marmoribus ciusdem magistri Antonelli, quae sit et esse debeat de marmoribus bonis, albis,
pulchcrrimis, nectis et juxta formarti designi existentis penes ipsum viagistrum Anloneìlum et prò cantiate partium
subscripti inalili mey notarti Jacobi de Carissimo. Quae quìdeni janua erit ìatitudinis palmellati srpìim et dimidii
de uccio et altitudinis palmorum undecitn et dimidii de necto; quatti expeditam eis dare et consigliare teneatur per
tolutn mensem septembris proximo venturum in apoteca ipsius magistri ^intornili; et ìabor sit ultra dimidium relevi.
Et hoc prò predo et predi nomine unciarum trigiuta dilaniti;, de qiiibus uuciis triginta diiabus idem tn.' Anlo-
nellus confessus est se recepisse il Imbuisse uncias duodecini hoc modo, videlicet uncias decem per tnaiius magistri Do-
minici 'Bonaria argenlarii, il uncias duas per banani! magnifici Tetri ZMirulla per manus il idi magnifici Gilifortis,
1 enunciando, de. Htjliquas vero uncias vigiliti didus inagnificus Gilifortis et nobilis Nicola us Andreas, corinti proprio
nomine et in solidum per eos etc, in pace etc. et in pecunia numerata cidein ntagistro Antonello etc. solvere pro-
iniserunt et tencanlur per stipulacionem sol/emnem hoc modo, videlicet uncias odo in adventu marmorum , quas
expedat (sic), et uncias duodecim ad complementum in consignacionc diete janue. Et casa contraventionis, etc. —
Presentibus C\(atbeo Scarichi, Vitro de Benedicto ci Jo. 'Domiiiico de Caslellis et clerico Jacoho Roddoricc. —Dal
volume di registri di notar Giacomo Carissimo, an. 1507-8, fog. 374, nell'archivio de' njtai defunti in Messina,
a' segni P 39.
NEI SECOLI XV E XVI. GAP. IV. 1 99
vute altre once otto a compimento di venti in parte del prezzo dell'opera;
e nella nota istessa si afferma , che , trasferito già lo scultore il suo sog-
giorno in Palermo e scorso il tempo della consegna di quella, nuovamente
egli obbligavasi consegnarla in Messina per tutto il prossimo giugno al più
tardi con tutte le condizioni del precedente contratto. Si aggiungeva altresi,
che in caso d' inadempimento da parte dell'artefice potessero i marammieri
mandare a spese di lui un procuratore ed una o più navi in Palermo a
prendervi con qualunque interesse la detta porta e recarla in Messina a tutto
suo rischio e pericolo ('). Ma benché da tutto ciò sia da credere, ch'essa
sia stata eseguita in Palermo e colà trasmessa, non é pur focile trovarne più
traccia al presente, affermando il Samperi ed il Gallo, che nel luogo mede-
simo dell'antica chiesa e dell'ospedale di S. Maria l'Accomandata poi sorse
nella seconda metà del cinquecento la Casa Professa de' Gesuiti, che dopo
la loro espulsione nel passato secolo fu conceduta in seguito a' Cistercensi
con la contigua chiesa di S. Niccolò, senza che vi rimanesse vestigio delle
fabbriche anteriori.
Degli ultimi tempi del soggiorno in Messina di Antonello è finalmente
certezza da pubblico strumento de' 16 di agosto del 1508, ond' egli colà
obbligossi ad Antonino Ansalone ed Antonino Cefilio, due de' confrati di
una confraternita di S. Maria Maddalena probabilmente in Buccheri, pel la-
voro di un'immagine o statua in marmo di detta Santa con un suo pomo in
una mano e nell'altra un libro, alta sei palmi (m. 1. 55), oltre uno di piedi-
stallo (m. o. 26), dove si dovesse scolpire anco una storia di essa. Cotale
statua, fornita in tutto, dorata ed incassata, era tenuto l'artefice consegnarla
a coloro in Messina di lì a tutto il giugno del vegnente anno pel prezzo
(') Die xxiiij.° aprilis xij.' imi. 1/09 prefatus magister Antonelìus Gazini confessus est se recepisse et Im-
buisse a prefatis marameriis diete ecclesie, preseti tibus etc, uucius odo per lancimi magnifici Tetri Mimila in
partem pretii diete jannae; et sunt ad complimentum unciarum vigiliti. Et quia dictus magister Antonelìus habitat
'Panhonni et teiupus cousiguacionis dite janiie est elapsum , ideo veruni et de novo se cibi ig avi t dictis marameriis
dictam januam juxta formatti dicti contractus dare et consigliare hi e Riessane per totittu metiseni junii proxituo ven-
turi ad altius, et hoc modo, cimi omnibus obligationìbus et pactis in ipso proxituo contractu contentis et juxta eius
serietà et teuorem etc. Cinti parto, quod ad interesse ipsius magistri Antonelli contravenientis mittere possint ipsi
maraiiierii cantra eum procuraloretn ad expeusas viaticas ad tareuos quatuor prò qualibet die , et etiain vaxellutn
sca vaxellos in Panhormimi sub quocumque interesse prò capiendo ipsatn januam , que in omiieni evoltimi illinc
Messanani veuiet sub risico, periculo et expensis eiusdeni magistri Antonelli. Et sic fuit conventiiiti, etc. — Presen-
libus u. Mariano de Alwci, Jo. de 'Bono et Jo. 'Domiiiico de Castellis. — Ncta marginale aggiunta nel precedente
atto de' 14 di febbraio XI indiz. 1507 (1508), nell'archivio de' notai defunti in Messina.
27
200 I GAGINI E LA SCULTURA IN SICILIA
di once ventiquattro (1. it. 306), confessando già egli averne ricevuto di
presenza fiorini dodici, e promettendo i confrati pagargli in Palermo il re-
stante , cioè il compimento di once dodici a metà del lavoro e tostoché
fosse già digrossata la statua, e il rimanente di tutto il prezzo al termine
di essa, con che foss' egli in obbligo di mandarla a suo rischio e pericolo
in Messina, dove, di poi pervenuta, starebbe a rischio e pericolo de' con-
frati ('). Non ho assoluta certezza intanto, che la medesima sia stata al Ga-
gini allogata per Buccheri, terra del Val di Noto, giacché non sen legge con
tutta evidenza il nome a causa della diffidi grafia nel contratto testé rife-
rito. Apprendo però dall'Amico , che quivi appunto in gran culto é tenuta
la Maddalena, a cui una delle primarie chiese trovasi pur dedicata (2); e
quindi stimo assai probabile che non per altrove la statua fu commessa.
Nulla pure fin ora mi é riuscito saperne, se veramente da Antonello sia stata
di poi eseguita, e se colà per cura de' detti confrati abbia avuto luogo , e
se tuttavia vi rimanga fino al presente. Ma quel, che sempre risulta notevole
dal riferito documento, si é, che, comunque abbia avuto o no effetto il la-
voro di quella statua, é certo, che, dovendo essa venir lavorata in Palermo,
da ciò si prova avvenuto il diffinitivo ritorno dell'artefice in patria nel 1508,
coni' é ancor chiaro per altro documento dinanzi.
Diverse gite intanto per ragioni dell'arte aveva egli dovuto aver fiuto,
non meri che in Palermo, in vari luoghi dell'isola, durante il decennio circa
di sua dimora in Messina, essendo assai probabile, che andato fosse in Ca-
tania a consegnarvi e collocarvi sue opere , ed in Castroreale , dov' era in
obbligo di recarsi per 1' assettamento del cennato arco marmoreo dattorno
al sepolcro del Rosso: oltreché par sicuro , eh' ei si trovasse in Nicosia il
2 di novembre del 1506, laddove é chiara notizia di un secondo contratto
in tal data, rogato colà da notar Giovanni Sillitto , per cui di nuovo egli
obbligossi al gran lavoro della cona di S. Maria, da dover farla e consegnarla
in Messina e spedirla per mare in 'Fusa (>). Per tale opera non meri che
sett' anni avanti aveva il Gagini primieramente convenuto nel 1499 per do-
( ' ) Vedi fra' Documenti di quest'opera, num. LV.
(2) Amico, Lexicon topographkum Siculum. Panormi, M.DCC.LVII, toni. I, p. I, pag. 9$ e seg.
( 3 ) Tal secondo contratto in Nicosia del 1 506 viene allegato in un posteriore atto di consegna della
più parte di detta comi, rogato indi in Palermo a' 18 di marzo XV ind. 1 5 1 1 (15 12) e che sarà riportato
in appresso. Ma indarno colà mi recai a fare ricerca di quello, giacché nulla più vi esiste dell'antico archivio
notariale, che fu vandalicamente mandato in fiamme nel 184S e nei 1860.
NEI SECOLI XV E XVI. CAI'. IV. 201
ver darla fornita in tre anni, come vedemmo: ma per difetto di danaro
nulla ancor si era fatto, e dovevano indi ancora scorrere quasi altri cinque
anni a finirla, giacché, trasferitosi poi lo scultore in Palermo , non altrove
che in patria la diede in fine compiuta. Di ciò sarà luogo ad intrattenerci
più a lungo appresso; e qui solo importa notare, che la presenza in Ni-
cosia dell'insigne maestro nel 1 506, quando ancora alla detta conti non erasi
dato principio, può far sospettare di qualche altro lavoro, che ben potè egli
essere andato a collocarvi. Laonde, sebben di altre sue diverse sculture pre-
gevolissime colà esistenti sia certo, che furono in tempi posteriori eseguite,
non è fuor del probabile , che appunto allora da lui vi sia stata condotta
una bella statuii fin oggi esistente nella parrocchia di San Michele, figurante
con corazza e scudo l'arcangelo in atto d' infigger l'asta in bocca all'infer-
nale dragone, che gli sta a' piedi prosteso, storiatavi all'intorno la base di
un prezioso bassorilievo con una devota processione alla chiesa del Santo,
dove, non meno che nella statua, è dato ammirare quell'ingenuità e vergi-
nale purezza di forme , che pare rivelino la giovanile maniera del sommo
artefice. Checché di ciò sia, risulta evidente inoltre , eh' egli poscia recossi
in Palermo nel seguente anno, dove a 28 di luglio del 1507 vedremo come
solennemente abbia assunto l'ingente lavoro, nel quale aver doveva il maggiore
e più splendido campo a segnalarsi infaticabile per tutta la vita il suo genio,
cioè l'immensa decorazione marmorea della gran tribuna del duomo. Ma è
chiaro poi, che, fermato in patria il contratto per sì grand' opera, dovendo
passar non breve tempo a mettervi mano perchè facea mestieri commetterne
i marmi ed aspettarne l'arrivo, ritornò tosto il Gagini in Messina, dove,
non men che la famiglia rimastavi , gravi interessi dell' arte ancora il chia-
mavano, costando da' documenti già riferiti , che tuttavia per un anno al-
meno egli ebbe a farvi dimora e che non pria della fine del 1508 lasciò
quel suolo per lui sì caro e ospitale. Ivi pertanto è innegabile, ch'egli per
quasi un decennio dal 1498 abbia fatto costante soggiorno , dove anco la
Caterina di Blasco, che vi avea tolto in moglie, ebbe a renderlo padre del
suo primogenito Giandomenico , e non so poi se ivi , ovvero in Palermo,
del secondogenito Antonino. Né son da ammettere in quel tempo altre as-
senze di lui da Messina se non molto brevi e temporanee per le diverse
sue gite dianzi cennate nella stessa isola, come da tanta evidenza di do-
cumenti apparisce, laddove altronde la pretesa dimora del medesimo in
202 I GAGINI E LA SCULTURA IX SICILIA
Roma o in Firenze sotto Michelangelo o Rafaello in tempo della sua gio-
vinezza non va che fra' tanti sogni, che sul suo conto si vennero accumu-
lando poiché il più detestabile obblio ne avea totalmente travolto le genuine
memorie della vita.
Fra l'indigesta farragine di fandonie, che non ebbe PAuria ritegno d'inti-
tolare II Gcigiiio redivivo nel noto suo opuscolo stampato in Palermo nel 1698,
non è delle ultime questa, di cui è da lasciargli tutto il merito, riportando
le sue stesse parole: « Finalmente è opinione di alcuni, conforme ha rife-
ce rito il signor Pietro del Po, celebre pittore palermitano, che nel sepolcro
« del pontefice Giulio Secondo in Roma nella chiesa di S. Pietro in Vin-
ce cula, fatto dal famoso Michelangelo Buonarota, vi siano alcune opere del
« nostro Antonio Gagino; e queste sono gli ornamenti di mezzo rilievo
« ne' pilastrini a canto al Moisè , e gli ornamenti di tutto il primo ordine,
« dove sono le statue di due Virtù, come pure i piedistalli : lavori fotti dal
« Gagino mentre ritrovavasi in Roma col detto Michelangelo , che lodò ,
a anzi non lasciò d'ammirare lo scalpello del nostro ingegnoso scultore ('). »
E del gran conto, in che lo si volle tenuto da quel divino, fa capo la sto-
riella già sciorinata da Francesco Baronio ne' pochi scompigliati cenni del
Gagini e de' suoi figliuoli, che si hanno nel terzo libro della sua opera
De majestette panormitana, edita in Palermo nel 1630. Imperocché narra egli,
che, avendo il Buonarroti fornito il suo Cristo ignudo ed espostolo in Roma
alla Minerva, ne sembrò sconcia quella total nudità al sagrestano, che stimò
ripararvi, coprendolo in alcuna parte di un pannolino. Venuto però Miche-
langelo e ciò mal soffrendo, stracciò tosto quel panno; e poiché l'importuno
sagrista volle tornare ad apporvelo, il mandò quegli di nuovo in brani , e
gli disse : Vanne hi meglio ad ^Antonio Gagini in 'Palermo , se vuoi un Cristo
vestito; che quello è iuver singolare a vestir figure (2). Da ciò accreditavasi me-
glio la favola, che già il Buonarroti ne avesse conosciuto il merito nella
sua scuola in Roma. Né pur ciò bastando all'annalista messinese Caio Do-
menico Gallo , che va in tutte furie avverso al Pirri ed all' Auria perché
affermarono palermitano il Gagini, il vuole ad ogni modo nato in Messina
nel 1 i»S4, e ito incontanente a Roma ad apprender l'arte del disegnare da
(') Auria, // Gagino redivivo, » vero notitia dilla vita ed opere d' Antonio Gagino, nativo della città dì
Talenno, scultori famosissimo. In Palermo, MDCXCVIII, cap. Vili, pag. 34 e scg.
( 2 ) Baronii ac Manfredis (1). Francisci), 'De majestate panormitana, lib. 111. Panormi, M.DC.XXX,
pag. 103.
NEI SECOLI XV E XVI. GAP. IV. 203
Raffaele, e dello scolpire da Michelangelo, sotto il quale ti dice aver cotanto
avanzato in perfezione, che quell'austero non isdegnò di far lavorargli or-
nati e bassirilievi nel mentovato sepolcro di papa Giulio ('). lì quando? Pria
del 1500. Da che indi a poco leggi, che, compiti i suoi studi (sotto il
Sanzio e il Buonarroti, innanzi al 1500 in Roma! lui nato al 1484!), se ne
tornò in Messina, ed oltre una statua di Madonna ed una del Battista (quale-
io non credo affatto sua opera per la virilità somma , che sente di altrui
scalpello, laddove Giuseppe La Farina dovette poi esser certo a scrivere ,
che fu eretta in quel duomo nel 1525) (2), iccc in bronzo un giovinetto
in atto di cavarsi una spina dal piede, imitando la statua di egual soggetto,
ch'egli avea visto in Campidoglio; ed in cotal simulacro, che il principe di
Alcontres avea collocato in una fonte a capo della scala del suo palazzo,
si leggeva: Opus Antonii Gagìnu an. M2)(3). Ma essendo pure ad ammet-
tere per vero un tal lavoro, che altronde l'artefice potè aver condotto sopra un
qualunque gesso o disegno, siccome ora è chiaro da un'altra simile statua
commessagli più tardi dal marchese di Pietraperzia, le osservazioni gratuite e
paradossali, gli anacronismi e gli svarioni intorno al!' educazione artistica del
Gagini nella penisola non ristettero dal farsi strada, avendo poi anco il paler-
mitano Agostino Gallo a furia di congetture procurato acconciarli a suo modo
perché men facessero a calci con la cronologia e con la storia. Laonde, non
avendo egli affatto contezza di memorie del grande scultore in Sicilia dal no-
vembre del 1503 al luglio del 1507, stimò, « che verso quell'epoca, cioè intorno
« al 1504, si recasse in Italia, e guardasse con istudiosa attenzione i disegni e i
« dipinti di Rafaello, e s'imbevesse la mente dello stile de! medesimo, come
« le sue opere posteriori lo attestano, convenendo inoltre supporre, ch'ei fre-
« quentasse lo studio di Michelangelo in Roma, e forse prima in Firenze,
« benché in nulla ne seguisse la maniera ardita e fièra, troppo opposta al-
ce l'anima sua dolce e gentile, ma soltanto il magistero dello scarpello (4). »
Ignorandosi quindi del tutto quanto adesso è innegabile da' preziosi do-
cumenti da me rinvenuti intorno alla grande operosità e rinomanza de!
(') Gallo, Amidi della città di Messina. Ivi, MDCCLVI1I, tomo II, pag. 555 e seg.
(-) La Farina, Messina ed i suoi monumenti. Messina, 1840, pag. 86.
( > ) Però non ne rimane alcun vestigio al presente, benché tuttavia esistesse al tempo del Gallo. E sem-
bra sia andato a male ne' tremuoti del 1783.
(4) Gallo (Agostino), Elogio storico di Antonio .Gagini, scultore ed architetto palermitano. Palermo, 1821,
pag. 9 e seg.
204 1 GAG1NI E LA SCULTURA IN SICILIA
Gagini in Messina merce l'eccellenza e l'originalità del suo genio nel de-
cennio colà di sua dimora dal 1498 al 1508 nel più bel fior de' suoi anni,
non sapevasi in miglior maniera all'onor di lui provvedere, se non volendo
a ogni casto, ch'ei fosse andato nella penisola a tener dietro a que' sommi.
Ma primo a levare alto la voce contro tanta fallacia di opinioni e di
congetture fu poi Melchior Galeotti , il quale , benché quasi privo di ogni
scorta di documenti, per solo acume d' ingegno e di giudizio, pervenne a
smentir fra' molti errori sul conto del Gagini anche questo di aver egli
potuto alcuna volta seguir que' grandissimi in Roma, ovvero in Firenze, e
trarne prò al suo sviluppo. Rilevò quindi quell'abile critico , siccome, es-
sendo chiarissimamente mostrato quanto il Gagini fosse eccellente artefice
innanzi al principio dell'anno 1500 (del che gli fu argomento il gran la-
voro della corta di Nicosia, un anno innanzi affidatogli), non era affatto a
stimarlo, coli' annalista messinese, allievo in Roma del. Buonarroti, quando
costui vi fu chiamato da papa Giulio II, come leggesi nel Vasari ('). Né
tenne il Galeotti medesimo se non in conto di favola quanto l'Auria fa nar-
rare a Pietro del Po, che indi in Roma il Gagini la facesse da scarpellino
a Michelangelo per alcuni ornati nel famoso sepolcro di quel pontefice, lad-
dove non è affatto da credere, che l'aretino biografo, il qual notò fin anco
un siciliano macinator di colori appo quel suo divino , nulla ne abbia sa-
puto, o non fattone caso; né che il Gagini, già riputato scultore in Mes-
sina, siasi ridotto in un tratto sì in basso, da servire di scarpellino in pic-
cioli ornati allo studio del Buonarroti; né che poi, tornato dalla scuola del
tremendo Michelangelo , nelle statue , che venne a fare in Palermo , non
abbia dato sentore di quel michelangiolesco, che sedusse, o costrinse a
imitarlo chiunque trattato ebbe vicino a quel terribile artefice lo scarpello (2).
Aggiungo, che Pietro del Po forse potè aver detto, che nella sepoltura di
papa Giulio lavorò anche il siciliano Jacopo del Duca , rilevandosi da un
documento ditto in Roma a 27 di febbraio del 1542, che Raffaello da Mon-
telupo , tolte a finire da Michelangelo tre figure della sepoltura anzidetta,
(') GALEOTTI, Preliminari alia storia di Antonio Gagini, sailtor siciliano del secolo XVI. Palermo, 1860,
pag. 20. Vasari, Le vite ce. Firenze, Le Mounier, 1856, voi. XII, pag. 180. — Sbaglia però lo stesso Ga-
leotti, affermando, che Michelangelo non fu mai in Roma pria della fine del 505, o del principio del 504,
laddove è certo, che la prima volta vi giunse a 25 di giugno del 1496 in età di ventidue anni (quando il
Gagini non ne contava che diciotto) e vi dimorò circa un anno. Vasari, op. cit., voi. XII, pag. 168 e 339.
(2) Galeotti, 'Preliminari cit., pag. 57.
NEI SECOLI XV E XVI. GAP. IV. 205
confessò insieme ricevuti scudi dicci per conto (a suo dire) dì quattro teste
di Termini per San Pietro in l'incoia, che li à falli Jacomo mio garzone (').
Perlochè , stimandosi che questo Jacopo non sia stato che il Del Duca, e
avendo il Del Po facilmente di lui asserito, che aveva avuto parte in quel-
l'opera del Buonarroti, fu ciò poi frainteso da quel balzano cervello dell'Au-
ria, il quale alla sua volta, scambiando il detto Jacopo pel Gagini, trasse da
questo errore argomento al sognato soggiorno del sovrano artefice in Roma.
Ripugna del pari intanto la congettura di Agostino Gallo, che fosse andato in
terraferma ad ammaestrarsi nell'arte nel 1504 uno scultore, che da parecchi
anni avea dato prova del suo stile posato e puro e leggiadro nel disegno,
nella forma e nell'espressione , e diciamo raffaellesco , quando il pennello
del Sanzio era ancora in erba; un artefice, che, lavorando in Sicilia con molto
credito e fama e grandezza di opere, non era verisimile si fosse recato in
Firenze ad imitare la seconda maniera di Rafaello, massimamente non pochi
anni prima che il Sanzio mostrasse il secondo stile. Laonde ( assai retta-
mente lo stesso Galeotti conclude), se vogliamo riporre minore orgoglio
nel vanto di essere andati dietro agli altri, per sommi che fossero, di quello,
che dobbiamo avere dell'essere stati talvolta primi, ci pare di dover pori e
mente al dipingere di Salvo d'Antonio e d'Antonello Resaliba , innanzi e
dopo il 1500, in Messina, per cessare le meraviglie, che molto di quel tino,
che dicesi raffaellesco di secondo stile , si trovi nelle statue del Gagini , e
per deporre l'ostinato volere il sommo e originale scultore, a furia di ana-
cronismi, acconciare per alcun tempo coll'Urbinate: del che viene da ridere
agli eruditi, e da dolersi a quanti fra noi hanno verace sentimento di patrie
glorie (2).
Non meno mi sembra aver tutta 1' aria di favola il riferito aneddoto
messo in campo dal Baronio intorno al detto, che sul Gagini si volle at-
tribuire al Buonarroti in proposito del suo famoso Cristo alla Minerva.
Perocché narra il Vasari, che, stando in Firenze Michelangelo, « mandò in
« quel tempo (non molto prima del sacco del 1527) Pietro Urbano, pìsto-
« lese, suo creato, a Roma, a mettere in opera un Cristo ignudo, che tiene
« la croce, il quale è una figura mirabilissima, che fu posto nella Minerva
( 1 ) Le kttcrc di Michelangelo Buonarroti pubblicate coi ricordi ed i contratti artistici per cura di
Gaetano Milanesi. In Firenze, M.DCCG.LXXV, pag. 709.
(2) Galeotti, 'Preliminari cit., pag. 20 e seg.
206 I GAGIN! L LA SCULTURA IN SICILIA
« allato alla cappella maggiore per messer Antonio Metelli (!) ». Risulta
inoltre adesso evidente da un ricordo dello stesso Michelangelo in data
del 26 di ottobre del 1521, che non da lui fu finita in Roma tale figura,
ma bensì da un tal Federigo Frizzi , scultore fiorentino (2). Da ciò vede
ognuno quanto perda di verisimiglianza il racconto del Baronio , che
contro il vero afferma in Roma il Buonarroti quando la detta statua in
quella chiesa fu esposta, dando luogo allo screzio di lui col sagrista e quindi
al suo detto sul palermitano scultore. Laonde l'Orlandi, che nel suo *Abe-
cedario alla voce Gagini racconta pure quel detto , a conciliar la faccenda,
non lo asserisce profferito dal Buonarroti se non quand' egli consegnò il
Cristo in Firenze per portarlo in Roma, nient'altro all' uopo allegando che
la pur troppo labile autorità di un padre Resta, di cui mano si ha postillato
nella libreria Corsini un esemplare a stampa del Gcigino redivivo dell' Auria. Ma
di rimando il Bottari osserva aver detto il Vasari, che Michelangelo mandò
Pietro Urbano non a condurre a Roma il suo Cristo , ma a metterlo su;
e quindi, non potendo in qualunque modo dar peso alla storiella, conclude :
« Se poi sia verisimile, che il Buonarroti dicesse quel motto senz'aver ve-
ce duto opera veruna del Gagini , lo lascerò giudicare ad altri (>) ». E di
questi altri non vi aggiustò pure alcuna tede l'abbate Giuseppe Bertini (-*),
essendo altronde affatto inverisimile , che Michelangelo , cosi difficile alla
lode e peritissimo anch'egli net panneggiare, siasi lasciato sfuggir di bocca
un tal detto, per cui non meno egli avrebbe in ciò confessato l'inferiorità
propria, che il singoiar merito del lontano scultore.
Ma benché in tutto ripugni alla ragion cronologica e al vero , che il
Gagini nella sua gioventù siane andato nella penisola ad ammirar le opere
del Sanzio ed a frequentare la scuola del Buonarroti, non dee per questo tra-
sandarsi un'osservazione notevole, che dalle sue stesse sculture risulta, cioè,
che molto riscontro è da rilevarvi sovente con quelle dell'arte continentale,
soprattutto di Lombardia e di Toscana , e specialmente negli ornati.- Di
( ' ) Vasari, Le vite cit., voi. XII, pag. 206.
(2) Vasari, Le vite cit., voi. XII, pag. 360 e seg. Le lettere di Michelangelo Buonarroti ce, ediz.
cit., pag. 585.
( 3 ) l'ite ilei più eccellenti pittori, scultori e architetti, scritte da Giorgio Vasari, ... illustrate con note. Mi-
lano, 181 1, voi. XIV, pag. 131 e seg., nota 1.
( -t ) Nel breve cenno biografico da lui scritto di Antonello Gagini ed inserito nel tomo secondo della
Biografia degli uomini illustri della Sicilia, ... compilata dall' avvocato Giuseppe Emanuele Ortolani. Napo-
li, MDCCCXVIII.
NEI SECOLI XV E XVI. CAP. IV. 207
questi, di ch'ei fu maestro di perfezione ed eleganza incomparabile, notansi
già i primi bellissimi esempì nel mentovato sarcofago di Geronimo Rosso
in Castroreale , oltreché altri in copia dinanzi avea egli dovuto produrne
in Messina in tante opere , che certo fece e di cui non è più notizia , e
poi stupenda e quasi infinita ricchezza ne diede , siccome vedremo , nella
tribuna del duomo palermitano , de' quali oggi molti preziosi avanzi de-
corano in esso la cappella di S. Rosalia, dove chiunque abbia gusto e sen-
timento dell' arte non può a men di restarne attonito come di cosa , che
più d'ogni altra si approssimi alla classica squisitezza ed alla maestria degli
antichi. Bandita affatto quella maniera, che in genere fu detta gotica, ancor
prevalsa in Sicilia insino a mezzo il secolo precedente, con quelle filagrane
o andirivieni di linee , o capricci cascanti in acutezze e frastagli minuti e
confusi, quali eran tanto irragionevoli e lontani da ogni studio del vero,
il gusto del classico essenzialmente prevale in quegli ornati , condotti con
tanta grazia, leggerezza, varietà, ordine, convenienza, armonia da essere in
vero esempio di alta perfezione. Corrispondendo essi nel genere a quelli,
che piacquero a Rafaello nelle logge vaticane, e di cui le invenzioni e la
spiritosa maniera si dovettero a Giovanni da Udine, avendone costui model-
lato il gusto su' preziosi ruderi ornamentali allora scoperti de' grandi edi-
fìci dell'antica Roma, e che per essersi trovati in alcune grotte sortirono
il nome di grotteschi, é chiaro, che unico fondo di analogia degli uni e degli
altri non è che dallo studio dell'antichità e dalla viva propensione al clas-
sico stile degli antichi, qual già prevaleva in Roma non solo , ma da per
tutto in Italia. Del resto opportunamente venne da altri osservato, che fra
gli ornamenti scelti o diretti dal Gagini e quelli dipinti e plasticati dall'U-
dinese corre molto divario, e che la semplicità e leggerezza e parsimonia,
che si ammiran nel nostro, non sono dell'altro, che é più vario, più com-
plicato, più ingegnoso e bizzarro ('). Né può in alcun modo ammettersi
quanto erroneamente fu scritto, che Antonello ritraesse da Roma quell'uso
e forma di fregiature, laddove, sapendosi, che Giovanni da Udine andò colà
dopo il Sanzio , e che condusse il suo maestro a vedere i grotteschi del-
l'arte antica, qua' poscia furon divisati adoprarsi nel palazzo pontefìcale, non
è possibile, che il Gagini ne prendesse cognizione e gusto da loro, quando
fra gli ornati da lui scolpiti o di sua invenzione son quelli del sepolcro del
( ' ) Galeotti, Preliminari cit., pag. 48.
208 I GAGIN1 E LA SCULTURA IN SICILIA
Rosso in Castroreale del 1506 e 1507, e gli altri della tribuna del duomo
di Palermo, segnati dell'anno 15 io, de' quali certamente l'artefice era venuto
preparando i disegni e i modelli sin da tre anni. Tai fregi però , in tutto
intorniati del tipo classico , che già i migliori maestri seguivano ovunque
in Italia, han foglie e frutta e maschere e figure di bella e naturai forma,
quali da quelli in molte loro opere si adoprarono, e per cui ben a propo-
sito fu dato luogo a osservare, che con gli ornati, allora o da poco innanzi
prodotti, di Desiderio di Settignano, di Andrea Contucci Sansovino, di Giu-
liano da Sangallo , di Benedetto da Rovezzano e d' un Simon Fiorentino
tengon conformità i gaginiani anzidetti. Afferma specialmente il Galeotti, che-
li deposito del Tartagni, il cammino di casa Gondi ed altri monumenti di
quel tempo, o di non molto prima, recati in disegno dal Cicognara nel vo-
lume secondo della sua Storia della scultura in Italia, han fregiature, alle quali
si rassomigliano quelle del nostro , e massime certi gruppi di foglie e frutta,
che paiono del medesimo stampo (:). Parimente i capitelli del Gagini , e
specialmente quelli da lui adoprati in Palermo nella maggior tribuna del
duomo, sebbene rivelino il suo genio non meno che altrove originalissimo,
per cui egli di suo vi accorda le più leggiadre ed eleganti forme ed inven-
zioni di foglie, di vasetti, di grifi, di volute, di maschere, e non tien dietro
ad altri, né pur servilmente imita gli antichi marmi, han sempre evidente in
tondo un grande riscontro di fare con quello de' sommi maestri contempora-
nei delle migliori scuole d'Italia, mercè lo stesso felice avviamento del gusto
nell'amore del classico e nello studio dell'antichità (2). Laonde, innegabili es-
sendo questi rapporti, non può dubitarsi che il Gagini, benché certo or sem-
bri non aver mai frequentato alcuna artistica scuola della penisola, partecipò
nondimeno nella stessa sua nativa Sicilia al gran movimento e al progresso
continuo dell'arte continentale, che vi aveva esteso e seguiva ad estender vi-
vissime le sue influenze, le quali egli dominò poi mercè il gran genio e l'in-
coili parabil sentire, che gli ebbe largito natura. Giova quindi osservare col
( ' ) Galeotti, Preliminari cit., pag. 49. E vedi nella tavola IX di quest'opera tre diversi esempi di or-
nati del Gagini, oggi esistenti nelle pareti della cappella di S. Rosalia, e che decorarono già i pilastri della
gran tribuna, di cui parleremo, nel duomo di Palermo.
(2) Vedi la tavola IX bis di quest'opera, dove son riportati in disegno sei de' cennati capitelli, de' quali
alquanti nello scorso anno ne rinvenne l'ingegnere cav. Giambattista Palazzotto in un sotterraneo del palazzo
arcivescovale, oltre uno bellissimo, che fu già messo in serbo dinanzi dal canonico Alessandro Casano nel
sotterraneo del detto duomo, dove rimane. Devo intanto il disegno della detta tavola alla gentilezza del gio-
vine ingegnere signor Francesco Palazzotto.
NEI SLCOLI XV E XVI. CAP. IV. 209
Galeotti medesimo, eh essendosi il padre di lui portato in Sicilia coli' arte
di statuario, non doveva ignorarne i progressi nelle città italiane, ond' egli
era venuto , e che inoltre il comunicarsi de' disegni co' maestri , eh' egli
ebbe dovuto conoscere, è si plausibile a pensarlo, che non sarebbe il cre-
dere, che alieno da ogni corrispondenza restasse un artefice venuto di luogo,
in cui avea lasciato amicizie e parentele: oltreché dovrebbesi ancora por mente,
che di quei tempi il diffondersi delle cognizioni dell' arte era tanto in pregio
quanto è adesso delle fogge del vestire e de' capricci della mollezza (J).
Aggiungo , che lo sviluppo e 1 attività della scultura in Sicilia nel-
P età di Domenico non furono a lui solo dovuti , siccome è chiaro dai
precedenti capitoli , ma ancora a' molti altri artefici , che nel tempo mede-
simo o dopo egualmente vi si recarono e vi trasferiron soggiorno da di-
verse contrade d'Italia, dove più l'arte era in fiore, e de' quali più d'uno
gareggiaron con lui per ingegno e per valentia di scalpello. Nelle loro scul-
ture, specialmente ornamentali, prevale già quel tipo di classicismo, ch'essi
avevano appreso nelle famose scuole italiane, e che per loro opera s'intro-
duceva e difTondeasi per l'isola. Si guardino quindi per poco i ricchi ornati
marmorei dell'arco della cappella Mastrantonio in San Francesco in Palermo,
il cui lavoro vedemmo assunto da Pietro di Bori tute e dal veneto Francesco
di Laurana nel 1468, ed altre simili opere, che ovunque per l'isola nel se-
colo stesso e ne' primordi del seguente produssero i vari scultori venuti
da terraferma; e si dovrà rimanere convinti a vedervi in molta simiglianza di
forme un tal carattere di scultura, il quale, benché allora non raggiungesse il
perfetto per manco di sviluppo, era in fondo il medesimo, che indi con tutta
perfezione ed eccellenza impresse il Gagini ne' pregiati suoi marmi (2). Del
che, a mio giudizio, in vece che da alcun soggiorno di Antonello nella peni-
sola, il qual non risulta punto dalle più certe memorie della sua vita, si dà
spiegazione ed argomento dal finto innegabile, ch'egli sin dal principio del-
l'artistica sua carriera trovossi ognor circondato in Sicilia da scultori oriundi
( > ) Galeotti, 'Preliminari cit., pag. 49.
( 2 ) Non pure mancarono esempi di un bizzarro ibridismo , clic riunì al vecchio stile tedesco il nuovo
classico gusto del risorgimento, siccome nella bellissima decorazione esteriore in marmo bianco della porta
della chiesa di S. Margherita in Sciacca, opera d'ignoto scultore del cadere del XV o del sorgere del XVI
secolo, della quale nell'interesse dell'arte sarebbe a fare oggetto di attento studio. Ma tali esempi, ben na-
turali nell'età di passaggio dall'antico gusto al novello, cedettero affatto il campo al total prevalere di questo,
ch'estese ovunque il suo esclusivo dominio.
210 I GAGINI E LA SCULTURA IN SICILIA
dal continente italiano, de' quali ebbe a valersi come di aiuti nella notabtl
copia di sue opere : oltreché ancora non pochi ne chiamò all' uopo di là
espressamente egli stesso, specialmente da Carrara, priachè fosser cresciuti i
suoi figli e seco lui avesser potuto addirsi all'immensa attività de' lavori. Dei
molti collaboratori pertanto, che non poteron mancargli in Messina nell'ope-
roso decennio colà di sua dimora, l'unico, che or si conosca, è quel marmo-
raio Geronimo Fiorentino, di sopra cennato , che nel 1502 promettea met-
tersi a disposizione e servigio di lui nell'arte a sconto di danaro dovutogli,
che dal medesimo in prestito aveva già ricevuto (I). Carraresi di origine fu-
rono gli scultori Giuliano Mancino e Bartolomeo Berrettaro , che prima e
dopo del suo ritorno in Palermo vi furon tenuti in conto nell' arte, e che
poi, siccome vedremo, ne' lavori della gran tribuna del duomo non man-
carono di prestargli 1' opera loro. Vedremo altresi più innanzi siccome, di-
fettando egli in Palermo di lavoranti in tanta sua operosità prodigiosa, ne
ingaggiò quattro di Carrara a' propri servigi nel 15 12, perchè gli servissero
di scarpellini e di aiuti , fattosi di essi mallevadore un carrarese maestro
Santino di Chicco di Petrincione , che , tenendo corrispondenze vivissime
fra Carrara e Sicilia, faceva continuo commercio di marmi col Gagini , ed
indi anche obbligavasi a fare di là venire lavorato un intero cancello in marmo
con sue cornici e balaustri pel duomo stesso. In molto stretti rapporti di
intimità noteremo inoltre Antonello con un Fedele da Carona, altro lom-
bardo scultore, che poi ancor gli fu genero, mentre non pure mancò di a-
verne con Antonino Berrettaro più tardi, dopo la morte di Bartolomeo so-
praddetto. Né d' altri marmorai carraresi , lombardi e d' altre parti di ter-
raferma fu mai difetto in Palermo in tutto il tempo, in cui singolarmente
ei vi tenne il sommo dell' arte , laddove in copia ne appariscon memorie ,
non men che di veneti intagliatori in legno , e poi altresì di plasticatori
toscani e d'altri artefici del regno di Napoli, de' quali sarà luogo in appresso
a dire. Così, essendo egli nato in Palermo da quel valente lombardo scul-
tore, che fu Domenico , ed ivi anche allevato all' arte dopo la morte del
padre fra' buoni esempi degli altri italiani artefici , che gli sopravvissero ,
trovossi poi sempre in mezzo , cosi in Messina che in patria, a scultori,
scarpellatori ed artisti di ogni specie, oriundi dalla penisola , che trovavan
lor prò nel loro soggiorno in Sicilia, e che di leggieri gli prestarono la loro
(') Vedi sopra in quest'opera, pag. 174, nota 1.
NEI SECOLI XV E XVI. CAI'. IV. 211
assistenza quand' egli mercè il suo gran genio assunse incontrastabilmente
il primato nella scultura. Laónde, trovatosi egli, benché sempre nella nativa
sua isola, costantemente ricinto dalle più vive tradizioni ed influenze lom-
barde e toscane dell'arte, è da ciò appunto che trasse, non pur negli ornati,
ma in tutto, quel bello e mirabile stile, che spesso ha riscontro in pregiate
opere delle fiorenti scuole d' Italia , senza che perciò gli sia stato mestieri
recarvisi di persona ad educarsi all'arte in Roma o in Firenze, come a ri-
troso del vero venne asserito.
Col suo altissimo ingegno e con quel gusto e sentire incomparabile,
onde fu primo fra tutti, sin dalla sua dimora in Messina diede pertanto il
Gagini al maggiore sviluppo dell' arte un si vivo impulso , per cui !a bel-
le/za, la grazia, 1' espressione, il disegno e 1' esecuzione esquisita delle sue
opere cominciarono in lui a palesare un artefice, che vincea di gran lunga
in merito quanti lo avean preceduto, e che, seguendo pur egli le loro orme
nella soavità del carattere e del sentimento, levavasi ad una eccellenza non
mai da altri raggiunta. « Sino allora (ben si può qui a proposito applicar
le parole del Cicognara sull' età, che prevenne Michelangelo) gli artefici
« avean quasi mostrato di dubitare delle loro torze, e, procedendo con mi-
« sura e con infinito ritegno , non osavano dipartirsi con libertà dal loro
« modello per abbandonarsi interamente alla parte ideale, a cui però eransi
« molto approssimati. Quella timidità, che gli scultori del quattrocento ave-
« vano riconosciuto nelle opere de' loro maestri, teneva in certo modo
« imbrigliata la loro esecuzione, onde non iscostarsi con troppa incertezza
« da questi modelli. Non presumevano ancora della loro forza e non ca-
« devano in difetto per troppo ardimento; di modo che ponevano grandis-
« sima cura nell'ascondere moderatamente la scienza, proponendosi di pia-
ce cere e di commuovere piuttostochè di sorprendere. Il disegno era dolce
« e delicato, piuttostochè sapiente e profondo. La prospettiva non presen-
« tava complicate soluzioni di problemi, limitandosi appena a quanto basta
« per la degradazion degli oggetti. L' anatomia serviva soltanto a rendere
« ragione della costruzione de' corpi e de' loro movimenti, non mai a far
« primeggiare agli occhi dell'osservatore l' istruzione dell'artista. In generale
« il ritegno era maggiore del coraggio, e la purità dello stile, la precisione
« dell'esecuzione, la finezza dell'espressione erano le prerogative più emi-
212 1 GAGINI E LA SCULTURA IN SICILIA
« nenti , che distinguessero allora le arti (0-» Ma nel Gagini in mirabile
accordo si unirono il genio e la scienza, il più eletto gusto e l'intero
possesso dell'arte. Benché bravi artefici della penisola lo avessero in Sicilia
preceduto e ne fiorissero ancora al suo tempo, niun di essi avea da natura
sortito quell'indole, ch'egli sorti, quanto amorosa e gentile, altrettanto no-
bile ed elevata , che , guidando il suo eccelso ingegno al bello ideale , alla
grazia, all'espressione con maggiore vivacità ed evidenza, qua' non eran mai
state dinanzi, fece, che a tanto naturale potere corrispondesse egregiamente
la forma, resa da lui sempre più bella e perfetta, mercè lo studio, 1' esercizio
e l'amore, o meglio mercè la singolare attitudine del suo genio. Imperoc-
ché, sebbene a tanto sviluppo molto abbia dovuto giovargli 1' educazione-
attinta da' precedenti maestri, senza le cui norme ed esempì ei non avrebbe
trovato agevole il sentiero a potere elevarsi al sommo , valsero in lui so-
prattutto le rarissime doti, di che arricchì natura il suo spirito, superiore ad
ogni studio e ad ogni arte. Un gusto naturale e soavissimo per la scelta
del bello; una facoltà intellettuale di concepire fra tante 'ideali bellezze la
più perfetta e la più confacente all' indole degli svariati soggetti ; un vivo
sentimento e quasi un estro inesausto a rivelar nella forma la vita del pen-
siero, l'attività degli affetti e fino i più ascosi e i più delicati sensi degli
animi ; una facilità di scalpello la più pieghevole a' concetti dell' immagi-
nativa e la più sorprendente per varietà e fecondità incomparabile: questi
eran mezzi, che sol potè natura largirgli, e che, alacremente coltivando-
li, in grado eminente egli tenne. Quindi è , che pure nelle giovanili sue
opere, dov'egli più partecipa del ritegno e dell' incertezza dell' età , che lo
precedette, siccome specialmente nelle due mentovate statue di Nostra Donna
in Bordonaro e nel tesoro del duomo di Palermo , non si può a meri di
ammirare ad un tempo un tal carattere di espressione, inspirato ad una no-
biltà si leggiadra di sentimento, di che prima di lui nell'isola non fu veduto
altro esempio. Né si conoscon oggi che pochi de' molti preziosi lavori,
ch'egli sul fior degli anni operosamente in Messina produsse , per potere
andar dietro alla progressione ammirabile del suo ingegno e del suo sin-
goiar magistero e dar ragione di quella gran Lima di valentissimo ed esimio,
che per tutta Sicilia e fuori i'ecc di là celebrato il suo nome. Ma rende
di ciò ragion bastante l'altra Nostra Donna bellissima in S. Maria di Gesù
(') Cicogn-ara, Storia della scultura ... in Italia. Prato, 1825, voi. V, lib. V, cap. II, pag. 108.
Xi;i SKCOL.I XV E XVI. GAP. IV.
21 3
in Catania, la quale ad ogni modo par sia da attribuire a quel tempo, ed
é veramente cosa divina per ineffabile maestà e grazia di espressione non
solo, ma ancor per esecuzione perfetta e per somma valentia di scalpello.
Ne dà pure argomento con simigliarne altezza di merito e di gusto, non
meno nella stupenda figura giacente, che negli elegantissimi ornati e nella
preziosità e bellezza del tutto, il più volte cennato sarcofago del Rosso in
Castroreale , alla cui alta perfezione fu pur mestieri avessero corrisposto le
tante altre sculture, che nel medesimo tempo si sa aver prodotto l'artefice
e che o l'avverso destino distrusse, o sciaguratamente sono ancor preda di
obblio. Cosi egli, straordinario ed immortale ingegno , unico nella soavità
dell'espressione cristiana come il Buonarroti nella terribilità ('), non come
costui , disdegnando ogni genere di servii dipendenza , trasportò 1' arte a
toccar le ardue sfere del terribile e del sublime, dove a lui sol fu dato pa-
droneggiarla con la potenza del tremendo suo spirito, ma, progredendo in
vece sulle orme de' maggiori e tutti avanzandoli per sovranità d' intelletto
e di sentire, recò per la lor via l'arte stessa a quel maggior grado di ec-
cellenza e di gloria, che a genio umano fu conceduto raggiungere, e tanta
virtù insiem trasmise ad una grande successione di artisti , suoi figli e
nepoti in gran parte, nati in Sicilia , pe' quali 1' arte in una grande scuola
affatto propria dell'isola si mantenne in moltissimo onore fin tardi, quando
già in tutto il resto dell'Italia volgeva essa in vece a ruina. Ma più che in
Messina, dove avea sviluppato 1' ingegno ed acquistato fama d' insigne ar-
tefice, di tanto inestimabil vantaggio fu apportatore all' arte il Gagini in
Palermo, sua patria, ove poscia per tutta la vita fermò soggiorno ed operò,
siccome vedremo, i maggiori portenti.
(') Galeotti, 'Prt-Iimiiuri cit.
"4.
CAPITOLO V.
ANTONELLO GAGINI I- LA TRIBUNA DEL DUOMO DI PALERMO.
l duomo di Palermo, sontuoso edificio già eretto nel sito
di altra più antica basilica per opera dell'inglese arcivescovo
Gualtiero OfTamilio (of Milì, del Mulino) intorno al 1185,
rendeva cosi nell'interno, come ancor oggi in parte all'esterno, quel carattere
di augusta magnificenza, che sì prevalse e prevale ne' rinomatissimi esempì
di sacra architettura dell'età normanna in Sicilia, e che ne' tempi posteriori
vi venne ognor più crescendo per nuovo decoro e ricchezza d' ogni ma-
niera di ornamenti, che la liberalità de' prelati e la pietà de' fedeli con am-
mirabile armonia vi profuse. Non sembra però, che nella maggiore abside o
tribuna di esso alcuna rilevante decorazione siasi mai fatta innanzi al sorgere
del sestodecimo secolo, giacché, avendosi per fermo avuto a principio l'idea
di tutta ornarla di musaici insieme forse ad ogni altra parte del tempio, a nulla
per manco di mezzi o per altro sì era di poi riuscito. Vien fatto sol cenno dai
palermitani scrittori, che ivi fu già un antico musaico di Nostra Donna della
Luce, che poi ne fu tolto nel 1510 (r): oltreché é noto per testimonianza
(') Mongitore, Talenno divoto di 3(nria Vergine. Palermo, 1719, tomo I, pag. 651. Amato, T)e prin-
cipe tempio panormitano. Panormi, 1728, Kb. VII, cap. IV, pag. 151. 29
2 1 6 I GAGIN1 E LA SCULTURA IN SICILIA
di Pietro Ranzano, che siili' altare maggiore in detta tribuna fé' già V ar-
civescovo Niccolò Puxades nel 1466 ergere una gran tavola di meraviglioso
artifìcio, la qual , rimossane poscia, durava infino al tempo del Mongitore
in sito avanti l'antica cappella di Nostra Donna di Libera inferni, figurando
in precipuo soggetto la Presentazione di Maria Vergine al tempio, con una
gran croce al di sopra e molte figure , dinanzi e dietro egregiamente di-
pinta (!). Ma non è affatto notizia di alcuna sorte di ornamenti nelle pareti
dattorno all'abside istessa, la quale era allora ben differente di forma di come
poi vandalicamente fu ammodernata, e che non avea riscontro a un di presso
se non in quelle degli altri famosi templi non molto prima sorti sul mede-
simo stile in Cefalù, in Messina ed in Monreale (2). Laonde dovea certo
pesar sull' animo de' Palermitani, siccome cosa non rispondente al decoro
della lor patria, metropoli della Sicilia, che il massimo tempio di essa ancor
nel più augusto sito del santuario difettasse di decorazione opportuna e con-
forme alla maestà veneranda della magnifica mole del suo edificio; e quindi
vivo favore ed universale approvazione ebbe da tutti a riscuotere l'altissima
idea, di che sin da' primi anni del cinquecento si fé' principal promotore
Giovanni Paterno arcivescovo, di dare effetto a quell'opera con ogni sfoggio
dell'arte e con la maggiore sontuosità ed eccellenza.
Fu il Paterno un de' prelati siciliani di più elevato ingegno e generoso
animo, che non meno in que' tempi promossero le arti e le lettere, che il
divin culto e lo splendor della Chiesa. Nato cadetto d' illustre famiglia in
Catania ed entrato ancor giovine nell'ordine benedettino, anziché avere im-
bozzacchito negli ozi del chiostro , vi crebbe acquistando alto corredo di
scienza, specialmente del dritto sacro e civile: onde, di leggieri riconosciu-
tone il merito, non passò guari, che a grandi cariche e dignità ecclesiastiche
(') Ranzano, Delle origini e vicende di Palermo, ce. Ivi, 1864, pag. 80 e seg. e 9;. Mongitorr , La
cattedrale di 'Palermo; ms. della Biblioteca Comunale Palermitana, a' segni Q.q E 3; cap. XXXIII, pag. 239
a 242.
( 2 ) Una pianta del duomo di Palermo , rilevata accuratamente nella seconda metà del passato secolo
priachè fosse stato quello ridotto all'odierna forma sul disegno di Ferdinando Fuga, conservasi tuttavia in gran
dimensione dagli egregi ingegneri palermitani cavalier Giambattista e Francesco Palazzotto , che si propon-
gono farla oggetto di loro particolare studio e pubblicarla. Cedendo però i medesimi con ammirabile cortesia
alle mie vive istanze, perchè almeno essa, fotograficamente ridotta, venga data in luce in piccole dimensioni
in questa mia opera, vi consentono con la seguente gentile lor lettera a me diretta in data del 22 del cor-
rente gennaio 1881: « Conoscendo quanto sìa utile per la sita opera sui Gag ini l'antica pianta da noi posseduta
dtìla nostra cattedrale palermitana, e specialmente per munito riguarda la disposizione della tribuna decorata dal
NEI SECOLI XV i; XVI. GAP. V. 217
gradatamente fa sollevato, per cui, vicario in prima e poi priore ed arcidia-
cono della chiesa della sua patria, non men che priore di S. Leone di As-
solo ed indi abbate di S. Maria di Nuovaluce, venne in progresso creato
vescovo di Malta nel 1478 , la quale sede avendo poi egli permutato nel
1490 col cardinal Pietro di Foix , cugino del re Ferdinando ed infante di
Xavarra. arcivescovo di Palermo, sorse cosi a capo della prima chiesa di Sici-
lia ('). Di essa chiesa più che altri mai promosse egli allora i vantaggi e la
dignità in ben venti anni di pastorale governo, eennate ancor venendo con
molta lode varie allegazioni da lui composte De priinatu Ecclesiae Panormitanctc
in sostegno delle sue preminenze : nel che non solamente giovar dovevano il
merito e 1' efficacia dell' alta dottrina, ma più la somma autorità del nome
dell'insigne prelato, siccome di colui, che per grandi pregi della mente e dell'a-
nimo era universalmente in estimazione ed onore, e che, pure accettissimo
alla lontana corte ed a' grandi del regno, fu ben tre volte destinato a tenere
in mancanza di viceré il governo civile dell'isola. Né si gravi incumbenze mai
per altro il distolsero dal farsi fervido promotor delle arti , e specialmente
della scultura : onde di molti ornamenti e della famosa statua del Bat-
tista decorò la chiesa di Baida, e di verzieri e fonti il suo episcopio, e so-
prattutto ad immensa dovizia de' più segnalati lavori di scalpello die luogo
nel duomo , dovendosi a lui singolarmente 1' onore di avervi intrapreso ed
iniziato la gran decorazione marmorea della maggior tribuna, che, poi for-
nita assai tempo dopo la sua morte, diede per molta parte di quel secolo in-
cessante opera ad innumerevole schiera di artefici, qual supremo argomento
all'attività prodigiosa del genio di Antonello Gagini e massimo centro della
fiorente sua scuola (2).
Dovendosi quindi affidare sì grande impresa ad un artefice di singo-
sommo Antonello e da' suoi figliuoli, consentiamo che sia pubblicato in detta sua opera un sì pregevole documento, die
gelosamente conserviamo e che pubblicherai! guanto prima con tutti i particolari di un apposito lavoro sulla cat-
tedra/e medesima, al quale da noi già si attende. Ci riserbiamo pertanto il dritto di proprietà della pubblicazione
della pianta anzidetta per 1' avvenire. E con la più alta osservanza ci pregiamo in fine segnarci: Suoi dev.mi :
G. B. Palazzotto. F. Palazzotto. » Rendo perciò loro pubblicamente vivissime grazie in dar fuori si pre-
ziosa pianta nella tavola X di quest'opera, mini, i, giovando essa a chiarire non solo la forma della tribuna
come fu decorata dal Gagini, ma a da; e ancora distinta idea delle altre parti di quell'insigne tempio e meglio
illustrarne i lavori, ch'egli e i suoi figli ed allievi per circa un secolo vi produssero.
(') PiRRl, Sicilia sacra; Melitensis ecclesiae not. VÌI. Panormi, 1733, toni. II, pag. 910.
(2) Pirri, Sicilia sacra; Xot. pi ima ecclesiae panonnil. Panormi, 1733, tom. I, pag. 183 e seg. Mongi-
tore, Tìibìiotlhca Sicilia. Panormi, 1708, tom. I, pag. 357 e seg.
2l8 I GAGINI E LA SCULTURA IX SICILIA
lar valore è d' indubitata eccellenza, il qual ne avesse formato il disegno
e poi tutto assunto l'incarico dell'immensa esecuzione, non furon tenuti da
tanto i carraresi Giuliano Mancino e Bartolomeo ed Antonino Berrettaro
fratelli, benché allora in Palermo, specialmente i due primi, si distinguessero
in merito sovr' altri inferiori artisti, che, per lo più venuti dalla penisola,
coltivavano la scultura; e poiché in vece in Messina su tutti segnalavasi il
nome del giovine Gagini palermitano, la cui somma bravura nell'arte do-
vette dal Paterno e dalle autorità del paese venire altamente provata e ri-
conosciuta, non altri che lui soltanto fu determinato prescegliere a mandare
ad effetto quell'opera, a cui, recatosi in patria, non tardò egli a obbligarsi per
solenne convenzione. Stipulavasi questa in Palermo addi 28 di luglio X ind.
1507 agli atti di notar Pietro Tagliante, in presenza del viceré stesso don
Raimondo Cardona , assistendo da testimoni Gerardo Bonanno , maestro
razionale del regno , e Geronimo Franco , giudice della gran corte ; e di-
chiarava in essa 1' arcivescovo Paterno voler far costruire a maestro An-
tonello Gagini , scultore esimio , un grande ed eccellente e sontuoso edificio mur-
morco, con varietà di rilievi, figure, storie ed ornati, nella maggior tribuna
del duomo palermitano, consentendo a ciò stesso il pretore della città Nic-
colò Antonio degli Afflitti, gli uffizioli e giurati Francesco la Xabica, priore,
Jacopo del Castrone, Bartolomeo Mastrantonio, Enrico Diana, Vincenzo de
Benedictis e Bernardino Termini, e il niaraininiere, o deputato della maramma
o fabbrica della chiesa, Giovanni Ventimiglia (:). Laonde, convenendosi fra il
detto prelato e lo scultore a stabilire i capitoli d'un memoriale dell' opera, giusta
un disegno già fattone e presentatone dal Gagini in pergamena, qual dovea
conservarsi nell'archivio della detta maramma, ne erano del tenore seguente
le principali condizioni (2). Doveva esser quella dal pavimento alla sommità
di altezza di dieci canne e quattro palmi (m. 21.63), e di ampiezza quanto
l'intero vano semicircolare della tribuna, a contar dalle due ultime colonne
sotto il grand'arco esteriore di essa. Stabilivasi per allora , che , decorando
tutto questo spazio di marmi con corrispondenti basi , pilastri, cornici ed
ogni maniera di opportuni ornamenti , eravi a dar luogo a due ordini di
statue, dodici per ciascuno, oltre di quelle della parte centrale in fondo, e tutte
(') Maramma, voce proveniente dall'arabo, in siciliano dialetto vai propriamente fabbrica , dond' anco
presero e prendono il nome di marammieri, lo stesso che fabbricieri, i deputati a soprantendere alla fabbrica
di una gran chiesa, o simile.
(2) Vedi fra' 'Documenti di quest'opera, mini. LVI.
NEI SECOLI XV E XVI. CAP. V. 219
alte otto palmi (m. 2.06), collocate in lor nicchie fra' lor pilastri rispettivi.
Ricorrer doveva!) nel primo i dodici apostoli in lor vari atti al vivo , con
altrettante storie della lor vita e martini al di sotto, e negli spazi sovrastanti
alle loro nicchie altrettanti angeli, ciascuno di quattro palmi (m. 1.03),
in più che mezzo rilievo e con simboli in mano: nel secondo i quattro
evangelisti, i quattro dottori ossien padri della Chiesa e quattro sante vergini,
cioè S. Cristina, S. Agata, S. Lucia e S. Cecilia, con che al di sopra di dette
dodici statue si desse luogo all'architrave con fregio e cornice, e nel fregio
medesimo ad una schiera di angeli di oltre a mezzano rilievo e di altezza
proporzionata a tre palmi (m. o. 77), conforme sempre al tenor del disegno.
Nello spazio centrale in iondo, fra' detti due ordini, sul luogo appunto, dove
sorgeva allora il seggio dell'arcivescovo dietro l'altare, era intanto a dar luogo
in basso a due storie di Nostra Donna in corrispondenza a quelle degli
apostoli, e poi ad una figura di lei sedente col figlio in grembo, da porsi
in una nicchia o tribuna tutta di marmi, con fogliami, rosoni, angeli e
tutt'altri opportuni lavori, e più su infino al sommo ad una grande storia,
in più che mezzo rilievo, dell'Assunzione della medesima, con gli apostoli
attorno, ed in alto Cristo in rilievo e in sembiante di accoglierne l' anima.
Nella suprema parte dell'abside e nel concavo di essa al di dentro, seguendo
le antiche tradizioni dell' arte, avevasi poscia idea di fare a musaico il Dio
Padre in mezzo alle gerarchie de' celesti spiriti : ma ciò non entrava a far
parte de' lavori di quella convenzione , e sen sarebbe trattato di poi. Re-
stava però convenuto con lo sculture, ch'egli dovesse decorar tutto di marmi
l'interiore arco, sovrastante a quelP ideato musaico, con serafini, fogliami e
rosoni , giusta il modello , e parimente dar luogo, in fronte al grand' arco
esterno della tribuna, a dodici figure di profeti, in più che mezzo rilievo pur
esse e di proporzionata altezza di oltre a sette palmi ciascuna (m. 1. 81), e
nella sommità ad un tondo o scudo con simboli, oltre ad ornati di fogliami
e simigliami lavori al di dentro dell'arco stesso. Cotanta opera imprendeva il
Gagini a far tutta a sue spese di marmi e di magistero, secondo le condi-
zioni de' prezzi e delle misure, che ne venivano altresì stabilite. Prendendo
norma dal compartimento del San Pietro, da farsi nel primo sottostante or-
dine degli apostoli, doveva esser alto cinque canne e cinque palmi (m. 11. 59)
dal suolo infino alla superiore cornice, largo sette palmi e due terzi con
ambi i suoi collaterali pilastri (m. 1. 98), avendo a comprender la nicchia
220 I GAGINI E LA SCULTURA IN SICILIA
con la statua del Santo è suoi rispettivi ornamenti, la figura dell'angelo al
di sopra e la corrispondente storia in picciole figure al di sotto; e ne venia
stabilito il prezzo ad onze centoquindici (1. it. 1,466.25), qual pure s' in-
tendea per ciascuno degli altri undici scompartimenti, compresine i pilastri
con ogni lor maniera di ornati. Parimente pel second' ordine sovrastante
degli evangelisti , dottori e vergini toglievasi norma dal compartimento da
farvisi per la statua di S. Cristina, il quale in tutto lo spazio fra le cornici
di su e di sotto di esso dovea risultare alto due canne ed un palmo
(m. 4. 38), largo sette palmi e due terzi co' due pilastri (m. 1. 98), dentrovi
la statua suddetta in sua nicchia e gli analoghi fregi ; e ciò pel prezzo di
once ottanta (1. 1,020), che rimanea bensì convenuto per ogni scomparti-
mento delle altre undici statue. Quello però di centro in unico ordine, con
tutti i lavori già mentovati delle due storie di Nostra Donna , della figura
sedente di essa e della gran composizione dell' Assunta in alto rilievo , il
tutto di sette canne e quattro palmi di altezza (m. 15. 45) e largo una canna
da pilastro a pilastro (m. 2.06) , sarebbesi pagato il prezzo di once due-
cenquarantotto (1. 3,162); e per trecencinquantuna (1. 4,475.25) si stabi-
liva il valore della decorazione del grand' arco esterno con le cennate fi-
gure de' profeti, ampia una canna (m. 2 .06), e di tutt'altri lavori di riqua-
drature e ornamenti nel sopraccielo o volta della tribuna , aggiuntevi altre
onze cinquanta (1. 637 .50) per l'arco interno, da decorarsi di serafini, di
sopra all'anzidetto musaico del Dio Padre. Ogni cosa intanto promettea lo
scultore eseguire in ottimi marmi e con massima perfezione, volendosi anzi,
che le figure in rilievo, o statue, ed i quadri o soggetti di Nostra Donna
avesse egli a scolpirli e fornirli di propria mano , come anche al possibile
qualunque altro lavoro. Pur tuttavia egli era tenuto di tutte le dette statue,
prima di cominciare ad eseguirle sul- marmo, farne i modelli e mostrarli ai
marammieri dinanzi a persone esperte e ad un messer Antonio di Rinaldo,
che rimanea pure scelto come terzo perito ne' casi di controversia insieme
a due gentiluomini , che si sarebbero a tale scopo chiamati , 1' un per la
chiesa e 1' altro per 1' artefice, a dare imparziale giudizio, previo lor giura-
mento solenne. Di tutte le somme di danaro da anticiparsi al Gagini per
compra di marmi obbligavasi anch'egli recare opportuna malleveria e sicurtà
alla maremma, dovendo curare che al più presto venissero quelli in Palermo
per dar principio a' lavori. Si conveniva in fine , che una somma di onze
NEI SECOLI XV E XVI. GAP. V. 221
cencinquanta (I. 1,912.50), o anche maggiore, dovesse a lui darsi per ogni
anno in tre rate, obbligandosi egli alla ter/a consegnare finito un intero
quadro 0 compartimento, 0 ancor due o tre, se più gli si anticipasse, per dar
proseguimento e sollecito fine all'impresa. Non passò guari in fatti, che in
data del 4 di agosto del medesimo anno, sol sette giorni dopo dalla detta
solenne convenzione , fu ad Antonello anticipata una somma di cent' once
(1. 1275) per prima commissione e compra di marmi per la tribuna, datane
per lui sicurtà alla niaraiiuiìa del duomo un suo cognato Giovanni di Blasco,
fratello della messinese sua moglie Caterina , e che a ciò probabilmente in
Palermo si era seco lui allor da Messina tradotto (:).
Nonpertanto è innegabile, che subito dopo tutto ciò nuovamente l'ar-
tefice si parti dalla patria, facendo ritorno in Messina, dove, siccome ve-
demmo, trovavasi egli di già il 27 del seguente settembre, allorché vi fece
col Blandirla, il contratto per la piccola statua della Madonna del Crispino.
Né ivi per poco tempo continuò a trattenersi, ma bensì per più di un altro
anno, laddove, a parte de' vari cennati strumenti, che nel corso di esso ne
provano evidente colà il soggiorno, insino al 16 di agosto del 1508 ne è cer-
tezza da quello, ond'egli vi si obbligò per la suddetta statua della Maddalena.
Quivi per fermo attiravanlo ancora gravi interessi, qua' provenivano dal pre-
cedente decennio all' incirca di sua dimora, dall'operosità somma spiegatavi
nell'arte, dall'alto nome acquistatovi , dalle sue commerciali relazioni e più
ancora da' vincoli di famiglia per la Caterina di Blasco anzidetta, che vi avea
tolto in isposa. Giunti però i marmi in Palermo , ed obbligato egli a por
mano alla grande intrapresa , da cui dovea conseguire alti vantaggi e la
maggior celebrità del suo nome, vi ebbe trasferito del tutto casa e famiglia
sulla fine del 1508, ovver nel sorgere del seguente anno, fermatovi perma-
nente soggiorno per attendere senza posa a' lavori. Soprattutto a principio
( ' ) 'Die iiij." menni augusti x ind. ijoy. Tro prefato magistro Antonello Gagini, qui Imbuii per bancum
Hereduni, virìule cambiorum, uncias centutn ad opus emptionis inannorum ad opus diete trilione et dus parietum,
erga dietimi maragma majoris panormitane ecclesie, de solvendo et restituendo dictas uncias centutn in casa con-
tiavenl ioni 's dicto inaragmati seu maragmerio ejusdem, ... nobilis Joanues de 'Blasco, cognatus dicti iv.agistri Ant.,
presens corani nobis, sponte fidejubsit et se fuìejussorem et pnncipalein pagalo rem et solutorem constiluit , renuii-
ciaudo juri de primo et principali conveniendo, alias sicut primus de fide / iisso ribus, super bonis omnibus habitis et
babendis, presentibus et futuris, prò causa presentis fidejussionis maragmati specialiter et expresse obligatis et \po-
thecatis, prout ipse Joanues fidejussor primum serie obligari et ypotbecari voluit , eie. Testes : Johannes de Mar-
chisio et Joanues de Monacho. — Da un volume incompleto di minute degli atti di notar Pietro Tagliarne,
an. X ind. 1507, nell'archivio de' notai defunti in Palermo.
222 I GAGINI lì LA SCULTURA IN SICILIA
gli fu mestieri occuparsi della generale scompartizione della tribuna , dei
preparativi di base e dell' adattamento di marmi piani nelle pareti per indi
procedere alle parti di maggior momento dell'opera. Ma insin d'allora, non
anco scorso un anno dacché vi si lavorava, essendo sembrato a molti della
città, e specialmente all'arcivescovo, al pretore, a' giurati ed a' marammieri,
che quel cominciamento non rispondesse in effetto alla ricchezza e son-
tuosità somma , che da tutti richiedevasi in quella , fu determinato recarvi
notevoli modificazioni ed aggiungimenti a quanto si era stabilito per essa
nel precedente contratto di luglio del 1507, e ciò mercè un secondo con-
tratto in notar Antonino Lo Verde in Palermo a 25 di gennaio XIII ind.
1509 (15 io) ('). In presenza quindi dell' arcivescovo Paterno e del ma-
gnifico Fabio di Bologna, allora tesoriero e marammicre del duomo e che pur
compariva per parte e nome del pretore e de' giurati della città , nuova-
mente si obbligava il Gagini a que' mutamenti ed aggiunte , che stimavasi
utile recare a quella prima convenzione, rimanendo però essa per tutt' altra
parte in pieno vigore e fermezza. Sembra , che, giusta il tenore della me-
desima ed il primo disegno approvato , un notevole spazio con incrosta-
mento di semplici lastre di marmo , o , come allora fu detto, tavolaggio di
marmi piani, corresse intermedio fra il basamento ed i lavori del prim' or-
dine della tribuna , cioè quel degli apostoli con le analoghe decorazioni.
Stimatosi quindi, poiché una certa parte del tavolaggio e del basamento fu
posta, che ciò rendesse effetto assai povero riguardo all'opera da seguire, si
volle in vece dar luogo a un cosi essenzial mutamento, per cui sopra una
base più grande venisse tosto sostituito al tavolaggio piano Y incrostamento
de' marmi ornati dell' anzidetto prim' ordine , giusta un nuovo disegno
con corrispondenti dimensioni, che avea già lo scultore fornito. Veniva per
tal modo cotal prim' ordine con le statue degli apostoli a farsi molto più
basso , che non si era prima ideato , talché nel primitivo spazio di quelle
andrebber locate in vece le statue del secondo, ossia degli evangelisti, dot-
tori e vergini , rimanendo al di sopra spazio novello ad una terza fila di
statue di martiri ed altri santi con una finestra centrale in fondo. I parti-
colari delle misure e de' prezzi , modificati e accresciuti in ragione di tali
mutamenti e notevoli aggiunte da farsi, potrà chi n'abbia vaghezza trovarli
nell'atto sovraccennato, dove ne é minuzioso ragguaglio, essendo ancor ivi
( ' ) Vedi fra' 'Documenti di quest'opera, num. LVII.
NEI SECOLI XV E XVI. CAP. V. 22 5
fra varie altre condizioni da notar questa , che , quando all'artefice si fosse
anticipata una maggior somma di quanta glien si doveva di terzo in terzo,
sarebbe stato egli tenuto adibire un maggior numero di lavoranti o maestri
per fornire in un anno due o tre scompartimenti , con che però le figure
tutte , cosi di statue che d' istorie, dovesse con ogni perfezione e bellezza
di propria sua mano eseguirle. Né poi que' soli aggiungimenti e mutazioni
si fecero, che in quella seconda convenzione si eran disposti : ma, volutosi
altresì estendere la gran decorazione al fronte esterno de' due lati in sull'in-
gresso della tribuna, fu dato così luogo per ciascun lato ad altre sei statue con
tutti i loro relativi ornamenti , facendo, che quattordici , e non più dodici,
ne ricorressero nel prim'ordine e nella serie inferiore del secondo, oltre ad
essenziali mutamenti praticati anco in fondo o nel centro. Cosi incessante-
mente fin da principio veniva provveduto alla maggiore magnificenza di si
ammirabile opera, che senza fallo non ebbe pari in Italia, ed il cui sommo
concetto fu parto di quell'altissimo genio, cui, benché indi non gli bastasse
la vita ad interamente fornirla, rimastone a' suoi figli il fortunato retaggio
del compimento, sen dee pur tutto intero riferirgliene il singoiar vanto di
averla ideata ed a grande eccellenza condotta.
Giova qui intanto rilevare qual fosse il totale congegno della tribuna,
com'ella ancor durava al tempo del Mongitore, priachè la stoltezza e la ce-
cità di nuovi Vandali non l'avessero manomessa e distrutta. Dal suolo del
tempio in sino all' estremo cornicione sovrastante era essa tutta di bianchi
marmi, ripartita in due grandi ordini del più elegante corinzio , 1' un dal-
l' altro divisi da cornice con vaghissime fregiature. Ricorrevan nel primo
all' intorno ben ventidue pilastri, con molta ricchezza anch'essi e varietà e
leggiadria di ornamenti, dando luogo da ambi i lati a quattordici nicchie,
entro le quali a destra, cominciando dal centro , eran le statue degli apo-
stoli Pietro, Giovanni, Jacopo il minore, Tomaso e Filippo, ed al di fuori in
prospetto quelle di Bartolomeo e di Paolo, mentre vi rispondevano in egual
modo a sinistra quelle di Andrea, Jacopo il maggiore, Matteo, Simone e Giuda
Taddeo, ed all'esterno due altre di Mattia e del Battista. Il second' ordine poi,
distribuito siccome il primo con altrettanti pilastri, aveva un'altra serie di quat-
tordici nicchie, in cui, contando pure dal centro, eran dal destro lato le statue
de' santi Luca, Cosma, Domenico, Cristina e Ninfa, e fuori quelle di Am-
brogio e Cristoforo, laddove corrispondevano dal sinistro le altre de' santi
30
2 24 l GAGI^I li LA SCULTURA IN SICILIA
Marco, Damiano, Francesco d'Assisi, Lucia ed Oliva, e parimente, di fronte-
air esterno, di Agostino e Sebastiano. Afferma intanto il Mongitore, che un
terz'ordine ben distinto dava luogo al di sopra ad altri venti pilastri con una
terza serie di dodici statue degli altri Santi (r): ma da un disegno ad inta-
glio della prospettiva interna del duomo di Palermo, pubblicato nel 1760,
dov'è per incidente come uno schizzo del generale congegno architettonico
della tribuna (unico e solo ricordo, che ora in figura ne rimane), vien dato
in vece rilevare con evidenza , che la terza serie delle statue , anziché aver
formato distintamente un terz'ordine, non si comprendeva che nel secondo,
dove perciò 1' una sull' altra ricorrevano due file di statue scompartite fra
gli stessi pilastri , che quindi si prolungavano ad aver compimento coi
lor capitelli fino alla gran cornice sovrastante (2). Non é facile però dar
conto della mancanza di due statue nella terza serie anzidetta , né dei
venti pilastri, che vi accenna il Mongitore e che probabilmente formavano una
special decorazione di essa , di cui or non può affatto più darsi un' idea
distinta. Sol si conosce in fine, che vi erano a destra le statue di S. Gio-
vanni evangelista, S. Lorenzo, S. Antonio abbate e S. Caterina, ed in pro-
spetto quelle di S. Maria Maddalena e S. Gregorio, corrispondendovi a si-
nistra le altre di S. Matteo, S. Stefano, S. Benedetto e S. Agnese, e fuori
quelle di S. Agata e S. Girolamo. Così le statue degli evangelisti, de' dot-
tori e delle vergini, che si era pria stabilito dovessero esclusivamente for-
mare la seconda serie , andarono poi divise e locate fra la seconda e la
terza , dispostevi con esse quelle degli altri Santi , con che però i detti
evangelisti ben opportunamente occuparono i quattro capi delle dette due
serie in maggior vicinanza del centro, dove, siccome vedremo, fu posta la
statua del Cristo risorto dal sepolcro.
Imperocché altresì in eseguire la decorazione della parte centrale della
tribuna alcun notevole mutamento poi vi fu fatto di come si era in prima or-
dinato ; e non più postavi la figura sedente di Nostra Donna col figlio in
grembo , qual si era già stabilito farvi entro una nicchia assai riccamente
(') Mongitore, La cattedrale di Talerino; ms. cit., cap. XXVII, pag.. 164 e seg. E lo stesso asserisce
I' Amato, De principe tempio panormilano. Pan., 1728, Kb. VII, cap. IV, pag. 151 e seg.
( 2 ) Il detto schizzo, di cui può vedersi un facsimile nella tavola X di quest'opera, num. 2, fa parte del
cernuto disegno ad intaglio nel volume intitolato 'Descrizione dello solenne acclamazione, e del giuramento dì
fedeltà prestato al re di Sicilia Ferdinando 'Borbone, compositi dai dottor DOMENICO SCHIAVO, palermitano. In
Palermo, MDCCLX, in 40.
NE] SECOLI XV E XVI. GAP. V.
225
adorna, nel modo seguente andò in vece composta quell'opera. Nel basso,
in corrispondenza alle preziose storie in giro , sottostanti alle statue del
prim' ordine, era come per base una nicchia più larga che alta, dentrovi a
destra in piccole figure in rilievo Maria Vergine giacente morta, con Cristo
in atto di accoglierne in cielo l'anima corteggiata dagli angeli, ed a sinistra in
un portico gli apostoli e discepoli di Gesù, recando in processione sul feretro
il corpo della sua madre. Seguiva al naturale al di sopra il sepolcro di lei,
ornato in fronte di una croce di porfido, con due figure di vergini genu-
flesse da' lati pregando con libro in mano, e dietro pur ginocchioni la Madre
di Dio, levate in alto le braccia e come esalando l'immacolato spirito ('). Si
ergeva indi al vero su quella tomba la bella figura della Diva, recata in cielo
da sette leggiadri angeli; e cosi era decorato tutto il prim'ordine in fondo,
a cui mettevan capo da' lati le statue degli apostoli , ricorrendo fra' loro
pilastri e compartimenti. Era poi nel secondo un più ingegnoso congegno,
laddove, pur sovrastando alla cornice e agli ornati frapposti in basso l'avello
scoperchiato del Cristo con dattorno tre belle figure di soLdati o guerrieri in
armi bianche, immersi in profondo sonno, levavasi al di sopra la statua del
Risorto, locata in mezzo ad una gran finestra centrale con ammirabile effetto
di luce, che parea da esso diffondersi. Alquanti angeli con gli strumenti della
Passione in mano decoravano i lati della finestra medesima, nella cui parte
superiore, formata a guisa di cielo, era fra raggi d'oro la simbolica colomba del
Paracleto. Compiva finalmente all'intorno quella sontuosa architettura un'ampia
cornice di proporzioni e modanature della maggiore eleganza e bellezza, con-
finando con la gran volta, la quale, non più stimatosi decorarla a musaico,
come si era innanzi pensato , venne più tardi ornata di magnifici stucchi
per opera di Vincenzo Gagini, ultimo de' figliuoli dell'altissimo caposcuola,
e specialmente nel mezzo con una colossale figura del Dio Padre fra molti
angeli, ergendo la destra in atto di benedire ed impugnando con la sinistra
uno scettro. Cosi la maggior tribuna del duomo palermitano fu monumento
stupendo non meno del singoiar genio di Antonello, il quale si felicemente
(') Secondo la pia credenza di alcuni scrittori ecclesiastici e specialmente di Clictoveo (De <Assumpt.,
cap. VI), di cui riporta le parole l'Amato (op. cit., pag. 152): Crediderim eam non decubuisse in ledo, more
agrotaniium ci qui morbo pressi claudunt batic vitam, cum venia pictorum et sculptorum , cum ncque infirmila/c
vexata credi polius dibeat , neque debilitate prostrata, sed, flexis reverenter genibus et sublatis in coelum manibns,
inter orandum , acceptissimum lDeo spiritimi exhalasse , quemadmodum Pavìum primum ereniitam obiisse tradii
Hieronymus.
226 I GAGINI E LA SCULTURA IN SICILIA
la concepì e con la più grande perfezione la recò innanzi in gran parte, che
del notabil valore della sua scuola , rappresentata soprattutto da' figli , che
riuscirono a totalmente compirla, e meglio dell' attività prodigiosa dell' arte
in Sicilia per tutto il corso di quel fioritissimo secolo. Perloché indi a di-
sdegno vien concitato l'animo, pensando, che un altro secolo ben diverso,
e quasi agli antipodi di quello per gusto e sentire dell'arte, non ebbe ritegno
ad interamente distruggere con la tribuna stessa la più straordinaria creazion
dell'ingegno del sommo artefice, fattosene anche un prelato promotore della
ruina , qual contrapposto all' altro , che ad ergerla avea dato il maggiore
impulso.
Chiamato espressamente in Sicilia dal napolitano Serafino Filangeri ,
arcivescovo di Palermo, il fiorentino architetto cavalier Ferdinando Fuga, che
in Napoli era in servizio della real corte, ed avutone incarico di proporre
checché stimasse opportuno fare nel duomo palermitano, che si dicea biso-
gnevole di risarcimento in molte parti delle sue fabbriche, non aveva esi-
tato costui nel maggio del 1767 a dar fuori un disegno di total rinnovazione,
per cui, distruggendo quanto più si potesse di preziosità dell'antico in quel
famoso tempio, si desse luogo ad ammodernarlo di pianta, a svecchiarlo del
gotico ed a tutto rifarlo sul nuovo toscano stile. Alla vandalica proposta vi-
vamente si opposero i Palermitani e lungo tempo resistettero , esponendo
con continui richiami e querele al governo, che non si volea già la distru-
zione del loro antico duomo sotto il pretesto di un totale rinnovamento ,
ma sol che ne venisse risarcito e migliorato l'edificio in quanto fosse bi-
sogno. Su di ciò insistettero ancora con efficaci loro consulte il capitolo e
clero con a capo il nuovo arcivescovo Sanseverino , successore del Filan-
geri, dacché dalla sede di Palermo era stato costui trasferito a quella di Na-
poli. Ma per disavventura prevalsero colà in fine 1' autorità ed i maneggi
del napolitano prelato, spinto com'egli era a tutt'uomo dal Fuga, suo fa-
vorito, che in 'K.apoli di presenta e con la foraci della sita voce ficea la sua causa
nel far valere il suo gran modello ('); e così a re Ferdinando fu carpita
nel 1781 la decisiva deliberazione di dare effetto ad un de' più pazzi e dan-
nosi devastamenti, che segnano di maggiore onta e vergogna l'umana stol-
( ' ) Sono parole di Francesco Maria Emanuele e Gaetani, marchese di Villabianca, nel suo 'Diario pa-
lermitano pubblicato nella 'Biblioteca storica e letteraria di Sicilia ... per cura di Gioacchino Di Marzo (Pa-
lermo, 1880, parte I, voi. XVIII, pag. 124), dove con molti particolari è narrato un si deplorabile fatto.
NEI SECOLI XV E XVI. GAP. V. 22J
tezza. Fu allora , che , datosi corso per quasi vent' anni all' opera di spie-
tata distruzione, andarono manomesse del tutto nell'interno le auguste e
sveltissime forme archiacute del gran tempio normanno, e, non rimastone
più vestigio dell'antica architettura, scomparve affatto la grand' abside per
dar luogo al cappellone odierno, andando con quella totalmente distrutta e
scomposta la mirabile opera del Gagini. Di quell'immensa composizione di
pregiatissimi marmi, che contenea non meno di quarantacinque statue, oltre
le mezze ligure , le storie ed ogni bellezza di ornati , nulla più fu lasciato
a serbarne a' posteri alcuna distinta idea della passata magnificenza, scon-
voltone, divisone e sperperatone il tutto. Si videro allora poste, come ancor
sono, le statue del prim' ordine della distrutta tribuna, con al di sopra le
mezze figure degli angeli e con le sottostanti preziosissime storie, a note-
vole altezza fra le nude e bianche pareti dentro e fuori del cappellone an-
zidetto, sparnicciate le altre su pe' merli della facciata meridionale del tem-
pio, nel portico ed accanto alle porte laterali, e tutto il restante (sol tranne
alquanti fregi locati ad ornamento di una delle cappelle) sacrilegamente di-
strutto, involato o disperso. Ma da quel tanto, che di si pregiate sculture
scampò alla sfrenata barbarie de' rinnovatori, risalta tuttavia in modo insi-
gne, e non men forse che dal miglior numero di altre opere, l'altissimo va-
lore di Antonello e della sua scuola.
A lui ritornando , è chiaro potere osservare , che dopo la seconda
convenzione da lui fatta in gennaio del 15 io, con che si notevoli riforme
ed aggiunte furon recate al primitivo disegno del 1507, egli dovè imman-
tinente essersi messo all'opera con numerose schiere di maestri e di lavo-
ranti, qua' potè avere in aiuto. E che fin d'allora avesse cominciato a dare
effetto alla parte ornamentale del prim' ordine appare innegabile dall' anno
medesimo 15 io, che si vede segnato in un vaghissimo fregio esistente oggidì
con altri nella cappella di S. Rosalia, e che ricorrea prima daccanto alla statua
di S. Bartolomeo nella tribuna (:). Parimente d'allora dovette il Gagini
essersi accinto a scolpire le prime statue degli apostoli, comunque non possa
con precisione affermarsi quai primamente ne avesse fornito e collocato. Ma
quand'erano già nel miglior modo avviati i lavori dell'insigne opera, di
cui pur molto cominciava a vedersi del mirabile effetto di sontuosità e
magnificenza , che fra non guari avrebbe essa raggiunto , moriva il gene-
( ' ) Vedine il disegno nella tavola IX, num. 2.
228 I GAGINI E LA SCULTURA IN SICILIA
roso arcivescovo Paterno , che V avea più che altri promossa , addi 24 di
gennaio del 1 51 1. Nondimeno, stando a cuore a tutti di proseguire inces-
santemente un' impresa di sommo decoro non meno al culto di Dio che
di segnalatissimo onore ed ornamento alla patria, fu a così grave perdita
supplito con altri mezzi, che ovunque si cercarono e si riusci ad ottenere.
Perloché indi, non valendo le sole entrate della chiesa a far fronte alle in-
genti spese, che all'uopo si richiedevano, trovò spediente il senato palermi-
tano implorar dalla Santa Sede un' indulgenza per quanti avrehber concorso
con elemosine o pie largizioni alla fabbrica della tribuna ; e per opera del
cardinal Francesco Remolino, successore del Paterno nell'arcivescovado di
Palermo, ma che nonpertanto faceva in Roma soggiorno, non indugiò papa
Leone X a concederla per coloro, che avrebbero visitato il duomo dal 24
al 26 di marzo del 15 14, soccorrendo elemosine pel proseguimento de' lavori.
Laonde a' 9 di gennaio di quel medesimo anno, di già ottenuto il breve, indi-
rizzò il senato al Remolino una lettera, rendendogli grazie delle premure da lui
prodigate in vantaggio della sua chiesa (x): oltreché pure a' 7 del mese istesso
avea già scritto al viceré Ugo Moncada in Messina, perché ordinasse V esecutoria
del breve anzidetto per l' indulgenza e desse altresi facoltà di spendere per la
tribuna una somma di circa once sessanta (1. 765), rimaste da' fondi del monte
di pietà di Palermo (2). Il giubileo di fatti ebbe luogo ne' giorni prefissi, e ge-
nerosamente i fedeli concorsero in prò di quell'opera, talché, apertasi quindi
a 27 di marzo la cassa delle elemosine , trovossi in soli tre giorni versata
la somma di once quattrocento (1. 5,100), per que' tempi considerevole, la
quale il pontefice destinò alla tribuna (3). Ciò essendo di aggiunta a quanto
continuamente spendevasi da' fondi della maremma ossia dell' opera della
fabbrica della chiesa, é ben da credere, che i lavori abbiano allora dovuto
aver preso molto incremento e che alquante statue degli apostoli abbia
fatto in quel tempo il Gagini , laddove poi del resto , siccome vedremo,
non ci volle a men di uno spazio di quindici anni perché le avesse inte-
ramente fornito. Imperocché, come é noto, si aggiungevano alle quattordici
( ' ) Vedi fra' 'Documenti di quest'opera, num. LVIII.
(2j Vedi fra' 'Documenti di quest'opera, muli. LIX.
(3) Si legge in fatti la noti seguente in fronte al volume degli Atti, Bandi e Provvisti dell'anno 1515-
14, ind. II, nell'archivio comunale palermitano, a fog. 1: Die 27 di marxp ij ini. 1^14 fu aperta la caxa di
lu jubìllO intra lo Inauro di la mairi eclesia, presenti li officiali; et trovamela nn;i qualrocelìto, li quali si ob-
liuui da papa Leone decimo per la /rabica di la corta di la dieta ee/isia.
NEI SliCOLI XV li XVI. GAP. V. 22y
Statue del prim' ordine le altrettante storie in rilievo di complicate compo-
si/ioni e della maggior finitezza ed eleganza, le mezze figure degli angeli,
condotte anch'esse a grande perfezion di lavoro, e tutta l'immensa copia
e varietà di architettonici ornati, che decorar dovettero i vari scompartimenti.
\Tè si può a meno inoltre di computare i tempi, in cui doveva indugiarsi
per deficienza di mezzi , o per difetto de' marmi , o perchè il sovrano ar-
tefice, distolto dall'infinito numero di altre opere, diche da ogni dove a-
vea continue richieste, era colà pure astretto a dover rimettere dall'ordinaria
sua attività insino al segno di provocarsi contro ingiunzioni e minacce.
È induhitato pertanto, che le statue e tutt' altre sculture del prim' or-
dine della tribuna del duomo palermitano appartengono all' età del più vi-
goroso scolpire del Gagini, da' trenta a' cinquant'anni. Non può determi-
narsi, ripeto, con qual precisa successione siano esse state eseguite, né vai
ridarsi ad indovinarlo su vaghe impressioni, senza che del tempo della più
parte di quelle sia fin ora certezza da documenti. Imperocché si può at-
tribuire sovente a naturai progresso dell' artefice quanto non è eh' effetto
di svariate condizioni, che valsero per avventura a dargli un fare più largo
e risoluto in un' opera anteriore ad altra, che pur sembri accennare ad al-
quanto minore sviluppo, e quindi sen trarrebbe facil cagione di abbaglio
a voler giudicarne dell'ordine di tempo, con che furon esse scolpite. Quel,
che però indubbiamente da tali statue risulta, si è, che né per elevazione o
profondità di concetto e di sentimento, né per magistero stupendo di ese-
cuzione, come ivi è dato generalmente ammirarne, non erasi giammai da
altri toccato in Sicilia cotanta altezza e perfezione dell'arte a quanta il Ga-
gini allora pervenne, traendo il maggior prò dall'augusta e mirabile indole
de' soggetti stessi, che gli fu dato in sorte ad esprimere. Imperocché gli
apostoli, eletti dal Cristo a diffondere il suo evangelo per tutta la terra, a
governare il suo gregge in qualità di pastori delle anime ed a suggellar col
martirio l'eroismo della lor fede, offrivano all'arte de' tipi di gran lunga e-
levati sopra il comune degli uomini ed ispirati dall'ideale cristiano. Ed An-
tonello, rappresentandoli sul marmo, valse egregiamente a rivelare quel ca-
rattere di santità profonda, di maestà e di vivissima fede , che a tutti essi
è comune, pur variando in ciascuno di sentimenti e di espressione, giusta
le individuali lor differenti condizioni dell'indole e della vita. Laonde dal-
l' evangelica soavità del diletto Giovanni e dal piissimo raccoglimento di
23O I GAGINT li LA SCULTURA IN SICILIA
Giacomo alla maestà sublime di Paolo, il convertito apostolo delle genti, si
percorrono i più eminenti gradi di bellezza, che il solo genio dell'arte cristiana
potè ispirar tali all'incomparabile artefice. Da un disegno del San Giacomo
Maggiore, che qui dò in luce per saggio, si scorge come il Gagini sia riuscito
ad esprimere un cosi eccelso modello di santità e di dolcezza, di pietà e di
penitenza, di zelo e di mansuetudine, che il Cristianesimo appresta nel ver-
gine figliuolo di Zebedeo, un de' più cari al divin Nazareno, dopo la di cui
morte andò pellegrinando di terra in terra per diffondere ovunque la fede,
che confermò in fine col sangue ('). Laonde poi da questa e non meno dalle
migliori statue degli altri apostoli deesi ascrivere a singoiar merito dello
scultore, ch'egli, non mai uscito dalla nativa sua isola, a quanto pare a-
desso evidente da' documenti della sua vita , né perciò veduto o studiato
checché di grande in eguali soggetti si fosse innanzi prodotto al di fuori,
né pur venendo preceduto da artisti , che in simil guisa giammai li trat-
tarono, creò tutti di suo quegli stupendi tipi di sacra bellezza , mercé la
singolarità del suo intelletto e la squisita vena del suo sentire , comin-
ciando a dar luogo a' prodigi di quella straordinaria originalità e fecondità
di concepimenti, che furono in lui sovrana dote del genio. Che se indi si
attenda al merito dell'esecuzione, vedesi come Antonello generalmente vi at-
tinga il sommo dell' intelligenza, signoreggiando la forma come organo del
pensiero, perchè in tutto evidente e perfetta vi corrisponda. Anziché sfog-
giar di scienza, che in lui fu veramente grande e profonda nell'arte, egli la
immedesima quasi nell'alto suo magistero con la maggior naturalezza e spon-
taneità di scalpello, e da ciò, senza esagerazione di sorta, s'ingenera tanta
bellezza, che non men si tramanda nelle sue statue dalla verità ed eleganza
delle parti , siccome del nudo , delle pose e delle attitudini delle singole
membra, che da quell'armonia di tutte le linee, che si accompagnano e con-
vergono al più bello effetto del tutto. Al che ancor precipuamente concorre
quella sua grande valentia nel trattare i panneggiamenti , per cui, spirando
egli l'anima e la vita nelle sembianze e negli atti delle figure , fa che le
vestimenta in conformità vi corrispondano al carattere, all'indole ed al mo-
vimento della persona, e con sommo gusto e giudizio sceglie i più vaghi
partiti di pieghe, rendendo conto dove incominciano, dove si distendono,
dove vanno a finire, giusta la diversità de' panni e la differente natura dei
(') Vedi il detto disegno nella tavola XI di quest'opera.
NEI SECOLI XV E XVI. CAP. V. 23 1
soggetti, onde spesso riesce a tanta eleganza e perfezione da non trovarsi
in ciò chi lo arrivi. Perloché in vero 1! italiana scultura non ha migliori e
più ani mirabili esempì di eleganza e bellezza di piegheggiamenti, che nelle
statue del S. Filippo, del S. Tommaso e del S. Giovanni evangelista del Ga-
gini, come non vi ha forse altro scultore per grande e celebrato che fosse in
quell'aureo secolo, che la maggiore soavità dell' ispirazione cristiana in tanta
varietà di condizioni e di soggetti abbia cosi altamente saputo esprimer nel
marmo. Che se alcun che di tozzo e di pesante pure si avverte nelle statue del
S. Pietro, del S. Andrea, del S. Bartolomeo ed in qualch' altra della tribuna,
molta probabilità induce a credere , che siano state fra le prime eseguite,,
risentendo la giovanile maniera dello scultore , quand' egli ancora potè più
essersi avvalso dell'opera del Mancino e di Bartolomeo Berrettaro, inferiori a
lui di gran lunga, ma che certo ivi pur lavorarono. Però ad un tempo alcuna
delle più belle fra le statue degli apostoli è chiaro sia stata fra le prime scol-
pita e collocata , com' è appunto quella già detta bellissima del San Tom-
maso, la quale per documento risulta di già compiuta con la sua sottostante
storia di piccole figure in rilievo nel maggio del 151 3, allorché, come ap-
presso vedremo , ne fu chiesta al Gagini una replica per altrove. E certo
cotanta eccellenza e multiplicità grande di opere , cui egli infaticabilmente
attendeva nella tribuna del duomo palermitano, furon precipua cagione del-
l'altissima rinomanza e del primato, ch'ei venne acquistando nell'arte per
tutta l'isola e che niuno si attentò di contendergli.
Ma non meno che nelle statue conviene ornai singolarmente ammirarlo
nel genere di scultura il più diffìcile ad ottenere felici risultamenti, e che
fu pure quivi da lui trattato d'in sul principio con tal profondità di sapere
e finezza di gusto da parer egli in ciò veramente inimitabile ; dico nelle
composizioni di storie in rilievo. Sotto ciascuna delle quattordici statue, che
ricorrevano nel prim' ordine della detta tribuna, egli scolpiva in altrettanti
bei quadri, come anco di sopra è cenno, un de' più notevoli atti della vita
di ciascun Santo ; ond' è che rappresentan essi Pietro costituito da Cristo
nella suprema potestà della Chiesa, il martirio di Giovanni dinanzi la porta
Latina, il martirio di Giacomo il minore, Tommaso in atto di toccar le fe-
rite del Cristo , Filippo nel miracolo del soggiogato dragone , lo scortica-
mento di Bartolomeo , la conversione di Paolo , la vocazione di Andrea ,
un miracolo di Giacomo il maggiore, Matteo, che lascia il telonio, Simone
31
2j2 I GAGINI E LA SCULTURA IN SICILIA
decapitato insieme a Taddeo, Giuda Taddeo medesimo in atto di conver-
tire Abagaro re di Edessa e fargli adorare il Cristo , Mattia ascritto fra gli
apostoli e finalmente la decollazion del Battista nell'istante che il suo capo re-
ciso vien presentato ad Erode. Tali preziose sculture nella gran decorazione
della tribuna, come fu dal Gagini congegnata, ricorrevano nel più basso di
quella sul basamento, talché fu mestieri custodirle con graticole di fil di ferro
dall'imprudente pietà de' fedeli, e per esser vedute da vicino vi pose l'artefice
tanta diligenza e delicatezza di lavoro , che or non più si riesce ad ammirar
facilmente all'altezza, in cui nel moderno cappellone furon riposte (').
Or dovutosi colà esprimere in principal modo e con tutta la pompa e
il decoro dell'arte cotanta varietà di soggetti di si notevoli personaggi del
Cristianesimo, assunse quel grande ingegno un nuovo e tutto suo metodo
di scultura, per cui le composizioni, riunendo in perfetto accordo ogni ma-
niera di rilievo dal tutto tondo al più basso, riuscirono a conseguire il più
felice effetto del vero. Il Ghiberti, é pur noto, era stato il primo nella penisola
ad aprir tal sentiero al grande sviluppo dell'arte, che non era mai stato di-
nanzi da altri tentato , e nelle famose porte del San Giovanni in Firenze
riuscì ad una felice gradazione , usando i diversi modi di rilievo in tanta
multiplicità di figure, che son maravigliose a vedere, alcune in gruppi più
lontani e ben poco sporgenti, altre in mezzo rilievo intermedie, ed altre più
avanti e quasi di tutto tondo con bello e stupendo artificio. Ma del Gagini
non affatto risulta da documenti della vita, che siasi giammai recato nella
penisola, e niun riscontro del rimanente si avverte fra le sue opere e quelle
dell'altissimo fiorentino maestro. Ben di costui e degli altri insigni Toscani
ebbe in vece potuto vedere i grandi lavori Domenico, padre di Antonello,
siccome quegli, che, Lombardo di origine, non è improbabile abbia prati-
cato con quelli , de' quali ne' suoi bassirilievi di Polizzi arieggia anche al-
( r ) Ne lasciò scritto il rinomato architetto Paolo Amato da Ciminna nel proemio alla sua Nuova pril-
lila di prospettiva (Palermo, 1714-33, pag. 6): « E sicuramente che si palesò istruttissimo di tali opere (di
« scultura) il sempre famoso palermitano scultore Antonio Gaggino ne' suoi bassi rilievi, scolpiti in marmo e
« collocati alti da terra non più che sette palmi in circa nell'absida o tribuna della Metropolitana di Palermo.
« Stanno come in quadri sotto li nicchi delle statue delli santi apostoli, e si vede in ogn'uno figurato il loro
« diverso martirio, con espressione vivacissima di atteggiamenti e con proporzione assai esatta di prospettiva.
« Ricevono dall' occhio di ogni riguardante in piedi e dal punto visuale si partono tutte le linee e r.igione-
<' voli degradamenti , e delle numerose figurine e delle parti de' paesi e dell' architettura , che riescono cos'i
« ben intesi, che non saprebbe l'occhio decidere, se gode maggiormente del suo dotto inganno in un quadro
<' dipinto da colori, 0 in questi quadri formati dallo scalpello. »
MI SECOLI XV E XVI. CAP. V. 233
quanto lo stile. Presa adunque dal padre o da altri contezza di quel genere
di scultura sin da' suoi più giovani anni, il recò quindi Antonello a si
nuovo e mirabil grado di sviluppo e di eccellenza, a cui né Domenico né
altri giammai pervennero, ed ove in singoiar modo rivelasi la grande ori-
ginalità del suo ingegno. Avvertendo adunque il difetto di una estesa di-
stanza reale, egli nelle dette sue storie per lo più rappresenta una limitata
prospettiva, sia nell'interno d'un tempio, o d'un vestibolo, o d'un telonio,
e, quando il soggetto stesso richieda una più ampia prospettiva in piazza,
marina o campagna, riduce tutta sul dinanzi l'azione e decora di quella
il fondo. Cosi quel suo insigne artificio consiste nel dar risalto al maggior
numero di figure , disponendole nella parte anteriore del quadro in piani
vicini, talché l'inclinazione prospettiva del breve sfondo dia veramente un
effetto di distanza, che non riesce interamente supposta. Più indietro alcune
figure secondarie in mezzo rilievo prendon talvolta luogo in un piano più
interno, riunendo effetto dalla maniera dello scolpito, dalla stessa loro collo-
cazione e dalla projezione delle ombre, mentre tutt'altre figure, che debbono
apparire più internamente, vengon poi delineate nel fondo in bassissimo rilievo
sull'estremo del piano prospettivo. Tutto il quale artificio riesce a rendere
un sorprendente effetto di vero, laddove, essendo le figure per la più parte
sul dinanzi in piani poco distanti gli uni dagli altri, tutte in rilievo e senza
che spesso quelle del secondo sembrino affatto aderenti a quelle del primo,
ne ottiene la composizione la maggiore evidenza e risalto. Le prospettive
poi, che formano il campo dell'azione, comincian talora d'in sul davanti e
ricorrono per tutto lo sfondo, soccorrendo con gli scorci e le ombre allo
effetto della distanza, cosicché le prime arcate d' un tempio o d' un vesti-
bolo poggiano in primo piano con un' ampiezza quasi proporzionatamente
reale, e le successive ristringonsi conforme all'elevazione e all'effetto delle
prospettive medesime. In somma il Gagini in quelle sue storie trae anche
partito da una piccola realtà dello sfondo a grandi risultamenti, e, per lo
più dando luogo ne' piani anteriori alla più notevole parte del soggetto, vi
fa prevalere il tutto tondo al mezzo e stiacciato rilievo, di cui fa uso al di
dietro negli accessori, e quindi riesce unico e singolare in tal genere, quale
non so da altri giammai trattato egualmente. E aggiungi , che tutte quelle
composizioni preziose e così confacenti a' soggetti, che rappresentano, do-
tate di tanta verità e naturalezza e non men di bellezza somma e di estre-
234
I GAGINI E LA SCULTURA IN SICILIA
ma eleganza di espressione, son tutte originai parto della mente del grande
artefice , senza che simiglianza o riscontro se n' abbia in tipi o tradizioni
figurative anteriori, né in opere di precedenti o contemporanei maestri. Dal
che, egualmente che dal gran numero delle statue ed altre sculture , quai
son da lui tutte esclusivamente ideate e composte , è chiaro com' egli sol
per potere del proprio genio, primo su tutti in Sicilia in quel fortunato se-
colo, sali nell'arte a cotanta eccellenza.
A dar meglio un' idea dell'originalità e valentia somma del nostro scul-
tore nel nuovo e stupendo artificio di quelle quattordici storie produco in-
tanto nella tavola XII di quest'opera il disegno di una delle più belle e pre-
gevoli fra esse, cioè di quella, che or vien la terza dal lato destro dell' al-
tare sotto la statua di San Filippo. Narrano le antiche leggende della vita
di questo apostolo, ch'essendo egli andato nella Scizia a predicare il Van-
gelo, que' Gentili il condusser dinanzi alla statua d' un loro nume, probabil-
mente Marte , costringendolo a sacrificargli : ma che subito dalla base del-
l' idolo venne fuori un tremendo dragone , il quale uccise il figliuolo del
pontefice e due tribuni e sparse lo spavento nella moltitudine, appestandola
col suo alito. Allora promise l'apostolo di fugare il dragone e richiamare in
vita i morti, purché l'idolo cadesse infranto; e, avendo consentito a ciò tutti,
operò tosto il prodigio (r). Or questo solenne momento prescelse il Gagini
a soggetto della composizione di quell'ammirabile istoria. Vi si vede l'interno
d'un gran tempio, tripartito da quattro ampie file di arcate poggianti a pieno
centro su dorici pilastri, con magnifico e classico sfoggio di architettura. In
fondo al più largo spazio del centro é la cella, di cui a capo sull'altare sorge la
statua del guerriero nume con da' lati due fiaccole ardenti. Dappiè vi ha il
terribil drago, che spalanca la gola contro l'apostolo, mentr'egli sul dinanzi,
forte nella sua fede, erge pacato ad un segno di croce la destra, stupenda-
mente composto nella semplicità delle sue vesti e stando in una posa di
pieno equilibrio su d'ambe le piante, come chi nulla operi di straordinario,
eppur disponga di sovrumano potere (2). In primo piano intanto giace boc-
cone da un lato un cadavere, e dall' altro un bel giovine, prosteso pur egli
al suolo e pocanzi estinto, sente che insolita virtù di già lo richiama in
(') Henscìien'IUS et Papf.brochius, Ada Sandonim Ma/i, etc. Venetiis, 1737, toni. I, Ada S. Philip pi
pag. 12.
(2) Peccato però che ora in questa bellissima e principale figura manca totalmente la destra mano an-
zidetta, di cui è facile altronde indovinare l'atteggiamento.
NEI SECOLI XV E XVI. CAP. V. 235
vita, e, poggiando le mani sul terreno, rivolgasi al Santo per riconoscere in
lui l'autore di tanto prodigio: sono i due tribuni. Di dietro però all'apo-
stolo un altr' uomo si avanza, recando ravvolto in un lenzuolo 1' esanime
corpo dell'ucciso figliuol del pontefice ed anelando che per virtù di quello
sia desto dal mortai sonno; e poi dall'una banda e dall'altra é d'ogni maniera
gente in isvariate attitudini, specialmente a destra un gruppo di un bellis-
simo vecchio e di un giovine , che guardano attoniti , ed all' opposto lato
soldati, che, compresi come son dal terrore, non sanno ancor decidersi a
rimanere o fuggire, laddove ornai fugge scomposta la moltitudine in fondo.
Ma del resto le nude parole non valgono a più oltre rappresentar la bel-
lezza, il sentimento, la vita e l'esquisita esecuzione, che pose il Gagini in
questo mirabil soggetto, di cui quindi miglior contezza darà certo l'annesso
disegno. Aggiungo qui soltanto, che, sebben questa scultura appartenga al-
l'età matura di lui, siccome quella, che insieme alle storie del San Paolo e
del San Matteo si vedrà indi fornita nel 1527, non pure per l'eccellenza del
magistero generalmente ne differiscon le altre , delle quali talune sono per
fermo anteriori; e quindi non è a dubitare, che sin da principio Antonello
abbia recato quel genere d'arte a si fatta elevazion di sviluppo.
Che varietà, che leggiadria , che vaghezza non é poi negli ornati, dei
quali già sopra toccammo (!) e che fregiavano con infinita eleganza e ric-
chezza quell'ammirabile architettura! De' quattordici, che or ne rimangono
nella cappella di S. Rosalia (oltre un frammento d'un altro, che conservasi
in ripostiglio), giova qui apprestarne disegni di tre differenti esempi a mostrar
come il Gagini con somma fecondità d'invenzione e squisitezza di gusto, va-
riando incessantemente ne' modi e nelle forme, vi sia pur sempre maestro di
altissimo pregio. Il primo (tav. IX, num. 1), con un gruppo bellissimo di due
allegoriche figure virili ignude, l'una con una fiaccola e l'altra galeata e con
una scure, entrambe sovrastanti a segni del zodiaco e ad una sfera, sembra che
con qualche ornato compagno, che adesso manca, abbia potuto comprendere
alcuna di quelle allegorie, che soprattutto ne' suoi famosi grotteschi introdusse
il genio del Sanzio, e che sotto un'apparente stranezza nel riunire e comporre
le più discordanti forme ascondono, se così può dirsi, un'idea morale, che
discoperta dà ragione del tutto. L'altro (tav. IX, num. 2), segnato dell'anno
15 io e che fu al certo un de' primi locati nella tribuna, recando un ricco fe-
( ' ) Vedi nel precedente capitolo, pag. 207 e seg.
2}6 I GAGINI E LA SCULTURA IN SICILIA
stono verticale, in cui si annodano bei frutti in ciocche, avvicendati ad armi
bianche e fra le altre a uno scudo con aquila bicipite, qual si è lo stemma
della chiesa palermitana, par voglia alludere alla prosperità ed al potere della
medesima nel suo trionfo contro il maligno spirito, figurato dappiè in una
testa recisa e pendente d'un Oloferne o d' un Golia, con cui si termina il
fregio e che non so con qual senno potè venire stimata ritratto dello scul-
tore. Non trascuro però di notare, che la parte superiore di quest' ornato,
dove ricorre l'anno, manca di attacco con tutto il resto di sotto, dove anco si
vedono infrante le punte di due nastri, mostrando l'accozzamento di due
pezzi diversi. Nel terzo in fine (tav. IX, num. 3), con vaghi avvolgimenti
di foglie, con putti, vasi, maschere, sirene e strani e grotteschi animali,
vien dato libero campo a' capricci del gusto , il quale però , guidatovi dal
miglior sentimento dell'arte, vi attinge in vero il sommo della bellezza. Né
minor pregio vi ha in altri del resto degli ornati , che ivi ricorrono , co-
munque non si possa concepire più adesso qual sorprendente effetto dovean
produrre, posti nella tribuna a decoro di sì gran copia di pilastri terminati
da conforme eleganza di capitelli (tav. IX bis). Che se poi taluni di essi
ornati fra tanta copia e ricchezza non raggiungono l' eccellenza di altri ed
anzi di molto vi sottostanno per evidente inferiorità di scalpello, è appunto
in ciò a discernere, come altresì fu notato di alcune delle statue, la secon-
daria opera de' discepoli e degli aiuti, di che per fermo il sovrano artefice
in quell'ingente lavoro dovè in gran numero ed in ogni tempo avvalersi.
Imperocché nella maravigliosa operosità da lui spiegata in Palermo da
quando assunse la straordinaria intrapresa della tribuna del duomo , e che
sempre più venne ad accrescersi per infinito numero di lavori quanto più si e-
stendeva la singolare sua fama, è certo, che di molteplici aiuti gli fu mestieri
circondarsi, non sol di provetti maestri, che ivi da prima del suo ritorno trova-
vansi ad esercitar l'arte e che con lui si acconciarono ad aiutarlo nella più no-
bile ed elevata esecuzione, ma ancor di notevol numero di giovani, ch'egli da
ovunque raccolse e nella sua scuola venne all' arte educando, giovandosene
di scarpellini e di minori lavoranti di vario grado di merito, de' quali ebbe
tanto bisogno. Quando di lui si scriveva checché frullasse ne' cervelli sen-
z'alcun'ombra di ragione o criterio (come nel corso di più di tre secoli a
contare dal tempo della sua morte da pochi e sciamannati scrittori fu fatto)
non si ebbe scrupolo al mondo di asseverare, che le quattordici statue ed i
NEI SECOLI XV E XVI. CAP. V. 2}J
bassirilievi è le altre decorazioni del prim' ordine di essa tribuna li comin-
ciò egli bentosto unitamente a' suoi figli Vincenzo, Giacomo e Fa^io nel 1507 (J).
Né passava per mente quanto da storica certezza è ora evidentissimo, che
non erano allora ancor nati quei tre figliuoli al Gagini, i quali, siccome ve-
drem fra poco, egli poi ebbe dalla seconda sua moglie, e che sol da quat-
tr'anni la prima lo avea reso padre del suo primogenito Giovan Domenico,
e che il secondogenito Antonino , quand' anche pria del ritorno in patria
gli fosse stato dalla medesima partorito e non dopo, non poteva che starsi a
vagire in fasce. Perlochè solo è da render merito all' acuto ingegno di Mel-
chior Galeotti, che, non capacitatosi punto de' tanti sogni e stoltezze, che
con la maggiore disinvoltura si eran venuti sciorinando sul conto del grande
artefice, stimò rettamente in vece, che ove la storia non soccorresse a de-
terminare di quai lavoranti ei si fosse giovato, sarebbe a concluder sempre col
dritto ragionamento, che aiutatori possenti ei dovette avere, essendo fuori
d'ogni credibilità , che facesse tanto un sol uomo , o eh' egli solo fosse
scultore in Sicilia in quell'età gloriosa di monumenti, e lasciando, che va-
gissero ancora entro la culla , o meglio che avesser nascimento , i fi-
gliuoli (2).
Ma la storia oggidì chiarisce ad evidenza un tal fatto mercè i docu-
menti contemporanei, che si è riuscito rinvenire, talché se non si può dar
conto di tutti i diversi artisti , che prestarono ad Antonello la loro opera
durante la sua lunga e gloriosa carriera nell'arte, se n'ha pur tanto da rile-
vare abbastanza com'egli abbia potuto far fronte a si straordinario numero
di lavori , che gli eran da ovunque richiesti e eh' egli in gran parte inces-
santemente produsse. Pertanto , lasciando star anche quanto é sol da rite-
nere probabile, ma che fin qui non ha prova di storica certezza, ch'egli,
tornato in Palermo da Messina ad imprendervi quell' immenso lavoro della
tribuna, abbia dovuto seco portarvi almeno alcuno de' più valenti aiuti, che
colà fin allora aveva avuto in suo servigio , è indi innegabil cosa , che in
patria siesi veramente giovato dell'opera di tutti, che in differenti gradi dal
più alto al più basso esercizio dell' arte vi maneggiavano lo scalpello , ag-
giuntivi anco gli allievi, che si venne formando egli stesso. Ivi di già tro-
vavans.i stabiliti i carraresi scultori Giuliano Mancino e Bartolomeo Berret-
ta') Gallo, Elogio storico di /Intorno Gagini. Palermo, 1821, pag. 11.
(2 ) Galeotti, Preliminari alla storia di Antonio Gagini. Palermo, 1860, pag. 11.
238 I GAGINI E LA SCULTURA IN SICILIA
taro, che, come già fu veduto, si tennero legati molt' anni in società nel-
l'operoso magistero dell'arte loro, venendo in molte opere adibiti da un
capo all' altro dell' isola , dove non poco furon tenuti in conto. Comun-
que costoro in sul principio non abbian dovuto forse avere a grado , che
il giovine Gagini fosse stato su loro prescelto alla grand' opera della tri-
buna e che fosse venuto in Palermo a togliergli la preminenza neh" arte,
che già da più anni vi avevano acquistata, è certo però, che vi fu tempo,
in che a lui unitamente si prestarono ne' lavori della tribuna anzidetta:
ond' è, che indi in un conto generale delle spese di già erogate per essa ,
fatto fra il Gagini ed il marammiere Bernardino Perdicaro a 29 di agosto
del 1524, è fra le altre nota di una somma di once dieci (1. 127. 50), di
che pretendeva il Perdicaro tosse in debito lo scultore per altrettanta som-
ma dinanzi pagata dalla maramma a Giuliano Mancino . già morto , ed al
vivente Bartolomeo Berrettaro a cagion di lavori , che gli avean forniti
per quella ('). È facile anzi (comunque ancor non risulti da documenti
dal tempo), che col Gagini avesse ancor ivi lavorato Antonio o Antonino
Berrettaro, fratel di Bartolomeo, essendo di poi certezza, che in artistiche
relazioni gli fu legato talvolta, siccome quello, che secolui si obbligò per
la custodia del Sacramento nella maggior chiesa di Marsala nel 1530: ol-
treché in minori servigi potè altresi a lui essersi prestato Antonino , gio-
vine figlio dello stesso Bartolomeo e nipote dell'altro di quel nome. Da al-
quanti spogli intanto da me fatti nel 1859 da' libri de' conti nell'archivio
poi totalmente distrutto della maramma del duomo palermitano (i quai libri
non cominciavano che dal 1527, mancandovi affatto quelli di epoca ante-
riore) rilevo, che sotto il Gagini in quel tempo colà trovavansi addetti ad
opere di scalpello vari minori artisti, che vi eran pagati con giornaliera mer-
cede, per lo più di tari due e grani dieci al giorno (1. 1. 06), e segnata-
mente Pietro di Battista , Vincenzo Carrara e Fedele Carona, o meglio da
Carona, de' quali non dubito, che già da più anni attivamente vi fossero
adoprati in tale esercizio insieme anche a un Giovanni marmoraio, di cui fin
( ' ) Leggesi quindi nel cennato documento, che pure vien pubblicato intero a suo luogo fra' Documenti
di quest'opera: Item etiam dicttu magnificus (il marammiere Bernardino Perdicaro,) pretendit dictum magittrum
Antonella»! teneri ad uncias decem vd circa per totidem factas bonas per dictum marasma quondam magistro ]u-
liano Manchino et magistro Bartolomeo 'Berrittaro prò totidem babilis per ipsum magistrurn Antontìlum a dictis
Jidiano et Bartholomeo nomine ditti maragmatis, ac etiam rescrvatis dicto maragnwJi prò tribus aliis parlitis b an-
corum, etc.
NEI SECOLI XV E XVI. CAP. V. 239
ora non é altro ricordo (r). Del detto Pietro di Battista non è intanto ben
chiaro, se debba intendersi il figlio del lombardo scultore Gabriele , ovver
l'omonimo e bastardo nipote di quello, allievo già del Mancino e che testò
in Palermo nel 1533, dovendo recarsi in Loreto (2). Stante però la par-
tenza per colà di quest'ultimo dopo il 29 di settembre del detto anno, qual
si è la data del suo testamento, credo più focile che i conti de' lavori nella
tribuna del duomo nell'anno appresso debbano invece riferirsi a Pietro suo
zio, essendo altronde certo , che molto costui ancor visse e che non chiuse
i suoi giorni se non nel 1550 (>). Vincenzo Carrara o da Carrara fu poi
certamente de' molti Carraresi venuti a far fortuna in Sicilia nell'arte infin
dal sorgere di quel secolo, costando, che a 16 di novembre del 1518 si ob-
bligò a Giacomo Agliata, regio milite, barone di Castellammare del Golfo e
luogotenente del regno , per non so qual componimento ossia ornato in
marmo da fargli pel prezzo di onze cinque e tari quindici (1. 70. 12) per
un giardino di pertinenza del medesimo in contrada Ciambralingo , fuori
le mura di Porta Nuova in Palermo (4); e, venendo poi al termine di sua
(') Ed ecco alcune partite di que' conti, come furon da me rilevate da' detti libri. Dal libro III degli
anni 1528 a 1 5 3 1 , a fog. 115: Mastro V incenso Carrara, marmoraro , deve dare a dì v di giugno tari xxviij,
et sono in conto de io servigio, chi esso fa ad annittari li capitelli di la ditta desia; et per noi D. Cosimo Xi-
rotta e conpagnia posto on^e .., tari xxviij. — Dal libro IV degli anni 1532-33, a fog. 100: ^Castro Fidili Ca-
fona, marmoraro, in conto di lavorar! ed annittari li capitelli de le colonne dì la matre desia (in varie partite)
on~e 2.10. — Dal libro V degli anni' 1533-34, sotto quest'ultimo anno, a fog. 78: A mastro Antonello Gaggini
tari vj, et per ipso a mastro Fidili Carona, a conplimento di tari 12.10 per conto di quista simana a tari 2.10
lo jorno a l'opera di la cona; et per noi T). Perotto Tarongi e coup, posto on%e ... tari vj. — A lo ditto tari vj,
et per ipso a mastro Petra di Battista, a conplimento di tari 12, per tante giornate avi sconpntato suo fatto al-
l' opera di la tribona.- — Molte di tali partite, che sommavano ad onze 590.26.2, seguivano a fog. 85 per pa-
gamenti fatti in conto di Antonello Gagini a' detti Fedele Carona e Pietro di Battista. E vi era inoltre que-
st'altra: A xvij di marxp on%e tre, tari xiiij, per isso (Antonello) a mastro Joanni marmoraro, et sono a conpli-
mento di conto fra di loro: per noi D. P erotta e conpagnia posto on%e iij, tari xiiij.
(2) Vedi sopra nel capitolo III, pag. 136 e seg.
( 5 ) Rilevasi ciò da un principio dell'inventario de' suoi beni, fatto pochi di dopo avvenuta la morte di lui,.
nel registro di num. 1809 di notar Alfonso Cavarretta , an. 1550-52, ind. IX-X, fog. 210, nell'archivio dei
notai defunti in Palermo , dove si legge : Die xxviij.' novembris viti]'.' ind. 1 570. Cimi bis novissimis iiebus ,
sicut "Domino placuit , mortuus et defuntus extiterit hon. magìster Petrus de Abbattista major ab intestato, nullo
per eum condito testamento, relittis et succedentibus sibi hon. Paulo, Bartholomeo et Vincentio de Abbattista, eius
filiis legitimis et naturalibus, ... feccrunt et facilini presentali inventarium hereditarium, etc. E segue soltanto il
principio del detto inventario, che indi rimane in tronco.
(4) "Die xvj novembris vij ini. 1518. Magister Vicencius Carrara, sculpitor , e. p., presens corani nobis ,
sponte se obligavit et obligat spect. domino Jacobo ^Agiata, regio militi, baroni Castri ad mare de Gulfo et locum-
lenenti huius regni Sicilie, presenti et stipulanti, laborare in petra marmorea ponenda per ipsum magistrum Vi-
32
240 I GAGIN1 E LA SCULTURA IN SICILIA
vita, fé' testamento addi 21 di agosto del 1529, per cui, lasciati eredi i
figliuoli Franceschello , Baldassare e Bertuccia sotto tutela della moglie
Agatuccia Giamboi, lor madre, dichiarò fra' suoi vari interessi un credito di
oncia una e tari dodici (1. 17. 85) a saldo di maggior somma dovutagli
già dal Gagini per servigi allo stesso prestati (!). Ma di tutti fu al certo
con Antonello in più stretti rapporti Fedele da Carona, poscia suo genero,
nel quale egli dovette confidar tanto da averlo anche lasciato in morte
suo fedecommessario ed esecutore del suo testamento, siccome sarà luogo
a vedere appresso." Costui, che dal nome paterno trovasi pure alcuna volta
nomato Fedele di Simone da Carona, par che generalmente non venisse
appellato da Carona se non dalla patria , com' era costume in quel tempo,
essendo a credere , che fosse oriundo appunto del paese di tal nome nel
cantone Ticino , a sole tre miglia da Lugano , cioè delle stesse contrade ,
donde già con Domenico si eran da mezzo secolo trapiantati i Gagini in Sici-
lia (2). Si ha intanto, che, dovendo una volta Antonello assentarsi da Pa-
lermo ed andarne per sue faccende in Val di Noto , per pubblico atto in
cencium quoddam componimentum seti omamentum ad opus viridarii ipsius domini locuntenentis , siti in contratti
di Chambralingu, erga menta porte nove huitis felicis urbis Panarmi: quod quidem opus dictus magister Vicencius
dare et consigliare promisit eidem magnifico domino baroni stipulanti per totum mensem decembris anni presentis
proxime venientis, positum in domo ipsius magistri Vicencii : ita quod dictum opus teneatur facere et ìaborare ...
dictus magister Vicencius juxta modellimi seti designimi per eum tradditum et consigliatimi eidem domino baroni
stipulanti et confitenti penes se habere : prò preccio unciarum quinque et tarenorimi xv, etc. — Testes : m. Petrus
Pullastra et Gerardus Cappilleri. — Dal volume di registri di notar Vincenzo Sinatra, an. 151 5-19, ind. IV- VII,
num. 1603, nell'archivio de' notai defunti in Palermo.
( ' ) Vedi fra' "Documenti di quest'opera, num. LX.
(2) Di vari lombardi scultori da Carona, che tennero dimora e lavorarono in Carrara nel secolo XVI,
reca notizie il Campori nel suo pregevol volume di Memorie biografiche degli scultori, architetti, pittori ec, na-
tivi di Carrara e di altri luoghi della provincia di Massa, con cenni relativi agli artisti italiani ed esteri, che
in essa dimorarono ed operarono (Modena, 1873, pag. 269 a 273). Specialmente ivi è contezza di Pietro Aprili,
detto Pietro da Carona, che fu parecchie volte in Carrara e vi si trattenne e quindi più volte è rammemo-
rato negli atti di quei notari dal 1504 al 1558, ma di cui ordinaria residenza fu Genova sin dalla prima
gioventù, onde in un rogito stipulato il novembre dell'anno 1507 vi è notato qual testimonio nel modo se-
guente: M.° Tetro M.' Joannis de Carona valle Lugani, lapicida sive sculptore, habit. Genuae. Nel 15 14 egli era
in Carrara in compagnia di un suo fratello e di un altro maestro suo compaesano, assistendo tutti in qualità
di testimoni ad un rogito Lombardelli del 3 1 ottobre, nel quale si vedono nominati M." Andrea de Carona M:
Caroli, M.° Petro AL' Joannis Aprilis de Carona et M.' Jo. Ant.° de Carona fratre dicti M} Petri. Il grave im-
pegno poscia ivi assunto dal detto Pietro di terminare insieme a Marco de' Rossi da Fiesole i monumenti
lasciati imperfetti da Bartolomeo Ordogncz dove trattenerlo ben lungamente in Carrara , ove anco apparisce
nel 1522 siccome agente di Michelangelo Buonarroti, e, partitone in seguito per andare a collocar quelli in
Ispagna, vi fece indi nuovamente ritorno, e vi era in fine ancor vivo nel 1558. Un suo figlio scultore, Bat-
NEI SECOLI XV E XVI. CAP. V. 24I
data del 22 di ottobre del 1522 lasciò suo procuratore Fedele, come per-
sona di sua bottega e dell'arte (de cjns apoteca et arte marmorea ipsius consti-
tuentis) , perchè assunto avesse la cura di tutti i suoi affari , delle opere e
dell'amministrazione dell'arte stessa, sia ricevendo in sua vece ogni maniera
di somme , che gli fosser dovute , ovvero obbligandosi a nuovi lavori da
farsi in Palermo od altrove, o comparendo in qualunque causa o litigio per
conto e interesse di lui , datogli all' uopo ampio potere e piena libertà di
azione (r). Crebbe anzi talmente col tempo l'affetto del sommo scultore
per questo suo discepolo fino ad avergli dato più tardi in isposa Giovannella,
sua figlia naturale, onde per atto del 14 di gennaio IX ind. 1535 (1536)
Fedele e la sua sposa dichiararon ricevere dal loro suocero e padre alquanti
oggetti della dote, già loro assegnata, in valore di once settanta (1. 892. 50),
tista Aprili da Carona, si obbligò inoltre in Carrara pel lavoro di un Crocifisso in legno alla marchesa Ma-
laspina il 14 marzo del 1524; e di Giovanni Antonio, fratello di Pietro, è noto finalmente, che lavorò in Car-
rara intorno al monumento del vescovo d'Avila, lasciato poco più che incominciato dall'Ordognez, e ch'ebbe
compagni all' opera Pietro stesso e un altro suo compaesano , Pietro Angelo delle Scale : oltreché stima il
Campori, che il detto Giovanni Antonio sia lo stesso che quell'Antonio Maria da Carona, che pose il nome
suo al monumento di don Pedro Enrique, esistente nella Certosa di Siviglia, di questa maniera: Antonius Maria
de Aprili de Charona hoc opus faciebat in Janna (Passavant, T>ie Christliche Kunst in Spanien, pag. 38). Non
si sa intanto se all'anzidetta famiglia di scultori d'Aprile da Carona sia stato pure legato con vincoli di sangue
Fedele, prediletto discepolo di Antonello Gagini in Sicilia, ma di cui fin adesso è affatto ignoto il cognome.
Rilevasi però inoltre in Palermo più tardi da un atto di notar Andrea Sinaldi de' 19 di settembre del 1597,
che un marmoraio Giambattista Aprili obbligavasi alla detta città per racconciar tutte le cantine della mede-
sima; ed indi a tre anni, per atto in notar Andrea De Biasio addi 11 di aprile dell'anno 1600, un altro mar-
moraio Raffaele Li Rapi accoglieva pure in Palermo per socii il detto Battista ed un Pietro d'Aprile, suo
nipote, marmorai entrambi, per la vendita o consegna di centoventi trogoli o grandi recipienti per conservar
le provviste dell' olio al senato palermitano. Dichiarasi intanto nel cennato atto , che per la collocazione di
tali trogoli, che venivan di fuori e si vendevan ciascuno al senato il prezzo dionee sei (1. 76.50), costando ai
soci once tre e tari dodici (1. 43. 35), il detto Raffaele avea portato da Genova due maestri, che ivi gli si eran
per pubblico atto obbligati; e quindi ciò veniva accettato da' due Aprile. Non è dunque fuor di ragione il
supporre, che costoro insieme al Li Rapi sieno stati oriundi Genovesi e discendenti degli Aprili suddetti da
Carona, che avevan fermato in Genova il loro ordinario soggiorno, essendo poi facile che da que' loro nepoti,
stabilitisi poscia in Sicilia , abbia potuto trarre sua origine Carlo d'Aprile, insigne scultore palermitano del
decimosettimq secolo.
(') Eodem (22 di ottobre X ind. 1522). Honorabilis ni.' Antonius Gaginij, scultor mannoreus, e. pa., pre-
sens corani nobis , omnibus melioribus modo, via, jure et forma, quibus meìius potuit et debuit , et justa formavi
juris, sponte fecit , consti tuit, creavit et sellanniter ordinavi t suum veruni et indubitatum procuratorem , nuncium
specialem et ad infrascripta generatevi, Fideìem de Carona, de eius apoteca et arte marmorea ipsius constituentis,
presentem et acceptantem, in omnibus et siugulis eius negociis, operibus et administracionibus sue artis predicte, et
specialiter recipientem et habentem ac recepisse confitentem, vice, nomine et prò parte ipsius constituentis, ... toturn
et quidquid eidem costituenti debetur et debebitur eique apportabitur, apocam ve! apocas de recepto /adendo; item
ad obligandum se et faciendum opera, figuras et alia, que forte occurrebunt (sic) faci end 'a , tatn in hac urbe Pa-
242 I GAGINI E LA SCULTURA IN SICILIA
cioè trenta in danaro , da loro avute, e quaranta in masserizie ('). Ma di
notevoli opere del detto artista , perchè si possa ben rilevarne il merito ,
non è alcuna contezza. S'ignora qual fosse un Crocifìsso, in cui lavorò egli
poco pria della 'morte di Antonello e per cui qualche somma aveva già ri-
cevuto da un magnifico Antonio Mezzavilla, come dal testamento dello stesso
Gagini apparisce. Di altri suoi lavori del resto non vien ricordato che un fonte
o pila d'acqua santa, che per pubblico atto de' 21 di novembre del 1533
si obbligò egli scolpire, ben ornato e ben fatto, col piede in forma di balau-
stro, ad un Bartolomeo Gianconti, qual marammiero o fabbriciere della chiesa
del Carmine in Palermo, promettendo bensì racconciare in essa un altro simil
fonte più antico (2). In seguito, agli 11 di luglio del 1536, convenne con
nonni, quatti alibi, accordando et quietando ac se obligando nomine et prò parte dicli constituentis; item ad com-
parendum prò eo prò quacunque causa, lite et questione ipsius constituentis et respondeiiduin, etc: dans et concedens
dictus constituens eidem procuratori suo plenam liceticiam et liberam potestatem et administracionem in omnibus et
singulis supradictis, ... dum ipse constituens non venerit et redierii ad urbetn isto primo viagio, in quo recedit prò
actendendo ad Valletti Noti prò certis eius negoctiis occurrentibus, et non ultra. Sub ypotheca, etc. — Testes : Sal-
vator Bulgarella et Vicencius Rochia. — Dal volume di registri di notar Niccolò Bruno, an. 1519-22, ind. VIII-X,
num. 560, nell'archivio de' notai defunti in Palermo, e segnatamente nell'anno 1522, ind. X, fog. 108 retro
a fog. 109.
( ' ) Il cennato atto è a fog. 473 retro a 474 nel volume di num. 1788 de' registri di notar Francesco
Cavarretta nell'archivio de' notai defunti in Palermo; e vi è citato un precedente atto di assegnazione di dote
in notar Giacomo Lucido, ma senza data.
(2) Die xxj.° novembri! vij.' ind. 1533. Magister Fidelis de Corona, ìuarmorarius et e. p., corani nóbis
sponte promisi!, se convenit et sollemniter obligavit no. 'Bartolomeo Jauconti, tanquam maragmario ecclesie Sancte
diarie Montis Cannelli Panormi, presenti et stipulanti, tatti prò eo quo supra nomine, quam prò dicto conventi!,
facere fontein unum aque beneditte seu sancte, mannoreum, cum eius pede a badagusta, ... ornatimi et bene fattum
et guarnutum in bianco, jam inceptum, bene et magistralità; ad servicium revidendum, ponendum prope unum ex
columpnis existentibus intus dìttam ecclesia»/, intraudo per portam magnani ditte ecclesie. Et teneatur ipse. magister
Fidelis, ut dicitut; inplumbari hi pedi di ditta fonti cum plutnbo ditte ecclesie, ncc non et teneatur conciare alium
fontem aque beneditte vetcrem, existentem prope portam sept entri onis ipsius ecclesie, bene et prout videbitur ipsi ma-
gistro obligalo. Et hoc prò mercede et magisterio ducatorum sex aureorum et unius balate marmoree existentis in
terra prope dictum fontem: quam balatam dittus magister obligatus confitetur Imbuisse et recepisse a ditta ecclesia;
et de dittis ducatis sex prò arra etc. dittus magister obligatus Imbuii et recepit presencialiter a ditto no. 'Barto-
lomeo presente et sibi solvente ducutimi unum in argento; et reliquos ducatos quiuque dittus no. maragmarius, qui-
bus supra nominibus, solvere promisit ipsi magistro , expedito et posilo ditto fonte novo incontinenti : promitteus
dittus magister obligatus expedisse et posuisse in ditto loco dittimi fontem novuni bine per totum dominicum ulti-
mum Adventus anni presentii, et dittimi veterem per totum xv diem mensis januarii anni presentisi alias teneatur
ai omnia dampna, interesse et expensas, et in casa cotitraventionis liceat ipsi no. maragmario et priori dicti con-
lentus fieri facere seu emere ad interesse ipsius obligati , pini grandi oy plui pichulu, predo quo invenerint et in
casu verificacionis dampnorum. Que omnia, etc. — Dal registro di num. 1959 di notar Giovanni Catania, an.
153 5-34, ind. VII, nell'archivio de' notai defunti in Palermo. E sono aggiunte in margine del riportato stru-
mento due apoche, 1' una in data del 21 dicembre e l'altra de' 7 di gennaio VII ind. 1533 (1534)» per le
NEI SECOLI XV E XVI. CAP. V. 243
Giovanni dì Blasco, fratcl della prima moglie defunta di Antonello e teso-
riere allora della confraternita di S. Maria di Portosalvo , pel lavoro di sci
colonne con loro basi e capitelli per la chiesa di essa in Palermo, al prezzo
di once dieci ad ogni colonna (1. 127.50) ('). Ma di lui e di un suo figlio
Scipione torneremo a dire in appresso, giacché morì egli più tardi nel 1547,
siccome rilevavasi da' conti di spese in detto anno nell'archivio della mammina
del duomo in ragione di suoi precedenti lavori.
E non pochi altri aiuti ebbe inoltre il Gagini dalla penisola, specialmente
di giovani marmorai carraresi, che, traendo partito dal continuo commercio
de' marmi, che si cavavano e si spedivano senza posa dalle lor patrie con-
trade per la Sicilia, facilmente invogliaronsi e si determinarono a trasferirsi
in paese, dove per la gran copia di lavoro era tanto bisogno di braccia ed
ove sotto un maestro di si gran merito avevan certezza di apprender l'arte
e di trovar pane e fatica. Quindi per pubblico atto del 30 dicembre del 15 12
si allogarono col Gagini in Palermo i giovani carraresi Matteo di Giangiacomo
del Ferraro, Giacomo del Cassone, Bernardino di Lucco di Gulpi ed Andrea
di Lazzaro del Moneta , il primo per tre anni , il secondo per quattro e
mezzo, e per sei gli altri due, a star col medesimo a tutti servigi dell'arte
e di bottega non meno, che di tutt'altro gli avesse potuto occorrere, non solo
in città che altrove, a suo piacimento. Del che in compenso il maestro pro-
metteva dar loro il vitto cotidiano, calzarli, vestirli e fornir loro il letto per
dormire, e poi vestirli di nuovo e provvederli de' ferri dell'arte alla fine del
loro tempo : oltreché 1' arte stessa ei si obbligava insegnargli nel miglior
modo, secondo il proprio potere e la capacità del loro intelletto. Di essi a
lui si rendeva mallevadore quel maestro Santino di Chicco di Petrincione da
Carrara, il quale pel traffico de' marmi fu in continui rapporti con gli scul-
tori, e specialmente col Gagini , in Palermo : e rimaneva fermo per patto,
che se alcun di coloro lasciasse il servizio e senza licenza si partisse, do-
vrebbe venir sostituito da un altro a tutto suo danno e interesse; e se in
quali l'artista dichiarò in prima aver ricevuto quattro ducati d'oro e poi tari tredici a compimento del prezzo
già stabilito.
(') Eodem (11 luglio IX ind. 1536). Magister Fidel de Simone di Carena, presens corani nobis, sponte se
obìigavit et obligat magnifico Joanni di Blasco, presenti et stipulanti, tamquam tbesaurario ecclesie confraternitatis
Sancte DvCarie de Tortosalvo, sibi laborare colonnas sex, existentes in peciis duodecim, cum cius basis et capitellis,
prò solido et salario ad racionem unciarum decem prò singula colonna, laborata cum-eius baso et capitello, etc. —
Testes: m.' Antoninus de Gaginis et m.' Tetrus de Arena.— Dal registro di num. 1887 di notar Giovanni An-
drea Lucido, an. 1535-36, ind. IX, fog. 900 retro a 901, nell'archivio de' notai defunti in Palermo.
244 l GAGINI E LA SCULTURA IN SICILIA
quel mezzo quelli togliesser moglie, avrebbero nondimanco a continuare a ser-
vire nel modo istesso (J). Il che ad evidenza dimostra quanto continuo biso-
gno si avesse di operai e come non fosse bastato al grande scultore giovarsi
dell' opera sola di quelli, che già rinvenne in Palermo stabiliti, quand' egli
fermamente vi tramutò il suo soggiorno.
Di altri di costoro, di Carrara o di quelle parti, é anche certezza, che in
Palermo coltivassero la scultura, benché non risulti fin ora da documenti, che
col Gagini abbiano pur lavorato, com' è probabile. Viveva ancora nel 15 14 il
mentovato carrarese Antonio Vanelli, il cui nome pure apparisce ne' capitoli
dell'arte del 1487, e la cui morte poi certamente avvenne innanzi al 1523 (2).
Un maestro Battista Palumbo, marmoraio di Carrara, per atto de' 28 di
settembre del 1507, istituisce suo procuratore un Antonio di Perico, pa-
lermitano , a riscuotere quanto in Palermo ed altrove gli si dovesse (3).
( ') 'Die xxx." mensis eitisdem decembris prime ina. IJI2. Matheus de Jo. Jacobo del Ferraro de Carrara,
Jacobus de Caxone de Carrara, "Bernardinus de Lacco de Gulpi de Carrara et Andreas de Lac\aro del Moneta
de Carrara, corani nobis, sponte quiìibet per se, se obligaverunt et obligant honorabili magistro Antonello de Ga-
genis, scultori, civi panormilano, presenti et conducenti, moraturos cttih eodem, videlicet, dictus Matheus prò annis
Iribtis , Jacobus de Caxone prò annis quatuor cum di ni id io, 'Bernardinus de Lucco prò annis sex et ^Andreas de
Lacyiro prò aliis annis sex continuis et completis, numerando ab hodie in anlea, ad facienda omnia et singula ser-
vicia artis apotece et donec necesserit ipsius necessaria, tam hic Panormi , guani alibi, si opus erit, ad electionem
per eum committenda. Pro qua causa dictus honorabilis Antonellus (promisit) dare esum et potum, calciamenta et
vestimento, necessaria et lectum prò donniendo, et in fine temporis illos induere de novo et dare firramenta neces-
saria artis. Dictusque magister Antonellus promisit docere eisdem artem bene, diligente! et magistralità; secundum
eius possibilitatem , et capacitare intellectus dictorum obligatorum. Et de serviendo tempore predicto, prout dietimi
est, magistcr Santinus de Chicco de Pitrinchonc de Carrara corani nobis sponte fideiussit et se fideiussorem et prin-
cipalem servitorem, alias debitorem et pagalorem, constituit, etiam de damnis et interesse, r enunciando, etc. Tro-
mittentes dicti obligati bene et dilige/iter servire et a dictis serviciis non deficere, nec inliceuciatos discedere: alias
teneantur ad omnia damna , interesse et expensas et ad restitucionem indumentorum, perdendu lu tempii servicii ex
pacto ; et in tali casu possi! alium conducere a quanto più trovassiro. Et casti quo dicti obligati uxores duxerint,
edam teneantur servite, non obstanti ductione dictarum uxorum. Et si fussiro malati dicti obligati, dictus magister
Antonellus teneatur facere expensas; et exinde teneantur dicti obligati reficere temporis. Que omnia etc. promiserunt
rata habere etc. et in omnem eventum etc. in pace etc. Sub ypotheca, etc. — Testes : hon. Matheus Faylla bianca de
Florencia et Andreas La T{_osa. — Dal registro di num. 2264 di notar Antonino Lo Verde, an. 1512-13, ind. I,
fog. 319-20, nell'archivio de' notai defunti in Palermo. E di uno de' detti quattro Carraresi, cioè di Bernar-
dino, è poi certezza, ch'era maestro dell'arte stessa in Palermo quindici anni più tardi, essendone ricordo nel
testamento di maestro Vincenzo Carrara o da Carrara in data del 2t di agosto del 1 529, riportato fra' Do-
cunnuti di quest'opera al num. LX, dove si legge: Item dixit habere loco depositi docatos novem ve! decem, de
quibus dislincte non recordatnr, magistri 'Bernardini Gulpi, alias Carrara; qui docati sunt restitueudi dieta ma-
gistro Bernardino.
(2) Vedi sopra nel capitolo II, pag. 65-68.
(>) A fog. 94 del registro di num. 2259 di notar Antonino Lo Verde, an. 1507, ind. XI, nell'archivio
de' notai defunti in Palermo.
NEI SECOLI XV E XVI. CAP. V. 245
Un altro mormoralo carrarese, maestro Domenico di Fracazzo, in data dei
16 di aprile del 15 12, crea parimente suo procuratore notar Marcò de Pa-
risio a difenderlo in non so qual lite nella corte pretoriana contro il Va-
nelli ('). Ne' libri poi della parrocchia di S. Niccolò la Kalsa in Palermo,
dove non poche notizie di marmorai di quel tempo è dato raccogliere, insin
dal 1499 appare il nome di un maestro Giuliano di Massa, che indi a 19
di marzo del 1503 toglie in isposa un'Antonella (2); e sembra che costui
non sia stato se non il medesimo, che poi a 4 dicembre del 1530 si ob-
bligò ad un de' rettori della confraternita di S. Maria la Catena per rac-
conciare una colonna per essi comprata da' ìnarammieri del duomo (3): ol-
treché trovasi poscia, che a 27 di maggio del 1541 egli attendeva al lavoro di
otto capitelli in marmo per la confraternita di S. Vincenzo (-*), ed a 7 di aprile
del seguente anno conveniva con un reverendo Guglielmo Pitir, procuratore
dell'arcivescovo Giovanni Carandolet, a scolpirgli per onze cinque (1. 63.75)
un fonte pel monastero suburbano di S. Maria della Grazia (5). Né si può
( ' ) Il detto artista propriamente vien nominato M.' Dominicus de Fracac^u , marmorarìus de Carraria
parcium Pisarum; e la procura è agli atti di notar Gerardo La Rocca, nel registro di num. 2503 dell'anno
1511-12, ind. XV, fog. 526, nell'archivio de' notai defunti in Palermo.
( 2 ) Neil' indice di nomi per battesimi , sponsali e morti, premesso al Quaternus introytus Sancii Nicolai
de Chaìcia, constitutus per me presbiterum Mattheum Zuppardum a die primo septembris iij." ind. 1499 , trovasi
il nome di Giulianu di Massa per nota di battesimo di alcun suo figlio o figlia, o naturale, o di prime sue
nozze , a fog. 3 : ma poscia in tal foglio è rasa interamente la detta nota in modo da non potersi più leg-
gere, e non so per qual causa. Ciò stesso però basta a provare, che il mentovato Giuliano era già in Palermo
in tale anno. E di lui poscia si legge a fog. 59 retro del seguente quaderno per gli anni 1 501-1 503: Die xviiiì
(marzo VII ind. 1503). "Per inguaiar: (sposare) a m.u Juliauu di Massa cimi Antonella, gr. xj.
(5) Dal volume di num. 1783 de' registri di notar Francesco Cavarretta, an. 1530-31, ind. IV, nell'ar-
chivio de' notai defunti in Palermo.
(4) Da un volume de' registri di notar Francesco Sabato degli anni 1539-41, fog. 41 3, nell'archivio dei
notai defunti in Palermo. E con diverse apoche all'oggetto medesimo in margine vi è pure aggiunta una nota
in data de' 20 di aprile XV ind. 1 542, onde il detto Giuliano ricevette once undici e cinque pezzi di marmi
pel lavoro de' detti capitelli.
( > ) Eodem xvij." aprilis xv." ind. 1 542. Hon. magister Juliantis de Massa, marmorarìus, corani nvbis spoute
vcudidit ac etiam se obligavit et obligat facerc magnìfico et reverendo Guiglielmo Pitir , utriiisqu: juris doctori
procuratori generali reverendissimi domini archiepiscopi panormitani, presenti et stipulanti, unum fonlem tnarmo-
rcum prò nwnasterio Sancte Marie de la Grada extra menia , instar designi per dittimi dominavi Guiglielmum
tradditi ditto magistro Juliano, et ultra cum capite liouis in medio, ubi in ditto designo est chirabrinus (sic), et
cum certis litteris, cum àuobus candelabris in cantoneriis ditti foutis, et in scutis ditti fontis dipingere arma ipsius
reverendissimi. Quem fonlem diltus venditor de botto et optimo marmore dare et compiere promisit in eius apotbeca
Ine Panormi per totum presentem mensem: aliter etc: prò prettio unciarum quinque, etc. Sub ypotheca, etc. — Te-
stes: veti, presbiter Tetrus Frisata, ... Spina. — Dal registro di num. 1794 di notar Francesco Cavarretta, an.
I54I-42. i»d. XV, fog. 712 retro, nell'archivio de' notai defunti in Palermo. E di due fonti con le armi del
246 I GAGINI E LA SCULTURA IN SICILIA
a men fra costoro di tornare a far menzione del sopraddetto scultor carra-
rese Francesco li Mastri o del Mastro, che vedemmo avere assunto lavori in
Termini Imerese nel 151 3 e nel 15 16, e che sarebbe a tenere in conto di
abilissimo artefice, se veramente, siccome sembra, fosser di lui le tre men-
tovate statue della cappella de' Notarbartolo in San Francesco in Polizzi. Ol-
treché non fu egli solo di tal famiglia ad esser venuto nell' isola, giacché un
architetto ed un altro scultore sen trovarono in Messina più tardi (:).
Sorprende in vero una tanta affluenza di artisti, che da lontane con-
trade della penisola si trasferivano senza posa in Sicilia , non avendo sgo-
mento de' lunghi e penosi viaggi , quand' era "tanto difetto di spedite co-
municazioni, quasi che il navigar di molti giorni, se non di più che qual-
che mese talvolta, su legni a vela da carico, fosse all'attività loro un mezzo
altrettanto agevole ed opportuno, come per noi son oggi i vapori e le fer-
rovie. Ma quel grande sviluppo e quell'artistica operosità incomparabile, che
sin dalla metà del precedente secolo si dispiegaron nell'isola soprattutto
nella scultura , crescendo poi al massimo segno mercé il sommo genio di
Antonello e la straordinaria sua fama, recarono ancora ciò specialmente di
utile all'arte, che, come dissi , dal continuo commercio de' marmi , aperto
con Carrara, fu agevolato il passaggio ad artisti ed a lavoranti in gran nu-
mero. Ed il Gagini , che dopo il ritorno da Messina ed il suo diffinitivo
fermarsi in patria assunse in essa la sovranità e il primato dell' arte , che
non fu alcuno a disputargli , dovè in tanta copia di lavori , che gli veni-
vano da ogni dove affidati e che sempre più crescevano quanto più si e-
stendeva la celebrità del suo nome , essersi giovato di tutti , che gli potè
riuscir di trovare ovunque, abili in qualsivoglia modo a maneggiar lo scal-
pello. Abbiamo altronde, che nel 15 17 egli era già console dell'arte in Pa-
lermo, siccome quegli, che in tal qualità dichiarava, per pubblico strumento
de' 7 di marzo di detto anno, ricever da Lotto di Guido da Carrara per
mano dello scultore Giuliano Mancino la somma di due once (1. 25. 50),
legata per suo testamento da un Pietro Angelo di Lorenza all' altare de' Santi
detto arcivescovo Giovanni Carandolet , i quali esistevano in un proporzionato cortile dinanzi la chiesa di
quell'antico cenobio insino al tempo del Mongitore, fa menzione il medesimo nella prima parte della sua ine-
dita opera Le chiese e case de' regolari di Talamo, a fog. 765, fra' manoscritti della Biblioteca Comunale Pa-
lermitana, a' segni Q.q E 5. Ma indi, abbandonati quella chiesa e il cenobio nel 1767, non più di que' fonti
rimane oggi vestigio.
( ' ) Vedi sopra nel capitolo III, pag. 144 a 149.
NEI SECOLI XV E XVI. CAP. V. 247
Quattro Coronati, ossia alla cappella de' marmorai o scultori, nel convento
di S. Francesco ('). E pare del resto, che per tutta la vita avesse indi pro-
seguito a tener quella carica, che a niun altro per fermo poteva competer
meglio, avendosi poscia da un atto de' 13 di giugno del 1534, che nella qualità
stessa di console, insieme a' maestri Santino e Sebastiano da Carrara, esa-
minò egli la condizione di alcuni marmi venduti in Palermo da un ligure
Ambrogio di Riccobaldo da Mannarola e da un trapanese Bartolo di Ben-
mintendi al marmoraio Giuliano di Massa (2). Perloché all'eccellenza del
suo merito ed alla gran rinomanza cosi degnamente acquistata si aggiunsero
l'autorità e la dignità di quel sommo suo grado nell'arte, per cui, essendo
egli in essa di tutti a capo, ben di leggieri potea di tutti disporre ed a tutti
(') vii marcii v.' ind. ijió.'Hori. magiiter Antanius de Gaginis, scalpito); e. p., presens corani uobis, tam-
(jaam consul eius artis, sponte est confessus se qao sapra nomine Imbuisse et recepisse ab boti. Lodo de Guido de
Carrara parcinm Tuscane, presente et stipulante, uncias duas per mauus hon. magistri Juliani Manchimi, scultoris,
rcuuncians ctc. Et sunt per totidem legatas altari santorum quatuor Incoronatorum , exislenti in ven. convellili
Sancii Francisci Tanormi , per quondam Petrum Angelini! di Laureitela, virtute testamenti conditi per dietimi
quondam "Petrum ^-ingclum, celebratimi maini quondam notarti Jo. Bernardi Tabbuui. Ouas quidem pecunias d'ictus
hon. Loctus solvi! et pagat nomine et prò parte Josep Jo. Michaelis de Santarenio, beredis predicti quondam Vetri
Angeli. Et ultra d'ictus magisler Jiiltanus Manchimi, quoque scalpitar, presens, est confessus, tam per se, quam
nomine et prò parte magistri 'Bartolomei Birrietaru, quoque scultoris, eius sodi, Imbuisse et recepisse ab eodem pre-
dicto Lodo de Guido, presenti et stipulanti, iinciam imam et tarenos sex, compensatos in computo Inter cos. Ouas
pecunias dictus Loctus solvit et pagat nomine et prò parte predicti Josep Jo. MicbaAis de Cantaremp, beredis, ut
supra, predicti quondam Tetri ^Angeli, prò predo duarum gramagli, legato per dicium quondam Petrum Angelina
cisdem predidis magistro Juliauo Manchimi et prefato magistro Bartolomeo Birrittaro , eius socio, ut appare! in
dido testamento. Uude, et e. — Tresentibus Stepbano Massuccu et magistro Tboma Sirichola januensi. — Dal vo-
lume di mini. 1603 de' registri di notar Vincenzo Sinatra, an. 151 5-19, ind. IV-VII, fog. 184 retro a 185, nel-
l'archivio de' notai defunti in Palermo.
(2) Jhus. T>ie xiij juiiii vij.' ind. 1534. Cam Ambroxius de %iccdbaldo de terra Mannarole , rive civitatis
lamie, nec non Baitholus de Bemuinteudi de civitate Drepanì vendiderint magistro Juliano de Massa, marmorario,
tuuc presenti et ab eis ementi, totani Ulani quanti tatem carraio/ imi marmorum prò quanto dìcti venditores potuerini
apportare, prò pretto ad rationem docatorum quiiique prò qualibet carrata, in vini cujusdam public! coutradus ce-
lebrati in attis meis notarti infrascripti die, ctc; linde supradicti de %iccobaldo et de "Benmintendi venditores as-
signaverunt ipsi de Massa hujusmodi quantitatem carratorum, adscendentem ad suminam carratorum sexdecim mar-
morum, tantum et non ultra, et non aliter nec alio modo, proni et quemadmodiim huiusmodi quanti tas carratorum
marmorum fuerit examinata per no. magistrum Aiitouel/uiii, consulem eiusdem artis, nec non per magistrata San-
clinum et magistrum Scbastiauum de Carrara, de voluntate et mandato supradittarum partium; et quia medietas
pretti dictorinu carratorum marmorum spedat et pertinet ad Bartholum de Benmintendi juxta formam huiusmodi
coutradus veuditionis, celebrati marni viea predicti notarti die ut supra, et premissa omnia vera esse cimi soilempni
jur amento dille partes dixerunt et affirniantnt, renunciantes exceptionì eie; propterea bodie, presenti die. preti/alato,
supradiltus Bartbolus de 'Ben mi intendi ... sponte dixit cum sollempni jurameuto hujusmodi quantitatem carratorum
sexdecim marmorum fore et esse emptam per dittimi Ambroxiinu de 'RJccobaldo, etc. — Dal volume di minute di
notar Gerardo La Rocca, an. 1533-34, ind. VII, num. 2523, nell'archivio de' notai defunti in Palermo.
33
248 I GAGINI E LA SCULTURA IN SICILIA
divider lavoro, traendone il suo maggior prò ad adempire le continue ri-
chieste di ogni maniera di sculture con adoprarvi gran numero di suoi aiuti
ed allievi e garzoni allo sgrossamento ed alla men che finita esecuzione di
esse , le quali , da lui modellate e dirette , spesso egli non avea tempo
che a fornire di ultima mano. Né pur bastatigli in seguito que' suoi lavo-
ranti, per quanto fossero numerosi, all'esecuzione delle minori opere da scar-
pellini, delle quali era specialmente mestieri pel duomo palermitano, consenti
fossero eseguite in Carrara, resosi anch'egli garante del mentovato carrarese
scultore o marmoraio Santino di Chicco di Petrincone o. Petrincione, cui ne
veniva affidato l' incarico. E costui, del quale è certezza aver da lungo tempo
tenuto il principal traffico de' marmi in Palermo, siccome quegli, che sin
dal 1504 appare anco da testimonio nel contratto di Antonello per l'arco e
la coìta della tribuna di S. Cita, obbligavasi quindi a' marammkri Blasco
de' Branciforti e canonico Tomaso di Bellorosso, in data del 29 di luglio del
1525, dare scolpito un gran cancello di marmo pel detto duomo, con tutti gli
analoghi suoi balaustri e cornici, e mandar tutto fornito e consegnato alla
spiaggia di Palermo, ad ogni suo rischio e pericolo, di li a tutto aprile del
seguente anno ('). Né questa sola notizia si ha di lavori secondari , fatti
( ' ) Die xviiij.' julii xiij." ind. 1 525. — Houorabilis magister Sanctinus di Chicco di Pitrincuni di Carrara, scul-
ptor, presens corani nóbìs, sponte promisit et convenit et se soìlemniter oblìgavit et obligat sp. doni, don Blasco de
Branchiis fortibus et rev."' doni. Thome de Beilo russo, canonaco panormitano, tanquam prepositis et maragmeriis
maragmatis majoris panonnitane ecclesie, prescntibus , stipitlantibus et condii centibus , portare facere et consigliare
scuìptani modo infrascripto infrascriptam quantitatem marmoris, modo, forma, qualitatis, predi juxta formatti in-
fras cripto rum capitulornm factorum de accordio Inter eos manti spect. d. Blasci conservatoris, in posse mei infra-
scripti notarli, tenoris sequentis, videlicet :
Memoriali di la opera si obligli di fari mastro Sanctino di Chicco di Titrinchuni di Carrara, marmoraro,
a lì Spectabili et reverendo don Blascho Branchi/orti et don Thoma di Belio russo, marammeri di la majuri pa-
normitana ecclesia; videlicet: Un canchello facto di certi cornicili, cussi di supra, comu di supta, cuni certi balau-
sti in men^o, coniti si narrirà infra.
In primis diclo mastro Sanctino prometti fari la cornicili di supra di marmura nigra, rinata tt lixa, chi non chi
para nixuno colpo di ferro, di mesitra et lavuri sccundo uno modello di carta, di lo quali uno indi è stato dato a
ditto mastro et uno resta in putir! nostro, cum la mano di lo nataro, chi farrà fidi esseri quisto tali modello, se-
cando lo quali ditto mastro si havi obligato fari la opera. Et ditta cornicili, lavorata et bona, portata in terra i{à
a la marina di quista chità, si chi havi di pagati ad prexp di unù dui lari sei la canna.
Et più diclo mastro prometti fari la cornicili di supra, lavitrala secando lo modello facto in carta, di lo quali
sindi duna uno a dicto mastro et uno indi tenimo tini cani la fidi di lo notavo a lo molo supradicto ; la quali
cornicili havi di essiri ben lavorata al modo supraditto, secundo lo suo modello; et portata in terra i\à a la marina
di 'Palermo, si chi paghirà ad raxuni di unifi una et tari vintiquattru la canna, di lo preditto m.irmoro nigro ,
corno la cornicili di supra.
Jtem li longhi~e di ditte comiche, cussi di la suprana comu di la suplana , hanno di < ssiri tanto longhi, chi
NEI SECOLI XV E XVI. CAP. V. 249
eseguire in Carrara a risparmio di tempo e fatica, essendo ancor certo di
colonne con capitelli e basi, che per la chiesa di Portosalvo, come vedremo,
furon più tardi al detto Santino commesse.
Tutto ciò spiega quell' infinito numero di ogni maniera di lavori, che
assunse ed in gran parte potè fornire il Gagini durante il non lungo corso
della sua vita, dando argomento di tanta fecondità di genio e di cotal fa-
cilità di eseguire, che non han fin ora riscontro in altro scultore al mondo.
Non siamo più certo al caso di prestar fede al falsissimo elenco di opere
del sommo artefice, quale fu dato nel 1821 dal signor Agostino Gallo nel-
l' Elogio storico di lui, onde, confusevi con le sculture del medesimo quelle
de' figli e viceversa , e datone il più scompigliato ed erroneo ragguaglio
della vita, dove fra le altre stranezze è quella, che in tre anni egli avesse
condotto a termine tutto il prim' ordine della tribuna del duomo di Paler-
mo, fu ben a ragione chiesto per lettera dal Cicognara all'autore quale specie
di marmo impiegasse mai, che ammetter potesse una sì strana celerità di lavoro,
non pur trasandando notare la farragine estrema delle opere attribuite a questo ca-
piglano di la banda di la tribolici pichula et vegliano cum la sua volta poi ad ventri siuu davanti la autaro ma-
juri, cussi di l'ima parti di la triboua conni di l'autra; solamenti chi restirà di vacanti quanto serra una bella porta.
Item dicto mastro prometti fari a la cornicili di supta uno soglo, facto a proportioni chi tacchini in terra, midi
poi havirà di battiri la porta, chi si havirà di fari o di Ugnami oy di brinilo, per potiri chiùditi ditta cancel-
lala per non chi potiri ìntrari nixuno : lo quali suglo ditto mastro prometti darilo sen^a nixuna paga per essiri
cosa minima.
Item dicto mastro prometti fari certi pileri per haviri a serviti a li cantone ti et ad altri lochi lindi havirà di
posari ditta cornicili di marmoro nigro, li quali ser ranno lavurati di l'ima parti davanti ad intavulalo, li quali,
ultra di la antica Inveiranno di essiri di quillo havirà a pariri, si volino fari un palmo e me^o chìui longhi per
andari in terra, pri stari forti; lo quali palmo e mè\o non è bisogno essiri lavurato : et ditti pileri si chi hanno
a pagari ad raxuni di unxj dui la canna per quanto serra la lavorato, et non quillo, chi andirà in terra, portati
similmenti i%à a la marina, posto in terra.
Item dicto mastro prometti fari li balausti secundo la forma facta in carta, cussi di lavati, conni di antica
et grossi^a; di la quali forma si fa corno è ditto a li altri cornicili et di quillo tnodu; et ditti balausti hanno di
essiri di marmoro russo, ben lavurati et rinati, chi non chi para colpo di ferro ; et serranno ditti balausti ben
fatti cum li soi ingast attiri per trasiri intro li cornicili, cussi di la suprana, coma di la subtana, pri stari forti;
et la quantitati serra ad judicio di lo mastro, chi vegliano misi intro l'uno et l'antro chi sia spacio di quanto serrò
grosso lo blausto : et ditti blausti si chi paghi ranno ad tari xij l'uno, portati ì%à a la marina in terra.
Item tutti ditti cosi hanno di veniri ad risico, periculo et fortuna di ditto mastro, fina chi dicti assignirà iifl
a la marina in terra.
Item, pìrchì quista è ecclesia, ditto mastru si contenta, chi poy chi serra venuta dieta opera i%à in terra, et li
marammerii di dieta ecclesia volissiro fari precari tutta ditta opera, chi sia in electioni di ditti marammeri fa-
tila precari ; et si vorranno stari ad quillo serra predata, staya in electioni loro, oy puro stari a dicto pre^o sit-
praditto accordato.
Item quando ditta opera si havissi di precari, chi si digia fari per dui mastri marmorari, uno electo per parti
2 SO I GAGINI E LA SCULTURA IN SICILIA
poscuoìa, che fa sbalordire ('). Ma non rimetterebbe anche oggi al certo dallo
stupore chiunque abbia menoma pratica di cose di scultura e sappia quanto
si richieda di tempo ad eseguire statue , ornati e composizioni di storie
sul marmo , quando dalla gran copia di contratti ora rinvenuti provasi dal
Gagini prodotto un maggior numero di opere , che non gli era dinanzi
attribuito, se si volesse pretendere, eh' egli le avesse in gran parte scolpite
di propria mano. Laonde, a togliere ogni dubbio, giovano le memorie con-
temporaneamente trovate di quel notevole numero di minori artisti, di alcuni
de' quali e sicuro e di altri assai probabile, che abbian con lui lavorato, a
non contarne i molti, de' quali non è più notizia. E di ciò dà ragione anche
il considerare , che se oggi in Palermo (comunque per grave sciagura dei
tempi siavi a lamentare perduto ogni centro di artistica attività) 1' officina
di uno de' più valenti e riputati scultori di ornati non conta spesso da
men di sessanta lavoranti , assai maggior numero al certo dovè contarne
quella del Gagini, allorché la singolarità del suo merito, per ogni dove nota
nell'isola, ingenerò universal brama di possederne le famose sculture, e
quindi la sua patria, mercè il gran genio di lui, dischiuse all'arte un campo
di straordinaria e stupenda operosità, di cui non fu mai veduto né dato
di ditti ìnarammeri et uno per parti di ditto mastro, et starisi a la decisioni et pre~o, chi dicti si accordiranno:
et quando non si potissiro accordar! loro, si chi duglia uno tenuti non suspecto ad nixuua di li parti.
Item dieta opera dicto mastro prometti mandarila facta i^à in 'Palermo al modo snpraditto per tutto lo misi di
aprili proximo da veniri di lo anno xiiij.' imi. IJ26: et non dieta mandando in dicto tempo, sia tenuto lo plegio
infrascripto tamarindi li dinari, chi havirà havnto de nui, et staya in nostra eie et ioni circa stari chini a lo partito
supraditto, oy no.
Item aiti promettimo pagari ditta opera ad ditto mastro, oy ad altra persuna legitima per ipso \à in Palermo,
in li banchi puhlìci di quista cinta, in quisto modo, videi icet: un\i dechi incontanenti per lo banco de Sanches ogi,
renunciantcs etc; un^i dechi per tutto septenbro proximo futuro , et umf dechi per tutto dichenbro proximo futuro;
et tutto lo resto ad conplitnento di lo pre\o di dieta opera, venuta et assignata chi ndi havirà dieta opera.
Item ditto mastro prometti mandarindi una tavula di mannaro pri lo altari mayuri , la quali serra longa
canna una et palmi tri , et larga palmi sei , et grossa un palmo sin/plichi ; la quali tavula bari di veniri a spisi
soi, portata i\à in la marina in terra; et havi di essiri ben quatrata et non spuntata; pri prexp di unji sei: dico
un%i sei.
Et per tutti li cosi predicli mastro Antonello de Gagini, presenti , plegia a lo ditto mastro , in easu cantra-
ventionis, di tamarindi tutti denari, chi ditto mastro havissi havuto, incontinenti, . . oy puro staya ad electioni no-
stra compensa ricbilli cum la opera di la ycoua fa in ditta mayuri ecclesia dicto mastro Antonello. Que omnia, etc. —
Tesles .' veu. presbiter Aloysius la 'I{osa, no Petrus lo Chomiso, Alexander "KMpoliuiii. — Dal volume di minute
di notar Giovan Francesco La Panittera , an. 1522-25, ind. XI-XIII, num. 2703, nell'archivio de' notai de-
funti in Palermo.
( ' ) La lettera del Cicognara al Gallo, in data di Venezia, 15 luglio 1822, e pubblicata nel giornale
L'Idea (Palermo, 1858, an. I, voi. I, pag. 31 e seg.).
xi:i secoli xv e xvi. cap. v. 251
sperare altro esempio. Perloché, non essendo affatto da ammettere , che il
gran caposcuola, inteso all'alte invenzioni ed alle ispirate fantasie dell'arte,
si fosse generalmente piegato a sottili industrie di scalpello, stimo col Ga-
leotti, che gli accessori ed ogni altro lavoro , anche delle migliori statue,
non son che ad attribuire a quella folla di aiuti , di non pochi de' quali
già vengon fuori i nomi e le memorie mercè le indagini su' documenti
del tempo; e tengo in vece non sia del Gagini altro lavoro su' marmi da
quello di finitura ne' simulacri di maggiore importanza , quel tocco , onde
1' evidenza dell' espressione potentemente è impressa da chi nanne avuto,
ripensato e modellato il concetto della figura e del componimento (r). Cosi,
rimanendo a lui totalmente il merito delle invenzioni, ossia di avere ideato
e prodotto i modelli di cosi prodigioso numero di opere , che fanno in
lui prova della più singolare ed inesausta vena d'ingegno, si dà luogo a
spiegare ad un tempo com'egli abbia potuto arrivare in tanta copia a for-
nirne, ed anche come in alcune talvolta sia da notare alcun manco dell'or-
dinaria perfezione ed eleganza, il qual non può addebitarsi che ad esecuzione
meno perita.
Di altri aiuti, oltre a' sopraddetti, é incerta contezza più tardi, laddove
di alcuni, che ben poterono essere stati in servigio di Antonello sulla fine
della sua vita ed aver da lui attinto il pregio di abili scultori, non altro fin
ora è certo, se non che fiorirono e collaborarono co' suoi figli dopo la
morte di lui, e quindi sarà luogo a parlarne altrove. Si ha però evidente,
che molto egli ne' suoi ultimi anni giovossi anche dell'opera de' maggiori
fra' suoi figli stessi, che, da lui tutti allevati all'arte, continuarono a lungo
il vanto del suo nome e della sua scuola. Due maschi n' ebbe (oltre una
femina Giovannella, poi maritata ad un nobile Niccolò Tranchida) dalla sua
prima moglie la messinese Caterina di Blasco, ii primo Giovan Domenico,
che, natogli già nel 1503 , veniva poi da lui emancipato in età di venti-
due anni a 13 di ottobre del 1525, ed Antonino il secondo, che, dato in
luce non guari dopo di quello, non si sa ancora precisamente in che anno,
veniva indi assunto dal padre a compagno , non men che 1' altro , all' ese-
cuzione di segnalati lavori. Degli altri figli, da lui generati in seguito con
Antonina Valena, seconda moglie, nascevano poi Giacomo nel 15 17, Bo-
nifazio, comunemente inteso Fazio, nel 1520, Vincenzo nel 1525 o 27, Flo-
(') Galeotti, Treliminari eh., pag. 53.
2\2 I GAGINI E LA SCULTURA IN SICILIA
renza o Florenzella nel 1530, oltre alcuni altri dell'una moglie e dell'altra,
maschi e femine, che poco vissero e premorirono tutti al padre, come sarà
veduto più innanzi. Aggiungi Giovanna, sua figlia naturale, da lui data in
isposa allo scultore Fedele da Carona, e da cui pare indi sia nato uno Sci-
pione , che più tardi coltivò l' arte istessa. Chiarita dunque da ciò mera-
mente erronea l'altrui asserzione, comunemente indi invalsa per lungo tempo,
che il Gagini si fosse giovato dell' opera de' figli infin da quando fu da lui
iniziata la gran decorazione della tribuna del duomo palermitano , é certo
invece, che molto ci ne trasse partito più tardi, non appena i maggiori fra
essi vennero gradatamente in età da maneggiar lo scalpello ed il maglio,
cominciando a dar buoni frutti non men de' paterni ammaestramenti , che
del loro ingegno. Perbene, avuto egli per avventura non poco utile dall'o-
pera di Giandomenico e di Antonino negli ultimi tre lustri della sua vita,
non potè che negli ultimi anni essersi anche giovato di Giacomo, che di-
ciottenne assunse alla morte del padre per conto della famiglia l'obbligo di
finire i molti paterni lavori rimasti in tronco, quand'era trilustre Fazio e
più tenero ancora Vincenzo. Prima di allora !a numerosa schiera di aiuti
di ogni gradazione di merito, che gli furon cosi necessari, non sol si com-
pose di quanti potè trovarne in Sicilia , sia nativi di essa , o già di fuori
venuti, ma ancor de' parecchi, che da diverse contrade della penisola, e spe-
cialmente dalle cave carraresi, gli venne fatto, siccome è chiaro, attirarne.
?
CAPITOLO VI.
ANTONELLO GAGINI E SUE OPERE DAL IjIO AL I524.
a È luogo ormai di espressamente trattare di quell' immensa
operosità, che dispiegò il Gagini in Palermo nelT arte per
tutto il corso della sua vita, e che col continuo diffondersi
della celebrità del suo nome crebbe incessantemente al più ammirabil segno,
mercè lo straordinario numero di sue opere. Cominciando da' primi tempi,
dacché dopo il soggiorno in Messina si fu egli restituito in patria ad atten-
dervi a' grandi lavori assunti della decorazione della tribuna del duomo,
non è dubbio che a quelli non pochi altri se ne aggiunsero , per cui fin
d'allora a lui ed al gran numero di suoi lavoranti convenne dar prova di atti-
vità incomparabile. Vivendo infino a tutto il 15 io l'arcivescovo Giovanni Pa-
terno, mecenate del giovine artefice e principal promotore dell'opera della detta
tribuna, non mancò egli per fermo di avere adibito il Gagini in quanto potè
di meglio a decoro della sua chiesa e ad incremento dell'arte, siccome quegli,
il quale a buon dritto il tenne in tanta estimazione. Rimane quindi una statua
bellissima in marmo del Battista, dappiè segnata dello stemma del Paterno,
nella chiesa di Baida, cenobio allora de' monaci Benedettini, poi de' Minori
Osservanti Francescani, sopra una pendice del monte Cuccio, presso Palermo;
2)4 l GAGINI E LA SCULTURA IN SICILIA
e comunque fin ora niun documento assicuri, ch'essa sia da Antonello scolpita
{come per altro generalmente si afferma), non può dubitarsene punto a tanta
vita di sentimento ed eccellenza di arte, che in vero è dato ammirarvi. Non vi
ha naturalmente, come in più giovanile opera, quel maggiore sviluppo di sa-
pienza di artistico magistero, per cui fra' capolavori di lui va degnamente
enumerata un'altra statua del Precursore, ch'egli più tardi scolpì per Ca-
stelvetrano: ma vi han quell'espressione sentita, quel singoiar gusto di model-
lare e quella somma eleganza di esecuzione, onde non facilmente si scambia
per opera di altro artefice una scultura animata dal genio del Gagini. Però
ignorasi affatto quand'essa sia stata eseguita, se subito al decisivo ritorno in
Palermo dell'artefice, quand'egli ad un tempo intraprese i mentovati lavori
della tribuna, ovvero, ch'è più probabile, nella sua stessa precedente dimora in
Messina, donde ben potè quella venire in Palermo trasmessa, o dal medesimo
recata, come forse la statua sopraddetta di Nostra Donna del 1503 nel duomo
palermitano. Certo é, che il Paterno, avendo rivendicato nel 1 499 alla sua
sede arcivescovale il cenobio e la chiesa di Baida , che le appartenevano
per antica donazione fattale dell'omonimo casale in quel sito da re Gugliel-
mo il Buono, non risparmiò spese a restituire in decoro la chiesa stessa ,
dove sulla porta maggiore quindi si legge il suo nome con l'anno 1507 in
memoria di averla egli fatto fregiar tutta di buoni marmi, lavorati, siccome
vedemmo, dal carrarese scultore Antonio Vanello ('). Perloché non è a dubi-
tare, che anche in quel torno abbia il Gagini fornito quel bellissimo San Gio-
vanni , che fu certamente una delle opere , che valsero in Palermo a dare
argomento dell'altissimo suo valore ed a stabilirgli la fama di ottimo artefice.
Altro lavoro di lui, affidatogli dallo stesso arcivescovo, vuoisi poi ancora
sia stato in duomo l'antico ciborio nella cappella del Sacramento, siccome il
Baronio e l'Amato asseriscono, consentendovi altresì il Galeotti, ma su mere
ipotesi e senza prove di sorta (2). A tal ciborio per altro fu indi sostituita
( ' ) Vedi cap. II, pag. 66 e seg.
(2) Ne scrive il Baronio (De maj estate panormitana. Pan., 1630, lib. Ili, cap. II, pag. 103): Antonius
Gaginus, scuìptor egregius, choreas ducit; cuius piane nomea, immortalitati cousecratum ab fornice ilio tum Sanctae
Christinae, tum ab augustissimi Sacramenti tàbernaculo, sic in orbe terrarum eluxit, ut eins noir.inis fama alium
ab siculo orbe orbem invenerit, in quo liberius stimma cum panormitana e urbis eiusque familiae iignitate divagati.
VA il gesuita Giovanni Maria Amato, trattando della cappella del Sacramento nella sua opera De principe tem-
pio panormitano (Pan., 1728, lib. X, cap. I, pag. 290): In ara marmoreum statuii ciborium, ab Antonio Gagino Pan.
sculptùm, Paternionius. Ma né Pirri né Inveges, pur consentendo che fu l'atto eseguire dal Paterno, lo affermali
lavoro del Gagini, laddove specialmente cosi ne scrive il secondo ('Palermo nobile. Ivi, 165 1, pag. 451): L'ai-
NEI SECOLI XV E XVI. GAP. VI. 255
la sontuosa odierna custodia di lapislazzoli, quale ideò e vi eresse in parte l'ar-
civescovo Martino de Leon dopo il 1653; e, benché noti l'Amato, che dietro
di essa ancora una parte del ciborio del Paterno rimanesse insino al suo tempo,
non ne è più ora vestigio dopo tanti posteriori devastamenti (J). Leva inoltre
a cielo il Baronio, siccome anco eseguite da Antonello, le sculture colà del-
l'arco della cappella di S. Cristina, di cui nulla pur oggi resta: ma temo forte,
che fra tanti enormi sbagli , di eh' ci ribocca , sia da notare ancor questo ,
eh' egli attribuisca al figliuolo le opere ivi condotte dal suo genitore Do-
menico, a lui afflitto ignoto, e di cui fu per fermo fra' principali lavori la
decorazione marmorea della cappella anzidetta , come ampiamente fu dato
veder di sopra (2). Dell'autorità somma però, naturalmente allora acquistata
da Antonello su quanto era da farsi di ogni maniera di artistiche opere in quel
duomo, riman fra' tanti anche questo argomento di fiuto, che, obbligatosi
a 13 di febbraio XV ind. 151 1 (15 12) un falegname Salvatore Pellinino o
Pellinito ad un Pietro Sapido, governatore dell'altare di S. Maria Maggiore
nella minor tribuna del destro lato del tempio, a decorar di un cosi detto
cappello in legno con colonne , capitelli e cornicione ad intaglio cotal tri-
buna, dove aveva allor sede la statua di Nostra Donna scolpita dal veneto
Francesco di Laurana, venia stabilito per patto, che il tutto si facesse con-
forme a' voleri ed agli ordini del Gagini (3). Né ad altri che a lui per fer-
civescavo Giovanni Taternò fra 1496 e i$n vi dirigo la suntuosa custodia marmorea, come appare ivi dalle
sue anni. Nondimeno il Galeotti, fondandosi nelT idea, che né il detto arcivescovo, né il senato palermitano
adoperassero (per valoroso che il predicasse la fama) un giovine artefice all'immensa fatica della tribuna senza
un previo esperimento del valor suo, stima che in detto ciborio ebbe il Gagini a lavorare in Palermo nel 1 504
(Preliminari cit., pag. 56). Ma ciò adesso appare improbabile pe' documenti trovati in Messina, che provano
il soggiorno colà di Antonello sino al 1 508, non essendo egli che per breve tempo venuto dinanzi in patria
più d'una volta.
( ' ) In un pregevol volume di note -di atti parrocchiali riguardanti diverse antiche famiglie di Palermo,
fra cui ancor quella de' Gagini, compilato da ignota mano verso la metà del secolo XVII ed esistente nel-
l'archivio della parrocchia di S. Giacomo la Marina , oggi in S. Cita , si legge a pag. 496 , dopo riportate
le parole del Baronio intorno ad Antonio Gagini : « Nota che il sopradetto autore dice che il detto An-
ce tonio scolpi il ciborio nella cathedrale; e fu errore, perchè l'opera non dimostra esser di un tal maest.d,
« e si levò a mio tempo per metterci quella di lapis lazaro , fatta dall' arcivescovo palermitano fra Martino
« de Leon, etc. »
( 2 ) Vedi cap. II, pag. 82 e seg.
(3) L'originale strumento di tale convenzione si trova nel volume di num. 1926 de' registri di notar
Giovanni Catania, an. 1511-12, ind. XV, fog. 786 retro a 787, nell'archivio de' notai defunti in Palermo. lì
verrà indi pubblicato in quest'opera nel capitolo degl'intagliatori in legno.
34
2j6 I GAGINI E LA SCULTURA IN SICILIA
mo potò meglio venire affidato il mesto incarico di ritrar le sembianze del-
l'arcivescovo Giovanni Paterno, che fini la sua vita a 24 di gennaio del 151 1,
volutasene espressa al naturale la figura giacente sul coperchio del suo se-
polcro. Questo, che in marmo pario si vede al presente nel sotterraneo del
duomo, trasferitovi dalla parte superiore del tempio, dove prima era, viene
a ragione generalmente stimato antico lavoro di pagana scultura , recando
in fronte effigiati in bel rilievo due funebri riti di libagioni , celebrativi da
guerrieri, e due genii volanti nel centro, che recan oggi lo stemma de' Pa-
terno in uno scudo, in cui doveva esser dinanzi scolpita l'effigie di tale, a
cui la tomba primamente appartenne. Ma soprattutto ammirabile al di sopra
in marmo di Carrara vi ha giacente supino il morto arcivescovo, pontefi-
calmente vestito, col capo piegato alquanto su due guanciali e con tale un
effetto di verità e naturalezza incomparabile, che lui par proprio vedere in
preda all'estremo sonno (r). Niun documento, è pur vero, fin ora lo attesta
del Gagini : ma più che ogni documento riescono ad evidenza a chiarirlo
tale il merito e la bellezza stessa dell'opera, e non meno l'affetto e la gra-
titudine, ch'ebbe a sentir l'artefice per così insigne prelato, da cui principal-
mente nell' arte riconoscer dovea la sua gloria.
Da' primi tempi del suo nuovo soggiorno in Palermo cominciavano in-
tanto a venirgli allogate per vari luoghi altre opere, facendogli strada la cele-
brità del suo nome. Stando all'asserzione dell' Auria (2), addi 14 di maggio del
1509, per gli atti di notar Stellino Torneri (erroneamente da lui detto Temerà)
di Alcamo, si obbligò quivi il nostro scultore ad un Sebastiano Romano di
fargli la scultura del Transito di Maria Vergine, qual tuttavia si vede in quella
maggior chiesa, pel prezzo di onze cinquanta (1. 637.50). Il che, seguendo
l'Auria, ma senz'aver veduto il contratto, pure indi affermarono 1' alcamese
Ignazio De Blasi (3) ed il Galeotti (4). È un alto rilievo in marmo,
alto m. 1. io e largo m. 1. 51 e con le figure della maggiore altezza di
m. o. 79, rappresentando la Diva giacente supina sul feretro, attorniata dai
dolenti apostoli in vari atti di pietà e di preghiera e con sul davanti un
(') Ne è un disegno nella pregevole memoria del canonico Alessandro Casano, 'Del sotterraneo della
chiesa cattedrale di Palermo. Ivi, 1849, tav. C, num. 1, pag. 36 e seg.
(') // Gavino redivivo. Palermo, 1698, cap. Ili, pag. 11.
( 3 ) Dell'opulenta città di Alcamo, discorso storico, fog. 269 retro: ms. esistente nella Biblioteca Comunale
Alcamese a' segni 1, E, io.
(*) Preliminari alla storia di Antonio Gagini. Palermo, 1860, pag. 127.
NEI SECOLI XV E XVI. CAP. VI. 2<}7
arcangelo con la spada sguainata contro una figura, che si crede il demo-
nio , ma non ne ha le sembianze : conforme il tutto alla tipica rappresen-
tazione di tale argomento, di che ancor diede ammirabile esempio il dipin-
tore Salvo d'Antoni nella famosa sua tavola di Messina. Ma avendo io ben
osservato in Alcamo il detto lavoro, stimo (checche l'Auria si dica), ch'esso
sia stato in vece allogato al Gagini molti anni dopo al 1509, mostrando
evidente un fare più risentito, che forse non men proviene dalla più adulta
età dell'artefice, che dalla cooperazione de' suoi figliuoli od allievi. Certo
che un'altra scultura di egual soggetto, che da lui prima è da credere ese-
guita per la tribuna del duomo palermitano , doveva esser opera di assai
migliore espressione e di maggior purezza di forme, siccome in alcun modo
si può tuttavia giudicarne da un avanzo con varie figure di apostoli , che
ne rimane all'Olivuzza nella villa Serradifalco, e quindi non dubito, ch'essa
sia stato lavoro anteriore di vari anni all' anzidetto alto rilievo alcamese.
Non sembra altronde , che pel medesimo alto rilievo si possa ammettere
1' obbligo assunto da Antonello agli atti di notar Stefano Torneri o Tor-
nerio a' 14 di maggio del 1509, siccome l'Auria asserisce, laddove si ha dal
mentovato De Blasi in una Serte di notai in Alcamo, compresa nel suo ampio
ed erudito lavoro istorico intorno alla città stessa , che il notaio anzidetto
non esercitò ivi il suo ufizio se non dal 15 17 al 1548, e quindi il Gagini
non potè aver tolto a scolpire quell' opera se non dopo il primo de' detti
anni, e non mai dinanzi ('). Duol poi, che di tutti i libri dello stesso notaio
non rimangon che scarsi e disordinati frammenti nell' archivio notariale di
Alcamo, e che per quante indagini siansi fatte non è mai riuscito trovare l'o-
riginale strumento, onde Antonello colà obbligossi al Romano per eseguirgli
quella scultura. Ma non perciò men certo è l'abbaglio dell'Auria, che lo as-
serì rogato nel 1509 da notar Torneri, quando costui non era ancora in
ufizio; e ciò quindi è da aggiungere all' enorme congerie di errori , di che
ridonda l' indigesto suo opuscolo sul Gagini. Sbaglia in fatti il medesimo
pure nell'anno, scrivendo, che la statua di S. Oliva nella chiesa della me-
desima Santa in Alcamo fu fatta dal nostro scultore, come appare nell'atti
di notar Geronimo lo Jacono di Talcrmo a 13 di giugno XIV imi. i) 14 (2).
(') Vedi De Blasi, TftWopulenta città di Alcamo, discorso storico, fog. 831: ms. cit. nella Biblioteca Co-
munale Alcamese.
(2) Il Gagino redivivo cit., cap. VIII, pag. 31 e seg.
2j8 I GAGINI E LA SCULTURA IN SICILIA
Ma da una copia originale del contratto per tal simulacro, trovata per buona
sorte nell'archivio della confraternita di detta chiesa, rilevasi in vece, che quello
fu stipulato a' 13 di giugno XIV ind. 1511, e che per esso il Gagini con-
venne in Palermo con un maestro Niccolò Carnimolla , procuratore della
confraternita stessa, pel lavoro di detta statua di S. Oliva in marmo, da ve-
nire alta sei palmi (m. 1. 55), oltre dappiè il piedistallo storiato; il tutto
pel prezzo di once ventiquattro (1. 306), da pagarglisi in rate diverse in-
sino alla fine dell'opera, la quale ei prometteva consegnar finita in Palermo
di li a tutto il venturo novembre ('). Né v'ha dubbio che adempi la pro-
messa, siccome è chiaro dall'esistenza colà di si egregia statua da annove-
rarsi fra le più belle e pregevoli, che abbia prodotto quel sovrano scalpello,
comunque più che del carattere di religiosa pietà e di sacro sentimento sem-
bri in vero ch'egli abbia voluto animarvi l'aspetto della ventenne martire
con la più attraente vaghezza, cui danno anco maggior risalto le bellissime
forme del verginal seno , che la leggera veste appena asconde, benché poi
essa nel resto dia luogo a mirabile sfoggio di pieghe, che, sebben caricate
alquanto, in leggiadrissima guisa ne compongono la persona. E con vivo
contrasto vedesi in fine espressa in picciole figure in bassorilievo la decapi-
tazione della Santa in fronte del piedistallo, tanto più pena e compassione
(>) Die xiij." junii xiiij.' imi. et in anno iju, apud Paiiormuui. Magister Antouellus Gagini, marmorarius,
civis Tanonni, preseris corani nobis, sponte prontisti, conventi et se sollemniter obligavit magistro Is^ìcolao Carni-
molla, procuratori confratemitatis ecclesie Sancte Olive terre Alcami , ut constitit virtute procuraci onis sibi /ade
manti egregii notarti Vetri de ZMagistro xAndrea die viiij.° junii presentis, presenti et stipulanti (Lido nomine, la-
borarc , facere et compiere quamdam ymaginem sive figuram Sancte Olive, di mormora bona, alba et necta, et
maxime di li cosi nudi et de aliis condecentibus et receptibilibus, ad opus et prò ecclesia predicte Sancte Olive diete
terre, altitudinis palmorum vj et de pitlcritudine secundum eius videre et designacionem ipsius magìstri, cum eius
scannello laborato pedi unius et parum plus, cum storia Sancte Olive, di lapida edam marmorea, pio predo lin-
ciarli»! xxiiij p. g., alba. De quo predo dictus venditor confessus fidi Imbuisse et recepisse a dido procuratore uu-
das iiij." per bancum magnificorum heredum quondam Baptistc Lombardi , renuncians exceplioni , etc. Et restans
dictus magister Kicolaus, procurato)- quo supra nomine, prontisti dare et solvere eidem venditori presenti et stipu-
lanti, ve! persone legitime prò eo , in pecunia numerata, in Paiiormo, hoc modo, videlicet : uncias ij per iotum
menscin juìii proxitne venturi, et uncias vj per totum inensem septembris proxime venturi; et totum restans ad com-
plimentimi per totum mensem novembris nuper venturi, expedita dieta ymagine. Quam ymaginem dictus magister
Antonius promisti dare et consigliare in Paiiormo, in eius apotheca , per totum dietim mensem novembris : alias
lenealur ad omnia damptia et interesse, et liceat eidem procuratori, nomine quo supra, fieri facere dictam ymagi-
nem per alios magistros ad majus precium, ad dampna et interesse ipsius magistri Antoniì. Et processi! ex paclo,
quod dido procuratori confratres sive redores non possint se opponere, defendere , excipere oficium, etc. Sub ypo-
Iheca, etc. - - Testes: n. d. Jo. 'Paulus Truglari, 'Bernardinus Guascu et notarius Vicencius Fontana. — Ex adis
mei': notarti Ilieronimi de Jacono de Tanormo. Collii/ione salva. — Da un volume di scritture segnato di lettera
A nell'archivio della confraternita di S. Oliva in Alcamo, a fog. 5. ■'■■•■
NEI SECOLI XV E XVI. CAP. VI. 259
destando nell' animo di chi rimira, quanto più si é rimasti rapiti dalla sua
ineffabil bellezza (').
Pure alcun poco innanzi, a 22 di aprile del 15 io, per pubblico atto
in Palermo avea tolto il Gagini incarico da' nicosiani Giovanni d' Alessi e
Benedetto di Calabria , rettori della confraternita di S. Maria della Miseri-
cordia in Nicosia, di far loro un'icona in marmo con in mezzo Cristo in trono
fra una corona di serafini, alto sei palmi (m. 1.55) e tre largo nel tutto
(m. 0.77), e genuflesse da' lati le figure di Nostra Donna e del Battista, di
quattro palmi ciascuna (m. 1. 03), oltre uno scannello alto un po' più di un
palmo (m. o. 26) e nove largo (m. 2. 32) con corrispondenti lavori, pel total
prezzo di once ventotto (1. 357). La quale opera fu compiuta in un anno,
laddove addì 8 di aprile del 1511, ricevendo il Gagini una rata del prezzo di
essa, che i procuratori della chiesa di detta confraternita dichiaravano avere
con lor gradimento veduta e riveduta, obbligavasi a farla dorare e dipingere,
giusta il vezzo del tempo, con che gli avrebbero indi essi pagato la spesa
di tal lavoro. Perlochè poi egli, a' 7 del maggio seguente, dichiaravasi total-
mente già soddisfatto del prezzo ed insiem della spesa di detta doratura, e
promettea spedir tosto 1' icona a suo rischio e pericolo alla marina di Tusa,
donde i detti rettori e procuratori avrebber curato consegnarsela per traspor-
tarla di poi in Nicosia (2). Il che certamente non passò guari ad avere ef-
fetto, giacché quella pregevolissima opera esiste quivi fin oggi nella chiesuola
della mentovata confraternita, dove anche a me fu dato poter vederla e am-
mirarla. Avendo però ivi dovuto adattarsi l'artefice alle angustissime dimen-
sioni architettoniche della detta chiesuola, che non offre sull'altare se non
una molto ristretta parete a cagion della volta assai bassa, dispose con bello
effetto una sua nuova invenzione, per cui, locando nella parete stessa nel
centro in alto rilievo la figura del Cristo sedente in trono fra un' aureola ri-
cinta da vaghissime teste di serafini, dispose dall'una banda e dall'altra sul
superiore gradino del sottostante altare le due statuette bellissime di Nostra
Donna e del San Giovanni, genuflesse in supplice atto verso il Redentore,
e del gradino dell'altare fece siccome lo scannello o base dell'opera, sto-
riandolo in bassorilievo di molte figurine de' confrati in sacco da battuti
con le lor donne e famiglie, pregando per le anime de' trapassati, le quali in
(') Vedi un disegno di tale statua nella tavola XIII di quest'opera.
( 2) Vedi fra' 'Documenti di quest'opera, num. LXI.
2ÓO I GAGINI E LA SCULTURA IN SICILIA
purgatorio si vedono espresse nel mezzo. Che se poco del resto è da pregiare
un tal bassorilievo, siccome lavoro ben secondario e tirato via certamente di
pratica dagli allievi, ne fanno alto compenso per bellezza di espressione e
delicatezza somma di magistero quelle due principali figure della Madre di
Dio e del Battista, le quali, benché deturpate dalle dorature, che in tempo
non lontano si volle ancora rinnovarvi, senton la vita del genio e l' eccel-
lenza del sovrano maestro : oltreché nel tutto dell'opera si ammira una si
bella novità di concetto in tanto semplice e ingenua composizione , qual
rende vivo e profondo effetto dell'ispirazion della fede e del sentimento.
Contemporaneamente però il Gagini a più segnalata opera attendeva
per la medesima terra di Nicosia, cioè a quella conti sontuosa per la chiesa
di S. Maria, già primamente allogatagli per pubblico atto in Messina infin
del di 8 novembre del 1499, e che, per manco di mezzi non eseguita al-
lora, non fu in vece finita e consegnata che dopo dodici anni in Palermo.
È chiaro, ch'essa non anco aveva avuto principio nel 1503, comunque ri-
manesse ognor vivo il proposito di costruirla , avendosi un atto viceregio
de' 28 di settembre di detto anno, onde il viceré don Giovanni La Nuza,
scrivendo da Palermo ai giurati di Nicosia e condiscendendo alle suppliche
avute in iscritto dal procuratore ed economo di quella chiesa, provvedeva,
che, volendosi fare in essa una bella conci di marino e due organi, già cominciati,
v' investissero once venti (1. 255) delle rendite del comune, la qual somma
nel general parlamento si era pria stabilito dare per una grande campana ,
che poscia in vece con altri mezzi fu latta ('). Pure alla detta cona non fu
ancor data opera, e solo è contezza, che più tardi, a 2 di novembre del 1506,
per pubblico atto rogato da notar Giovanni Sillitto di Nicosia , si obbligò
nuovamente il Gagini per quella , da lavorarla sempre in Messina e di là
mandarla. Nondimeno segui tuttavia qualche indugio; ed avendo poi lo scul-
tore trasferito in Palermo il suo soggiorno, fu ivi essa e non altrove for-
nita. Di ciò dà certezza in prima un'apoca del di 11 maggio del 15 io, onde
l'artefice dichiarò aver ricevuto dal nicosiano Andrea di Bugliono once sedici
(1. 204) a conto dell'opera, computatevi alcune spese fatte per incassarne vari
pezzi di già finiti (2): oltreché poi di altre once dodici all'uopo fé' parimente
( ' ) Vedi fra' 'Documenti, num. LXII.
( 2 ) Eodetti, xj.° mensis eiusdem (inadii) xiij.' imi. ijio. Honorabilis magister ^Antontllus de y4ngagìni, scultor
ci hdbitator Panarmi, corani nobis dixit et fatetitr Imbuisse et recepisse ab hon. Andrea de Bugiano de terra T^Li-
NEI SECOLI XV E XVI. CAP. VI. 26 1
quitanza a Leonardo Mazzamuto, tesoriere di quella chiesa, l'ultimo di del
dicembre dello stess' anno ('). Tuttavia più di un altro ne corse perchè
fosse la conci interamente compiuta e consegnata; e fu a 18 di marzo XV ind.
1 5 1 1 (15 12), che il prete Giovanni Menia, tesoriere, procuratore e cappellano
della maggior chiesa di Nicosia, richiamando la precedente convenzione colà
stipulata sei anni avanti con l'artefice, attestò in fine per pubblico strumento
ricever da lui del tutto finita la detta corta in Palermo. In tale strumento
son anzi specificati i vari pezzi o membri, in figure e composizioni in ri-
lievo, che il prete ne ricevea , cioè S. Stefano, S. Lorenzo, S. Palino, S.
Michele, il transito di Nostra Donna, la natività di Gesù, l'Annunziazione,
i quattro evangelisti, la coronazione della Vergine e certe altre figure e fo-
gliami di già incassati, qua' tutti, essendo piaciuti, dovevansi imbarcar dal
Gagini e spedirsi alla spiaggia di Tusa, a norma dell' atto (2). Il che non
guari dopo fu certamente adempito, essendo chiaro, che nel seguente ottobre
quella mirabile opera fu in Nicosia collocata, siccome appare dalla seguente
iscrizione , che dappiè vi fu apposta e che tuttavia vi si legge : hoc. opvs.
EXCVSSVM. PER. CELEBERRIMVM. ANTONIVM. DE. GAGENIS. PROCVRATORIBVS. V.
PRESBITERO. IOANNE. MENIA. NO. IOANNE. DE. ALEXI. ET. NICOLAO. CHANCARDO.
M.° CCCCC." XII.° DIE. VERO. XX. ° OCTOBRIS. P. IND.
Ma l'antica chiesa di S. Maria, di normanna origine, dove quell'insigne
opera del Gagini in prima fu eretta, venne poi minando per una frana, che
distrusse intero un quartiere superiore di Nicosia, ov'essa sorgeva, nel 1757.
coxìe, presenti et stipulanti, uncias sexdecim p. g. in aquilis argenteis et parvulis. Et sunt infra solili ionem arti
operis facti et facietuli per dietimi magistrum Antonellum prò majore ecclesia diete terre, nominata Santa Maria.
De quibus pecuniis dictus Andreas dixit magistrum Antonellum ìpsum expèndisse uncias duas et tarenos viti et gr.
viiij, facto computo inter eos prò expensis, ut dicitur , di li caxi per ìncaxari quilli pec~i di opera su' facti a lu
presenti, intra favuli, chovi e mastria et aliis expensis, renuncians exceptioni, etc. Unde ad cautelam dicti Andre,
facta est presens nota, suis loco et tempore vali tur a. — Presentibus hon. Jacobo La %occa et Jo. Butera de terra
Ficarre. — Dal volume di num. 2261 de' registri di notar Antonino Lo Verde, an. 1509-10, ind. XIII, fog.
717, nell'archivio de' notai defunti in Palermo.
( « ) Eodem, ultimo mensis eiusdem (decembris) xiiij.' ini. i;io. Honorabilis magister Antonellus de Angariai,
scultor, civis Panormi, corani nobis dixit et fatetur ab honor. Leonardo Mac^amuto de terra *K,icoxie, thesaurario
majoris ecclesie diete terre, Imbuisse et recepisse uncias duodecim contanti. Et sunt infra solucioneni ycone marmorle
faciende per dictum magistrum ^Antonellum diete ma/ori ecclesie tene predicte 'K.icoxie, renuncians exceptioni, etc.
Unde ad cautelam dicti Leonardi thesaurarii facta est presens apoca solucionis , suis loco et tempore valitura. —
Testes: 'Benediclus Favaro , magister ... fMagru et ... — Dal volume di num. 2262 de' registri di notar Anto-
nino Lo Verde, an. 1510-11, ind. XIV, fog. 315 retro, nell'archivio de' notai defunti in Palermo.
(2) Eodem, xviij.' mensis eiusdem marcii xv.' ind. ijii (1512). Cam hon. m.' Antonellus de Angnagini (sic),
262 I GAGINI E LA SCULTURA IX SICILIA
Avutosi però tempo ed accorgimento di salvare quanto più fu potuto di
opere d' arte , che ivi erano , iu prima fra tutte la conti , che poi con lo
stess' ordine fu rialzata nella chiesa del medesimo titolo, indi a dieci anni
costruita in sito vicino; e quivi esiste fin ora. Segna intanto così pregevole
e sontuosa decorazione di eletti marmi l'eccelso grado, in che dal genio di
Antonello era l'arte condotta in quel tempo, quand'egli, non pur discostandosi
dalle sanissime norme de' precedenti maestri , spingevasi loro innanzi con
l'altezza del concepire , con una espressione ammirabile per la profondità
del sentimento, con una purità e squisitezza di espressione e di gusto e con
tale eccellenza di arte, dove altri non era, che gli reggesse al confronto.
Vedi quel prezioso congegno nella parete sovrastante all' aitar maggiore
sorgere in quattr' ordini o scompartimenti , ov' è profusa ogni eleganza di
statue, di alti rilievi ed ornati. Ricorrono nella base, di buon rilievo ed in
sei vaghi gruppi di mezze figure, i dodici apostoli, stando da' lati del cibo-
rio, il quale è nel centro fra quattro cherubini composti in atto di prece.
Poi sopra un'elegante cornice a foglie di acanto si erge il prim' ordine, del
più bello e vago corinzio , con sei pilastrini arabescati , formando quattro
nicchie laterali ad un quadro di centro , che corrisponde sopra il ciborio.
Stanno in cotali nicchie quattro statue di mezzana grandezza de' Santi Pietro
e Paolo , Lorenzo e Stellino , delle quali , e specialmente di quelle de' due
ultimi, non è possibile fare concepir con parole il sentimento , la vita , la
bellezza ed il magistero stupendo dell'arte, che vi si ammira : mentre si ha
sculto r, se óbligaverit cotistruere et facere iu mayori ecclesia tene Kicoxie quandam ycoiuim marmoream prò certo
magisterio seti manifaclura , consignandam in no. civiìate Messane et apportandola in terra Thuse , prout patet
virtute contractits facti marni notharii Joannis Siìlictu diete terre Nicoxie ij.° mensis novenbris x.' ini. proxime
preterite 1506, propterea ìiodie, presenti die pretituìato, ven. presbiter Joannes Menia, thesaurarius , procurato? et
cappellanus diete mayoris ecclesie terre prediete 1>Licoxic , ut dixit, corani nobis dixit et fatetur a dicto magistro
Antonello Imbuisse et recepisse dictam yconam hic 'Panarmi, videlicet Sanctum Stepìfanìmi , Sanctutn Laurentium,
Sanctum 'Palinum, Sanctum Michaélem, trapassionem intemerate Virginis 'Marie advocate nostre, uativitatem domini
nostri Jesu Christi , annuncialionem beate Marie Virginis, quatuor Evangilistas , coronationem beale Marie Vir-
ginis et certas alias figurai et foglagias incaxatas: que figure et foglagie siint pars '' ìeycone. Quam yconam dictus
venerabilis dixit et fatetur Imbuisse et recepisse pio bona, piacila et aetalautata: cum pacto, quod de altitudine et
longitudine diete ycone sii et esse debeat juxla formavi dicti contraclus et sub ah.* pactis iu dieto contrada ad-
jeclis de delalura vero in dieta terra Thuse : quem coiilractuin (sic) stare debeat in suo robbore et /limitate. In-
SUper dictus magister Anlonellus dixit et fatetur Imbuisse et recepisse a dicto venerabili Ulicìas vj contanti infra
soliictiouem dicti magisterii, renuncians exceptioni, etc. Unde, eie. — Testes: Leonardus l'aldina, Antonius de Cha-
faglono et ^Andreas La cRjna. — Dal volume di mini. 226; de' registri di notar Antonino Lo Verde, an. 1511-
-12, ind. XV, fog. 763, nell'archivio de' notai defunti in Palermo.
NEI SECOLI XV I£ XVI. GAP. VI. 263
poi nel centro in alto rilievo espressa la morte di Nostra Donna, cui assiston
gli apostoli dattorno al funebre letto. Ricorre indi sopra quest' ordine un
fregio di delicata scultura, che fa base al second'ordine, distribuito siccome
il primo, ma d'una metà più basso, con piccoli pilastrini corinzi egualmente
adorni, che in quattro spazi laterali dan luogo agli evangelisti sedenti in atto
di scrivere il vangelo, laddove in mezzo, sotto una vaga cornice piegata ad
arco, si vede 1' Eterno , che accoglie in cielo la Vergine in corrispondenza
alla sottostante storia in rilievo della sua morte. Segue un ampio fregio
intrecciato di festoni e delfìni con ammirabil vaghezza; e poi ovoletti, e poi
una cornice, su cui poggia l'altr' ordine con quattro pilastrini, ove da una
banda è Maria, che riceve il divino annunzio, dall'altra il Gabriello, e nella
riquadratura in mezzo la nascita di Gesù nel presepe. Da qui la bellissima
ama si va restringendo in leggiadra piramide, e due nicchie, dentrovi le figure
di S. Paolino (come dall'atto di consegna apparisce, benché comunemente
or venga creduto San Niccolò) e di non so qual santa vergine, rimangon
da' lati di essa esternamente, poggiando sull'ordine inferiore e terminando
di sopra in un vago ornato di foglie, mentre agli estremi sorgon due can-
delabri di bel lavoro, corrispondendo ad altri quattro, che ne son di sopra
più piccoli a decorar 1' esterna linea piramidale. Perciò l' ultim' ordine di
pilastrini non si compone che di due soli, laterali ad un bassorilievo del
nascimento di Nostra Donna; e due più piccole nicchie vi son da' lati con
le figure del Battista e di S. Agata e negli estremi due fregi. Più sopra poi
una cornice arcuata poggia sul sottostante ornato a guisa di frontispizio,
dentrovi in picciol rilievo la Triade, che corona la Vergine, e con due mi-
nori candelabri daccanto, ricorrendo poi anco al di sopra un fregio a foglia-
mi, che sostiene una base, su cui si erge la statua dell'arcangelo Michele
da guerriero, con corazza, clamide e scudo, vibrando con la destra la spada
contro P infernal drago, che gli sta sotto i piedi in catene (').
E che dire del merito delle statue e di ogni altra maniera di sculture
di cosi segnalato lavoro ? L' opera , che veniam di descrivere , comprende
tanta varietà di soggetti da mostrar come la natura fosse al Gagini libéra-
lissima del dono più /raro dell'arte, cioè di una vena straordinariamente fe-
conda di sentimento,', di espressione e di gusto. Domina ivi un carattere
(') Vedi un picciol disegno del tutt'insieme di detta coita, ricavato da una fotografìa, nella tavola VIII
di quest'opera.
35
264 I GAGINI E LA SCULTURA IN SICILIA
d' ideale soavità, il quale non è attinto se non dalla fede ed è in vero principal
dote generalmente di tutti i suoi marmi, ov'egli trasfonde i più intellettuali
concepimenti, rendendo in variatissimc forme la vita dello spirito infino a
quanto è più in esso di oltrenaturale e divino. Indi la più bella espressione,
cosi confacentc alla diversa indole de' soggetti e delle figure , rivela ogni
gradazione di affetto e di sentimento in tanta spesso perfezion di lavoro,
che dà a veder come l'arte gli fosse debitrice di singolare sviluppo , non
ostante che egli, autore di tanta opera, non contasse che trentadue anni e
ancor sentisse la giovani! sua maniera. Ivi di fatti generalmente nelle figure
serba Antonello quella si cara semplicità de' suoi precedenti lavori, ma sen-
z'ombra di timidezza. La sua mente creatrice addentra la ragion delle forme,
e la domina. Un'eleganza incomparabile de' contorni, de' panneggiamenti e
del modellare tien luogo di ogni altro più risoluto artificio , mentre 1' in-
genuità e la naturalezza ascondon quasi l'arte e lo studio, e la squisita de-
licatezza dell'esecuzione in tanta dovizia di ornamenti rende il più grato
effetto di preziosità e di vaghezza. Che se dal pregio dell' invenzione con-
siderar più sen voglia l'invidiabile genio, appare da tale opera, come una
delle migliori da lui concepite e condotte, ch'egli per lo più si tenne lontano
da quegli antichi tipi convenzionali di figure e di storie, che allor valorosi
artefici non isdegnavano tuttavia riprodurre. Imperocché generalmente il
Gagini non esprime che propri concetti, e nulla attinge dalle età anteriori,
che nel proprio sentire non trasfonda. Cosi nella storia della morte di Nostra
Donna, qual'è in uno spartimento centrale della cona di Nicosia, egli dà luogo
ad una tutta propria ed originai composizione, mentre l'antico tipo figura-
tivo di quel soggetto, proveniente da' musaici, era stato insin allora tutt'altro,
come fu generalmente adoprato in marmi e dipinti e da lui stesso anche
altrove seguito. Il che parimente si dica della più parte delle sculture di si
stupenda opera, e non meno di tanta varietà ed eleganza di fregiature, ch'è
dato ammirarvi , create tutte ed uscite da quel genio inarrivabile , il qual ,
sebbene da precedenti ricordi trasse talvolta norma a' suoi felici concetti ,
fé' sempre però prevalere e risplendere sopra tutto l'originalità e l'eccellenza
del suo valore.
Stimo lavoro del medesimo in Nicosia un bellissimo fonte battesimale
nella chiesa di S. Niccolò, ossia nel duomo : scultura di somma leggiadria ed
eleganza, con quattro teste di serafini nella base e due vaghissime figurette
NEI SECOLI XV E XVI. GAP. VI. 26)
in piedi di Adamo ed Eva col fatale serpente nel fusto, mentre nella pila
al di fuori ricorrono altri più grandi e bei serafini in rilievo, alternati con
tre scudi , ciascuno con una stella. E vi si legge in fronte : don iovanni
mvcicatv ARCHIPRESTI. Il quale arciprete Giovanni Muzzicato non è per
termo che il medesimo, a cui già gli scultori Gabriele di Battista e Gian-
domenico Pellegrino si obbligarono a 30 di agosto del 1497 a scolpire per
quella chiesa una custodia, che poi fu in Palermo per superiore volere trat-
tenuta, ed il medesimo ancora, che per mezzo di suoi procuratori a 17 di
giugno del 1499 apprestò danaro a' soci marmorai Andrea Mancino ed
Antonio Vanello per alcun'opera da loro colà da eseguirsi, e forse a mio
credere, come notai, per un'altra custodia, ivi di poi collocata nel 1504 e
che ancora vi esiste ('). Ala né il Di Battista, né il Pellegrino, né il Man-
cino, né il Vanello furono affatto artefici di tal merito da potere ideare e
scolpire un fonte di tanta bellezza, siccome quello dianzi accennato di San
Niccolò in Nicosia, al cui paragone le storie della detta custodia, probabil-
mente di poi scolpita dagli stessi Mancino e Vanello e che ora si vede nella
parete dietro lo stesso fonte, non son che lavori da scarpellini in riscon-
tro al perfetto magistero ed alla squisita eleganza di quello. Perloché credo
più verisimile, che il detto arciprete, il quale ad altri minori artisti avea
già commesso altre opere, abbia indi al Gagini affidato il prezioso lavoro
del medesimo, comunque per manco di documenti non possa con preci-
sione determinarsene il tempo. Riman però inoltre sicura memoria di una
fonte di marmo , larga due palmi e mezzo (in. o. 6y) ed alta sei e tre
quarti (m. 1. 71) dal suolo fin sopra il fiorone di compimento ad una storia,
che dovea sovrastarvi, trovandosi per pubblico atto de' 28 di gennaio XV
ind. 15 11 (15 12), che si obbligò Antonello scolpirla ad un maestro Mi-
chele Scaturro, falegname di Corleonc , giusta un disegno di già da quello
eseguito, e pel prezzo di once sei (1. 76. 50) , di cui allo scultore anlici-
pavasi un terzo (2). Ma una tal fonte, ch'ei prometteva consegnare fornita
(' ) Vedi sopra in quest'opera, cap. II, pag. 50 a 55.
(2) Die xxviij.' mensis ,'anuarii xv.'' ini. 1511 (1^12). Honor. magister Anlonelìus de Angagini, scultor, civis
feìicis urbis Panbormi, corani nobis sponte promisii et sollemniter convinti t ac se bbligavit et óbligal honor. ma^istró
Micaeli Scaturro, faberìignario di' terra Corleonis, presenti et stipulanti, construere et face re bene, diligi n ter et
mugistraliter imam fontem marmoriam, jitxta designimi presencialiter eidem magistro Micaeli per dietimi magistrum
xAnlonellum consigliatimi, subscriptum maini mey notarli infrascripli, altitudiuis polmonari sex et qùartorum trium,
rum instoria saprà dittimi fontem, vide/ice! di in terra per fina supra la churiiiii diete storie, largitudìnis paini ?rum
266 1 GAG1NI E LA SCULTURA IN SICILIA
dentro la sua bottega il di 11 del seguente febbraio, non è certezza qual
sia e se oggi più esista. Mi nasce alcun sospetto, che possa essere appunto
una bella pila d' acqua santa del sestodecimo secolo, storiata del Battesimo
di Gesù Cristo, qual tuttavia rimane nella maggior chiesa di Corleone. Ma,
avendola io già da ben molti anni veduta, non mi fido a darne un giudizio
se possa o no attribuirsi al Gagini, e molto meno ad abbandonarmi ad altrui
referti e pareri, giovando meglio attendere occasione di nuovamente osser-
varla e farvi studio opportuno. L'alta fama intanto acquistatagli dalle insigni
sculture eseguite per Nicosia fece che anco nella vicina Agira, l'antica patria del
celebre Diodoro, fosse ad Antonello affidata una statua, di cui è documento,
che già fosse scolpita a 19 di marzo del t 5 14. Rimati di fotti in tal data
un'apoca, ond'egli dichiara ricevere una somma di once nove e tari ven-
titré (1. 124, 52) da un Francesco Cipro a nome di un Domenico Cardaci
da Ragalbuto , debitore di un Filippo Caroniti della terra di San Filippo,
ossia di Agira, a conto del prezzo di un' imagine in marmo di già fatta a
quest'ultimo, giusta il contratto rogatone da notar Niccolò Bruno in Palermo
a primo di febbraio XIV ind. 151 1 (15 12) (:). Mancando però adesso del
tutto il cennato contratto, nient'altro all'uopo si può aggiunger di certo.
Indi anco, a 22 di febbraio del 151 3, una signora Margherita di Gi-
liberto allogavagli un gruppo della Pietà, ossia di Nostra Donna col divin
figlio morto fra le braccia , per la cappella di quel titolo nella chiesa della
Magione in Palermo (2). Doveva esser tal gruppo con la figura della Ver-
duorum cum dimìdio: et hoc prò magisUrio et manifactura unciartim sex />. g.; de quo presencialiter dictus magister
thCicael dedit et solvi! eidem magistro Antonello uncias duas in parvidis: restautes vero uncias quatuor dictus ma-
gister Mietici solvere promisit hic Panarmi, expedito dieta opere: promittens dictus magister Antaneììns obìigatus dietimi
fontem consigliare modo prout dietimi est, album, intus apothecam, per tatuili decimimi primum mensìs februarii
proxime vcnicnlis: alias tencatur ad omnia dammi, interesse et expensas; et in tali casti possi! alium conducere, et
fieri tacere fontem predictum. Que omnia, eie. — Testes: Jacob us de Cursaleo et no. Petrus Cappe/Ieri. — Dal vo-
lume di mini. 2263 de' registri di notar Antonino Lo Verde, ari. 1511-12, ind. XV, fog. 623, nell'archivio
de' notai defunti in Palermo.
(!) Eodem (19 marzo, I ind. 1513) (1514). Hon. in.' xAntoneìlus de Gagenis , scultor marmorum, presens
cora*n nobis, sponte dixit et confessus est se imbuisse et recepisse a no. Francisco Chipro , presenti et stipulanti tic
solventi nomine et pia parte hon. 'Dominici de Cardachi de terra 'Rjiyaibuti, debiloris no. Phillppi Caroniti de terra
Sancii Philippi, micia'; novelli et tarems xxiij p. g. in parvidis, de cantanti. Et sunt infra salucioncm prec^ii cu-
iiisdam inmagine marmarle per dietimi magistrum Antanellum fiele dieta no. Philippe) Caroniti, emptori diete e-
magine (sic), virtule pub/ici conlractus facti maini notarli Nicolai de Bruno olim die primo februarii xiiij.*
ind. iju, rcnuncians exceplloni, eie. — Dal volume di num. 1880 de' registri di notar Giacomo I Lucido,,
an. 1 512-13, ind. I, fog. 448, nell'archivio de' notai defunti in Palermo.
( * ) Vedi fra' 'Documenti di quest'opera, num. LXIII.
NEI SECOLI XV E XVI. CAP. VI. 267
gine dalle ginocchia in su al naturale, non mica in marmo, ma di mistura
di stucco, essendo a colorirsi di buoni e perfetti colori, ma con marmorea
base con sue cornici al di sotto ; e stabilivasene il prezzo in once ven-
totto (1. 357), di cui otto venivan tosto pagate allo scultore, il qua] pro-
metea da sua parte dar quello in tutto finito e collocato alla vigilia della
vegnente festività del Corpus Domini (qual per antica sontuosità di rito era
celebre in quella chiesa) , con che non fosse egli tenuto a far eseguire il
vano, dove quello si era a riporre. Ed ivi rimane fino al presente un pre-
gevole gruppo della Pietà in istucco al naturale nella prima cappella a destra
dal principale ingresso. Ma benché sia da ammirarvi espressione profonda
di sentimento e non commi pregio d' arte nelle figure , specialmente nel
nudo del morto Redentore , vi mancali pure quell' altezza di magistero e
quella somma delicatezza del modellare, che rivelano il tocco del massimo
caposcuola. Perlochè sembra non esser forse priva di fondamento l'asser-
zione (non so per altro onde attinta) del Mongitore (r), ch'esso, anziché
di Antonello , non sia che posteriore opera di Vincenzo , ultimo de' suoi
figliuoli, sia che fosse rimasto per qualsiasi cagione distrutto quello prece-
dentemente ivi eseguito dal padre, o che non sia stato mai fatto. Ne più è
contezza di una statua dell'arcangelo Michele, da alato guerriero, in atto di
brandir con la destra la spada contro il demonio a' suoi piedi prosteso, e
col globo del mondo sormontato da una piccola croce nella sinistra , del-
l'altezza totale di sette palmi (m. i. 81), compresovi l'atteggiamento alquanto
inclinato della figura. Il qual simulacro, nel medesimo anno 151 3, a 11 di
aprile, allogarono al Gagini i rettori della' confraternita di San Michele de
Induìciis in Palermo, pel prezzo di once venticinque (1. 318. 75), inclusane
la spesa della doratura e dipintura, ma oltre a quella della costruzione dello
zoccolo portatile, su cui doveva andar collocato, comunemente detto vara o
bara in Sicilia, e che serviva a portare attorno le statue de' Santi nelle sacre
processioni (2). E che a tal uopo sia stato ordinato quel San Michele dai
detti rettori appare evidente dal fatto , che , oltre 1' espresso ricordo della
cennata vara nello strumento di convenzione, si ha che l'artefice dovea con-
segnar quello otto di avanti la festa del Corpus Uomini del seguente anno
( ' ) Monumenta bistorica sacrae domns Mansioni! SS. Triuitatis militai is ordinis Theutonicorum urbis Pa-
narmi, etc. Panormi, MDCCXXI, cap. XII, pag. 180.
(2) Vedi fra' 'Documenti di quest'opera, num. LXIV.
268 I GAGINI E LA SCULTURA IX SICILIA
1314, quando, siccome è noto, era costume uscir tutte in ogni anno alla
solenne processione le numerose confraternite e maestranze del paese , re-
cando ognuna la vara con la statua del suo santo patrono. Ma dell'anzidetta
non è più oggi altro indizio , e non ne trovo memoria negli scrittori pa-
lermitani de' tempi appresso, laddove accenna in vece il Mongitore, che la
statua di legno del San Michele, colà esistente al suo tempo (quale or si
vede trasferita in San Francesco Saverio per 1' abolizione a' di nostri av-
venuta di quella chiesa), non è che opera di un Antonino Rallo trapanese,
che si obbligò scolpirla simile ad altra, che n'avea Orazio La Torre, prin-
cipe della Torre, come per atto in notar Gaspare Gervasio Filippone a 8 di
ottobre del 1684 (').
Proseguivano intanto fervidamente i lavori della maggior tribuna del
duomo palermitano, siccome principalissima opera, a cui con tutte sue forze
intendeva 1' insigne artefice , e da cui traeva il suo maggior prò mercè la
rinomanza e la celebrità , che ne veniva più sempre acquistando. Fornite
ivi pertanto parecchie statue degli apostoli, e fra le altre quella del San To-
maso, riuscita fra le più belle e pregevoli per vivacità di espressione e ma-
gnificenza di posa e di atteggiamento, subito gliene fu allogata un'altra af-
fatto simile per la città di Marsala da un marsalcse Pietro di Anello , cui
si obbligò egli in Palermo per pubblico atto in data del 9 di maggio del
1513 (2). Questa, dell'altezza di sette palmi e mezzo (m. 1.94), oltre
uno e mezzo di piedistallo storiato (m. o. 39). era per espressa condizione
da corrispondere in tutto a quella già posta nel detto duomo, dovendosi
anco nella base scolpirvi, benché in minore rilievo, la stessa storia sotto-
stante all'altra, con aggiungervi solo da' lati le figure genuflesse del men-
tovato commettitore e della sua moglie e le sue armi al di sotto : il tutto
pel prezzo di once quaranta (1. 510), con che fosse tenuto l'artefice
consegnare incassata la statua nel porto di Palermo di li ad un anno , e
recarsi al bisogno anche in Marsala egli stesso per collocarla in quella chiesa
maggiore. Ma poscia , indugiatosi tre anni oltre il tempo prefisso , e ciò
certo a causa della multiplicità de' lavori, in che era astretto dividersi l'in-
faticabile artefice , non fu essa finita e consegnata che il dì io di maggio
( ' ) Ne scrive il Mongitore nella notizia di detta chiesa nella sua opera inedita delle Chiese ili coufra-
■ mite ec. di Palermo: ms. della Biblioteca Comunale Palermitana a' segni Clq E 9, pag. 249.
( 2 ) Vedi fra" Documenti di quest'opera, num. LXV.
NEI SECOLI XV E XVI. CAP. VI. 269
del 1 5 1 6, allorquando per pubblica scrittura un maestro Giovanni Rallo ed
un Antonio l'Impastato, marcatesi, procuratori dell'Anello, dichiararon ri-
ceverla dal Gagini, conforme in tutto al precedente contratto, promettendo
di soddisfarlo fra un mese del resto del prezzo , che puntualmente gli fu
poi corrisposto ( l ). E rimane fin ora la detta statua in Marsala, con dappiè
in bassorilievo bellissimo quell'apostolo in atto di toccare il costato del Re-
dentore alla presenza degli altri apostoli nel cenacolo, aggiuntevi appunto dai
lati le figurine dell'Anello e della sua sposa, ginocchione entrambi pregando,
oltre anco uno scudo con le loro armi. Sebben questa intanto fin ora non
fu mai mentovata come opera del sommo scultore, al certo per merito d'arte
ed insigne sviluppo di magistero non cede alle migliori da lui eseguite in
quel tempo. Né deesi tralasciar di notare, che, benché foss' egli in obbligo
di condurre la statua e la cennata storia della base conformi in tutto a
quelle già dette del duomo di Palermo, rifuggì poi dalle noie di una sem-
plice replica 1' originalità del suo genio , e quindi , pressoché in tutto va-
riando F aspetto della principale figura e non men anco la composizione
sottostante, die prova nell'una e nell'altra della sua fecondissima vena nella
varietà de' concepimenti.
Non é poi difetto di notizie di altre opere per altri atti esistenti; e so-
prattutto notevole per leggiadria di espressione e finita eleganza di lavoro
è la figura in mezzo rilievo di una Nostra Donna seduta col divin figlio
poppante in grembo sopra un altare della maggior chiesa di Pollina. Di si
pregevole figura in marmo, la quale comunemente vien sotto il titolo di
Madonna della Grazia , fu richiesto il Gagini da un Benedetto Minneci di
detta terra, cui egli promise scolpirla per pubblico strumento in Palermo a 5
di gennaio del 1 5 1 5, pel prezzo di once sedici (1. 204), dovendo darla fi-
nita ed anche dorata e toccata di fine azzuolo, giusta il costume, di li a
tutto il seguente maggio (2). Né passò guari, che venne recata a termine,
laddove poi per altro atto in data del 4 di maggio del 15 17 un prete Gia-
coma Minneci , della terra medesima e della stessa famiglia per fermo del
mentovato Benedetto, allogò pure al Gagini in Palermo un tabernacolo o cu-
stodia in marmo, senza imagine dentro, dovendo riporvisi quella, ch'egli da
( ' ) Gò è chiaro da una nota, che in tal data trovasi aggiunta in margine del contratto stesso e vien
col medesimo pubblicata tra' Documenti di quest'opera al num. LXV.
(2) Vedi fra' Documenti di quest'opera, num. LXVI.
27O I GAGINI E LA SCULTURA IX SICILIA
tempo avea fatta, ma co' laterali pilastri, con la cornice sovrastante con suo
fregio ed architrave, e con base o scannello al di sotto, storiatavi la natività
di Nostra Donna , oltre due angeli nel fregio in alto con una corona in
mano, pel prezzo in tutto altresì di once sedici quanto era costata la pre-
cedente figura ('). Questa pertanto riceve oggi ornamento dalla detta cu-
stodia, ove fu riposta e che puntualmente venne eseguita; ricorrendovi nella
base F iscrizione seguente: benedictvs minnechi et nora eivs vxor fieri
le. (feccnint). Ma più segnalata opera indi fu quella, che una Margherita Min -
neri per la chiesa medesima in Pollina fé' pure al Gagini scolpire un decennio
appresso, siccome sarà luogo in seguito a dire.
Avvenne intanto in Palermo nel 151 5 la morte del nobil uomo Fran-
cesco Bologna, il quale da tutore dell' eredità de' Diana avea già prescelto
Antonello a decorar sontuosamente di marmi la tribuna maggiore della chiesa
di S. Cita, come narrammo. A dargli onorato sepolcro la vedova Elisabetta
ne affidò anche all'insigne artefice il lavoro, benché del resto assai semplice,
con le armi dell'estinto, l'epitaffio, alcun fregio ed una crocetta sovrastante,
da doversi riporre nella gentilizia cappella de' Bologna in San Francesco ,
per la mercede di sole once quattordici (1. 178. 50), come appare per atto
del di 11 luglio di detto anno (2). Ma né un tal sepolcro ivi oggi esiste,
né si ha memoria che vi sia mai esistito, non mentovandolo punto il Can-
nizzaro, né il Mongitore: ond'é, che o non fu fatto, o per qualsiasi evento
indi fu tolto. Importa però qui più che altra cosa notare, che dopo un anno
dalla morte del Bologna fu dal successore di lui nella tutela degli eredi Diana
immantinente dato opera a far compire al Gagini i lavori di S. Cita. Era
di essi in vero, cosi dell'arco, che ddVicona, di già eseguita gran parte, ed
anzi F artefice , salvo errore di conto , ne rimanea creditore sul prezzo in
once venticinque, oltre dieci a di più promessegli dall'estinto Bologna : ma
premeva dar fine al restante e curarne l' assetto. Per la qual cosa il magni-
fico Guglielmo Spatafora, nuovo tutore, richiamando il primo contratto da
dodici anni già stipulato, qual volle egli altronde rimanesse in pieno vigore,
aggiunse un'altra convenzione in data del 7 febbraio del 15 16, onde a lui si
obbligò il Gagini fornire il resto dell'opera ed interamente riporlo in luogo,
talché non vi abbisognasse più cosa alcuna, d